SENZA FRETTA – DI GIOVANNI MELILLO
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SENZA FRETTA
di Giovanni Melillo*
Il Dott. Giovanni Melillo ricorda l’Avvocato Riccardo Polidoro, storico responsabile dell’Osservatorio Carcere dell’Unione Camere Penali Italiane, scomparso recentemente.
“Senza fretta”. Era il nome dato da Riccardo Polidoro al bel gozzo al quale, appena poteva, affidava la sua ricerca di una semplice, tranquilla felicità, ma anche la conferma di quell’insopprimibile idea di libertà che da sempre gli uomini collegano al mare e al rispetto delle sue leggi immutabili.
Senza fretta. Una raccomandazione che valeva naturalmente per sé e che si imponeva alle persone che con lui potevano condividere quelle ore trascorse in mare.
Ma quel motto, rivelatore di una pacata e ironica capacità di osservare le ordinarie vicende umane, lasciava immediatamente il passo all’urgenza della passione civile e di una mai doma indignazione dinanzi al dramma sociale rappresentato da un sistema penitenziario ancora lontano dall’idea stessa di luogo chiamato a rendere effettive le finalità che la nostra Costituzione assegna alla pena.
Dinanzi alla siderale distanza dai valori costituzionali di tante e tante pagine di ordinaria indifferenza per la stessa dignità delle persone detenute, sorgeva in lui prepotente il moto della ribellione morale e si accresceva il bisogno di dare respiro culturale e politico ampio e profondo all’organizzazione di un’azione quotidiana di autentica vigilanza democratica, necessaria per contrastare la rassegnazione e il cinismo dei più.
La nascita del suo “Il carcere possibile” e il lungo impegno associativo alla guida dell’Osservatorio sui problemi del carcere dell’Unione delle Camere Penali divenivano così gli strumenti di una infaticabile azione di denuncia e di animazione del dibattito pubblico attorno alla continua emergenza carceraria.
Un’azione ammirevole, che neanche la lunga malattia avrebbe mai fiaccato, come dimostra l’orgogliosa e colta rivendicazione, fatta appena lo scorso 3 febbraio sulle pagine de Il Dubbio, della urgente necessità di una trasformazione profonda del sistema penitenziario, secondo le direttrici riformatrici dibattute ed elaborate negli Stati generali dell’esecuzione della pena anni prima promossi dal Ministero della giustizia, ma rimaste prive di traduzione legislativa, malgrado il corale convergere su di esse della migliore cultura giuridica del Paese.
Non c’è stato modo di discuterne insieme, come fatto tante altre volte in passato, ma resta il ricordo di una lunga stagione di amicizia e di condivisione di valori liberi dal peso degli interessi corporativi e dei luoghi comuni imperanti. Tutt’altro che poco, anche nei giorni del rimpianto più acuto.
Addio, caro Riccardo.
*Magistrato, Procuratore Nazionale Antimafia