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GIURISPRUDENZA CORTE DI GIUSTIZIA UE – 3/2020

GIURISPRUDENZA CORTE DI GIUSTIZIA UE – 3/2020

GIURISPRUDENZA CORTE DI GIUSTIZIA UE 3-2020.PDF

A cura dell’Osservatorio Europa dell’Unione delle Camere Penali Italiane

3/2020

CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA (PRIMA SEZIONE), SENTENZA DELL’11 GIUGNO 2020, PROKURATURA REJONOWA W SŁUPSKU CONTRO JI, CAUSA C-634/18. ECLI:EU:C:2020:455

Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Decisione quadro 2004/757/GAI – Norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati e alle sanzioni applicabili in materia di traffico illecito di stupefacenti – Articolo 2, paragrafo 1, lettera c) – Articolo 4, paragrafo 2, lettera a) – Nozione di “grandi quantitativi di stupefacenti” – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Parità di trattamento – Articoli 20 e 21 – Principio di legalità dei reati e delle pene – Articolo 49

La Corte del Lussemburgo si è pronunciata, su domanda pregiudiziale proposta da un giudice polacco, in merito alla compatibilità al diritto dell’Unione di una normativa nazionale che preveda sanzioni penali aggravate per il reato di possesso di un “rilevante quantitativo di prodotti stupefacenti o di sostanze psicotrope” (analogamente alla normativa italiana, art. 80 DPR 309/1990, che parla di “quantità ingenti di sostanze stupefacenti o psicotrope”), rimettendo, volta per volta, l’interpretazione di questa nozione alla valutazione dei giudici nazionali.

I giudici dell’Unione hanno stabilito che l’interpretazione dei principi di uguaglianza davanti alla legge e di non discriminazione, sanciti dagli articoli 20 e 21 della Carta Diritti Fondamentali UE, nonché di legalità dei reati e delle pene, sancito dall’articolo 49, paragrafo 1, della Carta Diritti Fondamentali UE e dall’articolo 7, paragrafo 1, della CEDU (cfr. altresì sentenza del 5 dicembre 2017, M.A.S. e M.B., C42/17, EU:C:2017:936, punto 53; conformemente all’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, il diritto garantito dall’articolo 49 di quest’ultima ha lo stesso significato e la stessa portata di quello garantito dalla CEDU),  non ostano a una normativa penale come quella richiamata.

In particolare, il principio di legalità “europeo” deve ritenersi rispettato qualora la normativa nazionale soddisfi i requisiti di accessibilità e prevedibilità per quanto concerne sia la definizione del reato sia la determinazione della pena, ovverosia quando il soggetto di diritto può conoscere, in base al testo della disposizione rilevante e, se del caso, con l’aiuto dell’interpretazione che ne sia stata data dai giudici, gli atti e le omissioni che implicano una sua responsabilità penale (cfr. altresì sentenze del 3 giugno 2008, Intertanko e a., C308/06, EU:C:2008:312, punto 71, e del 5 dicembre 2017, M.A.S. e M.B., C42/17, EU:C:2017:936, punto 56).

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CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA (QUINTA SEZIONE), SENTENZA DEL 14 MAGGIO 2020, UY CONTRO STAATSANWALTSCHAFT OFFENBURG, CAUSA C-615/18, ECLI:EU:C:2020:376

Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Diritto all’informazione nei procedimenti penali – Direttiva 2012/13/UE – Articolo 6 – Diritto dell’interessato di essere informato dell’accusa elevata a suo carico – Procedimenti penali per guida di un autoveicolo senza patente – Interdizione alla guida risultante da un precedente decreto penale di cui l’interessato non ha preso conoscenza – Notifica di tale decreto all’interessato esclusivamente presso un domiciliatario obbligatorio – Acquisizione dell’autorità di cosa giudicata – Eventuale negligenza dell’interessato

La decisione riguarda l’interpretazione dell’articolo 6 della Direttiva 2012/13 (“Diritto all’informazione dell’accusa”), che stabilisce norme specifiche in merito al diritto delle persone indagate o imputate di essere informate del reato che le stesse sono sospettate o accusate di aver commesso, tempestivamente e con tutti i dettagli necessari, al fine di garantire l’equità del procedimento e l’esercizio effettivo dei diritti della difesa. Il paragrafo 3 di detto articolo prevede inoltre che gli Stati membri assicurino che, al più tardi, al momento in cui il merito dell’accusa è sottoposto all’esame di un’autorità giudiziaria, siano fornite informazioni dettagliate sull’accusa.

Anche la notifica di un provvedimento quale il decreto penale di condanna deve essere considerato, secondo i giudici del Lussemburgo, una forma di comunicazione dell’accusa a carico dell’imputato a norma della citata disposizione, per cui essa deve rispettare i requisiti stabiliti da tale articolo (sentenza del 15 ottobre 2015, Covaci, C216/14, EU:C:2015:686, punto 61).

La direttiva 2012/13, per converso, non disciplina le modalità di comunicazione all’imputato dell’informazione sull’accusa. Tuttavia, le modalità stabilite dagli Stati membri, non possono pregiudicare l’obiettivo perseguito, in particolare, dall’articolo 6 della direttiva 2012/13, che consiste, come emerge altresì dal considerando 27 di tale direttiva, nel consentire alle persone indagate o imputate per aver commesso un reato di predisporre la propria difesa e nel garantire l’equità del procedimento (cfr. altresì sentenze del 15 ottobre 2015, Covaci, C216/14, EU:C:2015:686, punto 63, nonché del 22 marzo 2017, Tranca e a., C124/16, C188/16 e C213/16, EU:C:2017:228, punto 38).

Per tali ragioni, è conforme al diritto europeo la normativa di uno Stato membro, nella specie il diritto tedesco, relativa al decreto penale di condanna, in forza della quale il termine di due settimane per proporre opposizione contro un decreto che ha condannato una persona ad un’interdizione alla guida inizia a decorrere dalla sua notifica al suo domiciliatario, a condizione che, una volta ne abbia preso conoscenza, possa disporre effettivamente di un termine di due settimane per proporre opposizione contro il decreto, se del caso a seguito o nell’ambito di un procedimento di rimessione in termini, senza dover dimostrare di aver intrapreso le azioni necessarie per informarsi tempestivamente presso il suo domiciliatario dell’esistenza di detto decreto, e purché gli effetti di quest’ultimo siano sospesi durante tale periodo,

Al contrario, non è ammissibile che la persona residente in un altro Stato membro incorra in una sanzione penale se non rispetta, a decorrere dal momento in cui ha acquisito autorità di cosa giudicata, un decreto che l’ha condannata ad un’interdizione alla guida, se tale persona ignorava l’esistenza di siffatto decreto nel momento in cui ha violato l’interdizione alla guida che ne deriva.

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CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPA (NONA SEZIONE), ORDINANZA DEL 28 MAGGIO 2020, MC CONTRO U.T.G. – PREFETTURA DI FOGGIA, CAUSA C-17/20, ECLI:EU:C:2020:409

Rinvio pregiudiziale – Articolo 53, paragrafo 2, e articolo 94 del regolamento di procedura della Corte – Irricevibilità manifesta – Principi generali di diritto dell’Unione europea – Diritto a una buona amministrazione – Diritti della difesa – Diritto di essere ascoltato – Atto adottato dalla prefettura inteso al divieto dell’attività in ragione di una presunta infiltrazione mafiosa – Normativa che non prevede un procedimento amministrativo in contraddittorio

Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia ha sottoposto alla Corte del Lussemburgo la seguente questione pregiudiziale: «Se gli articoli 91, 92 e 93 del [codice antimafia], nella parte in cui non prevedono il contraddittorio endoprocedimentale in favore del soggetto nei cui riguardi l’Amministrazione si propone di rilasciare una informativa antimafia interdittiva, siano compatibili con il principio del contraddittorio, così come ricostruito e riconosciuto quale principio di diritto dell’Unione».

I giudici europei hanno rilevato che, anche se la decisione di rinvio si riferisce all’articolo 41 della Carta, occorre rilevare che risulta chiaramente dal tenore di questa disposizione che essa si rivolge non agli Stati membri, bensì unicamente alle istituzioni, agli organi e agli organismi dell’Unione europea (cfr. altresì sentenze del 17 luglio 2014, YS e a., C141/12 e C372/12, EU:C:2014:2081, punto 67; dell’8 maggio 2019, PI, C230/18, EU:C:2019:383, punto 56, nonché del 26 marzo 2020, Hungeod e a., C496/18 e C497/18, EU:C:2020:240, punto 63).

Ad ogni modo i giudici europei hanno ricordato che il rispetto dei diritti della difesa costituisce un principio generale del diritto dell’Unione che trova applicazione quando l’amministrazione intende adottare nei confronti di una persona un atto che le arrechi pregiudizio. In forza di tale principio i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l’amministrazione intende fondare la sua decisione. Tale obbligo incombe sulle amministrazioni degli Stati membri ogniqualvolta esse adottano decisioni che rientrano nella sfera d’applicazione del diritto dell’Unione, quand’anche la normativa dell’Unione applicabile non preveda espressamente siffatta formalità (cfr. altresì sentenza del 22 ottobre 2013, Sabou, C276/12, EU:C:2013:678, punto 38).

Tuttavia, nella presente causa, il giudice del rinvio non aveva dimostrato l’esistenza di un criterio di collegamento tra, da un lato, il diritto dell’Unione e, dall’altro, l’informazione antimafia interdittiva adottata dalla Prefettura o la decisione del Comune, che ha dato origine all’indagine sfociata nell’adozione di tale informazione, di revocare la concessione di un terreno utilizzato dalla ditta potenzialmente “infiltrata” per lo svolgimento della sua attività economica.

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CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA (QUARTA SEZIONE), SENTENZA DELL’11 MARZO 2020, SF., DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE PROPOSTA DAL RECHTBANK AMSTERDAM, CAUSA C-314/18, ECLI:EU:C:2020:191

Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Decisione quadro 2002/584/GAI – Mandato d’arresto europeo – Articolo 5, punto 3 – Consegna subordinata alla condizione che la persona interessata sia rinviata nello Stato membro di esecuzione per scontarvi la pena o la misura di sicurezza privative della libertà eventualmente pronunciate nei suoi confronti nello Stato membro di emissione – Momento del rinvio – Decisione quadro 2008/909/GAI – Articolo 3, paragrafo 3 – Ambito di applicazione – Articolo 8 – Adattamento della pena irrogata nello Stato membro di emissione – Articolo 25 – Esecuzione di una pena nell’ambito dell’articolo 5, punto 3, della decisione quadro 2002/584/GAI

Con la presente decisione, la Corte del Lussemburgo ha risposto a due quesiti in tema di mandato di arresto europeo.

L’articolo 5, punto 3, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, in combinato disposto con l’articolo 1, paragrafo 3, della medesima, nonché con l’articolo 1, lettera a), l’articolo 3, paragrafi 3 e 4, e l’articolo 25 della decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea, come modificate dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, dev’essere interpretato nel senso che, qualora lo Stato membro di esecuzione subordini la consegna della persona, cittadina o residente di quest’ultimo, che è oggetto di un mandato d’arresto europeo ai fini dell’esercizio di un’azione penale alla condizione che tale persona, dopo essere stata ascoltata, gli sia rinviata per scontarvi la pena o la misura di sicurezza privative della libertà eventualmente pronunciate nei suoi confronti nello Stato membro di emissione, quest’ultimo Stato deve procedere a detto rinvio non appena la suddetta decisione di condanna sia divenuta definitiva, a meno che motivi concreti relativi al rispetto dei diritti della difesa della persona interessata o alla buona amministrazione della giustizia non rendano indispensabile la presenza di tale persona in detto Stato, fino a quando non sia intervenuta una decisione definitiva nelle altre fasi procedurali che si inseriscono nel procedimento penale relativo al reato alla base del mandato d’arresto europeo.

L’articolo 25 della decisione quadro 2008/909, come modificata dalla decisione quadro 2009/299, dev’essere interpretato nel senso che, qualora l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esercizio di un’azione penale sia subordinata alla condizione prevista all’articolo 5, punto 3, della decisione quadro 2002/584, come modificata dalla decisione quadro 2009/299, lo Stato membro di esecuzione, per eseguire la pena o la misura di sicurezza privative della libertà pronunciate nello Stato membro di emissione nei confronti della persona interessata, può adattare la durata di tale pena solamente in conformità delle condizioni restrittive previste all’articolo 8, paragrafo 2, della decisione quadro 2008/909, come modificata dalla decisione quadro 2009/299.

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CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA (TERZA SEZIONE), SENTENZA DEL 19 MARZO 2020, KOMISIA ZA PROTIVODEYSTVIE NA KORUPTSIYATA I ZA OTNEMANE NA NEZAKONNO PRIDOBITOTO IMUSHTESTVO CONTRO BP E A., DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE PROPOSTA DAL SOFIYSKI GRADSKI SAD., CAUSA C-234/18, ECLI:EU:C:2020:221

Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Procedimento di confisca di beni acquisiti illecitamente in assenza di una condanna penale – Direttiva 2014/42/UE – Ambito di applicazione – Decisione quadro 2005/212/GAI

La decisione quadro 2005/212/GAI del Consiglio, del 24 febbraio 2005, relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato, deve essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa di uno Stato membro che prevede che la confisca di beni acquisiti illecitamente sia disposta da un giudice nazionale al termine di un procedimento che non è subordinato all’accertamento di un reato né, a fortiori, alla condanna dei presunti autori di tale reato.

La decisione quadro 2005/212, infatti, non disciplina la confisca di strumenti e di proventi di attività illecite disposta da un giudice di uno Stato membro nell’ambito o a seguito di un procedimento che non riguarda l’accertamento di uno o più reati.

Tale interpretazione non è in alcun modo inficiata dall’articolo 2, paragrafo 2, di detta decisione quadro: questa disposizione si limita ad enunciare che, per quanto concerne i reati fiscali, gli Stati membri possono ricorrere a procedure diverse dalle procedure penali per privare l’autore del reato dei proventi che ne derivano.

Essa non può essere interpretata, a contrario, nel senso che gli Stati membri siano privati della possibilità di istituire procedure di confisca diverse dalle procedure penali che non riguardano i reati fiscali. Infatti, un divieto del genere andrebbe al di là della portata delle norme minime stabilite dalla decisione quadro 2005/212.

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