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LO STATO NON “GARANTE” DEL PROCESSO PENALE DA REMOTO – DI GIORGIO VARANO

LO STATO NON “GARANTE” DEL PROCESSO PENALE DA REMOTO – DI GIORGIO VARANO

di Giorgio Varano


Una prima breve nota sul cortocircuito istituzionale in atto sul processo da remoto, introdotto tra le pieghe di un maxi-emendamento del Governo nella legge di conversione del decreto cd. Cura Italia, esteso con emendamenti notturni della maggioranza in sede di Commissione bilancio del Senato, e ora in discussione in Commissione bilancio della Camera dei Deputati.
 
 
Le modalità di introduzione del processo penale da remoto, nel nostro sistema giudiziario, sono paradigmatiche della torsione di tipo burocratico-autoritario della nostra orami superata – nei fatti – forma repubblicana parlamentare.
 
Il Governo ha depositato in data 20.03.20[1] al Senato della Repubblica una serie di emendamenti al Disegno di Legge di conversione del Decreto-legge 17 marzo 2020 n. 18. L’articolo 83, con i commi 12 bis, ter e quater di fatto introduce nel nostro ordinamento il processo penale da remoto[2].
 
Nel corso dell’esame da parte della 5a Commissione permanente di programmazione economica e bilancio, alcuni senatori della maggioranza di governo hanno approvato ulteriori emendamenti in senso ampliativo del processo penale da remoto, estendendo tale possibilità alla fase delle indagini preliminari. L’esame degli emendamenti e la loro approvazione sono terminati alle ore 4:15 del 7.04.20[3]!
 
Tutto questo iter a dir poco sorprendente e superficiale, ma così gravido di conseguenze sul nostro sistema processuale, è stato approvato dal Senato, secondo le rassicurazioni del Ministro della Giustizia e di parte della maggioranza di Governo, per svolgere solo n. 37 giorni di udienze da remoto (dall’11.05.20 al 30.06.20), in luogo di uno svolgimento selettivo delle stesse nelle aule, con le sole quattro figure necessarie (giudice/collegio giudicante-corte, cancelliere, pubblico ministero e avvocato) nel pieno rispetto delle precauzioni sanitarie contro il rischio epidemiologico, come proposto dall’Unione Camere Penali Italiane[4] (proposte ancora in attesa di riscontro da parte del Ministero).
 
Successivamente è stata posta la questione di fiducia, con evidente impossibilità dello svolgimento di qualsiasi dibattito sulle modifiche apportate dalla maggioranza di governo, e il Disegno di legge è stato approvato dal Senato in data 9.04.20 e inviato poi alla Camera dei Deputati per l’approvazione in seconda lettura.
 
Non solo, dunque, è stato di fatto esautorato il Parlamento attraverso una decretazione d’urgenza accompagnata da un maxi-emendamento governativo, ma non è stata interpellata una autorità indipendente, di nomina parlamentare, quale quella del Garante per la protezione dei dati personali.
 
L’Unione Camere Penali Italiane, ferma la contrarietà a qualsiasi ipotesi di processo penale da remoto, ha infatti scritto al Garante per la protezione dei dati personali[5], ponendo una serie di interrogativi tecnici e procedimentali per quanto di competenza dello stesso, sulle modalità introduttive e tecniche del processo penale da remoto con due meri provvedimenti amministrativi[6] della Direzione generale dei sistemi informativi e automatizzati (DGSIA) del Ministero della Giustizia, in ossequio alla delega prevista dall’art. 83 del suddetto Decreto-Legge.
 
Il Garante in data 16.04.20 ha scritto una lettera al Ministro della Giustizia[7], nella quale dà atto di aver “ricevuto, da parte dell’Unione Camere Penali, alcuni quesiti in ordine alle procedure adottate, da codesto Ministero, ai fini della celebrazione da remoto delle udienze penali, sulla base di quanto disposto dai decreti-legge nn. 11 e 18 del 2020.”, e, non senza una certa sorpresa, afferma che “Questa Autorità non è stata investita di alcuna richiesta di parere sulle norme emanate in merito, con decretazione d’urgenza, né sulle determinazioni della DGSIA in ordine alla scelta della piattaforma e dell’applicativo da indicare, ai fini della celebrazione da remoto del processo penale.”
 
Conclude poi il Garante: “Con questo spirito, Le chiedo pertanto ogni elemento ritenuto utile alla migliore comprensione delle caratteristiche dei trattamenti effettuati nel contesto della celebrazione, a distanza, del processo penale, ai fini dell’esercizio delle funzioni istituzionali attribuite a questa Autorità.”
 
Questa prima breve nota non consente di entrare in modo approfondito nel merito dei rapporti tra il Legislatore ed il Garante, e sulle conseguenze amministrative della mancata consultazione del Garante e dell’impossibilità dell’esercizio delle sue funzioni nell’ambito del processo penale da remoto, così come sulla correttezza dell’approvazione di una Legge che tratta materie di competenza del Garante senza una previa consultazione con lo stesso.
 
Qualche perplessità appare però evidente, anche per due brevi considerazioni.
 
Il Garante, con autorizzazione n. 7/2016[8], è intervenuto il 15 dicembre 2016 sul trattamento dei dati giudiziari da parte di privati, di enti pubblici economici e di soggetti pubblici, con provvedimento pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 303 del 29 dicembre 2016.
 
È quindi a dir poco surreale che il Garante abbia competenza sulla regolamentazione del trattamento dei dati giudiziari da parte di tutta una serie di soggetti, tranne che (in qualità di autorità indipendente nominata dal Parlamento) sul trattamento di tali dati da parte del Ministero della Giustizia, secondo il Governo che non l’ha consultato.
 
Al Governo sembrano essere bastate due circolari della Direzione generale dei sistemi informativi e automatizzati (DGSIA) del Ministero della Giustizia, per introdurre il processo penale da remoto con decretazione d’urgenza.
 
Il Governo dunque come monolite onnisciente, con articolazioni burocratiche che possono non solo non tenere conto del parere di una autorità garante e indipendente, ma nemmeno chiederlo in una sorta di escalation dell’autoritarismo burocratico dal volto sconosciuto che travolge ogni possibilità di confronto e di dialogo, anche istituzionale.
 
Le conseguenze di tutte queste forzature al momento non sono preventivabili, anche se possono a prima vista apparire assai numerose, dalle varie nullità derivanti dai processi svolti da remoto, all’annullamento da parte del tribunale amministrativo delle circolari, alle future eventuali competenze della Corte dei Conti, alle pronunce della Corte Costituzionale, al trattamento dei dati giudiziari non effettuato secondo la legislazione e la regolamentazione comunitaria e nazionale (con tutte le eventuali conseguenze, anche di natura penale, sottese).
 
Questi 37 giorni di udienze da remoto e non nelle aule, e le loro modalità di introduzione nel nostro ordinamento, rischiano dunque di costare allo Stato, in termini economici e di impegno di tutte le sue varie autorità giudiziarie, organismi, articolazioni, un costo altissimo che sarà pagato da tutti i cittadini in termini non solo economici ma anche di efficienza della macchina giudiziaria.


 

[1] A.S. 1766, Emendamenti Governo 1.1000, 19.1000, 83.1000, 28.03.20
 
[2] Il processo penale da remoto non è la smaterializzazione degli atti e dei depositi, richiesta da tempo dagli avvocati penalisti in senso bidirezionale, come avvenuto nel civile con il cd. processo civile telematico, una piattaforma di condivisione e deposito di atti e documenti, e non già un sistema di processo da remoto.
 
[3] 5ª Commissione permanente (Programmazione economica, bilancio) 7 aprile 2020 Senato della Repubblica XVIII Legislatura A.S. 1766 emendamenti approvati ore 04:15.
 
[4] “I penalisti al Ministro: ricominciamo subito, ma nelle aule.” Le proposte dell’Unione Camere Penali, per ricominciare a celebrare i processi nelle aule, giammai da remoto. In allegato le proposte dei penalisti italiani al Ministro.
 
[5] Processo penale da remoto e protezione dei dati personali. L’Unione scrive al Garante, 14.04.20
 
[6] La DSGIA ha individuato, con provvedimento n.3413 del 10.03.20, e con provvedimento n. 4223 del 20.03.20, i programmi commerciali Skype for Business e Teams, della società Microsoft Corporation, quali piattaforme per lo svolgimento del processo penale da remoto.
 
[7] “Processo penale da remoto: lettera del Presidente del Garante per la protezione dei dati personali, Antonello Soro, al Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede”
 
[8] Autorizzazione n. 7/2016 – Autorizzazione al trattamento dei dati giudiziari da parte di privati, di enti pubblici economici e di soggetti pubblici – 15 dicembre 2016 (Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 303 del 29 dicembre 2016) Registro dei provvedimenti n. 529 del 15 dicembre 2016