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RICHIESTA DI PROROGA DEI TERMINI DI INDAGINE DA PARTE DEL PUBBLICO MINISTERO: DIRITTO POTESTATIVO DELL’ORGANO DI ACCUSA  O SISTEMA A GARANZIA DEI DIRITTI DELL’INDAGATO? – DI LUCA DI GIORGI E GIOVANNI MARIA GIAQUINTO

RICHIESTA DI PROROGA DEI TERMINI DI INDAGINE DA PARTE DEL PUBBLICO MINISTERO: DIRITTO POTESTATIVO DELL’ORGANO DI ACCUSA O SISTEMA A GARANZIA DEI DIRITTI DELL’INDAGATO? – DI LUCA DI GIORGI E GIOVANNI MARIA GIAQUINTO

DI GIORGI-GIAQUINTO – RICHIESTA DI PROROGA DEI TERMINI DI INDAGINE DA PARTE DEL PUBBLICO MINISTERO.PDF

di Luca Di Giorgi e Giovanni Maria Giaquinto*

La questione qui prospettata non ha potuto trovare ulteriore approfondimento processuale, in quanto l’imputato è stato prosciolto ai sensi dell’art. 72-bis c.p.p. Il presente contributo vuole però stimolare (senza alcuna pretesa di esaustività) uno spunto riflessivo su un istituto – quello del procedimento di proroga dei termini di indagine – che all’atto pratico va puntualmente a risolversi in quello che si può definire un vero e proprio diritto potestativo di cui è titolare il Pubblico Ministero, andando a svuotare – nei termini che verranno meglio esplicati nel corso della trattazione – di significato il contenuto della norma (art. 406 c.p.p.).

Sommario: 1. Lo sviluppo dei fatti. 2. Spunti riflessivi in tema di proroga dei termini di indagine. 3. Conclusioni.

  1. Lo sviluppo dei fatti.

Nell’ambito di un procedimento penale che ha visto indagati e successivamente imputati una serie di soggetti, chiamati a rispondere a vario titolo di associazione per delinquere, bancarotta, riciclaggio e reati fiscali, veniva notificato agli aventi diritto l’avviso della richiesta di proroga del termine delle indagini preliminari, motivata dal Pubblico Ministero nel seguente modo: «Rilevato che a causa della complessità delle indagini, tuttora in corso, le stesse non potranno concludersi entro il termine previsto per il […]».

Veniva depositata ex art. 406 c.p.p. memoria al Giudice per le Indagini Preliminari di Roma, nella quale si evidenziava come – sotto un profilo squisitamente tecnico/sistematico – la richiesta del Pubblico Ministero, così come formulata, non poteva trovare accoglimento in quanto consistente in una mera “formulazione di stile”, difettando dei requisiti minimi previsti dalla legge, essendosi lo stesso limitato a specificare che le indagini sono «complesse» e «tuttora in corso», omettendo qualunque forma di motivazione a giustificazione della propria richiesta.

A distanza di alcuni mesi, all’indagato veniva notificato l’avviso di una seconda richiesta di proroga del termine di indagine, contenente la medesima motivazione da parte del Pubblico Ministero.

In data ancora successiva, veniva notificato – ai difensori e all’indagato – l’avviso della fissazione dell’udienza camerale ai sensi dell’art. 406, quinto comma, e 127, c.p.p., per deliberare (relativamente alla prima richiesta di proroga) «in ordine alla memoria difensiva avanzata dai difensori in data […]».

Prima della celebrazione dell’udienza in camera di consiglio, il Pubblico Ministero faceva pervenire una articolata nota nella quale esponeva, per la prima volta, le motivazioni a sostegno della prima richiesta di proroga.

All’esito dell’udienza, celebrata a distanza di oltre un anno dal deposito della memoria dei difensori, il Giudice – a scioglimento della riserva – emetteva un’ordinanza[1] con la quale autorizzava la proroga del termine, ritenendo in particolare che secondo l’impostazione della giurisprudenza di legittimità «[…] il rigetto della richiesta di proroga non discende dalla nullità in sé del relativo atto (per difetto di motivazione), ma dalla violazione del principio del contraddittorio ed in particolare del diritto dell’indagato a conoscere compiutamente i motivi per cui il p.m. intende prorogare la durata delle indagini preliminari […]» e pertanto «[…] non rileva la nullità in sé della richiesta di proroga, ma il controllo sostanziale del g.i.p. sulle ragioni che legittimano detta proroga […]», con la precisazione ulteriore che «[…] nell’ipotesi in cui il p.m. – prima del provvedimento autorizzatorio del g.i.p. (che nel caso di specie non è stato ancora adottato) – fornisca idonea motivazione circa la propria richiesta di proroga (benché in un momento cronologicamente successivo al deposito della stessa), non potrà prodursi alcuna violazione del contraddittorio, il quale sarà semplicemente differito ad un momento successivo al deposito della richiesta del p.m. ma pur sempre anteriore alla decisione del g.i.p. […] Tale conclusione trova conferma, altresì, nell’ulteriore indirizzo giurisprudenziale secondo cui l’omessa notifica all’indagato della richiesta di proroga delle indagini preliminari non è causa di nullità, né determina l’inutilizzabilità degli atti compiuti a seguito della sua presentazione, in quanto ciò che rileva è il controllo da parte del g.i.p. sull’attività di indagine del p.m. e sulle ragioni che rendono legittima la proroga […]».

A conclusione delle proprie motivazioni, il Giudice sosteneva come nel caso di specie il contraddittorio si fosse compiutamente instaurato, in quanto la difesa – avendo avuto conoscenza della nota del P.M. – «avrebbe potuto chiedere il differimento dell’udienza al fine di approfondire il contenuto della nota medesima».

 

  1. Spunti riflessivi in tema di proroga dei termini di indagine.

 La previsione nel nostro sistema dei termini di durata delle indagini (ordinari e prorogati), coerentemente con i principi sanciti dalla CEDU (art. 6), cristallizzati in un momento successivo nella Costituzione (art. 111), pone come obiettivo quello di contemperare da un lato l’interesse pubblico perseguito dal titolare dell’azione penale, dall’altro l’interesse della persona sottoposta alle indagini di vedere definita la propria posizione, a una distanza temporale che non sia siderale rispetto al dies delicti.

Per garantire la tutela dell’interesse costituzionalmente protetto, il legislatore – attribuendo al Pubblico Ministero la facoltà di richiedere che i termini di durata delle indagini siano prorogati – si è preoccupato di prevedere che tale procedimento venga sottoposto al vaglio del Giudice per le Indagini Preliminari, determinando inoltre il contenuto necessario dell’atto col quale viene formula la richiesta di proroga.

L’art. 406, primo comma, c.p.p., stabilisce che la prima richiesta di proroga, formulata per «giusta causa», debba contenere: l’indicazione della notizia di reato; l’esposizione dei motivi che la giustificano.

Per costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, l’esposizione dei motivi che giustificano la richiesta di proroga costituisce – unitamente all’indicazione della notizia di reato per cui si procede – l’oggetto del contraddittorio.[2]

A ben vedere, considerato (tra l’altro) che il Pubblico Ministero non è tenuto a depositare gli atti di indagine presso l’Ufficio del Giudice competente a decidere, l’omissione in ordine all’esposizione dei motivi a sostegno della richiesta avanzata, non dovrebbe consentire al Giudice – secondo un’interpretazione sistematica – alcun margine discrezionale, dovendo questi fissare l’udienza camerale di cui all’art. 406, quinto comma, c.p.p.

I motivi a giustificazione della richiesta non solo debbono essere indicati, ma debbono essere esposti, almeno con sinteticità, così da poter consentire al Giudice di assumere le proprie determinazioni in merito, fissando altresì l’oggetto del contraddittorio, tale da garantire alle Parti l’espletamento del diritto a difendersi in una condizione di “parità” – conformemente al dettato costituzionale – e di poter valutare compiutamente se presentare nei termini di rito argomentazioni difensive.

Dare un’interpretazione diversa alla norma, oltre a portare a uno svuotamento di significato della stessa, svilendo quello che era il chiaro intento del legislatore, con un allontanamento forzato dal paradigma costituzionale, porterebbe parimenti alla violazione del principio di legalità, attribuendo al Pubblico Ministero un diritto potestativo soggetto ad un controllo del Giudice soltanto apparente, con evidenti ripercussioni in malam partem rispetto alla posizione dell’indagato, che vedrà procrastinati i termini di espletamento delle indagini, senza conoscere le motivazioni a sostegno della richiesta di proroga, con conseguente compressione del diritto di difesa.

Il meccanismo verificatosi nell’ambito del presente procedimento penale è stato lesivo del diritto di difesa e l’ordinanza del Giudice, pur facendo salvo l’operato della Procura, risulta essere contraddittoria e addirittura confermativa della tesi difensiva in ordine alla sostanziale superfluità del disposto normativo, frustrato da un’applicazione della norma poco garantista e del tutto creativa da parte della giurisprudenza.

Pare evidente, infatti, come la prima richiesta di proroga avanzata dal Pubblico Ministero fosse affetta da nullità a causa della mancata esposizione dei motivi a supporto della stessa.

A tal proposito, il meccanismo secondo cui il Pubblico Ministero possa indicare i motivi in un momento successivo, coincidente con quello della fissazione dell’udienza camerale ai sensi dell’art. 406, quinto comma, c.p.p., avvenuta nel caso di specie a distanza di oltre un anno dal deposito della memoria difensiva dei difensori, non è previsto dal codice di rito.

Circostanza quest’ultima a conferma del fatto che la Procura aveva effettivamente omesso di motivare la propria richiesta di proroga (non si spiega sennò il perché della nota fatta pervenire in vista dell’udienza camerale), determinandone così la nullità.

È vero che il Giudice ben potrebbe d’iniziativa fissare l’udienza camerale qualora ritenesse che allo stato degli atti la richiesta di proroga non debba essere concessa, e che quindi il Pubblico Ministero in tale sede potrebbe fornire le precisazioni del caso, ma per garantire un effettivo contraddittorio, il tutto dovrebbe avvenire in brevissimo tempo e con modalità che consentano alla difesa di controdedurre utilmente.

Il procedimento andatosi a creare non ha di fatto consentito l’instaurazione di alcun contraddittorio, con evidente compressione del diritto di difesa, in quanto i difensori, contrariamente a quanto argomentato dal Giudice nella propria ordinanza autorizzativa, non avrebbero potuto chiedere il differimento dell’udienza camerale per controdedurre in ordine alle motivazioni postume indicate dalla Procura.

La difesa, chiedendo un termine per approfondire il contenuto della nota depositata dal Pubblico Ministero, secondo un meccanismo (lo si ribadisce) del tutto irrituale, avrebbe infatti paradossalmente creato una sanatoria in ordine alla nullità della richiesta di proroga, accettando così l’instaurazione di un contraddittorio che non c’è mai stato.

Stando all’interpretazione letterale dell’ultimo periodo dell’art. 406, primo comma, c.p.p., con l’utilizzo della coniugazione al presente «la richiesta contiene», il momento in cui il Pubblico Ministero deve esporre le motivazioni a sostegno della propria richiesta di proroga, va circoscritto all’atto di richiesta formulata al Giudice e non anche a un atto successivo ed eventualmente integrativo della stessa.

Non di meno, nel caso di specie, al momento della celebrazione dell’udienza camerale erano addirittura scaduti i termini di indagine relativi alla seconda richiesta di proroga, peraltro già autorizzata da altro Giudice senza che fosse stata ancora adottata un’ordinanza in merito alla prima richiesta, il tutto ignorando la memoria difensiva tempestivamente depositata dai difensori dell’indagato.

Memoria difensiva che – lo si ripete – non è stata priva di effetti, avendo indotto il Giudice alla fissazione dell’udienza camerale per deliberare in ordine alla richiesta di proroga, evidentemente viziata ab origine da nullità per difetto di motivazione.

Ma v’è di più.

A distanza di un anno di tempo, il Pubblico Ministero ha utilizzato – nell’articolare per la prima volta i motivi a supporto della propria richiesta – materiale di indagine raccolto in data successiva alla presentazione della prima richiesta di proroga, andando così addirittura a falsare l’oggetto del contraddittorio e introducendo surrettiziamente argomentazioni che semmai avrebbero potuto essere discusse in relazione alla seconda richiesta di proroga, già autorizzata però – in assenza di alcun contraddittorio – da altro Giudice.

Se è vero che secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità il rigetto della richiesta di proroga non discende dalla nullità in sé del relativo atto (per difetto di motivazione), ma dalla violazione del principio del contraddittorio, e in particolare del diritto dell’indagato a conoscere compiutamente i motivi per cui il Pubblico Ministero intende prorogare la durata delle indagini preliminari, nel caso di specie la richiesta di proroga avrebbe dovuto trovare rigetto.

Anche a voler menzionare poi quella giurisprudenza di legittimità[3], la cui impostazione non può essere condivisibile in quanto “creativa” rispetto alla previsione codicistica, secondo cui l’omessa notifica all’indagato della richiesta di proroga non sarebbe causa di nullità, né determinerebbe l’inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti a seguito della sua presentazione, rilevando in tal senso soltanto il controllo del Giudice sull’attività di indagine del Pubblico Ministero e sulle ragioni che rendono legittima la proroga, è appena il caso di rilevare come – nel caso di specie – il Giudice per le Indagini Preliminari, in assenza di idonea motivazione da parte del Pubblico Ministero, non avrebbe dovuto concedere la proroga, mancando qualsivoglia elemento per poter effettuare quel vaglio di legittimità sulla stessa.

La norma non prevede tra l’altro che il provvedimento del Giudice possa fondarsi sulla conoscenza da parte sua degli atti di indagine poiché già investito di richieste da parte del Pubblico Ministero (ad esempio in tema di intercettazioni o di applicazione di misure cautelari).

Così facendo, si andrebbe infatti a bypassare un sistema garantista nel quale è previsto – salvo specifiche tipologie di reato – il diritto per l’indagato non solo di conoscere l’esistenza della richiesta di proroga, ma anche di poter instaurare un contraddittorio sul punto; contraddittorio che invece non è previsto, se non in via eventualmente differita, in ordine ad altri provvedimenti autorizzativi o applicativi emessi dal Giudice.

  1. Conclusioni.

Pur nella convinzione che sia necessario un incondizionato e completo svolgimento delle attività investigative da parte della Procura, è necessario chiedersi quale senso abbia la norma in commento se applicata in questi termini.

Viene da chiedersi quale contraddittorio possa ritenersi instaurato se una richiesta di proroga dei termini di indagine (affetta da nullità) venga autorizzata a distanza di oltre un anno, quando – nelle more della fissazione dell’udienza camerale – era già intervenuta una ordinanza di altro Giudice che autorizzava la seconda richiesta di proroga, anch’essa nulla in quanto carente della motivazione, in assenza del primo provvedimento autorizzativo, ancora sub iudice per le determinazioni da assumere a seguito della presentazione di deduzioni difensive.

Ma allora, quale senso ha avuto partecipare a una udienza camerale se a distanza di pochi giorni l’indagato veniva attinto da un’ordinanza di custodia cautelare e da un decreto di sequestro preventivo, emessi dallo stesso Giudice che aveva fissato proprio quell’udienza in camera di consiglio, con la quale si andavano a sanare i vizi di forma posti in essere dalla Procura.

Questo è l’esempio lampante di come un formalismo previsto dal codice di rito venga stravolto in barba a quelli che sono dei principi costituzionali: diritto potestativo del Pubblico Ministero o sistema a garanzia dei diritti dell’indagato?

*Avvocati del Foro di Roma

[1] Si riportano in corsivo i passaggi più rilevanti della ordinanza emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari di Roma.

[2] v. per tutte Cass. pen., Sez. V, 4 dicembre 2012 (dep. 5 febbraio 2013), n. 5782, Pres. Dott. ZECCA – Rel. Dott. SABEONE – P.G. Dott. SCARDACCIONE.

[3] v. per tutte Cass. pen., Sez. V, 27 gennaio 2012 (dep. 24 maggio 2012), n. 19873, Pres. Dott.ssa FERRUA – Rel. Dott. BEVERE – P.G. Dott. SPINACI.