LA TEMPISTICA DELLA CONVALIDA DELL’ARRESTO AI TEMPI DEL COVID-19 – DI FABIO DE MARIA
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LA TEMPISTICA DELLA CONVALIDA DELL’ARRESTO AI TEMPI DEL COVID-19
THE TIMING OF THE VALIDATION OF THE ARREST AT THE COVID-19 TIME
di Fabio De Maria*
Cass. pen., Sez. VI, 9 luglio 2021, n. 35699, Pres. Mogini – Est. e Rel. E. Aprile.
Giudizio direttissimo – Misure precautelari – Convalida dell’arresto – Termine per la
presentazione dell’imputato all’udienza – Effettivo calcolo delle 48 ore per l’inizio del procedimento – Necessità – Sanzione.
(Art. 558 co. 4 c.p.p., Art. 146-bis disp. att. c.p.p., Art. 83, co. 12-bis D.L. 18/2020, Art. 23 co. 5 D.L. 137/2020)
In tema di convalida dell’arresto e giudizio direttissimo, nel caso in cui si proceda, in pendenza del periodo di emergenza da Covid-19, con modalità telematiche ai sensi dell’art. 83, commi 12 e 12-bis, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito in legge 24 aprile 2020, n. 27, e successive modificazioni, ai fini del rispetto del termine di cui all’art. 558, comma 4, c.p.p., la presentazione dell’arrestato all’udienza da remoto per la convalida e la contestuale celebrazione del giudizio deve ritenersi ritualmente effettuata da parte del pubblico ministero qualora questi, dopo aver trasmesso gli atti e formulato la richiesta di convalida, fornisca al giudice tutte le informazioni e le coordinate volte a consentire l’utile instaurazione dei collegamenti necessari all’apertura dell’udienza virtuale, abbia tempestivamente messo l’arrestato a disposizione del giudice garantendo la presenza dello stesso nel prescelto ufficio di polizia giudiziaria attrezzato per la videoconferenza: essendo ininfluente, a tal fine, che nel termine di 48 ore sia attivato il collegamento telematico con il giudice.
Ai fini del calcolo del termine di quarantotto ore previsto dall’art. 558 comma 4 c.p.p., qualora l’udienza di svolga con modalità telematiche ai sensi dell’art. 83, commi 12 e 12-bis, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito in legge 24 aprile 2020, n. 27, si deve avere riguardo al lasso di tempo che decorre dal momento della prensione del soggetto arrestato alla sua messa a disposizione al giudice della convalida da parte della polizia giudiziaria.
(massime a cura dell’Autore)
Con la sentenza annotata la Suprema Corte coglie l’occasione per chiarire il significato del quarto comma dell’art. 558 c.p.p. con particolare riferimento alla disciplina dell’udienza di convalida dell’arresto celebrata da remoto mediante le prescrizioni indicate dalla DGSIA per l’utilizzo della piattaforma Teams. Interpretazione che trova quale punto focale il dualismo tra il concetto di “presentazione” del ristretto, quale situazione fattuale richiesta dal legislatore e desumibile dal dato normativo, rispetto a quella di effettiva partecipazione alla udienza che inizialmente veniva accolta dai Giudici di merito.
With the annotated judgment the Supreme Court takes the opportunity to clarify the meaning of the fourth paragraph of art. 558 c.p.p. with particular reference to the discipline of the court hearing to validate the arrest celebrated through the prescriptions indicated by the DGSIA for the use of the Teams platform. Interpretation that finds as its focal point the dualism between the concept of “presentation” of the restricted, as a factual situation required by the legislator and inferable from the rule, compared to that of actual participation in the court hearing which was initially accepted by the trial justice.
Sommario: 1. La vicenda processuale. 2. La soluzione adottata: l’ennesimo rimprovero da parte della Suprema Corte. 3. Divergenze di vedute tra Giudici di merito e Giudici di legittimità: impostazioni concettuali a confronto. 4. Considerazioni conclusive.
- La vicenda processuale.
L’imputato veniva arrestato in flagranza di reato per il delitto di evasione e, per gli effetti, tradotto al cospetto del Tribunale di Bari in composizione monocratica per la convalida della misura pre-cautelare ed il conseguente giudizio direttissimo.
Ebbene, il Giudice dibattimentale riteneva di non procedere alla convalida dell’arresto per inosservanza del termine di quarantotto ore, decorrente dal momento della prensione del prevenuto ed entro il quale sarebbe dovuta sincerarsi la presentazione dello stesso dinanzi alla autorità giurisdizionale al fine di procedere alla ratifica, o meno, dell’operato degli agenti di P.G., in quanto, a fronte dell’intervenuto arresto alle ore 9:30 del 24 marzo 2021, l’imputato veniva posto “virtualmente” al cospetto del Giudice alle ore 10:15 del successivo 26 marzo. L’incriminato ritardo era dovuto al susseguirsi di problematiche tecniche inerenti al collegamento telematico a mezzo piattaforma Teams, tra la stazione dei Carabinieri, ove l’imputato era stato trattenuto, e l’Ufficio del Giudicante. Per tale motivo non veniva convalidato l’arresto con conseguente rimessione in libertà del predetto e trasmissione degli atti al pubblico ministero.
Avverso la suddetta ordinanza, il Procuratore della Repubblica proponeva ricorso per cassazione per violazione della legge processuale, con specifico riferimento all’art. 558 c.p.p., sostenendo che il termine di quarantotto ore previsto per consentire la presentazione dell’arrestato dinanzi al Giudice per la convalida non fosse stato in realtà violato in quanto la presenza del detenuto per tale finalità veniva registrata presso la stazione dei Carabinieri alle ore 8:35 del 26 marzo 2021.
- La soluzione adottata: l’ennesimo rimprovero da parte della Suprema Corte.
Con la sentenza in commento la Suprema Corte accoglieva le censure mosse con il ricorso per cassazione ponendo a fondamento della propria decisione una valutazione sistematica delle disposizioni normative in gioco.
Ed invero, nella vicenda in esame, alla disposizione di cui all’art. 558 comma 4 c.p.p. si accosta, e per certi versi si sovrappone, l’impianto normativo disciplinante la trattazione delle udienze durante la fase emergenziale derivante dalla diffusione pandemica dovuta al Covid-19. Ed è proprio nella correlazione tra i citati dettami e nel rinvenimento del punto di equilibrio tra la normativa codicistica e quella emergenziale che va ricercato il fulcro del decisum in commento, che si focalizza sul rispetto del termine di cui all’art. 558, comma 4, c.p.p. e sul connesso concetto di “presentazione” dell’imputato in udienza.
Per adempiere a tale compito l’adito Collegio abbracciava l’orientamento maggioritario espresso dalla Suprema Corte negli ultimi anni, secondo cui «in tema di convalida dell’arresto e giudizio direttissimo, il termine di quarantotto ore fissato dall’art. 558, comma 4, cod. proc. pen. è riferito alla formulazione della richiesta di convalida ed alla “presentazione” dell’imputato, di cui deve essere assicurata la presenza fisica all’udienza, a nulla rilevando che l’inizio della effettiva trattazione dello specifico procedimento avvenga in un momento successivo, purché non vi sia soluzione di continuità»[1]. Impostazione, quest’ultima, che denota l’attribuzione di una accezione fisica e sostanziale al termine “presentazione”, così rendendolo pienamente compatibile, per un verso, con l’idea che l’arrestato venga posto a sua tutela quanto prima possibile al cospetto dell’organo giurisdizionale in ossequio a quanto previsto dall’art. 13 Cost., e, per altro verso, con le esigenze pratico-operative dettate dallo svolgimento dell’udienza. Il tutto partendo dal superamento di quell’equivoco di fondo in cui 4incapperebbe – in questo caso come in altre occasioni – il Tribunale in composizione monocratica che, evidentemente, riteneva che il termine “presentazione” dovesse essere interpretato come sinonimo di “partecipazione” all’attività di udienza, sottintendendo, dunque, l’avvenuta interlocuzione con il Giudice.
D’altra parte, la ratio della normativa codicistica in esame attribuisce al termine “presentazione” un significato che si avvicina ad una vera e propria “messa a disposizione” dell’imputato al Giudice chiamato a pronunciarsi sulla correttezza e sulla legittimità della pre-cautela adottata. “Messa a disposizione” che, nel caso di specie, si concretizzava con la presenza dell’arrestato presso la Stazione dei Carabinieri dalle ore 8:35 del 26 marzo 2021 – certificata ad opera dei verbalizzanti – e, dunque, cinquantacinque minuti prima della scadenza del termine di cui all’art. 558 comma 4 c.p.p. (ore 9:30 del 26 marzo 2021). Ininfluente risulterebbe, dunque, la tempistica dell’udienza, sia con riguardo al suo effettivo inizio sia, ed ancor di più, al momento in cui viene emesso il provvedimento con cui eventualmente il Giudice adito andrebbe a convalidare l’arresto eseguito. D’altra parte, tale ultima impostazione concettuale non rappresenta alcuna novità in termini ermeneutici rispetto a quanto sostenuto dalla Suprema Corte che, da anni[2], afferma che l’elemento dirimente ai fini del controllo del rispetto del termine di quarantotto ore risiede nella effettiva comparizione dell’arrestato.
Su ciò fonda l’epilogo decisorio della Suprema Corte che, in linea con le evidenziate premesse, annullava la gravata ordinanza senza rinvio, decretando l’osservanza del suddetto termine di quarantotto ore.
- Divergenze di vedute tra Giudici di merito e Giudici di legittimità: impostazioni concettuali a confronto.
Dall’analisi della sentenza in commento e dalle precedenti pronunce rese in tema di convalida dell’arresto intervenute nel periodo “pandemico”, ci si accorge di una netta contrapposizione tra gli interventi resi dai Giudici di merito e quelli emessi dalla Corte di Cassazione che, il più delle volte, si è determinata censurando i primi, senza se e senza ma.
Ed invero, così come con la pronuncia in esame si assiste ad un annullamento senza rinvio del provvedimento di non convalida dell’arresto, stessa sorte si verificava in altre analoghe vicende in cui i Giudici di Piazza Cavour, nel cassare le ordinanze di diniego della ratifica della misura pre-cautelare per la ritenuta violazione del termine ex art. 558 comma 4 c.p.p., asserivano come, ai fini partecipativi dell’imputato, fosse «sufficiente la presentazione dell’arrestato in udienza, non rilevando che l’inizio della effettiva trattazione dello specifico procedimento avvenga successivamente, quando esso sia stato posposto alla conclusione di altro giudizio già in corso in quel momento, rimanendo irrilevanti l’orario di effettiva cognizione dei fatti da parte del giudicante, se tale differimento si verifichi in ragione della oggettiva impossibilità a procedervi per l’impegno in udienza per altre attività della stessa natura, ovvero l’orario in cui interviene il provvedimento di convalida del giudice, sempre che questo venga pronunciato in continuità con lo svolgimento dell’udienza»[3]. Ne deriva, dunque, la non rilevanza tanto del tempo di trattazione del caso di specie, quanto dell’orario in cui interviene il provvedimento ogni qual volta l’udienza alla quale viene presentato l’arrestato proceda in continuità. D’altra parte, ragionando in senso contrario, ci si troverebbe nella surreale situazione in cui, ove vi siano più procedimenti da trattare, la cesoia della non convalida risulterebbe efficacemente e correttamente emessa dal Giudice per i procedimenti esaminati, sia pur per mera casualità, per ultimi; rischio che si potrebbe altresì concretizzare ogni qual volta si proceda ad una convalida in procinto della scadenza del termine in questione e le relazioni degli agenti di P.G. si prolunghino oltremodo oppure, opinando in via patologica, siano strumentalmente portate a protrarsi oltre lo scoccare della quarantanovesima ora[4]. Effetto collaterale ancora più dirompente là dove si dovesse concentrare l’attenzione sul momento di emissione del provvedimento decisorio.
Ed allora, il richiamato insegnamento giurisprudenziale, che per la sua linearità e per la ratio che lo sottende sembrava non poter subire, in via teorica, interpretazioni che ne violentassero il senso e la sua funzione, appare invece sottoposto all’eversiva opera ermeneutica da parte dei Giudici di merito. Divergenza di vedute che sembra coincidere con l’entrata in vigore della disciplina emergenziale dettata dal D.L. n. 18/2020 e ss.mm., con particolare riguardo alla trattazione da remoto delle udienze penali. Invasione tecnologica che ha creato non pochi problemi di adattamento e, per gli effetti, di interpretazione applicativa.
Se, infatti, dopo una primissima fase in cui le udienze da remoto erano unicamente quelle regolamentate dalle disposizioni di cui all’art. 146 bis, commi 3, 4 e 5, disp. att. c.p.p. – meccanismo e modalità oramai noti e familiari a tutti[5] –, le criticità sono iniziate a comparire in un secondo momento, ovvero allorquando è stato introdotto l’utilizzo di forme inesplorate ed alternative per la creazione delle aule virtuali (id est piattaforma Teams)[6]. È in tale frangente che si palesa una incertezza interpretativa in ordine alla natura di alcune operazioni tecniche ed agli effetti da attribuire ad esse, proprio in considerazione della loro evidente diversità con il canonico procedimento a distanza sopra menzionato per ciò che attiene ai mezzi, alle procedure di connessione ed alle conseguenti garanzie. Ebbene, è quanto accaduto con riferimento al collegamento telematico ed alla efficacia che, rifacendoci al caso di specie, lo stesso produceva in ordine alla presenza/partecipazione alla udienza di convalida.
Difatti, il Giudice di merito, autore dell’impugnata ordinanza, non riteneva di equiparare la potenziale messa a disposizione del detenuto mediante il collegamento alla piattaforma Teams, vidimata unicamente dalla attestazione resa dai Carabinieri, quale modalità certificante l’ingresso nell’aula virtuale, alla corrispettiva presenza dell’arrestato in un’aula “reale”, come se la reciproca interlocuzione tra il Giudice e l’imputato fosse l’unica attività comprovante la sua presentazione in udienza. Ed è proprio a correzione di questa non isolata presa di distanza ermeneutica dai giudici di legittimità, che questi ultimi hanno più volte avuto cura di precisare che «l’apertura dell’udienza e la conseguente progressiva attivazione del collegamento telematico, una volta che l’attività propedeutica corrispondente alla presentazione si sia verificata, valgono quindi a perfezionare il fatto giuridico previsto dall’articolo 558 comma 4 c.p.p.».
A ciò si aggiunga che, in virtù del secondo provvedimento emesso dal Direttore Generale della DGSIA (Direzione Generale per i sistemi informativi automatizzati) del 21 maggio 2020, con cui all’art. 2 si individuavano gli strumenti di partecipazione a distanza per le udienze penali – tra cui, per l’appunto, il collegamento alla piattaforma Microsoft Teams (identificato con la sigla MVC-2) –, e del novellato art. 83 comma 12 bis del succitato decreto legge, gli indagati/imputati liberi o sottoposti a misura non carceraria erano tenuti a collegarsi all’udienza virtuale[7] dalla medesima postazione del proprio difensore che, in tale occasione, assumeva anche una funzione pubblicistica diretta all’attestazione della identità del proprio assistito, da confermare al momento dell’instaurazione del collegamento informatico e/o all’atto della costituzione delle parti.
Ciò posto, in tema di procedimento di convalida e conseguente rito direttissimo, tale compito (rectius onere) del difensore ha reso ancora più agevole per la Suprema Corte sostenere che il collegamento avviato dalla cancelleria del Giudice con la postazione del legale, presuppone la presentazione dell’arrestato «indipendentemente dal momento in cui l’indagato dia riscontro della sua presenza nel sito, ormai attivo; presenza da quel momento assicurata già dall’equiparazione normativa del sito di collegamento con l’aula di udienza»[8]. Al fine, poi, di dimostrare la correttezza del ragionamento intrapreso, i Giudici di legittimità si spingono ad una considerazione controfattuale, sostenendo che «diversamente opinando […] il perfezionamento della presentazione nell’udienza virtuale si troverebbe rimesso – in evidente contrasto con la natura forzosa dell’attività che la connota – all’unilaterale determinazione dell’indagato di rispondere alla richiesta di collegamento quando ritiene, con minore o maggiore tempestività».
Ne deriva, dunque, come il concetto di “presentazione” virtuale dell’arrestato in sede di convalida trovi una interpretazione legata al dato reale, rinvenibile nell’effettività del collegamento telematico, da ritenersi corrispondente ed equiparabile alla constatazione effettuata dal cancelliere di udienza del sopraggiungere in aula del soggetto interessato.
Epperò, per poter rendere integralmente accoglibile una impostazione di tal genere, la Suprema Corte avrebbe dovuto prestare maggiore attenzione a tutte le sfaccettature pratiche del collegamento telematico che incidono in tema di garanzie dell’imputato. Ad esempio, quando si fa riferimento al requisito della “continuità” dell’attività di udienza in funzione della quale non si ritiene censurabile il provvedimento di convalida qualora intervenga oltre il termine di cui all’art. 558 comma 4 c.p.p., nell’ipotesi del collegamento a mezzo Teams, per potersi verificare la stessa situazione, dovrebbe essere prevista da parte della cancelleria del Giudice la creazione di una unica “aula virtuale Teams” nella quale tutti coloro in procinto della convalida attendono il proprio turno di trattazione. Esattamente quanto accade nello svolgimento della udienza vis a vi. In caso contrario, qualora si proceda alla creazione di singoli canali di collegamento per ciascuna procedura, non avendo l’arrestato alcun modo per constatare (rectius controllare) la continuità di attività giurisdizionale in fieri, quest’ultimo non avrebbe alcuna possibilità di verificare l’effettiva osservanza del termine in questione.
Ed allora, sembrerebbe più onesto intellettualmente ammettere che il concetto di “effettività del collegamento” sia connotato da una affidabilità relativa, per la non remota eventualità che si verifichino determinate circostanze che possano incidere sulla buona riuscita del collegamento stesso.
Ed infatti, se viene accettata l’equazione per la quale il collegamento telematico possa corrispondere alla presentazione virtuale dell’arrestato, premettendo che l’etimologia del termine “collegamento” presuppone una sinallagmaticità interlocutoria affinchè lo stesso sia operativo e quindi foriero di effetti giuridici, occorre evidenziare come non sia sufficiente il mero inoltro da parte della cancelleria del Giudice agli agenti di P.G. delle coordinate funzionali ad attivarlo, ma si ritiene necessario quantomeno che lo stesso venga condiviso dai predetti destinatari per rendere operativo l’invocato legame informatico.
Per tale motivo, quando la Suprema Corte afferma che la presentazione dell’arrestato si ritiene validamente effettuata quando il pubblico ministero «dopo aver trasmesso gli atti e formulato la richiesta di convalida, fornisca al giudice tutte le informazioni e le coordinate volte a consentire l’utile instaurazione dei collegamenti necessari all’apertura dell’udienza virtuale», pecca di superficialità, omettendo di considerare quegli spaccati di vita reale che si verificano nei meandri più capillari delle strutture giudiziarie e/o paragiudiziarie. Ed invero, non v’è chi non veda come in presenza di problematiche tecnico-informatiche ostative a creare il collegamento alla piattaforma Teams non si possa concretizzare quella presentazione al cospetto del Giudice richiesta dalla norma. E ciò, a prescindere che le ipotizzate difficoltà siano addebitabili all’Ufficio Giudiziario, piuttosto che al presidio di P.G. di turno: in entrambi i casi, si tratta di difetti che non possono pesare sulla “permanenza” in vinculis dell’indagato/imputato.
Dunque, delineata l’impostazione oramai granitica assunta dalla Corte di Cassazione, emerge a chiare lettere un criterio valutativo diametralmente opposto espresso dai Giudici di merito che, maggiormente attenti alle reali problematiche riscontrabili nel caso concreto, evidentemente, non hanno ritenuto di individuare nella predisposizione del collegamento informatico un dato incontestabile da cui trarre l’attestazione di una presenza certificata. Appare, infatti, evidente come nelle impugnate ordinanze si attribuisca reale efficacia al collegamento informatico solo nel momento in cui si dà avvio all’udienza e, dunque, si proceda alla formale costituzione delle parti. Approccio ermeneutico da cui si desume l’intenzione di non estendere alla novellata disciplina dello svolgimento dell’udienza di convalida quell’orientamento della Suprema Corte risalente ad epoca abbondantemente antecedente alla emergenza pandemica, allorquando si affermava che, ai fini del rispetto del termine di cui all’art. 558 comma 4 c.p.p., fosse sufficiente il solo onere di “presentazione”, non rilevando se la stessa avesse avuto inizio successivamente alla scadenza del termine medesimo[9].
Ed invero, dall’impostazione resa dai Giudici di merito si avverte una lettura della linea normativa costituita dall’art. 558 comma 4 c.p.p., dall’art. 83 bis D.L. 18/2020 e ss.mm., in uno ai provvedimenti para-normativi emanati dalla DGSIA, che tiene conto delle numerose difficoltà operative riscontrate già nella prima fase pandemica. Visione che – a parere degli Ermellini – paga il prezzo di non aver valorizzato il dato testuale della prima norma indicata, nella quale il riferimento è, come detto, alla mera messa a disposizione dell’arrestato dinanzi al Giudice e non già al momento di costituzione delle parti che, a sua volta, presupporrebbe il vero e proprio inizio dell’udienza. Certo, un approccio in tal senso comporterebbe una valutazione del sub-procedimento di convalida pericolosamente sterile e strettamente legato al dato tecnologico, ove l’attenzione e l’opera di controllo verrebbe circoscritta al mero scorrere del tempo, alla presenza del segnale internet, piuttosto che alla tempistica di intervento dei soggetti interessati.
Epperò, è incontestabile come la norma in esame non faccia riferimento alla messa a disposizione davanti alla P.G., bensì al cospetto dell’Autorità Giurisdizionale, come attentamente rilevato dal Giudice di merito della vicenda processuale in commento.
In medio stat virtus!
- Considerazioni conclusive.
Il botta e risposta intercorso tra le suesposte valutazioni di merito e le corrispettive censure di legittimità impongono alcune riflessioni sul tema.
In primo luogo, appare altamente probabile che la descritta sfasatura interpretativa, che inevitabilmente ha inciso sulla conseguente applicazione della norma disciplinante la tempistica entro cui dover procedere alla convalida dell’arresto in sede di giudizio direttissimo, sia stata determinata dall’intervento della normativa emergenziale che si ritiene abbia distolto l’attenzione del giudicante dal dato normativo facendola concentrare sul bulimico susseguirsi degli innumerevoli protocolli operativi emessi dal Direttore della DGSIA. Situazione di disorientamento ermeneutico che assume una connotazione allarmante proprio in considerazione del segmento procedimentale estremamente delicato in ordine al quale la censurata impostazione ha esplicato i suoi effetti, ovverossia quello del vaglio circa la correttezza delle operazioni di P.G. sottrattive della libertà personale. Tali delicate procedure, proprio in vista dell’oggetto di trattazione, dovrebbero essere esposte a meno deroghe e/o spazi interpretativi possibili.
Ed invero, si è indotti a credere che una così macroscopica divergenza ermeneutica possa essere stata dettata dalla percezione di un preoccupante distacco umano tra il ristretto ed il “controllore” chiamato a pronunciarsi sulla regolarità dello status in vinculis, sopperito unicamente da un collegamento telematico tra il computer del giudice e quello del difensore. È unicamente in tal senso che sarebbe giustificabile quella chiave di lettura per la quale il solo effettivo intervento in udienza da parte dell’arrestato, sia pure attraverso il canale telematico, possa corrispondere alla sua presentazione e, quindi, soddisfare il dettato dell’art. 558 comma 4 c.p.p.
In altri termini, è come se i Giudici di merito abbiano avvertito una inaccettabile mortificazione degli spazi difensivi e delle garanzie dell’arrestato al punto tale da ritenere che l’effettiva partecipazione del ristretto potesse essere rilevata solo nel momento in cui lo stesso si fosse reso parte all’udienza di convalida. Un atteggiamento cauto ed estremamente formalistico, probabilmente dettato dalla, forse consapevole, spinta di dover/voler accreditare la maggior tutela possibile al soggetto sottoposto all’arresto, quale contraltare ad un compresso esercizio del diritto di difesa da espletarsi in un piccolo riquadro di pixel.
Tuttavia, si è trattato di una lettura ermeneutica lontana dal dettato normativo fornito dall’art. 558 comma 4 c.p.p., a cui la Suprema Corte ha ritenuto di restituire il ruolo e la ratio che il legislatore aveva inteso assegnargli, ben prima però che si verificasse l’imponderabile emergenza pandemica.
Impostazione giurisprudenziale che si conforma al dato codicistico, anche in funzione di quella non poco dibattuta pronuncia della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo[10] che, in virtù della oramai acclarata compatibilità tra la partecipazione alle udienze a distanza ed esercizio del diritto di difesa, ebbe a sostenere, in un passato ormai non più attuale, che «nessuna lesione del diritto di difesa è profilabile proprio perché il mezzo della videoconferenza – recepito anche da molti accordi di cooperazione in materia penale – consente all’imputato di seguire le fasi del dibattimento, potendo, inoltre, rappresentare al giudice eventuali problemi tecnici che rendono difficoltoso il collegamento in videoconferenza». Ed invero, i diabolici strumenti utilizzati, oggi all’occorrenza di un preoccupante efficientismo, sono purtroppo ben lontani, in tema di garanzie dell’imputato, dall’assomigliare alle ortodosse videoconferenze omologate dai Giudici di Strasburgo!
*Avvocato del Foro di Napoli, Dottore di ricerca in Internazionalizzazione della politica criminale e sistemi penali
[1] Cass. pen., Sez. V, 12 gennaio 2021, n. 4323, Halilovic, in C.E.D. Cass. n. 280411-011.
[2] Cass. pen., Sez. VI, 14 febbraio 2017, n. 11833, in C.E.D. Cass. n. 270150, secondo cui «Ai fini del rispetto del termine di quarantotto ore prescritto dall’art. 558, comma quarto, cod. proc. pen. per la presentazione da parte del P.M. dell’arrestato all’udienza per la convalida ed il contestuale giudizio direttissimo, occorre far riferimento al momento in cui l’arrestato compare effettivamente dinanzi al giudice, essendo irrilevante la tempestività della richiesta e della fissazione dell’udienza di convalida».
[3] Cass. pen., Sez. I, 20 gennaio 2021, n. 2330, in C.E.D. Cass. n. 280230. In tal senso di veda, anche, Cass. pen., Sez. VI, 26 novembre 2013, n. 3741, Cannariato, in C.E.D. Cass. n. 258770, secondo cui «Ai fini del rispetto del termine di quarantotto ore prescritto dal quarto comma dell’art. 558 cod. proc. pen. per la presentazione da parte del P.M. dell’arrestato all’udienza per la convalida ed il contestuale giudizio direttissimo è sufficiente la “presentazione” in udienza, non rilevando che l’inizio della effettiva trattazione dello specifico procedimento avvenga successivamente perché posposto alla conclusione di altro giudizio già in corso in quel momento»; in senso analogo, Cass. pen., Sez. VI, 26 novembre 2013, n. 21, Demma, in C.E.D. Cass. n. 258555.
[4] Cass. pen., Sez. I, 4 luglio 2001, n. 35706, Mauro, in Cass. pen., 2003, 162, e in Riv. giur. Polizia, 2004, secondo cui «In tema di convalida dell’arresto o del fermo, l’art. 391, comma 7, c.p.p., nella parte in cui prevede che “l’arresto o il fermo cessa di avere efficacia se l’ordinanza di convalida non è pronunciata o depositata nelle quarantotto ore successive al momento in cui l’arrestato o il fermato è stato posto a disposizione del giudice”, va interpretato nel senso che, quando l’ordinanza venga “pronunciata” senza soluzione di continuità all’esito dell’udienza camerale, il termine deve ritenersi rispettato anche se, per il protrarsi dell’interrogatorio, dovuto alla complessità del medesimo, all’atto della pronuncia siano passate oltre 48 ore dalla messa dell’arrestato o fermato a disposizione del giudice, atteso che una tale situazione non viola (avuto riguardo al principio per cui “ad impossibilia nemo tenetur”) la sostanza dell’art. 13, comma 2, della Costituzione, ove si stabilisce il doppio limite delle novantasei ore (quarantotto più quarantotto) entro il quale l’autorità di pubblica sicurezza deve comunicare all’autorità giudiziaria l’avvenuto arresto o fermo di una persona ed il giudice deve convalidarlo; quando invece l’ordinanza non venga “pronunciata” all’esito dell’udienza, ma venga “depositata” successivamente, tale deposito deve necessariamente essere effettuato entro le 48 ore decorrenti dal momento in cui l’arrestato o fermato è stato posto a disposizione del giudice, giacchè l’intervenuta soluzione di continuità tra udienza di convalida e deposito del provvedimento, non presentando carattere di necessità ed essendo, quindi, evitabile, non giustificherebbe l’inosservanza del predetto termine perentorio». Nello stesso senso, Cass. pen., Sez. VI, 25 novembre 2008, Torcasio, in C.E.D. Cass. n. 242044.
[5] D. Manzione, E. Marzaduri, Commento art. 1 e 2 l. 7 novembre1998 n. 11, in Leg. pen., 1999, 861; C. Cost., 22 luglio 1999, sent. n. 342, in Giur. Cost., 1999, 2686, nell’ambito della quale di aveva cura di precisare, per quel che qui interessa, che «Fondamentale è, infatti, a questo proposito la previsione secondo la quale il collegamento audiovisivo tra l’aula di udienza ed il luogo di custodia deve essere realizzato con modalità tali da rendere “effettiva”, e dunque concreta e non soltanto “virtuale”, la possibilità di percepire e comunicare, così saldando intimamente fra loro le potenzialità ed i perfezionamenti sempre offerti dalla tecnica alle esigenze di un “realismo partecipativo” che non può non ritenersi, in sè, del tutto in linea con gli strumenti che l’ordinamento deve necessariamente mettere a disposizione per consentire un adeguato esercizio del diritto di difesa nella fase del dibattimento».
[6] Sul punto, per una disamina completa anche sotto il profilo tecnico-informatico, si veda S. Napolitano, Dall’udienza penale a distanza all’aula virtuale, in Sistema Penale, 7, 2020, pag. 41 e ss., in cui si scrive «Per le udienze penali, quindi, che sulla base delle linee guida vincolanti dovevano celebrarsi necessariamente, o celebrarsi a seguito di dichiarazione d’urgenza del Giudice, o, infine, celebrarsi previa richiesta del difensore o dello stesso indagato/imputato, nell’ipotesi in cui quest’ultimo fosse detenuto in “custodia cautelare”, è stata prevista, tra le altre, quale modalità di svolgimento, più confacente alle finalità di “distanziamento sociale”, quella da remoto, da celebrarsi nella “stanza virtuale” Teams, assegnata a ciascun Giudice (titolare di uno specifico link); nella quale questi, nel giorno ed ora fissati, poteva consentire l’accesso al Pubblico Ministero, alle Parti private ed ai rispettivi Difensori, agli Ausiliari del Giudice, agli Ufficiali o Agenti di PG e agli interpreti (nell’ipotesi di indagato/imputato appartenente a comunità alloglotta). Collegamenti da remoto, questi, ritenuti dalla DGSIA idonei a permettere la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti in “video-collegamento” e la possibilità di udire quanto vi viene detto».
[7] Sulla compatibilità applicativa dell’art. 146 disp. att. c.p.p. ed il concetto di smaterializzazione dell’aula, si veda S. Napolitano, Dall’udienza penale a distanza all’aula virtuale, in Sistema Penale, 7, 2020, pag. 44, secondo cui «L’applicazione di detta norma, nei limiti di compatibilità, come visto, è stata estesa alle udienze penali celebrate con collegamento da remoto TEAMS. La diversità, tra le modalità di svolgimento dell’udienza, appare chiara: nel collegamento da remoto, con applicativo TEAMS, non viene individuato alcun luogo fisico a cui equiparare l’aula di udienza; l’aula è del tutto smaterializzata, ed “esiste” nella “stanza virtuale” del Giudice o, come visto operato nella prassi, nel “TEAM” “instanziato” dal Giudice per lo svolgimento dell’udienza da remoto. Ne consegue, necessariamente che è “il luogo virtuale” (indipendentemente da dove fisicamente si trova il Giudice o gli altri soggetti processuali) ad essere “equiparato all’aula di udienza” (laddove si è optato per detta modalità di svolgimento dell’udienza, finché ha operato la normativa emergenziale)».
[8] Cass. pen., Sez. I, 20 gennaio 2021, n. 2330, pag. 5, in C.E.D. Cass. n. 280230.
[9] Cass. pen., Sez. II, 10 giugno 1992, Battaglino, in Cass. pen., 1993, 1578; Cass. pen., Sez. V, 28 gennaio 1992, Carillo, in C.E.D. Cass. n. 189209; Cass. pen., Sez. I, 16 giugno 2007, Hassan, in C.E.D. Cass. n. 236786.
[10] Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, 5 ottobre 2006, ricorso n. 45106/04, M.V. c. Italia.