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L’INESORABILE DECLINO DELL’OSTATIVITÀ – DI VALENTINA ALBERTA

L’INESORABILE DECLINO DELL’OSTATIVITÀ – DI VALENTINA ALBERTA

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L’INESORABILE DECLINO DELL’OSTATIVITÀ

di Valentina Alberta*

Commento all’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Perugia (ud. 23.09.2021).

Per consultare l’ordinanza, clicca qui.

1. L’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Perugia: non solo ergastolo, non solo reati di “contesto mafioso”, non solo liberazione condizionale.

Mentre il dibattito politico si concentra sul tema dell’ergastolo ostativo, in un clima di contrapposizione tra i sostenitori dei rimedi “contro” le decisioni delle corti superiori[1] e chi viceversa rimane ancorato alle precise indicazioni delle pronunce in questione sulla contrarietà del sistema attuale rispetto ai parametri costituzionali e convenzionali di umanità della pena[2], la giurisprudenza di merito continua a scontrarsi con le evidenti aporie di una norma fondata sulla presunzione assoluta di pericolosità[3].

Con l’ordinanza n. 23 settembre 2021, il Tribunale di Sorveglianza di Perugia ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 bis O.P., nella parte in cui non prevede che i detenuti per i delitti ivi contemplati, diversi da quelli di cui all’art. 416 bis c.p. e da quelli commessi avvalendosi delle condizioni previste nel medesimo articolo, ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni in esso previste, possa essere concesso l’affidamento in prova al servizio sociale, anche in assenza di collaborazione con la giustizia a norma dell’art. 58 ter O.P., allorché siano stati acquisiti elementi tali da escludere sia l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva, sia il pericolo del ripristino di tali collegamenti.

Il quesito costituzionale, come si può immediatamente notare, è ritagliato con particolare attenzione, sia rispetto alla misura richiesta – inevitabile il riferimento al petitum nel procedimento sottostante, ma più ampie considerazioni vengono svolte con riferimento al tipo di richiesta e di pena rispetto alla decisione monito di qualche mese prima, l’ordinanza 97/21 – che, soprattutto, con riguardo alla tipologia di reati, che viceversa implica un ragionamento articolato che i giudici rimettenti svolgono con riguardo alla incostituzionalità “esibita” rispetto ai gravi reati di mafia con quel provvedimento.

La questione, inserita agli atti della Corte al n. 194/21, non ha ancora una data di trattazione. Già in precedenza, il Tribunale di Sorveglianza di Messina, con ordinanza del 13 novembre 2020, aveva sollevato analoga questione di costituzionalità, seppure in termini più generici e senza potersi rapportare con la più recente decisione costituzionale. Si era dunque dubitato della conformità a Costituzione dell’art. 4 bis O.P., in combinazione con l’art. 58 ter O.P., nei termini più ampi possibili e dunque “ai fini del presente giudizio di valutazione della  concessione di misura alternativa alla detenzione di cui al capo IV dell’O.P., a detenuto condannato per uno dei delitti di cui all’art. 4-bis O.P. in assenza del requisito della collaborazione con la giustizia ai  sensi dell’art. 58-ter della medesima legge, per contrasto con gli articoli 3, 24, 27, 117 della Costituzione, nei sensi di cui in motivazione”. La questione è stata dichiarata manifestamente inammissibile con ordinanza 242/21, depositata il 25 novembre 2021, proprio per la genericità con la quale è stata proposta[4].

Con riguardo all’ordinanza qui esaminata, il ragionamento del giudice rimettente prende le mosse dall’analisi del permesso premio come istituto, specialmente per le pene medio-lunghe, con funzione “pedagogico-propulsiva” (Corte cost. 504/95, 445/97, 257/06) e di osservazione del condannato temporaneamente in libertà; si afferma che, in quest’ottica, i cosiddetti benefici rappresentano “un momento privilegiato di sperimentazione dei progressi effettivamente compiuti dal condannato”. In quest’ottica, a parere dei giudici perugini, il fatto che il passaggio successivo al permesso nella progressione trattamentale, ovvero la misura alternativa, rientri nella preclusione assoluta appare contrario agli art. 3 e 27 Cost., per le stesse ragioni già fatte proprie dalla Consulta nella sentenza 253/19. D’altra parte, si osserva nell’ordinanza in commento, la non accessibilità della misura alternativa appare ingiustificabile, a maggior ragione se il condannato abbia già fruito di permessi premio, ma anche quando sussistano i presupposti per la concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale nel caso di pene più brevi (assenza di rischio di recidiva ed utilità ai fini del reinserimento alla luce della osservazione scientifica della personalità e attraverso le prescrizioni imposte all’affidato). Un importante supporto argomentativo viene tratto dalla motivazione della sentenza costituzionale 149/18, nella quale i principi di flessibilità della pena e della progressione trattamentale quali esplicazioni dell’art. 27 Cost vengono sviluppati rispetto ai meccanismi preclusivi nel senso che essi non possono impedire la “costante valorizzazione, da parte del legislatore prima e del giudice poi, dei progressi compiuti dal singolo condannato durante l’arco di espiazione della pena”.

Il Tribunale, considerata l’ordinanza 97 del 2021 ed il suo specifico riferirsi a profili apicali sia con riguardo alla fattispecie di reato che al beneficio richiesto, osserva come la necessità di un intervento legislativo ivi affermato non coinvolga la fattispecie in analisi, riferita ad aspetti che non involgono un “possibile squilibrio del sistema di contrasto alla criminalità organizzata”[5]. Si tratta infatti di una condanna a pena temporanea per un reato certo grave “ma in cui la tenuto nel tempo del legame associativo deve essere vagliata come certamente meno spiccata di quella che a livello esperienziale si attribuisce all’associazione a delinquere di stampo mafioso” (così l’ordinanza commentata). Inoltre, la misura richiesta non ha quale presupposto l’impegnativo “sicuro ravvedimento” di cui all’art. 176 c.p.

In chiusura, sottolinea il giudice rimettente che, in un caso siffatto, “l’attuale preclusione assoluta, che impedisce il vaglio di merito rispetto all’istanza di misura alternativa presentata dall’interessato, appare radicalmente incompatibile con gli artt. 3 e 27 co. 3 Cost, riproponendo la fotografia del legame dell’autore del reato con quanto commesso, senza tener conto del suo percorso penitenziario, per altro qui arricchitosi anche della esperienza premiale, maturate sulla base di una valutazione rimessa ai parametri stringenti già definiti dalla Corte Costituzionale”. E dunque, un accento particolare viene posto sul fatto che la fattispecie concreta costituisca la naturale prosecuzione del percorso iniziato con la sentenza 253[6].

2. Facciamo il punto della giurisprudenza costituzionale sull’art. 4 bis O.P.

Sull’ordinanza n. 97 del 2021, i commenti sono stati orientati essenzialmente ad un cauto apprezzamento dei principi espressi nella decisione ma alla contemporanea delusione per un monito che lascia aperte molte questioni (e che ha dato luogo tra l’altro alla ordinanza in commento)[7].

Tuttavia, non si può non dar conto del fatto che è chiaramente individuabile un percorso volto alla progressiva erosione della operatività della preclusione assoluta di cui all’art. 4 bis O.P.

Si devono infatti considerare le pronunce che hanno escluso l’operatività della norma in relazione ad esigenze umanitarie particolari (ad esempio la sent. 76/17, ma già in precedenza la 239/14), e poi hanno toccato preclusioni particolarmente pervicaci come quella di cui all’art. 58 quater co. 4 O.P. (sent. 149/2018). Qualche battuta di arresto, recente, vi è stata (vedi ad esempio la decisione n. 50/20 relativa alla preclusione di cui all’art. 47 ter co. 1bis O.P. per la detenzione domiciliare ordinaria), ma il numero delle questioni decise e pendenti negli anni recenti su questa norma è impressionante. Fondamentale, tra altre, la n. 32/20 con riguardo al divieto di retroattività per norme di ordinamento penitenziario aventi un carattere peggiorativo rispetto ai presupposti di accesso alle misure

Di recente, è stata decisa la questione relativa al dubbio se anche per la collaborazione impossibile o inesigibile debba essere accertato il requisito dell’assenza del pericolo di ripristino, introdotto per i permessi premio per i non collaboranti dalla Corte costituzionale con sentenza 253/19. La questione, sollevata con ordinanza 12 aprile 2021 dal Magistrato di Sorveglianza di Padova e discussa all’udienza pubblica del 30 novembre 2021, è stata dichiarata con sentenza n. 20 del 2022 inammissibile in parte ed in parte infondata, sostenendosi in buona sostanza che “la posizione di chi “oggettivamente può, ma soggettivamente non vuole” (silente per sua scelta)” sia diversa “da quella di chi “soggettivamente vuole, ma oggettivamente non può” (silente suo malgrado)”, e si legittimi dunque un regime differenziato nel quale solo per il primo caso sia richiesto il requisito aggiuntivo della dimostrazione dell’assenza del pericolo di ripristino.

Altra questione, sicuramente peculiare ma comunque legata ad un automatismo ritenuto inaccettabile, è quella sollevata dal Tribunale di Sorveglianza di Messina il 18 settembre 2019, rispetto alla necessaria osservazione scientifica della personalità per almeno un anno per i reati di cui all’art. 4 bis co. 1 quater O.P. La Corte, dopo la trattazione camerale del 12 gennaio 2022, ha dichiarato con la decisione n. 33 del 2022 la inammissibilità della questione per difetto di motivazione in ordine alla rilevanza. Un’occasione perduta ma l’ulteriore segno della attenzione della giurisprudenza allo scrutinio costituzionale di un meccanismo evidentemente mal tollerato dalla magistratura di sorveglianza.

3. Le proposte di riforma dell’art 4 bis.

In questi giorni è nell’agenda della politica l’elaborazione di una proposta di legge sul tema dell’ostatività. Il dibattito è partito in Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, dove la discussione su tre proposte inserite all’ordine del giorno ha impiegato diverse sedute con numerose audizioni di tecnici[8]. Si è poi aggiunta la proposta Paolini[9], ed ha circolato una ulteriore proposta promossa dalla Fondazione Falcone[10].

Ora la Commissione Giustizia ha licenziato un testo base, sottoscritto dal presidente della Commissione Pierantoni, sul cui contenuto si sono appuntate alcune osservazioni critiche.

Per l’individuazione degli snodi problematici, si può fare in particolare agevole riferimento all’elaborato depositato in Commissione in occasione della seconda audizione da parte dell’Osservatorio Carcere dell’Unione delle Camere Penali italiane[11]. Vi sono tutta una serie di questioni che vanno dalla ingiustificata abolizione dell’istituto della collaborazione impossibile o inesigibile, che si troverebbe ad essere parificata alla non collaborazione volontaria, alla asimmetrica regolamentazione di pena temporanea e perpetua, all’introduzione di soglie rigide di pena effettiva (e dunque incostituzionali secondo i principi di cui alla decisione 148/19) e comunque sproporzionate fino al paradosso della semilibertà, richiedibile solo a fine pena; ancora, si introduce un principio di monetizzazione dei benefici, accessibili solo con integrale adempimento delle obbligazioni civili, ed infine la verifica della rottura dei legami e dell’assenza di pericolo di ripristino dovrebbe essere valutata – dopo una istruttoria sovraccarica di adempimenti ed aggettivazioni – secondo un parametro di “certezza” che renderebbe, se applicato in modo testuale, assolutamente apparente l’adeguamento normativo rispetto al dictum delle Corti. Oggi, il testo con emendamenti dovrebbe passare all’esame dell’aula e poi andare al Senato. La situazione è piuttosto fluida e non si esclude il recupero di sventurate soluzioni che erano state scartate (ad esempio l’accentramento dell’intera materia a Roma, in spregio al carattere di giurisdizione di prossimità del lavoro della magistratura di sorveglianza)[12].

La discussione in campo vede su fronti contrapposti coloro i quali ritengono che le decisioni delle Corti vadano semplicemente eseguite[13] e coloro i quali viceversa stanno tentando di vanificare il significato delle decisioni con le quali si è voluto restituire alla magistratura di sorveglianza il proprio compito di decidere dei percorsi trattamentali[14]. Il termine del 10 maggio 2022 si avvicina, ed il rischio è quello che anche in questo caso il monito della Corte rimanga inevaso

Va evidenziato come il mancato intervento sul catalogo dei reati ostativi (ad oggi non ipotizzata nella normativa in gestazione), debba essere considerata una occasione persa. La Corte costituzionale aveva dato una indicazione precisa, sottolineando come “il ‘catalogo’ della prima fascia di reati di cui all’art. 4-bis ordin. penit. comprenda ormai anche reati diversi, relativi alla criminalità terroristica, ma anche delitti addirittura privi di riferimento al crimine organizzato, come i reati contro la pubblica amministrazione o quelli di natura sessuale” [15]; a maggior ragione considerata la necessità di una disciplina volta ad armonizzare la disciplina della pena perpetua e temporanea, equiparate dalla sentenza 253/19.

4. Conclusioni.

Il passo sembra segnato. I tentativi di retromarcia di una parte della politica non potranno che trovare un fermo baluardo nella Corte costituzionale[16]. Non si può non sottolineare peraltro come il venir meno della ostatività abbia restituito a persone detenute da decenni[17] quello che la Corte EDU ha definito il “right to hope”, diritto umano insopprimibile che garantisce la civiltà di un sistema giudiziario.

Passaggio dopo passaggio, la Corte ha attenuato numerosi vincoli relativi ad automatismi in materia penitenziaria, mentre la magistratura di sorveglianza ha sempre rivendicato di potere così tornare ad esercitare il proprio ruolo di valutazione dei percorsi individuali dei detenuti[18].

Intanto che il processo di demolizione prosegue, però, i detenuti per reati ostativi di prima fascia devono essere posti in grado di usufruire di proposte trattamentali che consentano di valorizzare il percorso di cambiamento individuale. Con le inevitabili difficoltà connesse all’organizzazione dei reparti di alta sicurezza, non si può non auspicare che l’amministrazione costruisca anche per questa tipologia di detenuti percorsi individuali a prescindere dalla possibilità di una valorizzazione in chiave di accesso ai benefici penitenziari[19].

* Avvocato del Foro di Milano, componente dell’Osservatorio Carcere UCPI

[1] Ci si riferisce alle decisioni Corte EDU, Sez. I, 13 giugno 2019, Viola c. Italia n. 2, Corte cost 253/19 e 97/21.

[2] Per una disamina completa del dibattito sull’ergastolo, v. DOLCINI, Fine pena: 31/12/9999. Il punto sulla questione ergastolo, in Sistema Penale, 15 novembre 2021.

[3] Aveva evidenziato il “costo … difficile da accettare” di una incostituzionalità esibita ma non dichiarata dalla Corte e dunque dell’uso della tecnica della decisione monito DOLCINI, L’ordinanza della Corte costituzionale n. 97 del 2021: eufonie, dissonanze, prospettive inquietanti, in Sistema Penale, 25 maggio 2021. Chiaro che il costo maggiore riguardi chi si trovi nella medesima situazione giuridica della decisione citata, ma uguale situazione di stallo rischiano gli altri condannati per i reati di cui all’art. 4 bis co. 1 O.P., la cui disciplina è oggi più che mai incerta.

[4] “ L’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Messina risulta priva di una qualunque descrizione della concreta fattispecie posta ad oggetto del giudizio principale, tanto che non è neppure indicato se le istanze della parte siano state formulate in termini graduati, e quale tra le relative misure sarebbe presa in considerazione, già solo allo scopo di verificarne gli specifici presupposti di ammissibilità … che, inoltre, l’ordinanza di rimessione prospetta la integrale ablazione (per qualunque reato, tra quelli ricompresi nell’art. 4-bis, comma 1, ordin. penit., e per qualunque beneficio penitenziario) della presunzione di pericolosità connessa all’atteggiamento non collaborativo del condannato, basandosi sulla motivazione di provvedimenti che, al contrario, hanno censurato solo il carattere assoluto della presunzione medesima, e solo in relazione al permesso premio (sentenza n. 253 del 2019);che, quindi, l’inammissibilità delle questioni risulta manifesta anche considerando che il relativo accoglimento comporterebbe una vera e propria novità di sistema, azzerando completamente un complesso meccanismo legislativo mirato invece a distinguere, mediante una serie di valutazioni discrezionali, le procedure e i presupposti per l’accesso a benefici penitenziari e misure alternative, sulla base di indici sintomatici, variamente individuati”.

[5] “Un’immediata declaratoria di incostituzionalità, non impattando la complessa area della strategia di contrasto alla criminalità organizzata di stampo mafioso (in considerazione della specifica rilevanza della fattispecie affidata allo scrutinio della Consulta), non provocherebbe alcuna compromissione sistematica e non turberebbe esigenze di collaborazione istituzionale tra Corte costituzionale e legislatore”

(così SIRACUSANO, Affidamento in prova al servizio sociale del condannato, per reati diversi da quelli di “ambito mafioso”, non collaborante con la giustizia: un’altra questione, circa la tenuta del modello preclusivo imposto dall’art. 4-bis comma 1 ord. penit., approda al sindacato della Corte costituzionale, in Sistema penale, 26 ottobre 2021.

[6] Evidenzia come l’ambito delimitato rispetto all’affidamento in prova sia suscettibile di una pronuncia consequenziale rispetto alle altre misure alternative SIRACUSANO, Affidamento in prova, cit. (“qualora ne venisse accertata l’incostituzionalità con riguardo alla misura di cui all’art. 47 ord. penit., nulla impedirebbe di estendere tale declaratoria – attraverso il protocollo della incostituzionalità conseguenziale – con riferimento alla misura della semilibertà e della detenzione domiciliare”).

Peraltro, la consapevolezza di possibili effetti a cascata aveva indotto la Commissione Antimafia a ragionare in termini ampi sulla revisione dell’art. 4 bis O.P. subito dopo la sentenza 253 (Relazione sull’istituto di cui all’art. 4 bis della legge n. 354 del 1975 in materia di ordinamento penitenziario e sulle conseguenze derivanti dalla sentenza n. 253 del 2019 della Corte Costituzionale datata 20 maggio 2020).

[7] Si vedano, tra gli altri, GALLIANI, Il chiaro e lo scuro. Primo commento all’ordinanza 97/2021 della Corte costituzionale sull’ergastolo ostativo, in Giustizia insieme, 20 maggio 2021, GIANFILIPPI, Ergastolo ostativo: incostituzionalità esibita e ritardi del legislatore. Prime note all’ordinanza 97/2021, in Questione Giustizia, 27 maggio 2021, SFERLAZZA, Riflessioni a margine della ordinanza della Corte Costituzionale n.97/2021 sull’ergastolo ostativo: molti dubbi e poche certezze, in Questione giustizia, 24 giugno 2021.

[8] Si fa riferimento alle proposte di legge C. 1951 (Bruno Bossio), C. 3106 (Ferraresi), C.  3184 (Del Mastro Delle Vedove).

[9] C 3315 (Paolini).

[10] DOLCINI, Reati ostativi e collaborazione con la giustizia: la proposta di riforma della Fondazione Falcone, in Sistema penale, 2 novembre 2020; la proposta è stata elaborata con il contributo dei magistrati Fabio Fiorentin ed Antonio Balsamo.

[11] Note al testo adottato come base recante “Modifiche alla legge 26 luglio 1975 n. 354 26 luglio 1975, n. 354, al decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n.203, e al codice penale, in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia”, pubblicate sul sito dell’UCPI all’indirizzo https://www.camerepenali.it/public/file/Documenti/Documenti%20osservatorio%20carcere/2021-11-30_UCPI_Oss_Carcere_Note_audizione_art-4_O-P.pdf.

Devono anche menzionarsi i contributi di GALLIANI, A proposito del testo unificato dei progetti di legge di riforma del regime ostativo ex art. 4-bis ord. penit., in Sistema penale, 29 novembre 2021, e di BRUCALE-PASSIONE, L’insostenibile pesantezza dell’essere, in Questione giustizia, 29 novembre 2021.

[12] https://www.ildubbio.news/2021/12/01/ergastolo-ostativo-cosi-partiti-sfidano-la-corte-costituzionale-20211201-1856-474459/.

[13] PATRONE, Ergastolo ostativo: rispettare la Convenzione, la Costituzione e le sentenze delle Corti, in Giustizia Insieme, 1° dicembre 2021

[14] “Alcune proposte tendono non ad attuare, bensì̀ a ‘sterilizzare’, nella sostanza, le indicazioni della Corte costituzionale, facendosi interpreti del timore che la nuova disciplina possa essere avvertita dalla pubblica opinione come un abbassamento della guardia di fronte alla criminalità̀ organizzata” (così DOLCINI, Fine pena: 31/12/9999, cit. p. 35).

[15] DOLCINI (L’ordinanza della Corte costituzionale n. 97 del 2021, cit.) sottolinea la “disarmonia che sarebbe derivata, nell’art. 4 bis co. 1 ord. penit., tra condannati all’ergastolo per reati di mafia o di contesto mafioso, che avrebbero potuto ottenere il vaglio nel merito della loro istanza anche se non collaboranti, e i condannati all’ergastolo per altri reati di prima fascia del 4 bis, che nulla hanno a che fare con la mafia (come nel caso dei reati di terrorismo) o addirittura nulla hanno a che fare con la criminalità organizzata”.

[16] GALLIANI, A proposito del testo unificato dei progetti di legge di riforma del regime ostativo, cit.,, evidenzia come nell’ordinanza 97/21 sia la stessa Corte ad sottolineare come potrà essere direttamente il giudice della  questione tuttora pendente a sindacare eventuali profili di incostituzionalità della nuova normativa (“In alcuni casi, la eventuale questione di costituzionalità potrà essere sollevata utilizzando il normale canale del giudizio incidentale, ma in altri, non lo posso negare, è possibile che si esprima direttamente la Corte costituzionale, in sede di “riapertura” del processo costituzionale il 10 maggio 2022. A tale proposito, riporto le parole con le quali si chiude l’ord. 97/2021: ‘compito di questa Corte sarà quello di verificare ex post la conformità a Costituzione delle decisioni effettivamente assunte’”).

[17] “L’effetto prodotto dalla sent. 253/2019 si è potuto cogliere, con gli occhi del magistrato di sorveglianza, anche negli istituti penitenziari, dove ha portato una ventata di aria nuova nelle Case Reclusione, in cui da decenni alcune persone erano ristrette, pietrificate in una dimensione in cui, non perseguita la scelta collaborativa, non sembrava più esservi spazio alla speranza. Non soltanto dunque alle persone detenute è stata fornita una nuova occasione per misurarsi con il proprio passato e con quel che resta del proprio futuro (in alcuni casi vengono oggi all’esame della magistratura di sorveglianza, per la prima volta nel merito, posizioni di condannati che hanno già affrontato più di due decenni di carcere effettivo), ma agli stessi operatori penitenziari si è chiaramente ricordato quanto sia fondamentale il loro lavoro di osservazione e trattamento, destinato, oggi più che mai, a fare la differenza” (così GIANFILIPPI, Ergastolo ostativo, cit.).

[18] Il testo del comunicato del Coordinamento nazionale dei magistrati di sorveglianza a proposito della sentenza costituzionale sui permessi premio, di cui era stato pubblicato il comunicato stampa da poco, è pubblicato qui: http://www.ristretti.it/commenti/2019/novembre/pdf7/conams_ergastolo.pdf.

[19] Sul dovere dello stato di fornire un trattamento individualizzato anche ai detenuti di alta sicurezza, v. SICILIANO, Di cuore e di coraggio, 2019, p. 181 ss.