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QUESITI SUL D.L. N. 18/2020

QUESITI SUL D.L. N. 18/2020

Di seguito riportiamo le prime osservazioni che gli amici del Centro Studi giuridici e sociali “Aldo Marongiu” dell’Unione delle Camere Penali Italiane hanno svolto riguardo ai quesiti più urgenti loro sottoposti a proposito del DL n. 18/2020.

TERMINI

  1. La deroga stabilita dal comma 3, lettera b) dell’art. 83, DL 18/2020 alla sospensione dei termini «per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali» deve intendersi riferita a tutti i procedimenti indicati nei numeri 1-2-3 indipendentemente dalla espressa richiesta di imputati e difensori «che si proceda» o si tratta di deroga alla regola della sospensione che opera solo quando vi sia una esplicita richiesta di procedere?

Risposta:

Perché operi deve esserci la richiesta.

• E in questo caso, la “richiesta di procedere” si intende riferita ai soli casi in cui nel periodo di sospensione sia prevista la celebrazione di una qualsiasi udienza e può allora riguardare solo l’istanza che l’udienza si celebri effettivamente e che non venga rinviata d’ufficio?

Risposta:


No, l’istanza riguarda il procedere, a prescindere dalle udienze che -ovviamente- sono incluse in quel concetto.

• La richiesta può invece avere ad oggetto anche il procedimento in sé, indipendentemente dalla circostanza che nell’ambito dello stesso sia prevista la celebrazione di un’udienza altrimenti da rinviarsi?

Risposta:


La richiesta che si proceda sembra riferibile al procedimento e quindi a ogni atto, non solo alle udienze.

3. È possibile superare, nell’ambito delle eccezioni previste dal comma 3 dell’articolo 83, anche la sospensione che opera sui termini previsti per il deposito della motivazione di un provvedimento? Qualora il termine per il deposito della motivazione ricada nel periodo di sospensione previsto dal decreto ed il difensore intenda rinunciarvi per poter proporre impugnazione – anche tenendo conto del trascorrere del tempo cautelare – è possibile formulare istanza in tal senso?

Risposta:


Sì, è possibile, perché -come detto sopra- la richiesta riguarda il procedere, concetto che comprende tutto.

3. La sospensione dei termini, prevista dal comma 2 dell’articolo 83 del decreto, «per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali», può applicarsi anche ai termini stabiliti per la proposizione della querela?

Risposta:


No, perché la querela non è un atto del procedimento.

FASE CAUTELARE

4. Può ritenersi plausibile il differimento a data successiva al 15 aprile 2020 di tutti gli appelli cautelari personali?

Risposta:


per quanto riguarda gli appelli in materia di misure cautelari personali, occorre distinguere. Se si tratta di appelli del pubblico ministero, non essendo quest’ultimo menzionato dal comma 3 lett. b dell’art. 83 tra i soggetti legittimati a richiedere la prosecuzione processuale, i relativi termini resteranno sospesi e l’udienza rinviata (almeno) a dopo il 15 aprile. Tuttavia, gli appelli avranno sempre corso, anche se proposti dal pubblico ministero, quando si collochino nell’ambito di procedimenti in cui sia stata disposta una misura cautelare custodiale (custodia in carcere e arresti domiciliari) i cui termini massimi di durata vengano a scadere durante il periodo 9 marzo-15 aprile. La conclusione deriva dal richiamo all’art. 304 c.p.p. – per l’appunto relativo ai termini massimi di durata dei soli provvedimenti di «custodia cautelare», non dunque di ogni misura coercitiva (per le altre misure dispone al riguardo l’art. 308 c.p.p.) – operato dall’art. 83 comma 3 lett. b. Così, ad esempio, tutte le volte in cui imputato e pubblico ministero si appellino contro provvedimenti cautelari del giudice che respingano istanze rivolte nei confronti (o che modifichino le condizioni esecutive) di una misura custodiale già in corso alla data del 9 marzo. Si tratta infatti di provvedimenti diversi da quello che ha disposto per la prima volta la misura coercitiva (cosiddetto provvedimento “genetico”), perciò sottratti all’area del riesame (art. 309 c.p.p.) e ricompresi tra quelli appellabili. Resta fermo che, se si tratta di appelli della difesa, poiché rientriamo nella situazione dei «procedimenti in cui sono applicate misure cautelari» (comma 3, lett. b, n. 2), l’imputato o il difensore può rimuovere l’effetto sospensivo con apposita richiesta e determinarne così lo svolgimento. È il caso degli appelli concernenti sia le misure coercitive diverse dalle custodiali (custodia in carcere e arresti domiciliari) sia le misure interdittive.

5. Un altro tema concerne la possibilità di trattare i procedimenti aventi ad oggetto misure cautelari reali. Si pone il dubbio circa la possibilità di ritenerli inclusi nel novero dei procedimenti che, ai sensi dell’art. 83, co. 3, lett. b) n. 2 devono essere trattati qualora l’imputato o il suo difensore lo richiedano espressamente, essendo questa la corretta interpretazione da dare in quanto l’art. 83, co. 3 n. 1 fa espresso riferimento a procedimento a carico di persone detenute; mentre il n. 3) fa generico riferimento a misure “cautelari” senza distinzione e se facesse riferimento solo a quelle detentive personali, ciò costituirebbe una inutile duplicazione del n. 1 dello stesso comma; una lettura confortata da ragioni sistematiche, poiché una diversa interpretazione che precludesse la trattazione di procedimenti aventi per oggetto misure ablative reali andrebbe in contrasto con la scelta di includere, fra le materia trattabili a richiesta, le misure di prevenzione (senza distinzione fra misura a carattere personale e misure a carattere reale), sebbene con il solo limite, del tutto ingiustificabile anch’esso, della facoltà di richiesta da parte del solo proposto con esclusione di terzi.

Risposta:


Nei procedimenti in cui sono applicate misure cautelari reali operano di regola tutte le sospensioni previste dal comma 2 dell’art. 83. Il riferimento generico alle «misure cautelari» nel comma 3, n. 2, tuttavia, vale a designare sia i provvedimenti di natura personale che quelli di carattere reale. La regola opera, perciò, a meno che – eccezione alle sospensioni – «gli imputati» o «i loro difensori» non chiedano che si proceda oltre. La manifestazione di volontà dell’imputato o del suo difensore – espressa, nel senso che «si proceda» – impone dunque la normale prosecuzione di tutte le attività del procedimento penale in cui sia stata applicata una cautela reale. Nessun dubbio, allora, che l’esonero da ogni ipotesi di sospensione si produca, a prescindere dalla titolarità dei beni oggetto di vincolo reale, quando l’imputato esprima interesse al riguardo. Non altrettanto può dirsi se analoga volontà provenisse da persone terze alle quali i beni fossero stati sequestrati o che avrebbero diritto alla loro restituzione. Il comma 3, lett. b dell’art. 83, infatti, non menziona i terzi interessati tra i soggetti cui è attribuita, in via tassativa, la legittimazione ad insistere per la prosecuzione del procedimento. E bisogna considerare che la condizione per il prodursi dell’effetto derogatorio alla sospensione è duplice: dal lato soggettivo la provenienza della richiesta da uno dei soggetti legittimati, tra quelli espressamente nominati: detenuti, imputati, proposti, loro difensori; dal lato oggettivo il tipo di situazione che caratterizza il procedimento: la pregressa applicazione di una «misura cautelare». Non è ammesso rescindere in via interpretativa il legame che il d.l. istituisce tra i due fattori, poiché vi ostano la chiara formulazione letterale e la inequivoca concatenazione sintattica interna al comma 3 dell’art. 83. Rimane di conseguenza l’unica strada della questione di legittimità costituzionale, per ingiustificata disparità di trattamento tra imputati e soggetto terzo, poiché entrambi sono equiparati dal codice di rito ai fini della legittimazione ad esperire i rimedi previsti dagli artt. 322, 322-bis e 325, mentre soltanto il primo e non anche il secondo figura tra le persone titolate a promuovere la prosecuzione processuale dal d.l. n. 18 del 2020. Occorre tuttavia precisare che l’effetto previsto dal comma 3 lett. b dell’art. 83 non consiste semplicemente nel consentire la prosecuzione della procedura cautelare, ma, in termini più generali, nell’autorizzare la continuazione dell’intero procedimento penale – s’intende, nel suo itinerario di sviluppo principale così come in ogni attività incidentale – «in cui» sono applicate misure cautelari, ossia nel corso del quale vi sia stata una iniziativa in tal senso che abbia portato ad un provvedimento istitutivo del vincolo (personale o) reale. Si noti, infatti, la differenza lessicale posta nel n. 3 del medesimo comma 3 tra procedimenti «per» l’applicazione di misure di prevenzione e procedimenti «nei quali» sono disposte misure di prevenzione; si noti anche l’espressione usata dal legislatore in esordio del comma 3 lett. b: procedimenti «di» convalida dell’arresto (e non, invece, procedimenti «in cui» è stata disposta la convalida). Se il legislatore avesse voluto circoscrivere la deroga alla sospensione, previa richiesta dell’interessato, alla sola procedura cautelare, allora avrebbe dovuto riferirsi specificamente ai procedimenti incidentali «di» o «per» l’applicazione di misure cautelari. Ne deriva che l’attribuzione della legittimazione soggettiva alla richiesta di prosecuzione in capo ai terzi, alla quale si volesse addivenire sollecitando la Corte costituzionale, dovrebbe restare limitata esclusivamente alla procedura incidentale sulla cautela reale, non essendo concepibile far dipendere dalla iniziativa del terzo la continuazione dell’attività riguardante il processo principale che l’imputato non voglia, preferendone la sospensione.

6.Come si coordina la sospensione dei termini di durata massima delle misure cautelari custodiali prevista dal comma 9 dell’articolo 83 del decreto con la preclusione alla sospensione dei processi disposta dal comma 3?

Risposta:


La sospensione (generale) dei termini processuali, a norma del comma 2, comporta la sospensione dei termini di fase e complessivi dei provvedimenti cautelari coercitivi e interdittivi, a norma del comma 4 (si noti: dei soli termini di fase e complessivi, poiché unicamente a questi si riferiscono gli artt. 303 e 308 c.p.p., richiamati dall’83 comma 4 del d.l. n. 18 del 2020, non anche ai termini finali previsti dall’art. 304 c.p.p.). La sospensione di entrambe le categorie di termini (processuali in generale e cautelari in particolare) non opera quando il procedimento prosegue il suo corso, a norma del comma 3, disposizione speciale e dunque prevalente rispetto a quella generale sopra rammentata; i termini di fase e complessivi continueranno allora a decorrere ogni qual volta i termini cautelari finali di cui all’art. 304 siano destinati a scadere durante il periodo 9 marzo-15 aprile, oppure se è la difesa a chiedere espressamente che si proceda oltre, rimuovendo ogni effetto sospensivo previsto dalla legge. Le due situazioni appena indicate rientrano entrambe tra le eccezioni contemplate nel comma 3 dell’art. 84, perciò in ambedue i casi non può essere disposto il rinvio delle udienze a data successiva al 30 giugno, in base al comma 7, lett. g); ne deriva che non sarà applicabile a queste due fattispecie la previsione del successivo comma 9, che prevede la sospensione di una serie di termini cautelari quando il procedimento (rectius, l’udienza) è rinviato ai sensi del comma 7, lett. g.: nessun rinvio, nessuna sospensione. La sospensione dei termini cautelari elencati nel comma 9 si produce, pertanto, solo nei procedimenti che restano sospesi a norma del comma 3, perché il termine finale di durata del provvedimento custodiale scade dopo il 15 aprile, perché non sono applicate misure di sicurezza, perché la difesa – pur avendone facoltà nei casi elencati dallo stesso comma 3, nn. 1-3 – non chiede la prosecuzione del procedimento. Se si sospende il procedimento penale, restano comunque sospesi anche i termini di fase del provvedimento custodiale fino al 15 aprile, data corrispondente alla conclusione del periodo di tempo previsto dal comma 2, richiamato dal comma 4. Se però in tale lasso temporale era stata fissata una udienza e occorre dunque rinviarla a data successiva, siccome il comma 7 lett. g consente differimenti oltre il 30 giugno 2020 durante il periodo cronologico compreso tra il 15 aprile e il 30 giugno il termine di fase del provvedimento cautelare in corso di esecuzione rimane ulteriormente sospeso a causa della protratta inerzia dell’attività processuale. Ciò secondo quanto stabilisce il comma 9 dell’art. 83, che fissa nel 30 giugno il dies ad quem invalicabile ai fini del “prolungamento” dei termini cautelari di fase, anche nel caso in cui il giudice rinvii l’udienza ad una data successiva a tale limite temporale. La disposizione è di assai dubbia compatibilità costituzionale, poiché fa gravare sulla libertà inviolabile dell’imputato la scelta legislativa di consentire ai capi degli uffici giudiziari differimenti di udienza oltre il 30 giugno, non computando ai fini della durata della restrizione cautelare un periodo temporale – quello ricompreso tra il 16 aprile e il 30 giugno – che non rientra nel campo legislativamente predeterminato di permanenza della situazione di emergenza e nel cui ambito, perciò, il mancato decorso dei termini de libertate verrebbe a trovarsi privo di giustificazione.