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LA NORMATIVA IN MATERIA PENALE PER IL PERIODO DI VIGENZA DELL’EMERGENZA EPIDEMIOLOGICA INTRODOTTA DAL DECRETO LEGGE N. 137 DEL 28.10.2020 – DI DOMENICO PUTZOLU

LA NORMATIVA IN MATERIA PENALE PER IL PERIODO DI VIGENZA DELL’EMERGENZA EPIDEMIOLOGICA INTRODOTTA DAL DECRETO LEGGE N. 137 DEL 28.10.2020 – DI DOMENICO PUTZOLU

PUTZOLU – LA NORMATIVA IN MATERIA PENALE PER IL PERIODO DI VIGENZA DELL’EMERGENZA EPIDEMIOLOGICA INTRODOTTA DAL DECRETO LEGGE N. 137 DEL 28.10.2020.PDF

LA NORMATIVA IN MATERIA PENALE PER IL PERIODO DI VIGENZA DELL’EMERGENZA EPIDEMIOLOGICA INTRODOTTA DAL DECRETO LEGGE N. 137 DEL 28.10.2020.

di Domenico Putzolu*

Un primo commento alle novità introdotte dal Decreto Legge n. 137 del 28.10.20 cd. “Ristori”. Articoli 23 “Disposizioni per l’esercizio dell’attività giurisdizionale nella vigenza dell’emergenza epidemiologica da CIVID-19”; 24 “La semplificazione delle modalità di deposito di atti documenti e istanza nella vigenza dell’emergenza epidemiologica da Covid–19”; 28 “Licenze premio per i detenuti in regime di semilibertà”; 29 “Permessi premio”; 30 “Disposizioni in materia di detenzione domiciliare”.

Nell’ambito dei provvedimenti finalizzati a fronteggiare la ripresa dei contagi da Covid -19 il Governo interviene anche in materia di giustizia. Le norme sono contenute nel Decreto Legge n. 137 del 28.10.2020 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 29.10.2020. Le disposizioni che concernono il processo penale sono quelle di cui agli articoli 23 e 24, mentre gli articoli 28, 29 e 30 si occupano della esecuzione della pena. Le norme introdotte sono   applicabili a partire dalla data di entrata in vigore del decreto fino alla scadenza del termine di cui all’articolo 1 del decreto Legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, norma che he ha introdotto lo stato di emergenza per fronteggiare la pandemia da Covid – 19, vigente attualmente sino al 31 gennaio 2021.

Si tratta, per buona parte, di norme che ripropongono la disciplina contenuta nella normativa emergenziale in vigore sino al 30 giugno 2020 e segnatamente in quella introdotta dal Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18 convertito, con modificazioni dalla Legge 24 aprile 2020, n. 27 e successive integrazioni e modificazioni. Vengono introdotte, però, anche alcune nuove disposizioni frutto della precedente esperienza e di aggiustamenti chiesti dagli operatori del settore.

Le norme introdotte.

Articolo 23.  Disposizioni per l’esercizio dell’attività giurisdizionale nella vigenza dell’emergenza epidemiologica da CIVID-19.

Come recita la rubrica, la norma contiene le disposizioni tese a regolamentare l’attività giurisdizionale nel periodo di emergenza. Per quanto attiene la materia penale viene reintrodotta la possibilità di svolgere indagini preliminari e udienze con collegamento da remoto.

  1. Le indagini da remoto (comma 2).

Il comma 1 si occupa di disciplinare lo svolgimento delle indagini preliminari da remoto. La norma consente al Pubblico Ministero di svolgere, con collegamenti da remoto (secondo le specifiche emanate dal Direttore Generale dei sistemi informatici e automatizzati del Ministero della Giustizia), atti di indagine che richiedono la partecipazione: della persona sottoposta alle indagini, della persona offesa, dei relativi difensori, di consulenti, di esperti o di altre persone. Si tratta ovviamente di una facoltà e non di un obbligo. Va dato conto che, diversamente dal comma 12 quater del Decreto Legge n. 18/2020 del quale la norma in esame riproduce quasi integralmente il contenuto, la possibilità di avvalersi di tale modalità è di fatto libera e non determinata dall’evitare di “mettere a rischio le esigenze di contenimento della diffusione del virus COVID-19.”[1]. In definitiva nel periodo di vigenza della norma la facoltà di avvalersi del collegamento da remoto è rimessa totalmente alla discrezione del Pubblico Ministero o alla Polizia Giudiziaria procedenti. A tal proposito suscita qualche perplessità il non aver previsto, per l’esercizio di tale facoltà, il provvedimento autorizzativo del magistrato allorquando a procedere sia direttamente la Polizia Giudiziaria.

  • Gli atti di indagine.

 La norma non contiene il catalogo degli atti di indagini che possono essere effettuati con il collegamento, gli stessi andranno dedotti in ragione della tipologia il Pubblico Ministero e la Polizia Giudiziaria, sia nell’ipotesi che quest’ultima sia delegata sia qualora agisca di iniziativa, potranno effettuare gli atti per i quali è richiesta la partecipazione della persona sottoposta alle indagini o di altre persone e quindi:

  • Le sommarie informazioni della persona sottoposta alle indagini richieste dalla Polizia Giudiziaria di cui all’articolo 350 c.p.p. e quelle di cui all’art. 351 c.p.p.;
  • L’assunzione di informazioni da parte del Pubblico Ministero ai sensi dell’art. 362;
  • L’interrogatorio della persona sottoposta alle indagini e di quella imputata in un procedimento connesso, effettuati dal Pubblico Ministero ai sensi dell’art. 363 c.p.p.;
  • I Confronti ex art. 211 c.p.p.;
  • Il Conferimento dell’incarico a consulenti ed esperti (art. 359 c.p.p.);
  • Gli Accertamenti tecnici non ripetibili ai sensi dell’art. 360 c.p.

Restano esclusi dalla modalità con collegamento da remoto tutti gli atti che richiedano la presenza fisica della persona quali, ad esempio i rilievi dattiloscopici, fotografici ed antropometrici di cui all’art. 349 cpv. c.p.p. ed i prelievi di cui agli artt. 349 comma 2 bis e 359 bis c.p.p. Sono, invece, praticabili, pur con qualche difficoltà operativa,  , l’individuazione di persone e cose nella forma di cui al comma dell’art. 361 cpv., ossia allorquando le persone, le cose e gli altri oggetti sono mostrati per immagine. Va segnalato che qualche difficoltà operativa possono presentare anche le sommarie informazioni assunte da minori o da persona particolarmente vulnerabile di cui al comma 1 ter dell’art. 351 c.p.p. ed al comma 1 bis dell’art. 362 c.p.p.

1.2. L’interrogatorio ai sensi dell’art. 294 c.p.p.

Il comma in esame prevede che “con le medesime modalità di cui al presente comma il giudice può procedere all’interrogatorio di cui all’art. 294 del codice di procedura penale”. Si tratta dell’interrogatorio di garanzia che segue l’applicazione di misura cautelare coercitiva o interdittiva. L’inserimento di tale incombente nella norma che disciplina le indagini preliminari non è immune da perplessità atteso che non si tratta di un atto di indagine. Va dato conto, che il comma 12 quater del Decreto Legge n. 18 del 2020 non prevedeva tale ipotesi, ma inseriva con una scelta, francamente alquanto singolare, il Giudice tra i soggetti che potevano svolgere atti di indagine con collegamento da remoto. Nulla, invece, dice la norma in ordine all’interrogatorio previsto dall’art. 289 cpv. del codice procedura penale, preliminare all’applicazione della misura della sospensione da un pubblico ufficio o servizio.

  • Le facoltà concesse al difensore.

 Di particolare rilievo ed anch’essa innovativa, è la facoltà concessa al difensore della persona sottoposta alle indagini di opporsi allo svolgimento dell’atto di indagine con collegamento da remoto, relativamente agli atti per i quali sia richiesta la presenza del proprio assistito. L’utilizzo del termine “richiesta” parrebbe limitare la facoltà di opposizione agli atti per i quali la presenza è necessaria e quindi agli interrogatori e confronti e non anche per gli atti relativamente ai quali la persona indagata ha facoltà di partecipare, quale l’accertamento tecnico ripetibile. Residua qualche dubbio in ordine all’esercizio di tale facoltà relativamente all’espletamento dell’interrogatorio ai sensi dell’art. 294 c.p.p., in quanto la possibilità di spiegare opposizione è prevista per gli atti di indagine e l’interrogatorio di garanzia pur inserendosi in tale segmento procedimentale non lo è; il richiamo alle modalità previste per gli atti di indagine farebbe propendere per una risposta positiva. Va evidenziato che la facoltà è attribuita al difensore e solo al difensore e non anche alla parte, trattasi di un’opportuna valorizzazione della difesa tecnica nel processo penale.

1.4 Le modalità operative.

Il collegamento. La norma prevede che le specifiche tecniche dei collegamenti siano individuate con provvedimento del D.G.S.I.A. del Ministero della Giustizia.  Va dato atto che, vigente l’art. 12 quater del Decreto legge 18/2020, è stato emanato in data 21.05.2020 il provvedimento contenente le modalità e le specifiche tecniche per lo svolgimento da remoto delle udienze civili e penali applicabile anche alle indagini preliminari[2], e del quale si riferirà allorquando si esaminerà la disciplina delle udienze.

Le modalità procedurali. Viene disposto che le persone chiamate a partecipare all’atto si rechino presso il più vicino ufficio di polizia attrezzato per il collegamento, dove verranno identificate da un ufficiale di polizia giudiziaria. Il difensore della persona sottoposta alle indagini potrà collegarsi dal proprio studio, ferma restando la facoltà di essere presente nel luogo dove si trova il suo assistito e quindi l’ufficio di polizia o il luogo di custodia qualora lo stesso sia detenuto o internato o sottoposto a misura cautelare.  La partecipazione dei soggetti sottoposti a tali misure è, infatti, assicurata, mediante videoconferenza o collegamenti da remoto dal luogo nel quale si trovano. La norma, a tal proposito, fa rimando al successivo comma 4 che tra l’altro, prevede per quanto compatibili, l’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 3, 4 e 5 dell’articolo 146 bis (partecipazione del dibattimento a distanza)[3] delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie al codice di procedura penale di cui al D. L.vo n. 271 del 28 luglio 1989. Il Pubblico Ministero, qualora svolga lui l’atto di indagine parteciperà dalla propria postazione e così pure il pubblico ufficiale che provvede alla verbalizzazione il quale, pertanto, non dovrà essere presente nel luogo dove si trovano le persone che partecipano all’atto, ciò si deduce per implicito dal rinvio, operato dalla norma in esame, all’ art. 137 comma 2 c.p.p. che prevede appunto che nel verbale si dia dato atto dell’impossibilità della parte a sottoscrivere. Viene prescritta, infine, l’adozione di misure atte a salvaguardare la segretezza dell’incombente; dovrà trattarsi, evidentemente, di misure diverse da quelle tecniche oggetto del provvedimento del D.G.S.I.A. e quindi relative ai luoghi dai quali effettuare il collegamento e alle persone che possono parteciparvi. Viene assicurata la possibilità per la persona sottoposta alle indagini di consultarsi riservatamente con il difensore, qualora quest’ultimo si colleghi da altra postazione, tale facoltà dovrà essere assicurata a mezzo di strumenti tecnici idonei. Siffatta prescrizione scaturisce dal rimando fatto, a mezzo del comma 4 dell’articolo in esame, al comma 4 dell’art. 146 bis del D. L.vo n. 271 del 28 luglio 1989.

Conclusivamente si osserva che andrà valutata la ricaduta pratica della norma in esame atteso che nelle Procure della Repubblica si fa largo uso della facoltà di delega alla Polizia Giudiziaria prevista dall’art. 370 del codice, e la Polizia, altrettanto cospicuamente, si avvale della facoltà di sub delegare ad uffici più prossimi al luogo dove si trova la persona che deve partecipare all’incombente.

  1. Le udienze con collegamento da remoto (comma 5).

Le udienze con collegamento da remoto rappresentano il punto di novità della disciplina emergenziale. Lo svolgimento delle udienze con collegamento da remoto è stato prima ancora della disciplina legislativa, sperimentato, nella fase inziale dell’emergenza, nella pratica giudiziaria; in particolare per le udienze di convalida dell’arresto e del fermo. La materia ha trovato regolamentazione nel comma 12 bis dell’art. 83 del Decreto Legge del 17 marzo 2020 n. 18, introdotto dalla dall’articolo 1, comma 1, della Legge 24 aprile 2020, n. 27, in sede di conversione e successivamente modificato dall’articolo 3, comma 1, lettera e), del D.L. 30 aprile 2020, n. 28, convertito, con modificazioni, dalla Legge 25 giugno 2020, n. 70.

Il Decreto Legge in esame rimodula la materia mantenendo intatto l’impianto del richiamato comma 12 bis, con alcune rilevanti novità.

Il disposto normativo prevede che possano tenersi con collegamento da remoto le udienze che “...non richiedono la partecipazione di soggetti diversi dal Pubblico Ministero, dalle parti private e dai rispettivi difensori e dagli ausiliari del giudice”. Significativa la modifica rispetto al comma 12 bis laddove era previsto che oltre alle parti e ai soggetti “necessari”, potessero tenersi le udienze alle quali dovevano partecipare anche i “testimoni qualificati” ossia agenti di polizia giudiziaria, da interpreti, consulenti o periti. Trattasi di una modifica di non trascurabile impatto.

2.1. Il perimetro di applicazione.

Per quanto concerne l’ambito di applicazione, l’utilizzo della locuzione “udienze penali” fa ritenere che, almeno astrattamente, il disposto normativo sia applicabile a qualsiasi udienza e quindi da quelle in camera di consiglio a quelle pubbliche, da quelle a partecipazione necessaria delle parti, a quelle a partecipazione eventuale, quindi esemplificando alle:

  • Udienze di convalida dell’arresto e del fermo;
  • Udienze in camera di consiglio ai sensi art. 127 c.p.p. e tra queste l’udienza di cui all’art. 409 cpv. c.p.p.;
  • Udienza di riesame ed appello in materia di misure cautelari personali di cui agli articoli. 309 e 310 e 324 c.p.p.;
  • Udienze dinanzi al Tribunale di sorveglianza Capo 2 bis della Legge 26.7. 1975 n. 354.
  • Udienze preliminari e dibattimentali.

Alle udienze preliminari e dibattimentali ed alla loro mutazione in rito abbreviato vanno riferite le eccezioni previste dalla disposizione normativa in commento. L’ultimo periodo del comma in esame, infatti, esclude che possano svolgersi con la modalità del collegamento da remoto le udienze preliminari e quelle dibattimentali, salvo che le parti prestino il consenso.  Il consenso è richiesto, ovviamente, da tutte le parti, il solo dissenso di una delle parti è, quindi, sufficiente per inibire l’utilizzo di tale modalità. Contrariamente a quanto previsto per le indagini preliminari, la norma usa il vocabolo “parti” e non quello “difensore”, ma la scelta è imposta da ragioni di formulazione del testo della norma, atteso che la facoltà di opporsi è attribuita   a tutte le parti del processo e non al solo al difensore della persona imputata, ragioni sistematiche fanno ritenere, però, che il depositario del potere inibitorio non sia, in tale ipotesi, esclusivamente l’imputato ma anche la persona preposta alla difesa tecnica

Da quanto sopra emerge che in assenza del consenso dell’imputato (rectius del difensore dell’imputato) nessuna udienza preliminare o dibattimentale può essere svolta; si tratta di una scelta quanto mai opportuna: negli snodi più importanti della vicenda processuale la compressione dell’attività difensiva derivante dalla partecipazione a distanza non viene imposta, ma la scelta di avvalersi di tale modalità è rimessa alla sensibilità ed alla professionalità del difensore.

La norma esclude, a prescindere del consenso, che possano essere tenute, in ogni caso, con collegamento a distanza le udienze dove devono essere esaminati testimoni, parti, consulenti o periti e quelle dove debbano svolgersi le discussioni ai sensi degli artt. 441 e 523 c.p.p. Non è superfluo evidenziare che nel richiamato comma 12 bis tali udienze potevano essere celebrate con il consenso del difensore. La scelta, che accoglie le istanze dell’avvocatura penalistica, va registrata con favore: il contradditorio nella formazione della prova e l’oralità sono un patrimonio del processo e non del solo difensore.

Per quanto riguarda la discussione va evidenziato che rispetto al richiamato comma 12 bis non si parla più di “discussione finale”, ma si fa riferimento esclusivamente alla discussione al termine del giudizio abbreviato e del dibattimento, ciò consente di escludere che vi rientrino le discussioni al termine delle udienze di cui all’art. 127 c.p.p, quali quella di cui all’articolo 409 c.p.p.

Nulla si dice, invece, in ordine all’ incidente probatorio, la sua funzione anticipatoria dell’istruttoria dibattimentale fa propendere per l’applicabilità anche a tale udienza del divieto allo svolgimento con collegamento da remoto.

2.3 Le modalità applicative.

Le specifiche tecniche sono rimesse al provvedimento del D.G.S.I.A., vigente l’art.  83 del Decreto Legge n. 18 del 2020 il provvedimento è stato emanato in data 21.05.2004 ed individua per i collegamenti da remoto per le udienze civili e penali e per lo svolgimento di atti di indagini preliminari con collegamento da remoto, quattro applicativi: due per la videoconferenza e quindi idonei al collegamenti tra l’aula di udienza e il luogo di custodia, il MCV0 e il MCV01, basati su piattaforma AVAYA-Equinox,  e due per il collegamento da remoto MCV2 (piattaforma Microsoft Teams) e  MCV3  (piattaforma Microsoft Skype for Business) è, inoltre, prevista una linea riservata per i colloqui tra il difensore e la parte attraverso un circuito dedicato e criptato VoIP (Voice over Internet Protocol). L’utilizzo di tali strumenti tecnici non è esente da perplessità soprattutto per quanto attiene il collegamento da remoto ed in particolare per quanto attiene alla riservatezza ed alla sicurezza del flusso dei dati, tenuto conto che si utilizzano delle piattaforme di carattere commerciale; ulteriori perplessità si appuntano sulla fonte che li disciplina: il Direttore Generale di un dipartimento Ministeriale, piuttosto che il Governo.[4]

2.4 Le modalità procedurali.

Si tratta di modalità sostanzialmente identiche a quelle contenute nel comma 12 bis dell’art. 83 del Decreto Legge n. 18/2020. Il Giudice fa comunicare ai difensori delle parti, al Pubblico Ministero e agli altri soggetti per i quali è prevista la partecipazione (in realtà oltre alle parti e ai difensori e al Pubblico Ministero, altre non ve ne possono essere ad eccezione degli ausiliari del giudice) giorno, ora e modalità del collegamento.  Il difensore sarà libero di scegliere il luogo da dove collegarsi, viceversa la parte assistita, qualora libera o sottoposta a misura diversa dalla custodia cautelare in carcere, potrà collegarsi solo dalla postazione dalla quale si collega il difensore (tale scelta non appare scevra da perplessità atteso il diritto intangibile dell’imputato/indagato di partecipare all’udienza).

Qualora la parte sia detenuta o sottoposta a custodia cautelare troveranno applicazione i commi 3, 4 e 5 dell’art. 146 bis del D. L.vo n. 271 del 28 luglio 1989, richiamato in via generale dal comma 4 dell’articolo in commento e quindi il difensore o un suo sostituto potranno collegarsi dal luogo dove si trova l’assistito. Parimenti, nell’ipotesi in cui l’arrestato o il fermato si trovino in uno dei luoghi di cui all’articolo 284, comma 1 c.p.p. lo stesso e il difensore potranno partecipare all’udienza di convalida anche collegandosi dal più vicino posto di polizia a ciò attrezzato, ferma restando la possibilità di collegarsi dall’ufficio del difensore, a ciò va, infatti, riferito l’avverbio “anche”.

La norma prescrive che il collegamento debba salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione all’udienza. A tal proposito si osserva che il comma 3 del menzionato articolo 146 bis del Decreto n. L.vo n. 271 del 28 luglio 1989 prevede che le modalità debbono essere tali da assicurare la reciproca visibilità delle persone presenti in entrambi i luoghi e la possibilità di udire quanto viene detto.

Al difensore è demandata l’attestazione dell’identità del proprio assistito; se il collegamento avviene dall’ufficio di polizia attrezzato, vi provvede, invece, l’ufficiale di polizia giudiziaria presente.  Il verbale di udienza verrà redatto dall’ausiliario del giudice unico soggetto, con certezza, presente nell’ufficio giudiziario, che darà atto nel verbale di udienza di tutte le altre operazioni comprese le modalità del collegamento da remoto e dell’impossibilità, ai sensi dell’articolo 137, comma 2 del codice a sottoscrivere il verbale o a vistarlo ai sensi dell’art. 431, comma 1, per coloro che hanno partecipato da remoto.

2.5. Le udienze pubbliche.

Il comma 3, come previsto, dalla precedente normativa emergenziale[5], stabilisce che le udienze per le quali è prevista la partecipazione del pubblico possano svolgersi a porte chiuse ai sensi dell’art. 472 comma 3, del codice di procedura penale.

  1. L’udienza non partecipata dinanzi alla Corte di Cassazione (Comma 8).

Con la norma in esame viene reintrodotto il disposto dell’art. 83 comma 12 ter del D. Legge n. 18 del 2020. La Corte di Cassazione, pertanto, per la decisione dei ricorsi di cui agli articoli 127 e 614 del codice di procedura penale procede in camera di consiglio senza l’intervento del procuratore generale o dei difensori delle parti private. Le conclusioni del Procuratore Generale devono essere formulate entro il termine di giorni quindici prima della menzionata udienza, con atto trasmesso alla cancelleria della Corte a mezzo posta elettronica certificata; con la medesima modalità le conclusioni vengono trasmesse dalla cancelleria ai difensori delle parti private i quali, entro il quinto giorno antecedente l’udienza, possono presentare conclusioni scritte sempre mediante trasmissione a mezzo posta elettronica certificata.

È concessa facoltà al procuratore generale e ai difensori, con istanza presentata a mezzo posta elettronica certificata, entro il termine perentorio libero di venticinque giorni prima dell’udienza, di chiedere la discussione orale. La norma si fa carico di disciplinare il periodo transitorio, escludendo l’applicazione della decisione in forma non partecipata alle udienze già fissate, la cui trattazione è prevista entro il termine di giorni quindici dall’entrata in vigore del Decreto Legge e prevedendo, altresì che per le udienze la cui trattazione sia fissata nel periodo dal sedicesimo al trentesimo giorno dall’entrata in vigore della legge il termine per richiedere la trattazione orale sia ridotto a dieci giorni.

Per la decisione è previsto che la camera di consiglio possa svolgersi con le modalità di cui al comma 9 e quindi con collegamento da remoto e che il dispositivo venga comunicato alle parti a mezzo posta elettronica certificata.

  1. Le Camere di Consiglio con collegamento a distanza (comma 9).

Viene reintrodotta anche la possibilità di svolgere le deliberazioni collegiali in camera di consiglio con collegamento a distanza. Si tratta di una norma, comprensibilmente, non gradita dall’avvocatura, in quanto arreca un vulnus alla sacralità della camera di consiglio da secoli celebrata e salvaguardata. Il vulnus è temperato nel processo penale dal fatto che tali deliberazioni non possono essere assunte allorquando si tratti di discussione finale in pubblica udienza o in camera di consiglio svolte senza collegamento da remoto. Atteso che il comma 2 prevede che le discussioni svolte ai sensi dell’art. 441 e 523 non si possano svolgere con collegamento da remoto neppure con il consenso del difensore lo spazio di applicabilità si riduce notevolmente.

L’art. 24. La semplificazione delle modalità di deposito di atti documenti e istanza nella vigenza dell’emergenza epidemiologica da Covid–19.

 Si tratta di una disposizione a lungo invocata da parte dell’Avvocatura penalistica, attese le notevoli difficoltà ad accedere agli uffici giudiziari e ad interloquire con segreterie e cancellerie ma, determina, così formulata, significative criticità, per le ragioni di seguito esposte.

I primi tre commi disciplinano i depositi nella piattaforma del processo penale telematico, i commi quarto, quinto e sesto disciplinano, invece, i depositi a mezzo posta elettronica certificata.

  1. I depositi in materia di articolo 415 bis c.p.p. (comma 1).

Il comma primo prevede infatti che il deposito, presso le Procure della Repubblica delle memorie, delle richieste e delle istanze indicate dall’art. 415 bis comma 3 del codice di procedura penale debba avvenire esclusivamente mediante deposito nel portale del processo penale telematico individuato con provvedimento del D.G.S.I.A.  del Ministero della giustizia e con le  modalità  stabilite nel decreto stesso, ciò  in  deroga  alle  previsioni  del decreto emanato ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del  decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla  legge 22 febbraio 2010, n. 24. [6] Mentre tale modalità di deposito era prevista dal disposto del comma 12 quater.1 dell’art. 83 del Decreto Legge n. 18 del 2020 (convertito, con modificazioni dalla Legge 24 aprile 2020, n. 27 e successivamente dal comma 11 dell’art. 221 del Decreto legge n. 34 del 2020, convertito con modificazioni nella legge n. 77 del 2020 al quale l’art. 24, espressamente, prevede di derogare), ma in termini di mera facoltà, poiché la norma recitava “autorizza”, l’attuale disciplina la introduce quale obbligo. La richiamata normativa prevedeva, tra l’altro, che l’utilizzo della piattaforma per il deposito degli atti previsti dall’art. 415 bis fosse praticabile solo presso gli uffici che ne facevano richiesta, la norma qui in commento, invece, dispone tale modalità di deposito come quella esclusivamente praticabile.

Ne consegue che l’indagato non potrà più esercitare personalmente i propri diritti di difesa al fine di formulare istanze, o depositare documenti.

Vi sono, inoltre, avvocati che ancora non sono muniti della necessaria firma digitale o elettronica qualificata, in relazione ai quali sarebbe stato opportuno prevedere una disciplina transitoria che consentisse l’adeguamento e autorizzasse, nelle more, il deposito a mezzo PEC.

D’altra parte, neppure il processo civile telematico, che non è un processo pubblicistico, nel quale il cittadino è sottoposto alla pretesa punitiva dello Stato, è entrato in vigore da un giorno all’altro, senza consentire alla classe Forense un tempo di adattamento.

Da ultimo si deve segnalare che il provvedimento prevede l’utilizzo della piattaforma esclusivamente per l’attività di deposito e non anche per la consultazione del fascicolo come richiesto dall’Avvocatura penalistica.

  1. Gli altri atti da depositarsi tramite la piattaforma del P.P.T. (comma 2).

Viene, inoltre, introdotta, al comma 2 la possibilità di ampliamento della tipologia degli atti per i quali sarà previsto il deposito attraverso il portale del processo penale telematico. L’individuazione di tali ulteriori atti dovrà avvenire con uno o più decreti del Ministro della Giustizia. Mentre la possibilità di ampliare il catalogo degli atti va salutata favorevolmente, desta qualche perplessità il fatto che si intenda darvi attuazione con Decreto Ministeriale, atteso che si tratta di norme che comunque derogano alle modalità di deposito previste dal codice di procedura penale.

  • Le specifiche tecniche per il deposito nella piattaforma del P.P.T.

È opportuno evidenziare che le specifiche tecniche sono state già individuate, vigenti i richiamati comma 12 quater.1 dell’art. 83 decreto legge n. 18 del 2020 e comma 11 dell’art. 221 del decreto legge n. 34 del 2020, con provvedimento del D.G.S.I.A. del Ministero della giustizia dell’11.05.2020 e che il portale per il deposito degli atti di cui al comma 3 dell’articolo 415 bis è già stato reso disponibile; alle specifiche tecniche individuate nel provvedimento dell’11.05.2020 fa integrale riferimento il provvedimento del D.G.S.I.A. del 4.11.2020, emesso in attuazione della norma in esame.

In sintesi si evidenzia:

Il collegamento avviene tramite l’area riservata del portale  https://pst.giustizia.it al quale si accede a mezzo dispositivo di firma digitale, l’accesso è consentito ai soggetti iscritti al Registro degli Indirizzi Elettronici (Reg.inde) svolgenti il ruolo di avvocato.

Per poter accedere al procedimento il difensore dovrà:

 

  • 1 Aver ricevuto l’avviso di cui all’art. 415 bis nella sua qualità di difensore della persona sottoposta ad indagine;
  • 2 Individuare dal menu a tendina l’ufficio di Procura presso cui effettuare il deposito.
  • 3 Inserire l’atto, dovrà trattarsi di un documento in formato PDF ottenuto da una trasformazione di un documento testuale, senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti; non è pertanto ammessa la scansione di immagini.
  • 4 Il documento dovrà essere sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata.

Va specificato che il sistema non consente l’accesso se non è stata annotata nel Re.ge Web la nomina[7], ciò comporta che la nomina del difensore di fiducia dovrà essere fatta pervenire all’ufficio con le ordinarie modalità. Il sistema consente al difensore che, possa accedervi, il deposito di ulteriori nomine utilizzando l’apposita funzione. Si deve evidenziare che il manuale delle specifiche tecniche emanato dal D.G.S.I.A. consente, opportunamente, anche il deposito di documenti come, peraltro previsto anche nel comma 11 dell’art. 221 del Decreto Legge n. 34 del 220.

L’invio si riterrà perfezionato con l’emissione da parte del sistema ministeriale della ritenuta di accettazione.

Si rammenta che tale modalità è quella esclusiva prevista per il deposito degli atti; in ragione di tale scelta sarebbe opportuno, in sede di conversione, inserire la possibilità di depositare l’atto in forma cartacea a mezzo posta elettronica certificata nell’ipotesi di mal funzionamento.

  1. Il deposito a mezzo posta elettronica certificata (P.E.C.) (commi 4, 5 e 6).

Per gli atti diversi da quelli relativi all’avviso di cui all’art. 415 bis e da quelli da individuarsi con decreti del Ministero della Giustizia, sarà possibile il deposito a mezzo posta elettronica certificata. Il deposito dovrà avvenire agli indirizzi di posta elettronica certificata indicati nel provvedimento del D.G.S.I.A. pubblicato il 9.11.2020[8]

  • L’oggetto del deposito a mezzo posta elettronica certificata.

Il disposto normativo prevede che possano essere trasmessi “tutti gli atti, documenti e istanze comunque denominati”.[9] Gli atti, come rammentato, debbono essere diversi da quelli previsti dai commi 1 e 2, quindi da quelli per i quali è previsto il deposito tramite la piattaforma del processo penale telematico ossia: gli atti relativi all’articolo 415 bis e quelli da individuarsi con i decreti ministeriali.  Benché il disposto normativo sembri non escludere alcun tipo di atto, qualche dubbio sembra sussistere in relazione agli atti di impugnazione di cui al libro IX e a quali ad essi assimilati quali i riesami e gli appelli in materia cautelare personale e reale e l’opposizione a decreto penale. Le perplessità scaturiscono dal rigore della tassatività delle forme previste dal codice di rito per il deposito. Il codice, infatti, individua, a pena di inammissibilità le modalità, le persone e i luoghi per il deposito di tali atti[10] che per pacifica giurisprudenza anche di legittimità sono quelli e quelli soltanto. Sulla scorta di tale interpretazione è stata ripetutamente esclusa la possibilità di presentare gli atti di impugnazione a mezzo telefax[11] ed anche a mezzo posta elettronica certificata.[12] Sarebbe, quindi, opportuno che in sede di conversione in legge i dubbi vengano dissipati con la previsione espressa della facoltà di deposito con siffatta modalità degli atti impugnazione.

La norma in esame prevede, inoltre, che il personale di segreteria e di cancelleria provveda ad annotare nell’apposito registro la ricezione dell’atto a mezzo posta elettronica certificata e ad inserire copia analogica dell’atto ricevuto con indicazione della data di ricezione. A tal proposito va osservato che, diversamente a quanto avviene per il deposito nella piattaforma, si deve ritenere che per il corretto completamento della trasmissione debba far fede la ricevuta di consegna e non quella di accettazione dell’invio a mezzo posta elettronica certificata.

Il comma sesto prevede che per gli atti di cui ai commi 1 e 2 quindi quelli da depositarsi tramite il portale del processo telematico, l’invio a mezzo posta elettronica certificata è privo di efficacia.

In data 9 novembre 2020 è stato emesso il provvedimento del D.G.S.I.A., contenente l’individuazione degli indirizzi di posta elettronica certificata degli uffici giudiziari. Il provvedimento contiene all’art. 3 anche le specifiche tecniche degli atti e dei documenti da trasmettersi alle caselle di posta degli uffici giudiziari[13].

È prescritto che l’atto debba essere in formato PDF ottenuto da una trasformazione di un documento testuale, senza restrizione per le operazioni di selezione e copia di parti; non è quindi consentita la scansione di immagini; l’atto dovrà essere sottoscritto digitalmente dal depositante con firma digitale o firma elettronica qualificata, sono ammesse sia la tipologia PAdes che quella CAdes. I documenti allegati all’atto dovranno essere in formato PDF ed avere una risoluzione massima di 200 dpi. Ogni invio dovrà essere di dimensione non superiore a 30 megabyte.

  1. Le norme in materia di detenzione (art. 28, 29 e 30).

Il decreto legge in esame si fa carico anche di introdurre norme tese a ridurre l’affollamento carcerario nel periodo epidemiologico, si tratta, anche in tale ipotesi, della riproposizione dell’impianto previsto dal Decreto Legge n. 18 del 2020 oggetto di ripetute e motivate critiche da parte dell’avvocatura e segnatamente dall’Unione Camere Penali Italiane, in ragione della sua inadeguatezza ad affrontare il problema della diffusione dell’epidemia all’interno delle strutture carcerarie e delle irragionevoli disuguaglianze create tra la popolazione carceraria nonché dalla farraginosità della procedure adottate in materia di detenzione domiciliare.

4.1 Licenze premio per i detenuti in regime di semilibertà. (art. 28).

Viene previsto che per il periodo di vigenza del Decreto Legge, possano essere concessi, in assenza di ragioni ostative, licenze premio di durata superiore a quella prevista dall’art. 52 della Legge 26 luglio 1975, n. 354, fissata in quarantacinque giorni annui. La durata non potrà, però, estendersi entro il 31 dicembre 2020.

4.2 Permessi premio (art. 29).

La norma prevede che dall’entrata in vigore del decreto e sino al 31 dicembre 2020 la possibilità di concedere i permessi di cui all’art. 30 ter della Legge 26 luglio 1975, n. 354, quando ne ricorrono i presupposti, oltre i limiti temporali indicati dai commi 1 e 2 del menzionato articolo.

Potranno usufruirne i condannati ai quali siano stati già stati concessi i permessi di cui all’articolo 30-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354 e che siano stati già assegnati al lavoro all’esterno ai sensi dell’articolo 21 della legge 26 luglio 1975, n.  354 o ammessi all’istruzione o alla formazione professionale all’esterno ai sensi dell’articolo 18 del decreto legislativo 2 ottobre 2018, n.  121

L’ultimo comma individua le ipotesi ostative al beneficio con il riferimento all’ormai consueto ed amplissimo catalogo con alcune modifiche in pejus delle quali si dirà nel commento all’art.30.[14]

4.3 Disposizioni in materia di detenzione domiciliare (art. 30).

Viene riproposto il testo dell’art. 123 del Decreto Legge n. 18 del 17/03/2020 convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020 n. 27. La norma, modellata sull’art. 1 della L. 26.11.2010 n. 199, prevede che in deroga ai commi 1,2 e 4 del menzionato articolo 1 la pena possa essere eseguita, su istanza, presso l’abitazione del condannato o in altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza, ove non sia superiore a diciotto mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena.

Sono previste due modalità di esecuzione la prima ordinaria e la seconda con la procedura di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici.

La modalità ordinaria è applicata esclusivamente per le pene non superiori a sei mesi e per i minorenni. In ordine alla procedura di controllo a mezzo strumenti elettronici o tecnici il disposto normativo prevede tali mezzi siano resi disponibili per singoli istituti. È stabilito, altresì, che con provvedimento  del capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia, d’intesa con il capo della Polizia-Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, adottato entro il termine di dieci giorni dall’entrata in vigore del decreto in commento e periodicamente aggiornato, è individuato il numero dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici da rendere disponibili, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, che possono essere utilizzati per l’esecuzione della pena con le modalità in questione “   tenuto conto anche delle emergenze sanitarie rappresentate dalle autorità competenti”.

Le criticità si appuntano, in particolare, sul numero limitato di strumenti elettronici e sulla riluttanza a reperirli anche in ragione della clausola di invarianza finanziaria. Sommando a tale carenza le esclusioni oggettive e tra questo peso preponderante ha l’inclusione dell’intero art. 4 bis dell’Ord. Penitenziario, ben si comprende la scarsa efficacia di un intervento normativo così strutturato.

Le esclusioni oggettive[15]. Alle esclusioni già previste dall’art. 123 del Decreto Legge n. 18 del 2020 a sua volta modellato sull’ art. 1 della L. n. 199 del 26.11.2010, sono state introdotte delle ulteriori preclusioni.  In particolare sono stati inseriti i reati di cui agli artt.  572 e 612 bis c.p. ed è stato, inoltre, previsto che in caso di condanna per delitti commessi per finalità di terrorismo mediante il compimento di atti di violenza e per i delitti riconducibili all’associazione, la preclusione opera anche quando i condannati abbiano già espiato la parte di pena relativa ai delitti ostativi quando, in caso di cumulo, il giudice della cognizione o dell’esecuzione abbia accertato la connessione (ex art. 12, comma 1, lettere b) e c), c.p.p.) tra i reati la cui pena è in esecuzione. In definitiva anche quando la pena relativa al reato ostativo è stata già scontata la misura della detenzione domiciliare speciale e anche quella in materia di permessi premio di cui all’art. 29, non si possono applicare.

Le esclusioni soggettive. Sono, altresì, esclusi dal beneficio: i delinquenti abituali professionali e per tendenza (comma 1 lett. b); i detenuti sottoposti al regime di   sorveglianza particolare, ai sensi dell’articolo 14 bis della legge 26  luglio 1975, n. 354,  salvo  che  sia  stato  accolto  il  reclamo  previsto dall’articolo 14 ter della medesima legge.

Si sono aggiunte, inoltre, ulteriori situazione preclusive collegate a condotte di rilievo disciplinare, in particolare: il fatto che il detenuto nell’ultimo anno sia stato sanzionato per le infrazioni di cui all’articolo 77, comma 1, numeri 18, 19, 20 e 21, del regolamento disciplinare di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230 (comma 1, lettera d)), nonché anche solo il fatto che nei confronti del detenuto sia redatto rapporto per la partecipazione o organizzazione di  disordini e sommosse. Si tratta di modifiche inopportune che ledono i principi costituzionali in materia di espiazione della pena, aumentando vieppiù le disuguaglianze tra detenuti e vanificano di fatto l’obiettivo perseguito con gli istituti introdotti.

Da ultimo va rilevato che in relazione ai condannati minorenni beneficiari della norma è prevista dalla successiva redazione di un programma educativo secondo le modalità indicate dall’articolo 3 del decreto legislativo 121 /128.

La procedura applicativa è quella all’art 1 L. 199/2010 resa più snella dal fatto che non è richiesta la relazione del direttore dell’Istituto dovendo lo stesso indicare, esclusivamente: la pena residua, l’assenza di condizioni ostative, l’idoneità del domicilio e il consenso dell’interessato all’applicazione del dispositivo di controllo in assenza del quale la misura non potrà essere applicata. Come previsto dalla richiamata norma, la richiesta sarà invece inoltrata dal Pubblico Ministero allorquando lo stessa debba emettere o abbia emesso un ordine di carcerazione non ancora eseguito, sarà pertanto costui a trasmettere gli atti del fascicolo di esecuzione unitamente al verbale di idoneità del domicilio.

La norma in esame, come già il menzionato articolo 123, precisa che l’attivazione degli strumenti elettronici avviene progressivamente partendo dai detenuti che debbono scontare la pena minore e che non si attiva lo strumento di controllo allorquando la pena residua non superi di almeno trenta giorni la pena per la quale ne è imposta l’applicazione.

Si prevede, infine, che la norma si applichi anche a coloro che maturino i presupposti durante il periodo di vigenza della norma.

*Avvocato, componente della Giunta dell’Unione Camere Penali Italiane

[1] “nei casi in cui la presenza fisica di costoro non può essere assicurata senza mettere a rischio le esigenze di contenimento della diffusione del virus COVID-19.” –  Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18 articolo 83 comma 12 quater.

[2] Cfr. art. 4.

[3] Si riportano i commi 3,4 e 5 dell’art. 146 bis “3. Quando è disposta la partecipazione a distanza, è attivato un collegamento audiovisivo tra l’aula di udienza e il luogo della custodia, con modalità da assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti in entrambi i luoghi e la possibilità di udire quanto vi viene detto. Se il provvedimento è adottato nei confronti di più imputati che si trovano, a qualsiasi titolo, in stato di detenzione in luoghi diversi, ciascuno è posto altresì in grado, con il medesimo mezzo, di vedere ed udire gli altri. 4. E sempre consentito al difensore o a un suo sostituto di essere presente nel luogo dove si trova l’imputato. Il difensore o il suo sostituto presenti nell’aula di udienza e l’imputato possono consultarsi riservatamente, per mezzo di strumenti tecnici idonei. 4-bis. [..].5. Il luogo dove l’imputato si collega in audiovisione è equiparato all’aula di udienza”.

[4] Per un maggiore approfondimento V. nota della Giunta dell’UCPI del 14.04.2020.

[5] Cfr. art. 83 comma 7 lett. e) del Decreto Legge n. 18 del 2020.

[6] Si tratta le disposizioni che prevedono le specifiche tecniche per il processo penale telematico (P.P.T.).

[7] Art. 5 del manuale delle specifiche tecniche.

[8] Depositi a mezzo pec: specifiche tecniche ed elenco indirizzi uffici giudiziari, su Diritto di Difesa on line 9.11.20.

[9] Art. 24 comma 4 primo periodo.

[10] Cfr. artt. 309, 310, 311 e 582 c.p.p.

[11] Cfr. Cass. Sez. I, Sent. n. 10354 del 15.03.2012

[12] Cfr. Cass. Sez. 3, Sent, n. 50932 del 11/7/2017; Sez. 4, n. 21056 del 23/1/2018; Sez. 1, n. 320 del 5/11/2018 e Cass. Sez. I Sent.  N. 26874 del 18/06/2019.

[13] Depositi a mezzo pec: specifiche tecniche ed elenco indirizzi uffici giudiziari, su Diritto di Difesa on line 9.11.20.

[14] Ossia:  “i condannati per taluno dei delitti indicati dall’articolo 4-bis  della legge 26 luglio 1975, n. 354 e  dagli  articoli  572  e  612-bis  del codice penale e,  rispetto  ai  delitti  commessi  per  finalità  di terrorismo,  anche  internazionale,  o   di   eversione   dell’ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza e  ai  delitti di  cui  agli  articoli  416-bis  del  codice  penale,   o   commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni  in  esso  previste, anche nel caso in cui i condannati abbiano già espiato la  parte  di pena relativa ai predetti delitti quando,  in  caso  di  cumulo,  sia stata accertata dal giudice della  cognizione  o  dell’esecuzione  la connessione ai sensi dell’articolo 12, comma 1, lettere b  e  c,  del codice di procedura penale tra i reati la cui pena è in esecuzione.“.

[15] a)  soggetti   condannati   per   taluno   dei   delitti   indicati dall’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni e dagli articoli  572  e  612-bis  del  codice  penale; rispetto ai delitti  commessi  per  finalità  di  terrorismo,  anche internazionale, o di eversione dell’ordine  democratico  mediante  il compimento di atti di  violenza,  nonché  ai  delitti  di  cui  agli articoli 416-bis del codice  penale,  o  commessi  avvalendosi  delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni in esso previste, anche  nel  caso  in cui i condannati abbiano già espiato la parte di  pena  relativa  ai predetti delitti quando, in caso di cumulo, sia stata  accertata  dal giudice della cognizione o dell’esecuzione la  connessione  ai  sensi dell’articolo 12, comma 1, lettere b e c,  del  codice  di  procedura penale tra i reati la cui pena e’ in esecuzione;   b) delinquenti abituali, professionali o  per  tendenza,  ai  sensi degli articoli 102, 105 e 108 del codice penale;   c)  detenuti  che  sono  sottoposti  al  regime   di   sorveglianza particolare, ai sensi dell’articolo  14-bis  della  legge  26  luglio 1975, n. 354,  salvo  che  sia  stato  accolto  il  reclamo  previsto dall’articolo 14-ter della medesima legge;   d) detenuti che nell’ultimo anno  siano  stati  sanzionati  per  le infrazioni disciplinari di cui all’articolo 77, comma 1,  numeri  18, 19, 20 e 21 del decreto del Presidente  della  Repubblica  30  giugno 2000, n. 230;   e) detenuti nei cui confronti, in data  successiva  all’entrata  in vigore del presente decreto, sia  redatto  rapporto  disciplinare  ai sensi dell’articolo 81, comma 1, del  decreto  del  Presidente  della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230 in relazione alle infrazioni di cui all’articolo 77, comma 1, numeri 18 e 19 del decreto  del  Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230;   f) detenuti privi di un  domicilio  effettivo  e  idoneo  anche  in funzione delle esigenze di tutela delle persone offese dal reato.