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SUPER ATTAK – DI LORENZO ZILLETTI

SUPER ATTAK – DI LORENZO ZILLETTI

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di Lorenzo Zilletti

Laconica sentenza della Corte di cassazione: ha annullato con rinvio una pronuncia della Corte d’appello di Torino per carenza assoluta di motivazione. Il tutto ingenerato dall’adozione della tecnica del copia-incolla. Una diavoleria informatica, che si rende comprensibile anche a un uomo del secolo scorso come me, con un esempio banale: il super attak.

Cianoacrilato di etile. Non ne ha il minimo dubbio, il praticante di studio, benché mi affanni a ricordargli che il collegio ha parlato, più cautamente, di un “errore di allegazione della motivazione al frontespizio della decisione riguardante il ricorrente”.

L’oggetto della disputa, col mio sospettoso collaboratore, è la vicenda all’origine della laconica sentenza n. 30872/2020 della Corte di cassazione: ventisette righe, compresi ‘ritenuto in fatto’ e ‘considerato in diritto’, con cui la sesta sezione penale ha annullato con rinvio una pronuncia della Corte d’appello di Torino. La ragione del verdetto rescindente? Tratterebbesi nientepopodimeno che di un caso di carenza assoluta di motivazione.

Ad espugnare la cittadella assediata, è bastato che MF denunciasse nel proprio ricorso come la decisione di secondo grado, confermativa della condanna emessa nel primo, contenesse una motivazione riferita ad altro imputato e ad altro procedimento, benché sempre concernente una resistenza a pubblico ufficiale. Insomma, a MF proprio non andava giù di sorbirsi quattro mesi di carcere, giustificati con argomenti che non lo riguardavano personalmente. E, sfidando la statistica sull’overdose di inammissibilità, ha ottenuto che la causa venisse rispedita a Torino, per un nuovo giudizio di merito.

Il risultato lascia di stucco e, una volta tanto, ci consente di dissentire dai giudici supremi. Incombendo, nello specifico, la malabestia della prescrizione, non si doveva bilanciare la garanzia dell’art. 111 comma 6 Cost. con il principio della ragionevole durata, facendo opportunamente prevalere quest’ultimo? La giurisprudenza di legittimità, in altre circostanze, ha elaborato soluzioni elevatissime per respingere il fastidioso assalto dei cultori delle forme e dell’oblio. Come dimenticare la geometrica potenza di concetti come quelli della motivazione per relationem o della motivazione implicita? Perché non attingere a quell’aulico e prezioso armamentario, capace di rendere inammissibile qualsiasi ricorso, anziché incoraggiare con sconveniente garantismo la proliferazione di impugnazioni dall’analogo tenore?

Dinanzi a una doppia conforme di condanna, perché stare tanto a sottilizzare sulla diversità di imputati?

Non li accomunava, in fondo, il reato di resistenza che ad entrambi era pur stato ascritto?

Abbandoniamo le elucubrazioni giuridiche e torniamo alla diatriba col giovane neolaureato, circa l’eziologia del vizio dichiarato in corte suprema. Impudentemente, egli sostiene che l’identità di contestazione in iure abbia ingenerato l’adozione della tecnica del copia-incolla. Una diavoleria informatica, che rende comprensibile anche a un uomo del secolo scorso come me, con un esempio banale: il super attak. Insomma, per assicurare la resistenza si sarebbe ecceduto nell’uso del cianoacrilato di etile.

Pensandoci bene, a piazza Cavour avrebbero sempre potuto salvare il processo, coniando l’ultimo ritrovato del formante giurisprudenziale: la motivazione adesiva.