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A PROPOSITO DI “APOLOGETICA DELL’INCOMPARABILE” – DI GIOVANNI MARIA FLORA

A PROPOSITO DI “APOLOGETICA DELL’INCOMPARABILE” – DI GIOVANNI MARIA FLORA

FLORA – A PROPOSITO DI APOLOGETICA DELL’INCOMPARABILE.PDF

di Giovanni Maria Flora 

Lo scritto, come sempre acuto e sarcasticamente pungente, di Lorenzo Zilletti consente di riportare uno scritto di un deputato e Avvocato, raffinato studioso del diritto e della procedura penale. E di avventurarsi in un pokeristico “rilancio”.

Lo scritto, come sempre acuto e sarcasticamente pungente, di Lorenzo Zilletti “Apologetica dell’incomparabile”[1] mi induce a prendere la penna e, approfittando dell’ospitalità della nobile Rivista dell’UCPI, avventurarmi nell’impresa in un pokeristico “rilancio”.

Prima però una “botta di nostalgia”. A proposito del Pubblico Ministero “parte imparziale” (un ossimoro? Ma per carità! Certo che no, mi è capitato tra le mani (fortuita coincidenza) uno scritto[2] facente parte di una raccolta che a suo tempo ebbi l’onore di ricevere dall’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia.

Forse la firma vi sorprenderà (anche se non dovrebbe) perché quel deputato, autore dello scritto, era anche, oltre che Avvocato, un raffinato studioso del diritto e della procedura penale (che in allora e per molto tempo si insegnavano e si studiavano congiuntamente).

Lo ripropongo così com’è stato scritto: Il Pubblico Ministero è parte, di G. Matteotti.

Ah, per chi non avesse memoria storica, quella “G” sta per “Giacomo”. Credo non si debba aggiungere altro.

E ora il “rilancio”.

Bene la rinuncia degli avvocati a nominare inutili “consulenti”. Ma perché dovrebbe nominarli il pubblico ministero? Visto che non avranno contraddittori. Perché il pubblico ministero dovrebbe sperperare inutilmente denaro pubblico nominando uno o più consulenti che ovviamente hanno diritto ad essere retribuiti? Perché? Quando in fondo basta la sua parola, anche su questioni scientifiche complicatissime basta che egli si attenga a quelle verità, spesso mediaticamente anticipate, che la comunità sociale si aspetta che egli sostenga (“c’è il nesso causale”; “c’è la colpa, anzi il dolo eventuale perché certamente l’indagato/imputato voleva uccidere” e così via) con tutta l’autorità indiscussa di “parte imparziale” che egli incarna e la Cassazione gli riconosce.

E il Giudice? Se una parte imparziale dice che è così, sarà così. Perché mai dovrebbe nominare un perito, contribuendo ad assottigliare le già magre finanze dello Stato e ritardando inoltre i tempi della conclusione del processo che deve rapidamente pervenire alla condanna del presunto colpevole? Si riappropri insomma del suo ruolo che ai bei tempi si compendiava nell’immagine del peritus peritorum, meglio se empatico con la vittima. Via dunque la scienza dal processo penale! Con tutte le inevitabili incertezze di cui essa è intrinsecamente portatrice, foriera spesso di “incomprensibili” assoluzioni.

Mi resta solo il rimpianto di avere dedicato, assieme a tanti valorosissimi studiosi, anche di importanti settori scientifici i cui saperi vengono in gioco nel processo penale, tempo ed energie intellettuali per portare a termine un volume dal titolo “Scienza, diritto e processo penale nell’era del rischio”[3].

Ma tant’è; nel triste futuro che ho evocato quel libro rimarrà ad appesantire inutilmente gli scaffali delle biblioteche. Finché forse qualcuno, incuriosito da quello strano titolo, lo aprirà e, forse, vorrà saperne di più. Anche sul pubblico ministero come “parte imparziale”.

[1]Apologetica dell’incomparabile”, Diritto di Difesa, 13 Ottobre 2020.

[2]Il Pubblico Ministero è parte”, G. Matteotti.

[3] “Scienza, diritto e processo penale nell’era del rischio”, a cura di Alessandro Amato, Giovanni Maria Flora, Cecilia Valbonesi, Giappichelli ed. 2019.