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APOLOGETICA DELL’INCOMPARABILE – DI LORENZO ZILLETTI

APOLOGETICA DELL’INCOMPARABILE – DI LORENZO ZILLETTI

ZILLETTI – APOLOGETICA DELL’INCOMPARABILE.PDF

di Lorenzo Zilletti

Consci della loro inferiorità genetica agli occhi dei giudici, sbarazziamoci dei consulenti della difesa e del loro sapere scientifico prezzolato, deflazioniamo il contraddittorio e rilassiamoci. Un commento alla sentenza n. 16458/2020 della Corte di cassazione.

Hanno iniziato ad attaccare, i professori: Kostoris, dal fronte dei processualisti; Giunta, da quello degli studiosi di diritto sostanziale. E con bordate neanche da poco: il primo denunciando nientemeno che <<una grave mistificazione inquisitoria>> e <<grossolani errori semantici>>, tramite i quali si ripropone <<l’idea nefasta e aberrante di una sovrapposizione del pubblico ministero al giudice>>[1]. Il secondo astenendosi perfino dal chiosare, perché certe affermazioni <<si commentano da sé>>[2].

La dose di polemiche è stata, poi, rincarata dal presidente di UCPI, Caiazza, che si è spinto ad evocare (ed invocare) addirittura l’art. 111 comma 2 della Costituzione[3].

Il bersaglio comune è una recente sentenza della terza sezione penale della Corte di cassazione, la n. 16458/2020, con cui si enuncia nomofilatticamente il principio della superiore valenza probatoria, rispetto a quella delle altre parti, della consulenza tecnica del pubblico ministero.

A noi l’arresto, per usare un francesismo, piace assai e meritava un’accoglienza ben diversa da quella acida e polverosa che gli è stata riservata.

È ingeneroso, innanzitutto, tacciare la decisione di distonìa con l’attuale assetto del processo penale[4]; almeno con quello disegnato ogni giorno nelle aule di giustizia piuttosto che in quelle universitarie. Perché appellarsi al rigido dettato codicistico e costituzionale, quando sappiamo di vivere felicemente immersi nella più ben dinamica era della legalità sostanziale e della prevedibilità?

Perché svalutare gli indubbi benefici pratici che quest’ennesimo prodotto del diritto giudiziario potrà riverberare sull’efficienza complessiva del sistema e sull’attività professionale degli avvocati?

Al penalista si schiude un orizzonte felice: niente più gravose responsabilità nell’indirizzare l’assistito verso la scelta del consulente più idoneo; fine delle noiosissime e interminabili riunioni con i più svariati esperti (medici, ingegneri, urbanisti, commercialisti, ecc.); stop alla lettura e rilettura di pagine e pagine di relazioni scritte in linguaggio iniziatico e complesso; niente più meticolosa preparazione dell’esame del proprio ‘campione’…

Senza contare che i più scaltri tra noi sapranno certamente approfittare, in sede di richiesta di compenso, del risparmio secco procurato al cliente dalla saggia rinuncia a remunerare un inutile orpello.

Il potere dei più buoni[5] ci libera da oneri così pesanti e noi lo ripaghiamo gingillandoci col feticcio della parità delle armi?

Consci della loro inferiorità genetica agli occhi dei giudici, sbarazziamoci dei consulenti della difesa e del loro sapere scientifico prezzolato. Deflazioniamo il contraddittorio e rilassiamoci, non dimenticando mai la proprietà transitiva: volete mettere l’incomparabilità persuasiva tra la parola di un pubblico ministero parte imparziale e quella dell’avvocato partigiano e fazioso?

[1] R.E. KOSTORIS, Una grave mistificazione inquisitoria: la pretesa fede privilegiata del responso del consulente tecnico dell’accusa, in Sistema penale, 28 settembre 2020.

[2] F. GIUNTA, I consulenti delle parti sono uguali davanti al giudice (ma quello del pm è più credibile), in Discrimen, 6 ottobre 2020.

[3] G.D. CAIAZZA, Per la Cassazione valgono più i consulenti dell’accusa che della difesa? in Il Dubbio, 11 ottobre 2020.

[4] Così, invece, R.E. KOSTORIS, cit.

[5] L. ZILLETTI, Il potere dei più buoni e altre sconvenienze, Milano, 2020.