ANOMALIE E DISFUNZIONI DEL CSM IGNORATE DAL MINISTRO NORDIO – DI GIUSEPPE DI FEDERICO
DI FEDERICO – ANOMALIE E DISFUNZIONI DEL CSM IGNORATE DAL MINISTRO NORDIO.pdf
ANOMALIE E DISFUNZIONI DEL CSM IGNORATE DAL MINISTRO NORDIO
di Giuseppe Di Federico*
L’articolo[1] mostra che il nostro CSM ha più risorse di personale e finanziarie degli altri Consigli della magistratura e ne analizza le implicazioni/conseguenze sotto vari profili. In primo luogo perché la presenza di 19 magistrati nella segreteria del CSM favorisce sul piano operativo i consiglieri togati. In secondo luogo perché ciò ha consentito al CSM italiano di svolgere funzioni che, in altri paesi democratici sono proprie del potere esecutivo e del potere legislativo.
This article shows that the Italian council of the magistracy (CSM) is endowed with human and financial resources by far greater than those of similar councils of other countries of the European Union. The numerical predominance of the councilmen elected by the judiciary vis a vis those elected by Parliament is further enhanced by the presence of 19 members of the judiciary acting as secretaries of the Council. Furthermore, the greater resources available to the CSM have allowed the Italian Council to expand its activities and powers in areas that in other democratic countries are reserved to the executive and legislative powers.
Sommario. 1. Premessa; 2. Dotazione organica del CSM; 3. La proporzione tra consiglieri laici e consiglieri togati sul piano operativo; 4. Le risorse del CSM e l’espansione dei suoi poteri in settori di competenza dell’esecutivo e del legislativo; 4.1. Acquisizione di funzioni e compiti che sono di competenza ministeriale da parte del CSM; 4.2. Espansione delle attività e dell’influenza del CSM nel settore legislativo; 4.2.1. Ordinamento giudiziario: un riservato dominio del CSM (e dell’ANM); 4.2.2. I pareri del CSM sulle iniziative legislative ed il rilievo delle eccezioni di costituzionalità; 5. Note conclusive.
1. Premessa.
In questo articolo illustrerò aspetti problematici del funzionamento del CSM di cui nulla si dice nel dibattito in corso sulla riforma di quell’organo, nulla nelle riforme proposte dalla Ministra Cartabia, nulla neppure in quelle proposte dal Ministro Nordio. Come vedremo si tratta di questioni che non dovrebbero essere trascurate in una prospettiva riformatrice. Tratterò in particolare di questioni che riguardano i componenti togati e laici dei Consigli superiori della magistratura, le risorse di personale di supporto alla loro attività, le risorse finanziarie messe a loro disposizione dallo Stato, nonché l’ampliamento delle competenze che il CSM ha autonomamente deciso di attribuirsi nel corso degli anni, con particolare riferimento a quelle che condizionano o invadono attività proprie del potere esecutivo e del potere legislativo.
2. Dotazione organica del CSM.
Se poniamo a confronto la consistenza del personale amministrativo e tecnico che da molti anni serve di supporto all’attività del nostro CSM con quella dei due soli consigli dell’Europa occidentale che “governano” sia la magistratura giudicante che quella requirente, cioè Francia e Belgio, si può notare che mentre il CSM italiano ha un personale di supporto di circa 300 unità[2], la Francia e il Belgio ne hanno rispettivamente 21 e 44. Mentre in Italia ben 19 magistrati svolgono a tempo pieno funzioni di supporto all’attività del Consiglio, in Francia solo il segretario generale è un magistrato (peraltro non scelto dal CSM francese[3]), mentre in Belgio non vi sono magistrati con funzioni di segreteria. Non solo. Mentre i consiglieri togati in Italia esercitano le loro attività consiliari a tempo pieno, i consiglieri togati in Francia e Belgio non vengono esonerati dal lavoro giudiziario. Sono differenze che riguardano una diversa concezione della natura dei consigli e delle loro attività. Quanto alla natura mi basti ricordare in primo luogo la risposta sommaria ma anche gravida di significato che mi diede un consigliere togato del CSM francese quando gli chiesi di commentare quelle due differenze. Il CSM francese, mi disse testualmente, non è “ni un ministère ni un monastère”, non è cioè “né un ministero né un monastero”. Aggiunse che in democrazia la responsabilità per il corretto ed efficiente funzionamento della giustizia doveva rimanere primariamente nelle mani del Ministro della giustizia e del governo che, a differenza del CSM, ne rispondono politicamente di fronte al parlamento ed al paese. Volle aggiungere che certamente il CSM francese doveva collaborare nei limiti delle proprie competenze al buon andamento della giustizia soprattutto garantendo l’autonomia operativa dei PM, l’indipendenza dei giudici e le qualificazioni professionali di entrambi. Quanto poi alla previsione che i magistrati eletti in Consiglio dovessero continuare a svolgere anche le funzioni giudiziarie, sostenne che serve a mantenere in vita le loro competenze e i valori professionali propri del magistrato anche nei 4 anni di permanenza in Consiglio in cui “fa anche un altro mestiere”. È un aspetto che è stato da noi trascurato prevedendo che i componenti togati del nostro Consiglio cessino l’attività giudiziaria e svolgano a tempo pieno le funzioni consiliari per quattro anni. La mia pluridecennale esperienza di osservatore diretto dei comportamenti dei componenti togati del nostro Consiglio[4] indica invece che si tratta di questione non secondaria. In numerose occasioni risulta evidente e documentato che, nel decidere, i consiglieri togati privilegiano ragioni corporative, di corrente o anche di natura politica, a discapito di quelle imparziali e giuridicamente corrette[5], tanto che più di una volta, quando ero consigliere del CSM, ho a riguardo suggerito che al termine del loro mandato e prima di tornare alle funzioni giudiziarie i consiglieri togati dovessero trascorrere un periodo di addestramento per riconvertirli all’uso del diritto.
3. La proporzione tra consiglieri laici e consiglieri togati sul piano operativo.
L’art. 104 della Costituzione prevede che il CSM sia composto, per la parte elettiva, da un terzo di consiglieri magistrati eletti dai colleghi (detti consiglieri togati) e da un terzo di consiglieri eletti dal Parlamento (detti consiglieri laici). Sotto il profilo formale questo corrisponde al vero nel senso che solo essi, partecipano al voto con cui il Consiglio decide in plenum. Tuttavia sotto il profilo funzionale le proporzioni cambiano radicalmente per il sostanzioso appoggio operativo che i componenti togati ricevono, in via privilegiata, dai 19 magistrati addetti al Consiglio. 19 magistrati che sono stati da loro stessi scelti su base correntizia e che quindi sono vincolati ai consiglieri togati delle diverse correnti dell’ANM presenti in Consiglio da un solido legame di corrente. A riguardo occorre sottolineare che essendo stati scelti intuito personae proprio dai Consiglieri togati che di loro dovranno servirsi, i 19 magistrati segretari sono di regola anche di notevoli capacità professionale e lavorativa oltre che di provata lealtà correntizia. Una lealtà correntizia evidenziata anche dal fatto che magistrati segretari e dell’ufficio studi partecipano spesso alle “riunioni programmatiche” di corrente periodicamente convocate informalmente dai consiglieri togati delle differenti correnti. Tra le implicazioni di maggior rilievo di questo assetto organizzativo ne segnalo tre.
La prima: una parte consistente del lavoro dei consiglieri togati preparatorio alle decisioni del plenum del Consiglio viene svolta dai 19 magistrati segretari o componenti dell’ufficio studi, dalle ricerche e documentazione alla formulazione delle bozze delle decisioni da assumere in Plenum (con episodi a volte imbarazzanti[6]). Oltre a questo impegno quotidiano, di routine, un lavoro di preparatorio di forte impegno lavorativo per i magistrati segretari dell’ufficio studi riguarda la frequente predisposizione di pareri legali[7], e la elaborazione di circolari e pareri in materia legislativa (attività su cui torneremo più innanzi).
La seconda implicazione riguarda il ruolo dei consiglieri laici. La loro influenza sulle decisioni del Consiglio è marginale soprattutto, ma non solo, perché i magistrati sono in schiacciante maggioranza (due terzi) ma anche perché di frequente hanno orientamenti decisori differenti che di regola si collegano ai diversi orientamenti dei partiti politici che, in Parlamento, hanno sponsorizzato la loro elezione. Orientamenti che di regola li spingono anche a far convergere ricorrentemente il loro voto in appoggio alle decisioni dei componenti togati di questa o quella corrente della magistratura. Di regola i consiglieri laici eletti su indicazione dei partiti di centro destra sono predestinati a fiancheggiare le correnti di magistratura indipendente (MI) e/o Unità per la Costituzione (UNICOST); quelli eletti su indicazione dei partiti di centro sinistra a fiancheggiare le correnti di Magistratura democratica (MD) e di Area. Un fiancheggiamento differenziato che viene indotto ed alimentato anche da aspettative e prassi consolidate che governano le modalità informali di funzionamento dell’apparato consiliare e a cui i consiglieri laici si sottraggono solo occasionalmente[8]. Le difficoltà dei consiglieri laici a giocare un ruolo autonomo può forse essere meglio compreso dal lettore con un esempio riguardante le decisioni che i consiglieri devono assumere più ricorrentemente, e cioè quelle che richiedono una valutazione professionale dei magistrati come, ad esempio, quelle in cui si deve scegliere chi, tra vari candidati in competizione è il più qualificato a ricoprire un posto direttivo o per essere destinato ad una specifica sede e/o funzione giudiziaria. Queste sono le decisioni, molte migliaia nel corso della Consiliatura, su cui è più frequente il disaccordo tra i consiglieri togati delle varie correnti che sostengono i propri affiliati. Le valutazioni ufficiali della professionalità dei magistrati a disposizione dei consiglieri laici sono sostanzialmente inattendibili perché sono, quasi senza eccezioni, tutte egualmente laudative delle capacità professionali e dell’impegno lavorativo dei magistrati[9]. Di regola i consiglieri laici non hanno una conoscenza personale circostanziata del valore professionale e degli eventi giudiziari che hanno caratterizzato l’attività professionale pregressa dei magistrati tra cui occorre scegliere. Devono, quindi, di necessità far affidamento su quelle che vengono informalmente offerte loro dai consiglieri togati, i quali possono comunque vantare una conoscenza personale di tutti i magistrati in competizione. Di regola quindi i consiglieri laici votano sulla base delle valutazioni informali che ricevono dai consiglieri togati delle correnti con cui, sin dall’inizio della Consiliatura, si sono trovati ad avere un rapporto privilegiato. Nei rari casi in cui non lo fanno vengono meno ad una aspettativa condivisa dai consiglieri togati di tutte le correnti. Faccio un esempio emblematico tratto dalla mia esperienza personale di consigliere laico. Negli ultimi mesi del mio mandato venne in decisione la nomina del presidente della Corte d’appello di Ancona. Facemmo l’audizione dei candidati in seno alla quinta commissione. Alle mie domande su aspetti gestionali della Corte di Ancona e sul possibile uso delle tecnologie informatiche a fini organizzativi, il candidato di magistratura democratica si mostrò molto più preparato del candidato sostenuto da MI e UNICOST. In sede di plenum del Consiglio espressi il mio voto a favore del candidato di magistratura democratica motivandolo nel merito con specifico riferimento ai risultati dell’audizione dei due candidati in commissione. L’assenza di due consiglieri laici del centrodestra rese il mio voto determinante ed il candidato di MD fu nominato presidente della Corte d’appello di Ancona. Due episodi verificatisi in quella circostanza evidenziano come le valutazioni del merito professionale siano da tutti i consiglieri togati considerate secondarie rispetto alle solidarietà di corrente che si stabiliscono anche tra i consiglieri laici e le correnti dei consiglieri togati cui sono, “naturaliter”, collegate. Subito dopo il voto alcuni consiglieri di MD vennero a ringraziarmi, nonostante io avessi sottolineato che il mio voto era basato solo su una valutazione di merito. Molto contrariata dal mio voto fu, invece, la reazione dei consiglieri di MI e UNICOST. Uno di essi con cui avevo particolare familiarità e simpatia (in Plenum sedeva accanto a me) mi rimproverò molto fermamente e per qualche giorno la nostra familiarità venne meno. Successivamente volle ristabilire i nostri rapporti amicali. Mi disse di voler dimenticare l’episodio ma che avrebbe gradito che io gli dicessi chi mi aveva raccomandato il candidato di MD. Anche per lui era inconcepibile che la mia decisione fosse bassata solo sul merito.
4. Le risorse di cui dispone il CSM e l’espansione dei suoi poteri in settori di competenza dell’esecutivo e del legislativo.
Le nostre ricerche hanno evidenziato come nel corso degli anni il CSM abbia incrementato notevolmente l’ambito delle sue attività e dei suoi poteri rappresentandoli come un implicito portato di quelli previsti dalla Costituzione o giustificati, di volta in volta, come necessari a proteggere indipendenza esterna ed interna di pubblici ministeri e giudici. Lo ha fatto con sue interpretazioni delle norme costituzionali e ordinarie[10], lo ha fatto con i propri regolamenti, tutt’altro che rispettosi della riserva di legge prevista in Costituzione all’art.108 in materia di Ordinamento giudiziario[11]. Lo ha fatto creando nel corso degli anni un articolato, invasivo e costoso sistema di organismi centrali e periferici, alcuni dei quali operano anche a livello sovrannazionale, che ho già descritto in altri scritti[12].
Nelle pagine che seguono mi occuperò solo di due aspetti dell’espansone delle attività del CSM e delle risorse di organico e finanziarie che l’hanno favorita, e cioè da un canto la creazione di nuovi organi del Consiglio per espletare funzioni che sono proprie del potere esecutivo e dall’altro l’espansione dei suoi poteri normativi e della sua influenza sulla funzione legislativa. Sono materie sostanzialmente estranee a quelle assegnate dalla Costituzione al CSM che alterano i confini tra le competenze dei tre poteri (giudiziario, legislativo ed esecutivo), pregiudicando gravemente la piena funzionalità della divisione dei poteri a livello operativo. Mostrerò anche come le risorse di personale e finanziarie concesse al CSM italiano, molto superiori a quelle degli altri CSM europei, abbiano consentito al nostro Consiglio di ampliare i propri compiti e poteri in piena e incontrollata autonomia.
4.1 Acquisizione di funzioni e compiti che sono di competenza ministeriale da parte del CSM.
Per quanto concerne funzioni e compiti propri dell’esecutivo mi limito a considerare solo i nuovi organismi creati dal CSM negli ultimi 15 anni per la promozione dell’innovazione organizzativa e tecnologica, compiti che non rientrano certo tra quelli assegnati dalla Costituzione al CSM e con i quali di fatto il CSM si attribuisce competenze proprie del Ministro della giustizia. Si tratta di organismi e funzioni gestiti da magistrati di nomina consiliare, che comprendono anche servizi tecnici come quelli che riguardano la statistica e l’informatica. Si tratta, in particolare, della “struttura tecnica per l’organizzazione” che opera presso il CSM, della “commissione permanente per l’analisi dei flussi e delle pendenze”, dell’ufficio distrettuale per l’innovazione, dei magistrati referenti distrettuali per l’innovazione e l’informatica, dei magistrati referenti per l’archivio di merito. Inoltre a livello dei singoli uffici operano i magistrati di riferimento per l’innovazione e l’informatica. Sono tutti organismi creati dal CSM con la dichiarata pretesa di assumersi il compito di garante del buon funzionamento degli uffici giudiziari e dell’apparato giudiziario. Una pretesa più volte espressa formalmente come avvenuto, ad esempio, nella delibera del CSM del 13 luglio 2011, ove è si dice testualmente che “il Csm deve istituzionalmente garantire la funzionalità degli uffici giudiziari”. Molte sono le implicazioni di questo orientamento tra cui anche la pretesa del CSM che il Ministro della giustizia debba preventivamente consultare il CSM persino nel progettare le innovazioni di sua competenza, e cioè quelle previste dall’art. 110 della Costituzione relative a “l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia”[13]. Una consultazione preventiva che vede nel Consiglio l’attore più forte a causa del fatto che l’apparato ministeriale è interamente gestito da magistrati che per tutte le loro gratificazioni e aspettative professionali dipendono non dal Ministro della giustizia, come avviene per i Ministri degli altri ministeri e per i ministri della giustizia degli altri paesi europei, ma solamente dal CSM[14].
La progressiva espansione dei compiti del nostro CSM e dei servizi di cui si è dotato non si sarebbe potuto verificare se al CSM non fossero stati concessi dotazioni di personale e risorse finanziarie nettamente superiori alle esigenze funzionali derivanti dai compiti affidatigli dalla Costituzione. Dotazioni di personale e risorse finanziarie superiori a quelle di tutti i Consigli superiori degli altri paesi europei. Delle generose concessione di personale di supporto all’attività del nostro CSM abbiamo già dianzi detto indicando che sono più di dieci volte superiori a quelle dei Consigli della Francia o del Belgio, cioè dei due soli Consigli dell’Europa occidentale che gestiscono, come il nostro, sia giudici che pubblici ministeri.
Più difficile è, per me, il raffronto con i due Consigli “fratelli” con riferimento alle risorse finanziarie di cui usufruiscono, anche se la notevole sproporzione di personale di cui dispongono e già di per sé una chiara indicazione del maggior costo del CSM italiano. Poiché di recente non sono riuscito ad ottenere dati ufficiali aggiornati sulle dotazioni finanziarie degli altri due Consigli debbo servirmi delle indicazioni che ho potuto raccogliere sul web e che, per quanto sommarie, mi consentono di dire, pur usando il massimo della cautela, che i consigli di Francia e Belgio hanno a disposizione risorse finanziarie nettamente inferiori ad un quarto di quelle che lo Stato italiano annualmente versa nelle casse del CSM, che sono di circa 35 milioni di euro. Una cifra questa che tuttavia è ben lontana dal rappresentare il totale delle spese che costa allo Stato il funzionamento del nostro Consiglio, basti solo pensare al fatto che quella cifra non comprende gli stipendi dei 20 consiglieri togati e dei 19 magistrati segretari o componenti dell’ufficio studi che lavorano in Consiglio i cui stipendi non vengono pagati con fondi del CSM ma gravano su altre voci del bilancio dello Stato. Sulla scarsa attenzione o eccessiva benevolenza del nostro Paese nell’elargire risorse finanziarie al CSM non posso fornire analisi più precise né occuparmi qui delle ragioni per cui ciò sia avvenuto. Posso però fornire un chiaro esempio di come le risorse vengano elargite al CSM senza dimensionarle con riferimento alle esigenze funzionali che il CSM stesso deve soddisfare. A riguardo ricordo che a partire dagli anni 1990 il nostro CSM ha chiesto ed ottenuto crescenti contributi per provvedere ai costosi programmi di formazione continua di giudici e PM, una attività di cui fino ad allora non si era occupato se non saltuariamente. Negli anni seguenti, grazie ai finanziamenti richiesti e ricevuti per far fronte a quel gravoso impegno, l’attività del CSM assunse a dimensioni considerevoli e crescenti, anche per quanto riguarda la formazione iniziale. Nei due anni (2002-2004) in cui sono stato vicepresidente e poi presidente della nona commissione del CSM che si occupa di formazione dei magistrati, tra gli obiettivi da perseguire vi era anche quello di dare annualmente a tutti i magistrati in servizio (poco meno di 10.000) almeno una occasione di formazione continua della durata di alcuni giorni. Ai costi elevati che il Consiglio doveva sostenere per questa attività si aggiungano anche quelli, di maggior durata, della formazione iniziale dei vincitori dei concorsi in magistratura[15]. Nel 2012 il compito, gravoso e costoso, di effettuare la formazione iniziale e continua dei magistrati è stato trasferito alla Scuola Superiore della Magistratura, lasciando al CSM solo il compito di regolare in parte le modalità della formazione. Quindi, da allora il CSM non ha più avuto il compito di svolgere le attività di formazione. Nonostante questo compito gravoso e costoso fosse venuto meno, la dotazione finanziaria annuale del CSM non venne diminuita ma rimase la stessa, cioè circa 35 milioni di euro, anche per gli anni successivi al 2012. In buona sostanza si è trattato di un notevole aumento “di fatto” della dotazione finanziaria dello Stato a favore del Consiglio, cioè un aumento avvenuto senza che si desse ad esso il rilievo di una decisione formale e trasparente o che se ne motivassero le ragioni e l’utilizzo.
Nel settembre 2017 il Csm di sua propria iniziativa restituì all’erario dello Stato 20 milioni di euro senza che questa drastica diminuzione della propria dotazione finanziaria abbia minimamente determinato un abbassamento del livello degli impegni e delle attività istituzionali del Consiglio rispetto agli anni precedenti. I risparmi realizzati dal CSM che hanno consentito questo rimborso allo Stato sono stati effettuati per far fronte alle maggiori spese che allora il CSM prevedeva di dover sostenere nella prospettiva del suo trasloco in una sede più prestigiosa e più ampia, quella del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL)[16]. Una aspirazione, coltivata dal CSM per oltre un anno, che venne meno nel dicembre 2016[17]. Nella lettera del 20 settembre 2017 con cui il Vice presidente del Consiglio, Giovanni Legnini, comunica la restituzione dei 20 milioni di euro egli dice: “E’ un provvedimento storico. Per la prima volta il Consiglio restituisce una somma consistente, auspicando che venga destinata interamente per la giurisdizione”. Veramente un evento storico e unico. Infatti, non essendovi più una propria convenienza a farlo, da allora il CSM non ha mai più risparmiato né restituito alle casse dello Stato un solo euro della dotazione finanziaria che annualmente riceve.
Un eccessivo finanziamento rispetto ai compiti da svolgere può determinare o sprechi di pubblico danaro o l’impegno dei fondi in eccesso per svolgere attività non svolte in precedenza, o entrambe le cose. Sulla base di queste considerazioni, mi sembra di poter formulare una ipotesi non priva di solidi riscontri, e cioè che la maggiore disponibilità dei fondi rispetto ai compiti da svolgere sia stata utilizzata dal CSM anche per ampliare le proprie attività, creare nuove strutture e servizi con l’obiettivo di affermarsi sempre più come l’organo che “deve istituzionalmente garantire la funzionalità degli uffici giudiziari”. Certo l’aspirazione ad attribuirsi questo compito ha radici lontane, si sviluppa a partire dagli anni 1970 soprattutto, ma non solo, con la progressiva affermazione della c.d. “cultura tabellare”, cioè con la progressiva auto-acquisizione da parte del CSM del potere di regolare e controllare il funzionamento interno degli uffici giudiziari, un potere che, come vedremo al paragrafo 4.2.1, neppure la legge ha potuto arginare. Tuttavia è a partire dal 2012 e dopo l’incremento “in sordina” delle risorse finanziarie a sua disposizione che il CSM, di propria iniziativa, crea nuovi organismi e servizi, certamente costosi, che gli consentono, di ampliare ulteriormente la sua governance dell’apparato giudiziario e di consolidare il suo ruolo di garante “della funzionalità degli uffici giudiziari”, pretendendo anche di condividere col Ministro della giustizia, come abbiamo dianzi indicato, anche i poteri che la Costituzione assegna al Ministro e cioè quelli riguardanti “l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia”, pretendendo, inoltre, di essere consultato preventivamente sulle decisioni che il ministro intende assumere in materia di “funzionamento dei servizi della giustizia”[18].
Si può quindi certamente affermare che nessun altro Consiglio superiore dei paesi europei ha poteri tanto estesi e mezzi di intervento tanto articolati quanto quelli del nostro CSM per gestire l’assetto organizzativo e funzionale della nostra giustizia e, di converso, che nessun altro Ministro della giustizia dell’Europa continentale ha poteri tanto limitati sull’assetto organizzativo e funzionale degli uffici giudiziari. Di talché la gravissima e cronica crisi di funzionalità della nostra giustizia ordinaria non ha responsabili: non il CSM che non risponde a nessuno per le decisioni ed iniziative gestionali che prende, non il Ministro della giustizia che nella gestione dell’assetto organizzativo e funzionale dei nostri uffici giudiziari ha poteri limitati a livello operativo a fronte di un CSM che si è autoproclamato e opera come “vertice organizzativo della magistratura”[19], nonché come organo che “deve istituzionalmente garantire la funzionalità degli uffici giudiziari”.
L’espansione dei compiti che il CSM si auto-attribuisce nel settore dell’innovazione organizzativa e tecnologica nonché delle strutture che crea per promuoverla sono ben documentati da una ricerca di Daniela Cavallini pubblicata nel 2021[20]. La creazione dei servizi di statistica e informatica ed il reclutamento del loro personale specializzato da parte del CSM sono avvenuti a partire dal 2012, così come la creazione e sviluppo di un data base informatico del Consiglio (datawarehouse), sono avvenuti cioè in un periodo successivo all’aumento di fatto delle risorse finanziarie a sua disposizione. E’ parimenti successiva al 2012 la creazione o l’ampliamento dei compiti di strutture composte da magistrati nominati dal CSM, che abbiamo dianzi già sommariamente elencato e sui quali è opportuno fornire ulteriori informazioni , e cioè: la commissione permanente per l’analisi dei flussi e delle pendenze, l’ufficio distrettuale per l’innovazione, i magistrati referenti distrettuali per l’innovazione e l’informatica , il magistrato referente per l’archivio di merito , che opera nei 26 distretti di corte d’appello e presso la Corte e la Procura generle di Cassazione. Inoltre a livello dei singoli uffici (cioè nei 140 tribunali e nelle 140 procure della Repubblica vengono nominati i magistrati di riferimento per l’innovazione e l’informatica (magrif).
Le innovazioni appena elencate servono anche a dare contenuto operativo alla Struttura tecnica per l’organizzazione creata dal CSM nel 2008 e composta da 10 magistrati. La ricerca della prof. Cavallini descrive anche come le circolari del CSM abbiano definito i compiti di questi organi, come debbano collaborare tra di loro prevedendo periodiche riunioni congiunte sia a livello del CSM che distrettuale. Precisa inoltre che non esiste al momento nessun riscontro empirico dell’efficacia di queste strutture nel promuovere una maggiore efficienza dei nostri uffici giudiziari. Una precisazione di notevole rilievo perché se una verifica della loro efficacia non avvenisse in tempi ragionevoli, la loro creazione servirebbe solo a celebrare una ulteriore espansione del fenomeno dell’autogoverno “partecipato” gestito dal CSM, come obiettivo di per sé sempre e comunque positivo anche a prescindere dai risultati ottenuti e, ovviamente, anche a prescindere dai rilevanti costi di risorse umane e materiali.
Per quanto questa verifica sia importante per la funzionalità dell’apparato giudiziario, dubito che verrà mai fatta dal CSM. È tuttavia importante considerare alcune questioni derivanti dalla creazione di quegli organismi da parte del Consiglio superiore, questioni che a mio avviso non possono essere trascurate da chi voglia promuovere una efficace riforma del CSM, sia nella configurazione attuale sia in quella che prevede la creazione di due Consigli, uno per la magistratura giudicante ed uno per quella referente:
a) in primo luogo vi è quello di stabilire se la creazione da parte del CSM di nuovi organismi al suo interno e all’interno degli uffici giudiziari per svolgere compiti non previsti dalla Costituzione possa esse di competenza del Consiglio o se invece non debba essere preventivamente decisa a livello legislativo.
b) in secondo luogo vi è quello di stabilire che gli incrementi della dotazione finanziaria del Consiglio siano sempre esplicitamente e trasparentemente correlati alle attività che il CSM può e/o deve svolgere con l’utilizzazione di rigorose analisi di spesa riferite all’insieme delle sue attività.
c) In terzo luogo stabilire in modo chiaro quali siano rispettivamente i compiti del CSM e quelli del Ministero della giustizia. Di farlo ponendosi il problema se il Consiglio possa auto attribuirsi il compito di “garante della funzionalità degli uffici giudiziari” senza che possa essere in nessun modo chiamato a rispondere dei risultati di questa sua attività, o se invece non sia più opportuno, nel pieno rispetto dei compiti esplicitamente assegnati dalla Costituzione al Consiglio, ampliare i poteri del Ministero della giustizia, opportunamente riformato[21], per renderlo anche da noi, come negli altri paesi a consolidata democrazia, il principale e più diretto responsabile politico di fronte al Parlamento ed ai cittadini dell’efficiente ed efficace funzionamento degli uffici giudiziari.
d) in quarto luogo riflettere sull’opportunità, efficacia e dimensione di quel complesso di strutture organizzative create e governate dal CSM, che dallo stesso Consiglio viene definito “autogoverno diffuso”. È un insieme di organismi che impegna un elevato numero di magistrati in attività non giudiziarie. Quanto alla dimensione del fenomeno, la prof. Cavallini ci dice che “considerando solo gli incarichi in materia di informatizzazione e innovazione il numero dei magistrati coinvolti ammonta a oltre 820, di cui circa 650 con un qualche tipo di esonero dall’attività giudiziaria”, e opportunamente aggiunge “ma anche ove tale esenzione non sia prevista, l’avere un incarico ulteriore costituisce comunque per il magistrato un aggravio di lavoro, con un plausibile impatto sul suo rendimento generale”. Non ho informazioni complete sulla dimensione attuale del fenomeno degli esoneri anche perché la materia non è regolata dalla legge ma è invece un potere che il CSM si è auto attribuito e che esercita, senza limiti prefissati, a sua completa discrezione: ad esempio nel corso del Consiglio di cui ho fatto parte, il CSM ha persino deciso, nella seduta del 10/3/2003, l’esonero totale dal lavoro giudiziario, per due anni, di un sostituto della procura della Repubblica di Napoli, Armando D’Alterio, per destinarlo a svolgere, a tempo pieno, le funzioni di segretario della Rete di formazione giudiziaria europea (Jucicial European Training Network). In quell’occasione io sostenni, senza successo, che con quella delibera il CSM violava la riserva di legge in materia di Ordinamento giudiziario, consentendo al Consiglio di istituire e gestire autonomamente un anomalo sistema di “fuori ruolo”[22].
Per quanto le mie informazioni sul fenomeno degli esoneri dal lavoro giudiziario decise dal CSM siano incomplete, è comunque opportuno fornire quelle parziali di cui ho certezza. Per i 246 componenti dei 26 consigli giudiziari distrettuali (molti dei quali sono anche componenti delle sezioni autonome dei magistrati onorari), il CSM prevede un esonero dal lavoro giudiziario dal 20 al 50%. Anche gli 82 magistrati referenti distrettuali per l’innovazione e l’informatica (rid) il CSM prevede un esonero che varia dal 20 al 50%, mentre per i 10 magistrati della Struttura tecnica per l’organizzazione (sto) l’esonero è del 25%. Per i 703 magistrati di riferimento per l’innovazione e l’informatica (magrif), che il CSM prevede siano complessivamente presenti negli uffici giudiziari, il CSM stesso prevede esoneri che variano dal 10 al 30%.
A me sembra che chi volesse seriamente riformare il CSM non potrebbe non porsi il problema se sia opportuno che il CSM possa a suo piacimento non solo darsi, come già detto, strutture interne per svolgere funzioni che non gli sono state attribuite né dalla Costituzione né da leggi ordinarie, ma anche di sottrare forza lavoro agli uffici giudiziari decidendo a sua discrezione in materia di esenzione dei magistrati dal lavoro giudiziario. Nei tre anni in cui sono stato componente della Commissione per l’organizzazione degli uffici giudiziari del CSM (VII commissione) ho più volte raccolto le lamentele di capi degli uffici giudiziari sugli effetti negativi che le decisioni del CSM in materia di esoneri generavano sulla funzionalità dei loro uffici, un fenomeno che, peraltro, viene a volte denunziato nelle stesse motivazioni con cui vengono motivati rinvii molto prolungati nella trattazione delle cause[23]
Quello delle esenzioni è un problema di cui non si parla criticamente quasi mai. Non si dovrebbe, invece, sottovalutarlo anche perché si aggiunge ad altre decisioni del CSM che sottraggono energie lavorative agli uffici giudiziari e cioè quelle relative ai magistrati fuori ruolo (che sottraggono del tutto al lavoro giudiziario più di 200 magistrati) e quelle relative agli incarichi extragiudiziari che, anche quando sono a tempo parziale, sono tuttavia consistenti: nei cinque anni pre-covid, cioè 2015-2019, il CSM ne ha deliberati ben più di mille all’anno, tra i quali anche incarichi di notevole impegno lavorativo[24]. Un sottrazione di energie lavorative al lavoro giudiziario i cui effetti negativi vengono, fortemente accentuati dalla circostanza che la lentezza delle modalità con cui avviene il reclutamento dei nostri magistrati[25], da molti decenni determina consistenti, e costanti vuoti negli organici dei nostri uffici giudiziari, vuoti che superano ricorrentemente, anche di molto, il 10% dell’organico complessivo della magistratura[26] Mi sembra quindi che chiunque voglia riformare il CSM dovrebbe comunque provvedere a ridurre drasticamente il suo potere di destinare magistrati a funzioni diverse da quelle giudiziarie, comprese quelle a tempo parziale.
4.2 Espansione delle attività e dell’influenza del CSM nel settore legislativo.
È un fenomeno complesso di cui, nell’economia di questo scritto, posso fornire solo analisi ed esemplificazioni limitate, ma tuttavia attendibili, riguardanti da un canto il ruolo del CSM nella produzione e interpretazione della normativa in materia di ordinamento giudiziario e dall’altro la espansione del ruolo e dell’efficacia del CSM nel condizionare l’attività legislativa in materia di giustizia.
4.2.1. Ordinamento giudiziario: un riservato dominio del CSM (e dell’ANM).
Numerose sono le circolari del CSM in cui si stabiliscono, e si aggiornano, le regole relative alla struttura e al funzionamento degli uffici giudiziari e alla interpretazione da dare alle norme riguardanti lo status dei magistrati (dalle valutazioni di professionalità ai trasferimenti e alle nomine). Di conseguenza, per comprendere quale sia il reale significato a livello operativo delle leggi sull’ordinamento giudiziario (OG) è necessario sapersi orientare nel complesso delle norme secondarie decise dal CSM nel corso degli anni e dei controlli che lo stesso CSM compie per verificarne la corretta applicazione. Non solo, occorre anche analizzare le risposte che il CSM fornisce ai capi degli uffici giudiziari che ricorrentemente chiedono una “interpretazione autentica” delle norme primarie e/o secondarie in materia ordinamentale rispetto a decisioni che essi stessi debbono assumere nell’espletamento delle loro funzioni. Nello svolgere questa attività il CSM agisce in piena autonomia e di regola con lo stimolo ed il supporto dell’ANM, Un supporto di solito unitario perché da molti anni le diverse correnti del sindacato delle toghe di regola non differiscono significativamente su questioni ordinamentali. Occorre aggiungere che con le sue circolari il CSM non solo gestisce l’ordinamento giudiziario, ma ha più volte non solo precorso l’intervento legislativo ma anche “abolito” di fatto norme approvate dal Parlamento. A riguardo faccio tre esempi che forniscono ulteriori indicazioni di come CSM e magistratura riescano a rendere operante la loro concezione proprietaria dell’ordinamento giudiziario:
a) Primo esempio. Il Consiglio ha iniziato a regolare e controllare l’assetto interno e il funzionamento degli uffici giudiziari sin dalla fine degli anni 1970 e nel corso del 1980. La commissione ministeriale chiamata a formulare le norme per l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario in base alla legge delega n. 81/ 1987 per l’emanazione del nuovo codice di procedura penale, ha incluso tra le nuove norme ordinamentali anche quelle che assegnavano al CSM il compito di regolare e controllare periodicamente le caratteristiche strutturali e funzionali degli uffici giudiziari giudicanti e requirenti (art 7 bis e 7 ter dell’OG). Era materia certamente non prevista dalla legge delega, ma quegli articoli servivano alla Commissione redigente per legittimare a livello legislativo un potere che il CSM si era già attribuito ed esercitava ormai da vari anni. Per comprendere come questo sia potuto avvenire, è necessario considerare alcune caratteristiche dei componenti della commissione che ha redatto quelle norme, che era composta da 15 membri di cui 11 magistrati, due professori universitari e due avvocati. I professori universitari erano entrambi ex magistrati. I magistrati erano stati scelti in rigorosa proporzione alla forza numerica che le varie correnti avevano al momento[27], inoltre otto di essi avevano avuto una pluriennale esperienza di lavoro presso il CSM (cinque ex consiglieri e tre magistrati della segreteria o dell’ufficio studi del CSM). I due professori universitari erano ex magistrati già militanti di due correnti (Giovani Giacobbe ex leader di MI e Alessandro Pizzorusso ex militante di MD). Quindi nella commissione i magistrati erano di fatto 13 su 15. Nessun estraneo, quindi, che potesse turbare la concezione proprietaria dell’OG del CSM/magistratura organizzata. A riprova di questa ermetica chiusura ricordo che allora io ero l’unico cattedratico di Ordinamento giudiziario esistente in Italia e quinti ratione materiae avrei dovuto essere quasi “naturaliter” preso in considerazione per quella commissione. Invece no. Persino una presenza assolutamente minoritaria e potenzialmente dissenziente è stata considerata un affronto al pieno controllo della materia. Con la sola eccezione del Ministro della giustizia Martelli, i Ministri della giustizia non hanno mai cercato di evitare che le commissioni di riforma dell’OG fossero modellate dai magistrati del Ministero della giustizia secondo le aspettative delle vaie correnti dell’ANM e del CSM: e cioè che fossero composte in stragrande maggiora da magistrati e che tra essi vi fossero comunque rappresentanti delle varie correnti della magistratura[28]. A differenza di quanto avviene in altri Paesi, non si è considerato che questa composizione delle commissioni favoriva l’affermarsi di tendenze corporative nella normativa nell’OG (promozioni, carriera, nomine disciplina e ogni altro aspetto relativo allo status dei magistrati)[29]. Non hanno pensato che proprio nelle riforme che riguardano l’OG sarebbe più opportuno attribuire quel compito, prevalentemente o quasi esclusivamente, a soggetti che non hanno interessi di categoria da promuove o tutelare. Ciò dovrebbe essere particolarmente vero per le commissioni ministeriali cui si affida il compito di predisporre i testi delle leggi delegate[30]. Di questo non si è tenuto conto né nella composizione della commissione per l’adeguamento dell’OG al codice di procedura penale di cui abbiamo detto dianzi e neppure nella composizione della commissione ministeriale di studio per l’esercizio delle deleghe in materia di ordinamento giudiziario nominata dal Ministro Nordio il 28 aprile 2023, una commissione presieduta, anche questa, da un ex componente del CSM e leader di una corrente, Claudio Galoppi, composta da 29 membri di cui ben 21 erano magistrati[31], che militano nelle varie correnti del sindacato della magistratura. Non può quindi destar meraviglia, ad esempio, se dai lavori di questa commissione il contenuto e l’utilizzazione del c. d. fascicolo del magistrato per la valutazione della professionalità siano stati fortemente limitati.
b) Il secondo esempio di come il sindacato della magistratura ed il CSM abbiano affermato la loro concezione proprietaria dell’Ordinamento giudiziario riguarda il potere del CSM di abrogare di fatto norme ordinamentali approvate dal Parlamento e di ottenere, successivamente, un esplicito riconoscimento di quel “potere di abrogazione” da parte del Governo e del Parlamento. Il d.lgs 106/2006 ha abolito il comma 3 dell’artico 7-ter dell’ordinamento giudiziario ed ha con ciò stesso privato il CSM dei poteri di controllo sull’organizzazione degli uffici di procura. Una abolizione duramente criticata dal sindacato della magistratura e quindi anche nei pareri espressi dal CSM[32]. Con tre circolari approvate nel 2007, 2009 e 2017 il CSM ha progressivamente e definitamente privato di efficacia le previsioni normative del d.lgs 106/2006 volte a rafforzare i poteri gerarchici dei capi delle procure ed ha al contempo ristabilito il potere del CSM di regolare e controllare l’organizzazione interna degli uffici di procura. Lo ha fatto esercitando un’altra prerogativa di grande rilievo che il Consiglio si è auto attribuito, quello di applicare le norme approvate dal Parlamento interpretandole in modo “costituzionalmente orientato”[33]. Una interpretazione costituzionalmente orientata che eludeva di fatto la volontà del legislatore per riaffermare due capisaldi della ideologia organizzativa del sindacato della magistratura e del CSM: serviva cioè sia a riaffermare i poteri del Consiglio come vertice organizzativo della magistratura sia anche a limitare i poteri gerarchici dei capi delle procure a vantaggio dell’indipendenza interna dei pubblici ministeri. Una interpretazione costituzionalmente orientata cui il CSM ha voluto dare efficacia sul piano operativo prevedendo anche eventuali sanzioni per i capi delle procure che non adottano i criteri organizzativi fissati dal CSM[34].
Tra le riforme dell’Ordimento giudiziario introdotte dalla Ministra Cartabia viene poi riassegnato al CSM il potere di regolare ed approvare i piani organizzativi delle procure[35]. Con ciò stesso, a me pare, Governo e Parlamento hanno sostanzialmente anche valutato positivamente, “a posteriori”, la decisione del CSM di non dare applicazione a norme di legge deliberate dal Parlamento nel 2006.
c) Terzo esempio. Il più ampio tentativo di riforma dell’ordinamento giudiziario
è stato fatto dal governo di centrodestra nella legislatura 2001-2006 con una serie di decreti legislativi che modificavano aspetti salienti dell’ordinamento (modalità di ingresso in magistratura, formazione iniziale e continua, valutazioni di professionalità, assetto del pubblico ministero, sistema disciplinare). Ovviamente non avrebbe senso soffermarci a valutare quale avrebbe potuto essere l’efficacia innovativa di quelle riforme se fossero entrate in vigore, è tuttavia importante ricordare che su quelle riforme il CSM formulò vari pareri con cui contrastava quelle riforme che considerava in buona parte incostituzionali[36]. Fin dal primo giorno della sua nomina a nuovo ministro della giustizia del subentrante governo di centrosinistra (17 maggio 2006), Clemente Mastella volle impegnarsi di persona col CSM a modificare i decreti legislativi del precedente governo. Quel giorno eravamo in una riunione dei capigruppo del CSM presieduta dal vice presidente Virginio Rognoni, quando una telefonata ci avvertì che a breve ci avrebbe fatto visita il neoministro Mastella. Ci disse che questa visita senza preavviso era dovuta al personale desiderio di far sapere con immediatezza al Consiglio che condivideva le sue le critiche ai decreti legislativi varati dal precedente governo e che avrebbe provveduto a dare istruzione all’’ufficio legislativo (organismo composto solo da magistrati) di predisporre modifiche legislative conformi alle indicazioni formulate dal CSM. In effetti, venne per prima cosa rinviata di un anno l’entrata in vigore dei d.lgs. nn. 25, 26, 160 del 2006 del precedente governo per poterli cambiare in base ai desiderata del CSM e dell’ANMI. Ciò avvenne con la legge n. 111 del 2007 ove vennero, tra l’altro, eliminate la norme di un nuovo sistema di valutazione della professionalità e delle promozioni basato su esami o pareri valutativi formulati da organi esterni al CSM. Era il decreto legislativo che più preoccupava la magistratura perché avrebbe potuto impedire al CSM di continuare a promuovere tutti i magistrati in base all’anzianità fino al vertice della carriera e dello stipendio. Non vennero tuttavia abolite alcune delle norme dei decreti legislativi sull’ordinamento giudiziario che erano state criticate duramente nei pareri del CSM ed in particolare quella che aboliva i controlli del CSM sulla organizzazione e funzionamento degli uffici di procura. Come abbiamo visto dianzi (secondo esempio) all’abolizione sostanziale di quella norma provvide autonomamente il CSM con le sue circolari.
4.2.2. I pareri del CSM sulle iniziative legislative ed il rilievo delle eccezioni di costituzionalità.
La particolare attenzione rivolta all’ordinamento giudiziario non vuol dire che il CSM non si sia attivamente impegnato anche ad influire su tutta la normativa concernente lato sensu il settore giudiziario.
Fin dagli anni 1960 il CSM ha infatti manifestato il suo interesse a stabilire e ampliare relazioni e contatti col Parlamento, in particolare dando pareri sulla attività legislativa in materia di giustizia. Ciò generò, nel 1968, un aperto conflitto con il Presidente Saragat il quale riteneva che la Costituzione non consentisse rapporti diretti tra CSM e Palamento[37].
La materia dei pareri è regolata dall’artico 10 della legge n. 195/1958 che riguarda le “Attribuzioni del Consiglio superiore”. Prevede, tra l’altro, che il CSM dia “… pareri al Ministro sui disegni di legge concernenti l’ordinamento giudiziario, l’amministrazione della giustizia e su ogni altro oggetto comunque attinente alle predette materie”. Fino alla fine degli anni 1980 quella norma fu interpretata nel senso che i pareri venissero dati solo a seguito di una richiesta del Ministro della giustizia, solo sulle iniziative legislative promosse dal Governo e prima che iniziasse la discussione in Parlamento. Successivamente, soprattutto a partire dal 1992 (sotto la presidenza dell’On. Scalfaro), il CSM ha deciso che rientrava tra i suoi poteri non solo quello di dare pareri a prescindere dalla richiesta del Ministro della giustizia, ma anche nei casi in cui il Ministro aveva escluso di volerli chiedere. Ha inoltre ritenuto che in base a quella stessa norma: a) poteva dare pareri nel corso dei lavori parlamentari su proposte di legge di iniziativa sia governativa che parlamentare nonché rincorrere coi suoi pareri i singoli emendamenti presentati nel corso dei lavori parlamentari[38].
I vari tentativi compiuti da Presidenti della Repubblica di impedire, qua Presidenti del CSM, la formulazione di pareri o delibere estranei alle competenze del Consiglio sono stati immancabilmente superati, anche nei casi in cui hanno avuto momentaneo successo, come nel caso del Presidente Cossiga[39]. Né maggiore successo ha avuto il Presidente Napolitano nel suo tentativo di impedire che il CSM formulasse i suoi pareri su leggi già in discussione in Parlamento o di vietare che i pareri includessero valutazioni sulla costituzionalità delle proposte di legge prese in considerazione[40].
A volte il coordinamento tra le attività del CSM e quelle del Parlamento assume la natura di una collaborazione diretta. Sono stato personalmente testimone, quando ero consigliere del Csm, di uno di questi casi che esemplifica da solo i vari aspetti della evoluzione dei poteri del Csm in materia. In quell’occasione (17 febbraio 2005) il Csm stava dando un parere non richiesto (e non voluto) dal Ministro della giustizia On. Castelli, un parere che aveva carattere di urgenza perché il Senato si apprestava a decidere su quello stesso disegno di legge di iniziativa parlamentare. La discussione sul parere in questione venne però interrotta quando due dei consiglieri del Csm, che erano ex parlamentari, furono tempestivamente informati da loro conoscenti ancora in Parlamento, con i quali si erano mantenuti in costante contatto coi loro telefoni cellulari, che pochi minuti prima il Senato aveva già deliberato in materia[41]. Ritengo che questo esempio renda chiaro come nelle intenzioni del Csm il vero interlocutore e destinatario dei suoi pareri sia divenuto il Parlamento, e che l’invio formale dei pareri “solo” al Ministro, come prevede la legge, sia, di regola, una vuota, ipocrita formalità.
In una interessante ricerca, non ancora pubblicata, la Prof. Daniela Cavallini ha analizzato i numerosissimi pareri formulati del CSM nel corso degli anni, il loro contenuto e anche le motivazioni con cui vengono giustificati allorquando il loro oggetto riguarda iniziative legislative differenti e lontane da quelle indicate dall’art. 10 della legge 195/1958 dianzi citato. Basti ricordare, ad esempio, che nel 2008 il CSM ha persino predisposto un parere sul d.l. 173/2008 riguardante lo smaltimento dei rifiuti in Campania. Nella ricerca della Prof Cavallini viene documentata anche la evoluzione ed estensione dei pareri del CSM, che ormai includono anche la formulazione di pareri relativi sia ad atti legislativi dell’Unione Europea sia anche alla loro interpretazione, come nel caso dei pareri sui rinvii pregiudiziali alla Corte Europea. Va aggiunto che i pareri del CSM sono sotto il pieno, assoluto, controllo della componente togata e delle correnti che, in Consiglio, rappresentano il sindacato dei magistrati[42], e che il CSM oscura comunque del tutto i pareri dissenzienti espressi dai consiglieri laici[43].
Quanto all’efficacia dei pareri del CSM sul processo legislativo esse non possono essere valutate se non ponendole in un contesto in cui la magistratura in vario modo ispira e dà forza a quei pareri. Le ispira perché quasi tutti i pareri dati dal CSM sulle iniziative legislative seguono e danno rigore argomentativo a precedenti segnalazioni e denunce dell’ANM, di talché quando ero in Consiglio ho più volte segnalato come il CSM, organo di rilevanza costituzionale, svolga di fatto la funzione di “braccio armato” del sindacato della magistratura che quindi diviene di fatto esso stesso, mi si consenta l’iperbole, un “sindacato di rilevanza costituzionale”. A dar forza ai pareri del CSM concorrono una pluralità di fattori tra cui: il monopolio che i magistrati hanno delle posizioni direttive del ministero della giustizia e l’effetto condizionante di un tale assetto sul Ministro Guardasigilli[44]; la presenza di magistrati fuori ruolo in tutti i gangli decisionali dello Stato (presidenza della Repubblica , organi legislativi, capi di gabinetto o di uffici legislativi di vari ministeri, corte costituzionale ecc.) che si fanno portavoce dei pareri del Consiglio e delle aspettative della magistratura associata nei contatti privilegiati di lavoro che essi hanno con esponenti di primo piano della classe politica e delle istituzioni con cui collaborano o con cui hanno collaborato. Si tratta di una “filiera” d’influenza che opera in prevalenza sottotraccia, una filiera la cui efficacia riceve un importante, decisivo sostegno da due fattori tra loro concomitanti.
Il primo è il comprensibile, diffuso timore che la classe politica ha nell’assumere o sostenere iniziative legislative sgradite alla magistratura. Un timore giustificato dai frequenti casi in cui presidenti del consiglio, ministri, parlamentari, presidenti di regione, sindaci e altri componenti della classe politica a livello nazionale e locale subiscono iniziative penali che di regola pongono fine alla loro carriera politica per reati da cui vengono assolti dopo anni di gogna mediatica. E’ un fenomeno che deriva da un assetto giudiziario in cui i pubblici ministeri di fatto godono di ampia discrezionalità nel condurre le indagini -attività in cui operano di fatto come poliziotti del tutto indipendenti- e nell’esercizio dell’azione penale, attività per le quali non possono in nessun modo essere chiamati a rispondere né sotto il profilo organizzativo, né in sede di valutazione della loro professionalità né in sede disciplinare, a prescindere dai danni di ordine politico, economico, sociale familiare e della salute che le loro iniziative e decisioni hanno arrecato a cittadini innocenti[45].
Il secondo fattore deriva dall’appoggio che le aspettative dei magistrati hanno ricevuto, con pochissime eccezioni, dagli anni 1960 ad oggi dal maggior partito della sinistra sia nel concorrere fattivamente a far approvare leggi favorevoli ai loro interessi corporativi[46] sia, soprattutto, nel contrastare, finora con determinante efficacia, iniziative riformatrici da loro avversate[47].
Quanto detto sin qui sui fattori che hanno sinora consentito alla magistratura di esercitare un efficace condizionamento dell’attività legislativa in materia di giustizia, deve essere completato con riferimento alle occasioni in cui la magistratura e il CSM non riescono ad evitare che vengano approvate leggi che ledono i poteri o gli interessi corporativi dei magistrati. Quando ciò avviene la magistratura ha comunque a disposizione una via, seguita ripetutamente con successo, per ottenere che quelle leggi vengano dichiarate incostituzionali. Come si sa, tra i compiti dei pubblici ministeri e dei giudici vi è anche quello di sollevare eccezioni di costituzionalità sulle norme approvate dal Parlamento di fronte alla Corte costituzionale che eventualmente può decidere di dichiararle incostituzionali e quindi non più applicabili. La magistratura ha ripetutamente usato questo strumento ed ottenuto per questa via non solo la eliminazione di norme che limitavano i propri poteri ma anche l’acquisizione di privilegi corporativi che hanno reso la nostra magistratura la meglio retribuita e la meglio garantita sotto il profilo economico dell’Unione Europea[48]. La molteplicità di casi in cui la Corte ha accolto le eccezioni di costituzionalità avanzate dai magistrati su questioni che riguardavano i loro poteri e i loro interessi corporativi, nonché l’ampliamento dei poteri del CSM potrebbero essere frutto di una serie continua di fortuite coincidenze. Difficile da immagine, ma tutto è possibile.
In altri scritti ho quindi suggerito sia riforme costituzionali che rendano le modalità di nomina dei nostri giudici costituzionali meno dissimili da quelle adottate negli altri paesi a consolidata democrazia[49], sia anche riforme con legge ordinaria che comunque, nell’immediato, vietino che i giudici ordinari possano svolgere le funzioni di assistenti di studio dei giudici costituzionali . Sarebbero riforme necessarie ad evitare, tra l’altro, anche un evidente, oggettivo, conflitto di interessi e cioè che i giudici ordinari non solo possano da un canto sollevare questioni di costituzionalità, come è normale che sia, in relazione a leggi che riguardano i loro interessai corporativi o i loro poteri giudiziari, e dall’altro usufruire di un privilegiato, benevolo ascolto da parte di giudici costituzionali (5 su 15 sono magistrati eletti dai colleghi), coadiuvati quotidianamente nel loro lavoro da una trentina di magistrati assistenti di studio che hanno gli stessi interessi[50].
5. Note conclusive.
In questo articolo abbiamo visto che il nostro CSM gode di risorse umane e finanziarie di gran lunga superiori a quelle degli altri consigli della magistratura dell’UE. Nel confronto con i Consigli degli unici due paesi dell’Europa occidentale che, come in Italia, governano sia giudici che pubblici ministeri, cioè quelli di Francia e Belgio, abbiamo visto che il personale di supporto all’attività del CSM italiano è di quasi dieci volte superiore a quello degli altri due i consigli. Non solo, ma che a differenza degli altri due consigli, nel Consiglio italiano prestano la loro opera, a supporto dell’attività del Consiglio, ben 19 magistrati segretari selezionati su base correntizia su indicazione dei consiglieri togati delle varie correnti presenti in Consiglio. Una configurazione che da un canto viene di fatto ad alterare a livello operativo la proporzione tra consiglieri laici e togati a favore di questi ultimi, e dall’altro rende anche più penetrante e sistematica la rappresentanza e la tutela degli interessi correntizi in tutte le attività del CSM. Con riferimento ai componenti togati abbiamo anche visto che in Italia i consiglieri togati vengono esonerati completamente dal lavoro giudiziario mentre in Francia e Belgio seguitano a svolgere anche le loro funzioni giudiziarie. Significativo a riguardo il commento di un Consigliere togato del CSM francese che giustificava le limitate dimensioni del personale amministrativo del suo Consiglio e il perdurare del lavoro giudiziario dei consiglieri togati francesi dicendo che i Francia il CSM non vuol essere “ni un ministere ni un monastere”. Un orientamento evidentemente seguito anche dal Belgio, ma certamente molto lontano da quello del CSM Italiano.
In questo scritto ho anche evidenziato che le più ampie risorse di personale e finanziarie hanno consentito al nostro CSM di estendere i suoi poteri ed attività in settori che sono propri dei poteri esecutivo e legislativo.
Nel settore dall’esecutivo perché con la creazione di una molteplicità di strutture gestionali di “autogoverno diffuso”, in cui vengono impiegati numerosi magistrati, il CSM si è formalmente autoassegnato anche il compito “istituzionale di garantire la funzionalità degli uffici giudiziari”, un compito che esercita senza portarne alcuna responsabilità, un compito che negli altri paesi dell’Europa occidentale, con una giustizia più efficiente della nostra, viene esercitato quasi esclusivamente da organi che ne rispondono di fronte al parlamento ed al paese. A riguardo ho anche indicato che da un canto l’autogoverno diffuso promosso dal CSM certamente sottrae sostanziose energie lavorative all’attività giudiziaria, dall’altro non esiste al momento nessuna evidenza empirica che esso sia funzionale ad una maggiore efficienza dell’apparato giudiziario.
Nel settore legislativo il CSM ha in vario modo affermato il suo riservato dominio sulla normativa in materia ordinamentale soprattutto con le sue circolari, che non solo definiscono in maniera dettagliata come quella normativa debba essere interpretata ed applicata, ma crea e applica norme che solo successivamente vengono approvate dal Parlamento come leggi ordinarie. A riguardo ho anche mostrato come la discrezionalità ed il dominio del CSM in materia ordinamentale è a volte tale da consentire al Consiglio di non applicare per molti anni una legge approvata dal Parlamento fino a quando Governo e Parlamento cambiano quella legge nel senso voluto dal CSM.
Oltre al dominio sulla interpretazione e applicazione delle norme ordinamentali il CSM opera attivamente per influire su tutta la legislazione riguardante lato sensu il settore giudiziario. Lo fa soprattutto con i suoi pareri sulle iniziative legislative governative e parlamentari, pareri che poi nutrono quella efficace filiera di influenza costituita dalla presenza dei magistrati ordinari in tutti i gangli decisionali dello Stato, una presenza che assume una particolare efficacia nella corte costituzionale ove la numerosa presenza di magistrati ordinari genera un sostanziale conflitto di interessi quando le eccezioni di costituzionalità sollevate negli uffici giudiziari riguardano gli interessi corporativi o i poteri della magistratura. A riguardo ho infine indicato come nell’esprime i suoi pareri in materia legislativa il CSM, si faccia portavoce di orientamenti formulati dal sindacato dei magistrati, e che questo legame di continuità tra le delibere dell’ANM e quelle del CSM, che è organo di rilevanza costituzionale, di fatto attribuisca al sindacato della magistratura un improprio rilievo istituzionale o forse anche costituzionale.
È a mio avviso ben difficile che le anomalie e disfunzioni del CSM considerate in questo articolo vengano sanate da un futuro riformatore. Tuttavia alcune di esse non potranno essere ignorate nel caso si addivenga, come preannunziato dal Ministro della giustizia Nordio, alla divisione delle carriere e alla creazione di due Consigli superiori, uno per la magistratura giudicante ed uno per quella requirente. In tal caso non si potrà evitare di decidere se duplicare in entrambi i consigli le strutture di autogoverno diffuso attualmente esistenti, e quindi anche i costi delle risorse umane e materiali ad esso relativi, oppure di mantenerli unificati per entrambi i consigli, a scapito dell’efficacia della stessa divisione delle carriere.
*Professore emerito di Ordinamento giudiziario presso l’Università di Bologna
[1] Viene qui pubblicata la versione modificata di un articolo già pubblicato dalla rivista Legislazione penale col titolo “Anomalie e disfunzioni del CSM ignorate da tutti”.
[2] Nell’ultima rilevazione da me effettuata nel settembre 2018 il personale di supporto in pianta stabile era di243 unita cui si aggiungono i collaboratori dei singoli consiglieri che ora sono 30. Inoltre il CSM assegna ricorrentemente incarichi retribuiti a personale esterno (di solito a magistrati) per lo svolgimento di attività utili al Consiglio.
[3] Viene nominato dal Presidente della Repubblica su proposta del presidente e del procuratore generale di Cassazione.
[4] Una esperienza di ricerca iniziata negli anni 1966-70 in cui sono stato consulente organizzativo del CSM, fino al periodo in cui sono tato componente del CSM (2002-2006) e proseguita poi assistendo, selettivamente, alle sedute del Consiglio sino al 2018.
[5] Due soli esempi tra i tanti possibili, tratti dalla mia esperienza di consigliere del CSM. Il primo caso riguarda un intricato caso giudiziario che potrò descrivere solo molto sommariamente con attenzione alla sostanza più che alla forma. La legge n.126/2004 prevedeva che gli impiegati dello Stato che erano stati sospesi dal servizio in pendenza di un processo penale a loro carico avessero il diritto di essere riammessi in servizio a seguito della loro assoluzione per un periodo pari alla durata della sospensione subita, anche oltre il limite dell’età pensionabile. Il CSM cercò di non applicare quella legge che vedeva tra i suoi beneficiari un giudice, Corrado Carnevale, non gradito alla magistratura organizzata. Sollevò, quindi, un conflitto di attribuzione col Parlamento di fronte alla Corte costituzionale che venne respinto. Il CSM si trovò allora a decidere se dare esecuzione a quella legge. Alcuni giorni prima del voto consiliare io avvicinai un consigliere togato con una prolungata esperienza di giudice di legittimità, cioè di Cassazione, e gli chiesi come avrebbe votato. Con mia grande sorpresa mi disse testualmente “dobbiamo prima consultare la base”. Ancora oggi faccio fatica a credere che mi abbia risposto così e che poi abbia votato contro la riammissione nella seduta consiliare del 27-9-2005 (ovviamente “la base” non gradiva). In quell’occasione il giudice Carnevale non fu riammesso e la sua riammissione avvenne solo alcuni anni dopo quando, dopo una sentenza del Consiglio di Stato a lui favorevole, fu chiaro al CSM che se non l‘avesse riammesso il Consiglio di Stato avrebbe provveduto a far rispettare la sua sentenza nominando un commissario ad acta. Secondo caso: Nomina dei procuratori di Varese e Busto Arsizio nella seduta antimeridiana del Consiglio del 23/3/2005. I due candidati avevano fatto domanda per tutte e due le procure che sono nella stessa geografica e delle stesse dimensioni. In Consiglio si sviluppò un dibattito molto acceso tra la maggioranza dei consiglieri togati (Unicost ed MI) che sosteneva il magistrato A fosse il migliore per Varese e il magistrato B per Busto Arsizio mentre la minoranza (MD e Area) li voleva destinare a procure invertite. Era un contrasto incomprensibile: si trattava di due procure delle stesse dimensioni e operanti nella stessa zona. Dopo la riunione del Consiglio chiesi spiegazioni e a un consigliere della maggioranza. Mi disse che non era opportuno inviare il candidato di Magistratura Democratica a Busto Arsizio onde evitare iniziative penali ingiustificate relative alla gestione dell’aeroporto della Malpensa.
[6] Ne ricordo solo uno verificatosi in ottava commissione che ancora mi fa sorridere. Un magistrato segretario svolse una complessa relazione riguardante un giudice di pace, formulando anche la soluzione da dare al caso. Quando ebbe finito Il Presidente della Commissione gli chiese chi fosse il consigliere togato formalmente titolare della pratica, ed il magistrato segretario disse testualmente: “il titolare sei tu, presidente”.
[7] Pareri che di frequente riguardano i ricorsi contro le decisioni del giudice amministrativo che ha annullato delibere del Consiglio.
[8] Due esempi relativi al Consiglio di cui ho fatto parte. Il primo, all’inizio del nostro mandato di consiglieri laici eletti dal Parlamento su indicazione del centro destra venimmo invitati a due cene organizzate rispettivamente dai Consiglieri togati di Magistratura indipendente e dai consiglieri togati di Unicost, cioè le due correnti con cui eravamo predestinati a collaborare in via privilegiata. Secondo esempio. Ai componenti laici viene assegnato un magistrato segretario cui rivolgersi in caso abbiano bisogno di assistenza. A me venne assegnato un magistrato di magistratura democratica, ma mi si disse che era una assegnazione temporanea e che presto mi avrebbero assegnato un altro magistrato segretario a me “più vicino”. Rifiutai quell’offerta, e per i successivi quattro anni fui “affiancato” da un magistrato di magistratura democratica con cui stabilii un ottimo rapporto anche se spesso mi diceva di non concordare con le mie decisioni.
[9] Per il fenomeno delle valutazioni di regola ampiamente laudative conseguite dai magistrati nelle valutazioni periodiche della loro professionalità, vedi G. Di Federico, Riforma delle valutazioni di professionalità e delle disfunzioni ad essa connesse, in prospettiva comparta, Diritto di difesa, aprile 2022, in particolare i paragrafi 6,7e 8.
[10] Tra le interpretazioni della Costituzione funzionali agli interessi corporativi quella più immediatamente evidente è quella che riguarda l’art. 98 il quale prevede che “i pubblici dipendenti, se sono membri del Parlamento, non possono conseguire promozioni se non per anzianità”. Per poter promuove i magistrati parlamentari il CSM, nel 1970, affermò che i magistrati non sono “pubblici dipendenti” e da allora li ha sempre promossi tutti “per merito” anche nei casi in cui da moltissimi anni non svolgevano più attività giudiziarie. Per quanto riguarda le interpretazioni corporative di leggi ordinarie basti osservare come le promozioni dei magistrati vengano effettuate in base all’anzianità a dispetto delle norme molto rigorose di valutazione della professionalità previste dalla legge n. 11 del 2007. Per le analisi riguardanti questi fenomeni vedi G. Di Federico, Riforma delle valutazioni di professionali e delle disunioni ad essa connesse, in prospettiva comprata, op. cit, in particolare i paragrafi 5 e 6.
[11] Ne sono evidente testimonianza gli esempi forniti nelle pagine seguenti sull’ampiamento dei compiti del CSM non previsti da nessuna legge ma che lo stesso Coniglio si è autonomamente attribuiti.
[12] A riguardo vedi G. Di Federico, Il contributo del CSM alla crisi della giustizia, Le novità in materia di ordinamento giudiziario, Atti del XXIX convegno degli studiosi del processo civile, Bononia University Press 2013, vedi anche G. Di Federico (a cura di), Ordinamento giudiziario, Bononia University Press,2019, pp.285-30.
[13] Una pretesa che formalmente appare in una delibera del Consiglio del 13 luglio 2011 sul ruolo del Csm rispetto al piano straordinario per la digitalizzazione preannunciato dal Ministero della giustizia.
[14] È un aspetto della struttura del Ministero della giustizia che secondo Il Ministro della giustizia Giuliano Vassalli rende il Guardasigilli “un ministro a sovranità limitata”. A riguardo vedi G. Di Federico, Magistrati al Ministero della giustizia: proposte di riforma, Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, Anno LXXVI Fasc. 2. Le valutazioni del Ministro Vassalli sull’anomalo assetto del Ministero della Giustizia sono riportate a p. 677.
[15] Non avendo una sede ove svolgere queste attività per la formazione continua il Consiglio doveva di volta in volta coprire, oltre alle spese di docenza, anche quelle relative alla sede ove svolgere l’attività formativa nonché le spese di viaggio e soggiorno dei numerosi partecipanti. Molto impegnativa e costosa anche la formazione iniziale dei vincitori dei concorsi che, per i peridi di addestramento centralizzato dovevano essere ospitati per prolungati periodi.
[16] La riforma costituzionale proposta dal governo dell’On. Renzi (disegno di legge costituzionale C. 2613) venne approvata da una solida maggioranza del Parlamento, dopo un lungo iter parlamentare, nell’aprile 2016. Prevedeva, tra l’altro, l’abolizione del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro previsto dall’art. 99 della Costituzione. Il CSM aveva ricevuto solidi affidamenti che, a seguito dell’abolizione del CNEL, la sua sede, situata a Villa Lubin all’interno dei giardini di Villa Borgese, sarebbe stata assegnata al CSM. Per correttezza debbo aggiungere che se da un canto non vi sono dubbi né sulla aspettativa del CSM di trasferirsi nella sede del CNEL né sugli affidamenti ricevuti dal Governo a riguardo (di questo ne parlai anche col Vice presidente del CSM, On. Giovanni Legnini), d’altro canto non ho fatto nessuna specifica ricerca su come si siano verificati i risparmi che hanno dato origine alle restituzione di 20 milioni di euro allo Stato. Aggiungo anche che la bocciatura referendaria della riforma costituzionale che prevedeva l’abolizione del CNEL avvenuta nel dicembre 2016 fu causa di forte delusione tra i membri togati del Consiglio anche perché, come mi fu detto, il trasferimento in una sede che era stata originariamente assegnata ad un organo costituzionale sottolineava il rilievo costituzionale dello stesso CSM.
[17] A seguito del referendum che bocciò le riforme costituzionali che prevedevano l’abolizione del CNEL.
[18] Il CSM, prendendo spunto da alcuni interventi di digitalizzazione promossi dal Ministero della giustizia, sostiene che, in qualità di organo responsabile del funzionamento degli uffici, esso debba essere coinvolto preventivamente nelle decisioni ministeriali in materia di informatizzazione. A riguardo vedi delibera del Consiglio del 13 luglio 2011.
[19] Per la verità l’espressione “vertice organizzativo della magistratura” con riferimento al CSM fu coniata dal Professor Livio Paladin nella relazione che predispose al termine dei lavori della Commissione presidenziale nominata dal Presidente della Repubblica Cossiga nel luglio 1990, “Per lo studio dei problemi relativi alla normativa e alle funzioni del Consiglio superiore della magistratura” (ne sono personalmente testimone perché ero un componente di quella commissione). Fino ad allora il CSM si era attribuito quella funzione etichettandola come ““amministrazione della giurisdizione”. Al suo posto adottò subito, a partire dal 1991, l’espressione “vertice organizzativo della magistratura” coniata dal Prof Paladin, ritenendola più efficace a rappresentare funzioni che già svolgeva. A riguardo vedi G. Di Federico, Da Saragat a Napolitano, il difficile rapporto tra Presidente della Repubblica e Consiglio superiore della maisratura, Mimesis editore, 2016, p.12 e nota 7.
[20] V. D. Cavallini, Le strutture di supporto al Csm e agli uffici giudiziari: verso un sistema di “autogoverno diffuso” della magistratura?, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, Anno LXXV Fasc. 2.
[21] Per le proposte di riforma del Ministero della giustizia e per le ricerche che ne segnalano la necessità vedi G. Di Federico, Magistrati al ministero della giustizia: proposte di riforma, op. cit.
[22] Nelle riunioni della IX commissione del CSM si era presa in considerazione, su mia proposta, l’ipotesi che al fine di consentire lo svolgimento a tempo pieno del lavoro di Segretario generale del Network europeo di un magistrato italiano fosse necessario percorrere la via maestra del fuori ruolo previsto dalla legge, chiedendo al Ministro di fare una richiesta a riguardo ed utilizzando a tal fine uno dei posti di fuori ruolo previsti per il Ministero della Giustizia. Ciò, tuttavia, avrebbe comportato che il magistrato Segretario generale del Network sarebbe stato, seppur solo formalmente, collocato alle dipendenze del Ministro e non del CSM, una soluzione ritenuta inaccettabile dal Consiglio.
[23] Nel 2012, ad esempio, un giudice della sezione specializzata in materia di impresa del tribunale di Milano ha rinviato una causa di oltre un anno e mezzo con la seguente motivazione: “In relazione agli impegni di natura istituzionale sopravvenuti in seguito alla elezione quale componente del Consiglio giudiziario e alla nomina quale segretario del consiglio, tenuto conto del carico complessivo del ruolo, si dispone il rinvio del presente procedimento all’udienza del 4 giugno 2014”. Segue la firma del giudice. Vedi a riguardo anche l’articolo di Sergio Rizzo dal titolo “I 219 magistrati che non fanno i magistrati”, pubblicato dal Corriere della Sera il 17-10-2012, pag. 15.
[24] Nel coso di quei cinque anni il CSM ne ha autorizzati complessivamente 6327. Per dare una idea della onerosità di alcuni incarichi basta leggere la loro lista sul sito del CSM che li pubblica semestralmente in esecuzione di una apposita legge. Tra quelli onerosi ne cito solo uno, a titolo di esempio, che riguarda una delibera del CSM del 2018 in cui si autorizza un magistrato della corte d’appello di Palermo, Antonelli Claudio, a tenere 80 ore di lezione e fare i relativi esami nell’anno accademico 2018-19 presso la sede di Palermo dell’Università LUMSA, (a riguardo vedi sul portale del CSM l’elenco degli incarichi extragiudiziari relativi al secondo semestre del 2018). Del fenomeno degli incarichi extragiudiziari mi sono occupato più volte dei miei scritti a partire dal 1980. Ho segnalato le disfunzioni che genera anche in mia una relazione al CSM del 12/12/2002, fatta all’inizio del mio mandato di consigliere (è trascritta integralmente nel verbale del Consiglio di quel giorno).
[25] A riguardo vedi le analisi presentate in G. Di Federico, Reclutamento dei magistrati: disfunzioni e proposte di riforma, in Archivio penale, 2020, n.1.
[26] Al momento di scrivere la scopertura dell’organico dei magistrati è del 16,3%, mancano cioè 1715 magistrati rispetto all’organico previsto di 10.633 (dati rilevati dal portale del CSM il 20/11/2023).
[27] Per maggiori dettagli a riguardo vedi G. Di Federico (1991), Obbligatorietà dell’azione penale, coordinamento delle attività del pubblico ministero e loro rispondenza alle aspettative della comunità, in A. Gaito (a cura di), Accusa penale e ruolo del pubblico ministero, Jovene, Napoli, 1991, pp. 176-177, ed in particolare la nota 6.
[28] La commissione per “la revisione complessiva dell’ordinamento giudiziario” creata dal Ministro Martelli, e di cui facevo parte, era composta da 4 professori universitari e tre magistrati. Una composizione che ebbe breve durata, Il ministro della Giustizia che subentrò a Claudio Martelli, il Prof. Giovanni Conso, ampliò la commissione con DM 6 maggio 1993 e riportò i magistrati in maggioranza: sei magistrati su 11 componenti.
[29] Ad esempio, nella “Commission de réflexion sur la justice” istituita in Francia nel 1997, solo 6 dei 20 componenti della commissione erano magistrati ordinari e 4 non erano neppure giuristi (giornalisti specializzati e professori di materie non giuridiche). All’inizio della relazione sui lavori e di quella commissione si afferma che la commissione si impegnava a svolgere i lavori prendendo le distanze dal “corporativismo giudiziario anche se ammantato dall’ideale dell’indipendenza della magistratura”.
[30] Queste commissioni hanno il compito di predisporre il testo delle leggi delega sulla base di leggi delegate che di necessità lasciano ambiti di discrezionalità interpretativa alle commissioni redigenti, una discrezionalità che viene poi sottoposta verifica da parte di commissioni parlamentari che non sempre esercitano questo difficile compito con piena efficacia.
[31] Per la verità i componenti magistrati nominati nella commissione sono 19, diventano 21 su 29 perché della commissione fanno parte, con diritto di voto, anche due alti magistrati ministeriali, e cioè il capo di gabinetto e il capo dell’ufficio legislativo. Anche la segreteria tecnica è composta da componenti del Gabinetto ministeriale.
[32] Vedi i pareri pubblicati dal CSM sulle riforme ordinamentali promosse dal ministro Castelli. E’ una pubblicazione datata 27 luglio 2006 con il titolo “Relazione al Parlamento sullo stato della giustizia”. Per il parere sulle riforme del pubblico ministero vedi in particolare le pp. 261-276.
[33] Questo potere di interpretare la norme approvate dal Parlamento ignorando di fatto la volontà espressa dal legislatore, e di farlo sulla base della interpretazione che il CSM stesso dà delle norme costituzionali, viene chiaramente affermata sin dalla circolare del Consiglio del 2007 “Disposizioni in materia di organizzazione degli uffici del Pubblico Ministero a seguito dell’entrata in vigore del D.L.vo 20 febbraio 2006 n. 106”, ove si dice testualmente che le decisioni del CSM in materia “rappresentano, infatti, la volontà di darsi carico dell’attuazione dei principi costituzionali riferibili alla figura del pubblico ministero. Esigenza quest’ultima sempre avvertita, che porta ad interpretare anche la nuova normativa, e le conseguenze che da essa derivano, alla luce dei valori costituzionali espressi dall’ art. 105 e 112 della Costituzione. In questo contesto spetta, quindi, al Consiglio superiore della magistratura esercitare i propri poteri di indirizzo nei confronti dei titolari degli uffici di Procura quando, come nel caso della formazione del progetto organizzativo, sono in gioco attribuzioni che concorrono ad assicurare il rispetto delle garanzie costituzionali”.
[34] La circolare del CSM sulle procure del 2017, oltre a fissare le regole cui i procuratori devono attenersi nella formulazione e gestione dei piani organizzativi dei loro uffici, prevede anche, come già fatto in delibere precedenti, che il CSM debba non solo verificare la corrispondenza di quei piani alle regole fissate dal CSM ma anche di registrare i casi di inadempienza per utilizzarli, successivamente, nelle valutazioni relative al rinnovo degli incarichi direttivi e per le valutazioni di professionalità (Circolare 2017 art. 8, comma 7) . Su questo potere sostanzialmente sanzionatorio del CSM è opportuno fornire al lettore un esempio concreto: Il 19 giugno 2012 il CSM decise di non rinnovare per un secondo quadriennio l’incarico direttivo al procuratore della Repubblica presso il tribunale di Pistoia. Detto in estrema sintesi, dal verbale del CSM di quella data risulta che al procuratore si riconosce unanimemente il merito di aver azzerato, con un forte impegno anche personale, l’arretrato che affliggeva l’ufficio. Gli si addebita tuttavia di aver trascurato di coinvolge gli altri magistrati nella gestione dell’ufficio, come voluto dalle delibere del Consiglio in materia. Per questa ragione il Consiglio non gli rinnovò l’incarico direttivo.
[35] Art. 1, comma 7, d.lgs. n. 106 de 2006, come modificato da l. n. 71 del 2022 e d.lgs. n. 44 del 2024. Con riferimento alle procure della Repubblica, questo articolo del 2024 dice testualmente: “il progetto organizzativo dell’ufficio è adottato ogni quattro anni, sulla base di modelli standard stabiliti con delibera del Consiglio superiore della magistratura…”.
[36] Tutti questi pareri sono riportati nelle 340 pagine della pubblicazione curata dal CSM, Relazione al Parlamento sullo stato della giustizia, Il Consiglio Superiore della Magistratura e le modifiche dell’ordinamento giudiziario, luglio 2006.
[37] Vedi G. Di Federico Da Saragat a Napolitano, il difficile rapporto… op. cit., pp. 19-24.
[38] Ad esempio ciò si è verificato con riferimento alla legge 5-12-2005, n. 251 in materia di “Attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze per i recidivi, di usura e di prescrizioni”. Si trattava di un testo di legge inizialmente proposto da un parlamentare e su cui il Ministro della giustizia non solo non aveva chiesto il parere ma aveva anche affermato che tale parere non poteva essere neppure dato perché la proposta di legge non era di iniziativa governativa. Il CSM formulò comunque il parere il 23 febbraio 2005.
[39] Il presidente Cossiga pose il veto alle delibere previste dall’ordine del giorno del Consiglio del 20 novembre 1991 ritenendole non conformi alla Costituzione e alla legge. La decisione del Presidente era motivata dal fatto che non rientrasse nelle attribuzioni del Csm né interpretare norme sostanziali e processuali né stabilire l’ambito di applicazione delle norme dei codici.
[40] V. G. Di Federico, Da Saragat a Napolitano …op cit. pp. 86-89.
[41] La lettura del verbale del CSM del 17 febbraio rivela solo l’urgenza con cui il CSM voleva esprimere il parere prima della delibera del Parlamento. Ovviamente non indica il contenuto delle comunicazioni informali che sono avvenute via cellulare tra due componenti ex-parlamentari del CSM e membri del Parlamento, e neppure i momenti in cui questi contatti si sono verificati poiché non venivano comunicati ufficialmente a tutti i componenti del Consiglio, alcuni dei quali ne venivano a conoscenza sulla base di comunicazioni informali e personali.
[42] La formulazione ed elaborazione dei pareri avviene sotto la supervisione della sesta commissione del CSM (ove i consiglieri togati sono 4 su sei) che per la loro stesura si avvale dell’ufficio studi composto da magistrati che rappresentano le varie correnti della magistratura. La versione del parere così elaborata viene quindi discussa ed approvata dal Plenum del Consiglio. In un tale assetto la promozione ed il contenuto dei pareri sono sostanzialmente nelle mani della componente togata del Consiglio, cioè dei rappresentanti delle correnti dell’ANM che siedono in Consiglio e dai magistrati dell’ufficio studi, selezionati su base correntizia. Ovviamente i contributi dei consiglieri laici sono ben accetti se migliorativi del testo voluto dalla maggioranza dei componenti togati.
[43] Di questo posso fornire la mia personale testimonianza di Consigliere laico. Il Consiglio del quale ho fatto parte (2002-2006) è certamente quello che ha maggiormente contrastato con i suoi numerosi pareri le riforme dell’ordinamento giudiziario proposte da un governo, ed in particolare dal suo ministro della giustizia, Roberto Castelli. Scrissi allora un corposo parere dissenziente da quello approvato da tutti i consiglieri togati, pareri dissenzienti che ottennero l’appoggio di quattro consiglieri che come me erano stati eletti dal Parlamento. Ad esso non venne dato alcun rilievo. Come non li avessi scritti. Non vennero inviati al Ministro della giustizia insieme a quelli della maggioranza. Non solo, il Consiglio decise di pubblicare i pareri resi in quell’occasione dalla maggioranza dei consiglieri, dando loro la veste della relazione al Parlamento per il 2006. Nessun accenno viene fatto alla opinione dissenziente da me scritta e votata anche da altri 4 consiglieri laici.
[44] Per le ricerche su questo fenomeno vedi, G. Di Federico, Magistrati al Ministero della giustizia, op. cit.
[45] V. G. Di Federico, L’indipendenza e la responsabilità del pubblico ministero italiano in prospettiva comparata, proposte di riforma, in Diritto di Difesa, maggio 2022.
[46] Fu certamente di grande rilievo, ad esempio, l’appoggio dato dal Partito comunista e dei suoi parlamentari alla formulazione delle modifiche legislative per le promozioni a magistrato di appello nel 1966 (c.d. legge Breganze) e per le promozioni a magistrato di cassazione nel 1973 (c.d. legge Breganzone), modifiche che hanno portato ai magistrati grandi benefici di carriera ed economici, A riguardo vedi G. Di Federico, Riforma delle valutazioni di professionalità…, op. cit.
[47] È un orientamento che ha caratterizzato costantemente l’azione del Partito Comunista e dei partiti che ne hanno poi raccolto l’eredità e che dura a tutt’oggi con l’opposizione congiunta del Partito democratico e dell’Associazione magistrati alle riforme proposta dal Ministro della giustizia Nordio, riforme che prevedono la divisione delle carriere tra giudici e PM, un nuovo sistema disciplinare e nuove modalità di elezione dei componenti del CSM. Della opposizione del maggior partito della sinistra alle riforme della giustizia non gradite alla magistratura io ne ho anche una esperienza personale. Utilizzando le mie ricerche comparate sui sistemi giudiziari dei paesi a consolidata democrazia ho predisposto disegni di legge presentati da deputati con cui ne avevo discusso. Ne ricordo solo tre presentati nella X legislatura dal presidente della Commissione giustizia della Camera, On. Gargani, che riguardavano: la “Modifica delle norme che regolano l’elezione dei membri togati del CSM” (proposta n. 2269) con la quale si proponeva di adottare il sistema del voto singolo trasferibile; la proposta di legge n. 728 che prevedeva il reclutamento “laterale” in magistratura per gli avvocati ed altri operatori del diritto; la proposta di legge n.; 2268, riguardante “Nuove norme sui procedenti disciplinari” dei magistrati ordinari, che assegnava ai cittadini un importante ruolo nella promozione dell’azione disciplinare. Queste proposte non erano gradite ai magistrati e non furono mai discusse in Commissione giustizia a causa della ferma opposizione dei deputati del PCI.
[48] Ne ricordo qui solo due: la sentenza della n 82/1996 con la quale la Corte costituzionale consentì a tutti i magistrati di percorrere fino al vertice l’intera carriera economica a prescindere dalle funzioni giudiziarie esercitate, e la sentenza n. 223/2012 con la quale la Corte Costituzionale ha stabilito che tra gli impiegati civili dello Stato solo i magistrati devono averne il privilegio di vedere il proprio stipendio adeguato periodicamente al costo della vita, anche nei casi di crisi finanziarie. Sono privilegi di cui non gode nessun’altra magistratura. Vedi a riguardo G. Di Federico, L’anomala struttura della Corte Costituzionale italiana: giudici e assistenti di studio: proposte di riforma, www.archiviopenale.it, 2021, n. 3, in particolare il paragrafo 2.2. In questo articolo vengono anche presentati gli altri casi in cui la Corte costituzionale ha tutelato gli interessi corporativi e i poteri della magistratura.
[49] Sommariamente ricordo che negli altri paesi a consolidata democrazia, a causa del rilievo politico delle decisioni delle corti costituzionali, i giudici costituzionali vengono scelti e/o confermati esclusivamente o quasi esclusivamente da organi collegiali eletti con suffragio universale. In Italia solo 5 su 15 vengono scelti in questo modo, cioè quelli scelti dal Parlamento. Per una presentazione comparata della composizione delle Corti costituzionali Vedi G. Di Federico, L’anomala struttura della Corte Costituzionale italiana, giudici e assistenti di studio: proposte di riforma, ibidem. paragrafo 4.2 e tabella allegata.
[50] Oltre ai magistrati ordinari che, su richiesta dei singoli giudici costituzionali, vengono collocati “fuori ruolo” dal CSM per svolgere a tempo pieno l’attività di assistenti di studio presso la Corte costituzionale vi sono anche magistrati ordinari che svolgono quell’ attività a tempo parziale, e che quindi seguitano svolgere anche il loro lavoro presso gli uffici giudiziari di appartenenza o l’Ufficio del Massimario della Corte di cassazione. A riguardo vedi l’articolo di E. Lamarque, “Chi sono gli assistenti di studio dei giudici costituzionali”, in CONSULTA ONLINE, 2011. L’autrice di questo articolo, che ha essa stessa svolto il ruolo di assistente di studio, segnala l’importanza del ruolo assunto in Corte da quei magistrati ordinari assistenti di studio a tempo parziale che hanno svolto questa funzione per moltissimi anni (anche più di 20), divenendo “espertissimi di giustizia costituzionale, e custodi della memoria storica della giurisprudenza costituzionale, più che gli stessi giudici costituzionali alla fine del loro mandato”.