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L’INVOLUZIONE DEL GIUDIZIO DI CASSAZIONE  IN SEDE PENALE, SIA SOSTANZIALE CHE PROCESSUALE – DI ADELMO MANNA

L’INVOLUZIONE DEL GIUDIZIO DI CASSAZIONE IN SEDE PENALE, SIA SOSTANZIALE CHE PROCESSUALE – DI ADELMO MANNA

MANNA – L’INVOLUZIONE DEL GIUDIZIO DI CASSAZIONE.PDF

L’involuzione del giudizio di Cassazione in sede penale, sia sostanziale che processuale

di Adelmo Manna*

L’autore, in qualità di condirettore dell’Osservatorio sulla Corte Suprema di Cassazione[1], individua le ragioni di una “involuzione” del giudizio penale dinanzi alla Corte medesima, attestata in primo luogo dal fatto che le percentuali di inammissibilità dei motivi di ricorso hanno ormai superato abbondantemente il 70%. Il giudizio penale in oggetto si sta anche trasformando progressivamente da orale a scritto, tanto è vero che il difensore deve chiedere espressamente al Presidente del collegio se intenda illustrare oralmente i motivi di gravame. Da un punto di vista più strettamente di diritto penale sostanziale, come dimostra, ad esempio, la sentenza delle SS.UU. penali ric. Modaffari ed altro, si assiste al fatto che i principi costituzionali in materia penale restano sullo sfondo e prevale, invece, il giudizio orientato alle caratteristiche del caso concreto. Ultimo punto critico è quello relativo all’orientamento verso il “blocco” della prescrizione, che si matura tra il secondo grado e la Cassazione, attraverso la dichiarazione di inammissibilità dei motivi di gravame, mediante l’applicazione, dell’invero, vago criterio della manifesta infondatezza.

The author, as co-director of the Observatory on the Supreme Court of Cassation, identifies the reasons for an “involution” of the criminal judgment before the same Court, attested in the first place by the fact that the percentages of inadmissibility of the grounds of appeal have now exceeded by far 70%. The criminal judgment in question is also progressively transforming itself from oral to written, so much so that the defender must expressly ask the President of the panel whether he intends orally to explain the reasons for the appeal. From a more strictly substantive criminal law point of view, as shown, for example, by the sentence of the SS.UU. penalties Modaffari and more, we are witnessing the fact that the constitutional principles in criminal matters remain in the background and, on the other hand, the judgment oriented to the characteristics of the concrete case prevails. The last critical point is that relating to the orientation towards the “block” of the prescription, which matures between the second degree and the Supreme Court, through the declaration of inadmissibility of the grounds for encumbrance, through the application, of the truth, vague criterion of the manifest groundlessness.

Sommario: 1. L’aumento dei casi di inammissibilità dei ricorsi per Cassazione. –2. L’effetto indotto anche dall’introduzione della nuova categoria dell’improcedibilità. –3. La tendenza alla trasformazione del giudizio di Cassazione da orale a scritto. –4. I rapporti con i principi costituzionali e sovranazionali del diritto penale: il caso “Modaffari” delle Sezioni Unite penali della Cassazione. –5. La tendenza alla dichiarazione di inammissibilità dei motivi di ricorso per manifesta infondatezza, laddove la prescrizione si maturi tra il giudizio di secondo grado e il ricorso per Cassazione: l’irrituale “blocco” della prescrizione e la teoria dei “controlimiti” a livello penale. –6. Conclusioni.

  1. L’aumento dei casi di inammissibilità dei ricorsi per Cassazione.

Lo scrivente, come con-direttore, assieme al collega Luca Marafioti, dell’Osservatorio sulla Corte di Cassazione dell’Unione delle Camere Penali, in occasione dell’Open-day di Rimini, del 10-11 giugno p.v., intende fornire un quadro generale del giudizio penale innanzi alla Corte di Cassazione, evidenziandone alcuni tratti, a nostro avviso, di pericolosa involuzione.

Già dagli atti del Convegno di Roma del 13-14 dicembre 2019, organizzato sempre dal nostro Osservatorio, ma, ove coequipier era il Professor Fabio Alonzi, è emerso come ormai oltre il 70% dei motivi di ricorsi vengono dichiarati inammissibili dalla Corte Suprema di Cassazione.

Ciò possiede anche un singolare risvolto, giacché si è potuto constatare come la percentuale di inammissibilità sia addirittura superiore nelle altre sezioni penali della Cassazione, rispetto alla Settima penale, che, invece, è la sezione deputata all’esame di quei ricorsi che, a giudizio del Primo Presidente della Corte di Cassazione, già si mostrerebbero, prima facie, inammissibili[2].

Ciò induce ad una seria riflessione sulle cause di tale abnorme aumento delle ipotesi di inammissibilità, che sarà uno dei punti nevralgici del nostro discorso. Siccome appare difficile sostenere che la classe forense non sia in grado, in generale, di stendere i motivi di ricorso basati sulla legittimità e non su di una riedizione del merito, siamo dell’avviso che, evidentemente, altre sono le ragioni che inducono la Corte Suprema di Cassazione ad un aumento, così indiscriminato, delle dichiarazioni di inammissibilità dei motivi di ricorso.

  1. L’effetto indotto anche dall’introduzione della nuova categoria dell’improcedibilità.

In primo luogo, siamo dell’avviso che l’introduzione del nuovo istituto della improcedibilità sicuramente contribuirà ad incrementare ulteriormente i casi di inammissibilità, giacché risulta plausibile che nella Corte di Cassazione – di fronte a limiti temporali, non certo particolarmente ampi entro i quali dovrebbe decidere il ricorso – tenendo conto anche che, in genere, la magistratura è sottorganico, diventi palese la tentazione di dichiarare l’inammissibilità del ricorso, piuttosto di dover soggiacere alle “forche caudine” del nuovo istituto – di origine nord-americana – dell’improcedibilità, di cui all’art. 344-bis c.p.p., introdotto proprio per superare, in tal modo, seppur indirettamente, il blocco della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, così, però, inserendo un istituto ibrido, ovverosia di carattere sia sostanziale, che processuale[3].

Con ciò si intende anche rimarcare come le esigenze della politica abbiano prevalso su quelle del diritto, in quanto, laddove, viceversa, fosse stato abolito il “blocco” della prescrizione, di cui alla c.d. “Legge Spazzacorrotti”, ne sarebbe conseguito il fondato rischio di far mancare l’appoggio al Governo in carica del partito di maggioranza relativa, cioè il Movimento 5 stelle, cui appartiene l’allora Ministro della Giustizia, on. Bonafede[4].

  1. La tendenza alla trasformazione del giudizio di Cassazione da orale a scritto.

Altra ragione, a nostro avviso, dell’“involuzione” del giudizio penale di Cassazione, consiste anche, probabilmente a causa del Covid-19, della tendenziale trasformazione del giudizio medesimo da orale a scritto.

Intendiamo, con ciò, riferirci al fenomeno per cui il difensore, allo stato, in sede di Cassazione, deve chiedere al Presidente della Sezione se intende o no discutere i motivi di ricorso e, sotto questo profilo, si può assistere anche ad una pericolosa tendenza di diversi appartenenti alla classe forense che, magari illudendosi con ciò di “ingraziarsi” il collegio, preferiscono rinunciare ad illustrare oralmente i motivi di ricorso, quand’anche perché non adeguatamente onorati finanziariamente dai rispettivi clienti[5].

Questa tendenza appare, tuttavia, decisamente criticabile, nella misura in cui non si tiene conto del fatto che, in linea generale, il singolo ricorso per Cassazione è conosciuto integralmente dal Presidente e dal Giudice Relatore, per cui l’illustrazione dei motivi risulta fondamentale proprio per rendere edotti degli stessi gli altri tre giudici che compongono il collegio, giacché gli stessi conoscono i ricorsi di cui sono relatori, ma, ovviamente, non hanno certo approfondito i motivi di gravame dei ricorsi di cui non sono, per l’appunto, relatori e, quindi, tale prassi – assolutamente non commendevole – comporta, altresì, una tendenziale trasformazione dello stesso giudizio di Cassazione da orale a scritto, sulle orme del processo civile e non già del processo penale che, invece, si contraddistingue proprio per la sua oralità.

I problemi, tuttavia, si acuiscono proprio in rapporto alla funzione nomofilattica che dovrebbe svolgere la Corte di Cassazione, in quanto un ruolo preponderante ed in certo senso “anomalo” è svolto dall’Ufficio del Massimario e del Ruolo, che, in genere – ovviamente con riferimento ai ricorsi di maggior rilevanza – svolge il ruolo di “ufficio studi”; in tal modo, però, incidendo notevolmente sulla funzione nomofilattica della stessa Corte di Cassazione e sul conseguente sviluppo della c.d. giurisprudenza creativa[6].

  1. I rapporti con i principi costituzionali e sovranazionali del diritto penale sostanziale: il caso “Modaffari” delle Sezioni Unite penali della Cassazione.

Per intendere appieno il ruolo dei principi fondamentali in materia di diritto penale sostantivo, può risultare istruttivo l’esame di una recente sentenza della Cassazione, a Sezioni Unite penali, in tema di condotta di partecipazione ad un’associazione di tipo mafioso[7].

Il Supremo Collegio afferma, infatti, che la condotta di partecipazione di cui trattasi si sostanzierebbe nello “stabile inserimento dell’agente nella struttura organizzativa dell’associazione”.

Tale inserimento, si aggiunge, deve dimostrarsi idoneo per le caratteristiche assunte nel caso concreto, a dare luogo alla “messa a disposizione” del sodalizio stesso per il perseguimento dei comuni fini criminosi.

Si aggiunge, altresì, che, nel rispetto del principio di materialità ed offensività della condotta, l’affiliazione rituale può costituire “indizio grave” della condotta di partecipazione al sodalizio, ove risulti l’espressione di un patto reciprocamente vincolante e produttivo di un’offerta di contribuzione permanente tra affiliato ed associazione.

Orbene, già dalla nota a sentenza, particolarmente illuminante al riguardo, emerge chiaramente come, in realtà, i principi di materialità ed offensività svolgano una funzione tutto sommato residuale, in quanto, ciò che domina l’attività nomofilattica della Corte di Cassazione, addirittura a Sezioni Unite penali, è il “caso concreto”, ove, fra l’altro, la condotta di partecipazione viene desunta da argomentazioni di carattere processual-probatorio, anziché da una più stringente definizione, a livello di tassatività, della condotta di partecipazione medesima.

Con ciò vogliamo intendere come la Suprema Corte di Cassazione ormai tenda ad una sorta di auto-tassativizzazione[8] della disposizione penale, nel senso che la disposizione incriminatrice s’invera in norma, attraverso la funzione esercitata dal caso concreto, che però, a ben considerare, diventa il vero “dominus” del giudizio stesso, ove i principi costituzionali e sovranazionali in materia penale sostantiva fanno solo da sfondo e, quindi, non giocano più il ruolo fondamentale che loro spetterebbe.

  1. La tendenza alla dichiarazione di inammissibilità dei motivi di ricorso per manifesta infondatezza, laddove la prescrizione si maturi tra il giudizio di secondo grado e il ricorso per Cassazione: l’irrituale “blocco” della prescrizione e la teoria dei “controlimiti” a livello penale.

Dobbiamo, da ultimo, registrare un, invero, discutibile orientamento della Suprema Corte di Cassazione, con particolare riguardo al fenomeno della prescrizione intervenuta dopo il giudizio d’appello e prima della fissazione di quello presso il Supremo Collegio.

Orbene, l’orientamento che qui si critica fa sì che la Suprema Corte, in questi casi, e nonostante che il reato risulti sostanzialmente già prescritto, intenda aggirare l’“ostacolo”, mediante la dichiarazione di inammissibilità del relativo ricorso per Cassazione, soprattutto tramite l’utilizzazione della clausola, invero assai generica e, quindi, pronta ad accogliere anche questa discutibile tendenza, della “manifesta infondatezza”, che, infatti, comporta l’inammissibilità, a differenza della semplice infondatezza, che conduce al rigetto.

Logica vorrebbe, che, in linea teorica, la manifesta infondatezza – seppur non definita, purtroppo – nel codice di rito, si riferisse alle ipotesi in cui i motivi di ricorso si sostanzino in un esame del merito e, quindi, inevitabilmente, si pongano in contrasto col giudizio di terzo grado che, come è noto, consta di un giudizio di legittimità.

In un recente caso, deciso dalla Quarta Sezione penale della Cassazione all’udienza del 26 maggio 2022[9] sono infatti stati dichiarati inammissibili i ricorsi – seppur ancora nel dispositivo, non essendo stata depositata la motivazione – condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000 ciascuno in favore della Cassa delle ammende, con revoca delle statuizioni civili.

Un esame, seppur sintetico del caso concreto, potrà chiarire come la dichiarazione di inammissibilità, questa volta, ha riguardato non già motivi di merito, o in fatto, bensì motivi di pura legittimità, in chiave processuale, i motivi principali e, in quella di diritto penale sostanziale, relativamente ai motivi aggiunti.

Il “fatto” riguardava due istruttori di volo che avevano istruito a dovere la vittima che, tuttavia, pesava oltre 100 kg ed era vestito con solo la tuta da ginnastica, anche se normativamente non è prescritta alcuna tuta specifica, per cui, dopo che il soggetto, come gli era stato prescritto, si era allontanato dagli istruttori, onde evitare che l’apertura del paracadute potesse causare una grave collisione con la testa degli istruttori, ed aveva contato sino a 5, aveva poi aperto il paracadute, tuttavia in maniera anomala, poiché la vittima era stata oggetto di un malore improvviso, rendendo impossibile la correzione dell’apertura del paracadute, per cui era caduto “a vite”, trovando la morte.

Il Tribunale di Fermo, in primo grado, proprio a causa dell’evenienza del malore improvviso, aveva, a nostro avviso, giustamente assolto i prevenuti in applicazione dell’art. 41, comma 2, c.p., seppure ex art. 530, cpv., c.p.p.

La Corte d’appello di Ancona, riformando in peius la sentenza di prime cure – a causa del ricorso del P.M. – aveva, invece, condannato i prevenuti sostenendo che il “fatto” era da attribuire all’eccessivo peso ponderale ed alla mancanza della tuta ad hoc, seppure, si badi, non prevista normativamente, dando, però, così luogo ad una interpretazione “intuizionistica”, senza, cioè, utilizzare il giudizio controfattuale, ovvero il procedimento di eliminazione mentale, né individuando la c.d. legge generale di copertura, che oramai dovrebbe essere ius receptum a seguito sia della dottrina, che anche della giurisprudenza delle stesse Sezioni Unite penali[10].

I motivi di ricorso, in particolare quegli aggiunti, riguardavano, infatti, proprio la violazione degli artt. 40, 41 e 45 c.p., quest’ultimo nell’ottica della causa interruttiva del nesso causale, quindi, con riguardo alla prevedibilità in astratto e non già in concreto[11], così per restare, giustamente, nell’alveo dei motivi principali.

Orbene, nonostante i motivi fossero di pura legittimità ed, in udienza, il Sostituto procuratore generale avesse chiesto l’applicazione della prescrizione, “inaspettatamente” i giudici della Quarta Sezione penale hanno dichiarato inammissibili i ricorsi, sebbene vi fosse stata anche la revoca di costituzione di parte civile, tant’è che hanno revocato le statuizioni civili.

La dichiarazione di inammissibilità ha “colpito” i ricorsi, benché fossero di pura legittimità, proprio per evitare di dichiarare, ex adverso, l’avvenuta prescrizione del reato e facendo, così, diventare definitiva la sentenza di condanna di secondo grado, seppur con tutti i benefici di legge, in modo da cristallizzare il giudizio etico-giuridico, di sostanziale incapacità degli istruttori a svolgere adeguatamente il loro ruolo[12].

In tal modo, però, come è stato autorevolmente sostenuto, i giudici penali rischiano di diventare “guardiani” dell’etica pubblica[13].

Ciò che, tuttavia, lascia maggiormente perplessi è l’artifizio logico-giuridico che utilizza la Suprema Corte perché, in tal modo, si produce inopinatamente un “blocco” della prescrizione che appare del tutto artificioso, proprio perché il tempo, come categoria, non può essere artificiosamente fermato per esigenze legate essenzialmente alla prevenzione generale[14], di cui si dimostra, purtroppo, portatrice la Suprema Corte di Cassazione.

Ragionando secondo la Suprema Corte, si ha, infine, l’impressione che, come avvenuto nella ben nota “Saga Taricco”, si sia inciso sulla c.d. “teoria dei controlimiti”, nel senso che, bloccando artificialmente la prescrizione e, quindi, disapplicandola, si rischia di violare, a sua volta, il principio di stretta legalità, proprio perché la prescrizione, nel nostro sistema penale, è un istituto di diritto penale sostantivo, giammai processuale[15].

  1. Conclusioni.

Volendo, ora, trarre le conclusioni da questo nostro esame cursorio delle principali linee involutive del giudizio penale di Cassazione, siamo dell’avviso che, soprattutto quest’ultima forma di escamotage logico-giuridico sia di difficile risoluzione, in quanto, essendo il nostro sistema di ricorso alla Corte Costituzionale non diretto, bensì mediato, dal giudice a quo – che deve notoriamente qualificare la questione non manifestamente infondata e rilevante per il processo in corso – sarà, ben inteso, assai difficile, che la stessa Corte di Cassazione, artefice di tale orientamento, dichiari la questione non manifestamente infondata, per cui, sotto questo profilo, appare anche decisamente improbabile, a causa della nota “crisi” in cui versa l’istituto parlamentare[16], che si dia luogo ad un conflitto di attribuzione fra i poteri dello Stato.

In questa situazione, sarebbe, quindi, preferibile, come già avviene in Germania, in Francia, in Spagna ed in Messico, con il c.d. recurso de amparo, che sia consentito allo stesso cittadino, indagato e/o imputato, di rivolgersi direttamente alla Corte costituzionale, senza l’azione di filtro e, quindi, il “freno di emergenza”, tirato dal giudice a quo.

È pur vero che il rischio che si corre, come è avvenuto al Tribunal Constitucional spagnolo, è quello di un “ingolfamento” dell’organo giurisdizionale, ma si potrebbe a ciò ovviare, sulla falsa-riga della Settima penale della Cassazione, creando una previa attività di filtro, operata magari da una parte dei giudici della Corte costituzionale, onde dichiarare immediatamente irricevibili ricorsi ictu oculi del tutto destituiti di fondamento.

In tal modo, però, si rischia di scivolare nell’”ultravioletto dell’utopia”, per dirla con il grande Giorgio Marinucci, perché, nei tempi in cui viviamo, riforme di così ampio respiro risultano sempre di problematica implementazione[17].

*Ordinario i.q. di Diritto penale presso l’Università di Foggia

[1] Testo, con l’aggiunta delle note, della Relazione tenuta dal sottoscritto, Ordinario i.q. di diritto penale nell’Università di Foggia, all’Open-day dell’UCPI di Rimini in data 14.6.2022, in qualità di condirettore dell’Osservatorio sulla Corte di Cassazione, nello spazio riservato all’Osservatorio medesimo.

(*) Testo, con l’aggiunta delle note, della Relazione tenuta dal sottoscritto, Ordinario i.q. di diritto penale nell’Università di Foggia, all’Open-day dell’UCPI di Rimini in data 14.6.2022, in qualità di condirettore sulla Corte di Cassazione nello spazio riservato all’Osservatorio medesimo.

[2] Cfr. Manna – Alonzi (a cura di), L’ufficio del massimario e la forza dei precedenti, Milano, 2020, spec. 209 ss., per le riflessioni conclusive sul massimario e la funzione nomofilattica della Corte Suprema di Cassazione.

[3] Sia consentito, in argomento, anche per le relative citazioni bibliografiche, il rinvio a Manna, Dalla prescrizione di cui agli artt. 157 ss. c.p. alla improcedibilità di cui all’art. 344-bis c.p.p.: rapporti ed intersezioni, in Cadoppi, Canestrari, Manna, Papa (dir. da), Diritto penale, Tomo I, Milano, 2022, 1402 ss.; nonché, più in particolare, anche in rapporto a quanto osservato nel testo, Ferrua, Improcedibilità e ragionevole durata del processo: uno stupefacente caso di evaporazione del processo, in Processo penale e giustizia, 2022, 256 ss.

[4] Sul punto, in particolare, Donini, Efficienza e principi della Legge Cartabia. Il legislatore a scuola di realismo e cultura della discrezionalità, in Pol. dir., 2021, 591 ss. e, spec., 595 ss.

[5] In generale, sul ruolo del difensore, cfr. Zilletti, Di potere e di nulla. Il ruolo del difensore nella creazione del precedente, in Manna-Alonzi (a cura di), op. cit., 149 ss.; dello stesso v. anche, Id., Apertis verbis. Il devoto della giustizia penale, Milano, 2021, spec. 56, con riguardo all’interpretazione

[6] Cfr., in argomento, in particolare, Piccardi, Funzioni tipiche ed atipiche dell’Ufficio del Massimario e del Ruolo, in Manna – Alonzi (a cura di), op. cit., 13 ss. Sia consentito, altresì, il rinvio a Manna, La storia del diritto penale “giurisprudenziale”, in Diritto di difesa, 2021, 1, 107 ss.

[7] Cass. pen., Sez. Un., sent. 27 maggio 2021 – 11 ottobre 2021, n. 36958, Pres. Cassano; Est. Pellegrino; P.M. Salvi; (concl. diff.) ric. Modaffari ed altri, in Foro it., 2021, II, 750 ss., con nota di Fiandaca – Merlo, La partecipazione associativa è ancora in cerca di autore: le Sezioni Unite tra progresso e regresso, in ibid., 783 ss.; v. anche, di Fiandaca, da ultimo, La partecipazione nei reati associativi, Lectio magistralis tenuta all’Università della Calabria, 26 maggio 2022. In argomento, cfr. altresì Pomanti, Alle “origini” della fattispecie. Brevi note sull’art. 416-bis c.p., in Dir. di difesa, 2020, 1, 675 ss.; Zarra, Sui rapporti tra compartecipazione attiva all’associazione mafiosa, favoreggiamento personale e concorso esterno in associazione mafiosa: tra prassi applicativa e diritto vivente, in Arch. pen., 2021, n. 2, web.

[8] Magi, Sul recupero di tassatività nelle misure di prevenzione personali. Tecniche sostenibili di accertamento della pericolosità, in Riv. it. dir. proc. pen., 2017, 501 ss.

[9] Cass. pen., Sez. IV, RG. 1940/2021, ud. 26/05/2022, ric. Camponeschi ed altro.

[10] In argomento, Stella, Leggi scientifiche e spiegazione causale nel diritto penale, Milano, 1975; nel diritto vivente, cfr. Cass. pen., Sez. Un., 10 luglio 2002, n. 30328, in Foro it., II, 601 ss., con nota di Di Giovine, La causalità omissiva in campo medico-chirurgico al vaglio delle Sezioni Unite; analogamente, Cass. Pen., Sez. Un., 12 luglio 2005, ric. Mannino, in ibid., 2007, II, 80 ss.; cfr. altresì, del redattore delle sentenze Franzese e Mannino, cioè il cons. Giovanni CANZIO, Dire il diritto nel XXI secolo, Milano, 2022, 193 ss. e, spec., 197 ss.; nonché Canzio – Lupària Donati (a cura di), Prova scientifica e processo penale, 2°, Milano, 2000.

[11] In argomento, circa la polivalenza dogmatica del caso fortuito, cfr., in particolare, Fiandaca, voce Caso fortuito e forza maggiore nel diritto penale, in Dig., IV ed., Disc. pen., II, Torino, 1988, 107 ss.

[12] Sull’eticizzazione del rimprovero e l’atipicizzazione delle imputazioni, Manes, Giustizia mediatica. Gli effetti perversi sui diritti fondamentali e sul giusto processo, Bologna, 2022, 52 ss.

[13] Donini, Il diritto penale come etica pubblica, Modena, 2014, spec. 80 e ss.; nonché Id., Populismo e ragione pubblica, Modena, 2019; più in generale, nel nodo irrisolto del ruolo della magistratura penale: giurisprudenza-fonte e controlli giudiziali di legalità, Id., La politica dell’interpretazione. Una rilettura di Bricola, di prossima pubbl. in “Lo Stato”, 19 ss. (del dattil.); Id., Intervento nella Sezione II: Scienza della legislazione penale e istanza di riforma tra punizione e riparazione, Convegno di Studi e X Premio Internazionale Silvia Sandano: “La scienza della legislazione penale. Recenti riforme ed istanze di razionalizzazione”, Roma, 10 giugno 2022, ove, fra l’altro, si osserva giustamente come sovente la politica del diritto preceda la c.d. scienza della legislazione; cfr. anche Lattanzi G., Relazione introduttiva: “Il principio di legalità come strumento e limite delle riforme penali”, in ibid, ove mette a confronto due forme di legalità penale, quella interna e costituzionale e quella europea e/o convenzionale, che si declina, più precisamente, sul principio di prevedibilità.

[14] In argomento, cfr. Giunta – Micheletti, Tempori cedere. Prescrizione del reato e funzione della pena nello scenario della ragionevole durata del processo, Torino, 2003.

[15] Sia consentito, per maggiori approfondimenti in materia, il rinvio a Manna – Di Florio, Il trascorrere del tempo nel diritto penale: la prescrizione del reato tra le “criticità” della disciplina e il “difficile dialogo” tra CGUE e Corte costituzionale, in Arch. pen., 2018, web.

[16] Cfr., in argomento, lo stimolante e condivisibile volume di Canfora, La democrazia dei Signori, Bari, 2022.

[17] In argomento, in particolare, Petrelli, La terzietà del giudice e l’umiltà della legge, in Dir. di difesa, 2020, 1, 505 ss.; dello stesso v. anche più ampiamente Id., Critica della retorica giustizialista, Milano, 2021, spec. 35 ss., con riguardo a “giustizialismo, linguaggio e democrazia”; nonché Pecorella, Terzietà del giudice. Parità delle parti: scriverlo nell’art. 111 non basta. Per il modello accusatorio in Costituzione, in ibid., 539 ss.; nonché, a livello del diritto penale sostantivo, Pulitanò, Problemi del penale e scenari di crisi, in ibid., 618 ss.