ANALISI DELLA DISCIPLINA E PRIME RIFLESSIONI SUI PROFILI ORDINAMENTALI DELLA PROCURA EUROPEA, ALLA LUCE DEL D.LGS. N. 9 DEL 2021 DI ADEGUAMENTO DELLA NORMATIVA NAZIONALE AL REGOLAMENTO EUROPEO – DI DANIELA CAVALLINI
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ANALISI DELLA DISCIPLINA E PRIME RIFLESSIONI SUI PROFILI ORDINAMENTALI DELLA PROCURA EUROPEA, ALLA LUCE DEL D.LGS. N. 9 DEL 2021 DI ADEGUAMENTO DELLA NORMATIVA NAZIONALE AL REGOLAMENTO EUROPEO.
ANALYSIS OF THE DISCIPLINE AND FIRST REFLECTIONS ON ORGANIZATIONAL PROFILES OF THE EPPO, IN THE LIGHT OF D.LGS. N. 9 OF 2021 ON ADJUSTMENT OF THE ITALIAN LAW TO EU REGULATION.
di Daniela Cavallini*
Sommario: 1. Introduzione; 2. La struttura generale della Procura europea (EPPO); 3. La designazione del Procuratore europeo. 4. La designazione dei Procuratori europei delegati e la loro collocazione territoriale; 5. Lo status dei Procuratori europei delegati; 6. Alcune valutazioni preliminari sull’indipendenza dell’EPPO, del Procuratore europeo e dei Procuratori europei delegati.
- Introduzione.
Con il d.lgs. 2 febbraio 2021, n. 9 lo Stato italiano ha provveduto ad adeguare la normativa nazionale alle disposizioni UE istitutive della Procura europea, compiendo un ulteriore passo avanti verso l’attivazione del nuovo ufficio europeo[1].
Come noto, la Procura europea (EPPO) nasce con il Regolamento UE 1939 del 2017 (nel seguito Reg. UE), in vigore dal 20 novembre 2017[2]. La sua funzione è quella di indagare e perseguire dinanzi alle giurisdizioni nazionali degli Stati partecipanti, e secondo le rispettive regole processuali, i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione, come definiti dalla direttiva UE 1371 del 2017 (c.d. direttiva PIF), quali ad es. i reati di riciclaggio o le frodi transfrontaliere in materia di IVA[3]. La Procura europea avrà quindi il compito di condurre le indagini, esercitare l’azione penale e partecipare ai processi relativi ai reati individuati dalla direttiva PIF. La funzione giudicante non è, invece, oggetto di disciplina da parte del regolamento EPPO e continuerà a restare puramente nazionale. L’EPPO, infatti, eserciterà l’azione penale davanti alle giurisdizioni nazionali (art. 36 Reg. UE).
Fino ad oggi, come sottolineato sin dalla proposta originaria di Reg. UE, l’attività di repressione posta in essere dai singoli Stati membri, benché coadiuvati da Eurojust, Europol e Olaf, ha rivelato la mancanza di un adeguato livello di coordinamento, cooperazione e scambio di informazioni che invece un’unica Procura europea dovrebbe conseguire[4]. Da qui l’esigenza di rafforzare la cooperazione giudiziaria per consentire un contrasto più efficace dei reati PIF, con conseguente beneficio per la collettività e per le imprese[5]. La Procura europea intratterrà comunque una stretta collaborazione con Europol, Eurojust e Olaf, nonché con i Paesi UE non aderenti alla cooperazione rafforzata, le autorità di paesi terzi e le organizzazioni internazionali[6].
Sebbene sia direttamente applicabile negli ordinamenti degli Stati che hanno aderito alla cooperazione rafforzata (attualmente 22, compresa l’Italia), il Regolamento europeo richiede che siano adottati provvedimenti nazionali integrativi al fine di adattare l’ordinamento interno alle previsioni europee e consentire la piena funzionalità del nuovo organo giurisdizionale. A ciò ha provveduto, in primo luogo, la l. delega n. 117 del 2019, art. 4 (l. di delegazione europea 2018)[7], che ha dettato anche una disciplina transitoria in merito alla nomina del primo Procuratore europeo italiano. La medesima l. delega (art. 3) ha altresì definito i principi e i criteri direttivi per l’attuazione della direttiva PIF.
Alla l. delega hanno poi fatto séguito due decreti attuativi: il d.lgs. 14 luglio 2020, n. 75 di attuazione della direttiva PIF e il d.lgs. ora in commento (n. 9 del 2021), relativo ai profili di carattere ordinamentale dei pubblici ministeri europei. In fase di approvazione della l. delega e dei successivi d.lgs. il Csm ha espresso i pareri di sua competenza, su richiesta del Ministro. I pareri che qui interessano maggiormente, relativi ai profili ordinamentali della Procura europea, sono quelli del 12 novembre 2018[8] e del 30 dicembre 2020[9].
La disciplina finale è indubbiamente complessa perché è il risultato del coordinamento tra la normativa UE (già di per sé complicata e articolata in vari documenti attuativi) e quella nazionale di raccordo tra l’ordinamento interno e le disposizioni europee. Manca, dunque, un testo integrato che ne renderebbe più agevole la comprensione. Sul piano concreto, l’EPPO è in fase di attuazione: la data della concreta assunzione delle funzioni giudiziarie sarà stabilita con decisione della Commissione su proposta del magistrato Laura Codruța Kövesi, attuale Procuratore Capo europeo (il 1° giugno 2021 è la proposta che è stata formalizzata dal Procuratore Capo)[10]. Nel mentre, l’EPPO ha già adottato il suo regolamento interno per disciplinare l’organizzazione del proprio lavoro[11]. L’Italia ha già nominato il proprio Procuratore europeo e si accinge ora a nominare i Procuratori europei delegati[12]. Contemporaneamente, sarà necessario fornire ai Procuratori europei delegati le risorse umane e materiali indispensabili per adempiere ai loro compiti, nonché adeguare le infrastrutture informatiche e i registri penali degli uffici interessati. Il processo costitutivo si sta dunque perfezionando, ma con una certa lentezza, data la sua novità e le varie questioni che solleva rispetto all’adeguamento degli ordinamenti statali[13].
Dopo una breve premessa sulla struttura generale della Procura europea ci si soffermerà sui principali tratti relativi a nomina, status e responsabilità dei magistrati italiani che andranno a comporre la Procura europea, ai sensi del d.lgs. n. 9 del 2021. Si tratta di considerazioni preliminari, non solo perché la Procura europea, essendo un ufficio senza precedenti, pone problematiche del tutto nuove e di non facile soluzione, ma anche tenuto conto del fatto che nulla si conosce al momento sul suo funzionamento concreto.
- La struttura generale della Procura europea.
La Procura europea è un “organo dell’Unione indivisibile che opera come un ufficio unico con struttura decentrata” (art. 8, Reg. UE). I suoi organi, assistiti dal personale dell’EPPO e da un Direttore amministrativo, possono essere così sinteticamente rappresentati:
PROCURA EUROPEA (EPPO) |
LIVELLO CENTRALE |
Procuratore Capo europeo (PCE)
(coadiuvato da due Sostituti) ✔ È al vertice dell’EPPO, ne organizza e dirige le attività ✔ Rappresenta l’EPPO dinanzi a UE, Stati membri e terzi ✔ Presiede il Collegio dei Procuratori europei e le Camere permanenti |
Collegio dei Procuratori europei
(composto dal PCE, che lo presiede, e da un Procuratore europeo per ogni Stato partecipante) ✔ È l’organo di indirizzo e supervisiona le attività dell’EPPO ✔ Prende decisioni su questioni strategiche e di ordine generale derivanti da singoli casi per garantire coerenza, efficienza e uniformità dell’azione dell’EPPO ✔ Adotta il regolamento interno |
Procuratori europei
✔ Per conto della Camera permanente, supervisionano le indagini e le azioni penali di cui sono responsabili i Procuratori europei delegati (v. infra) ✔ Possono, in casi specifici, in conformità al diritto nazionale e alle istruzioni della Camera competente, impartire istruzioni al Procuratore europeo delegato per garantire l‘efficiente svolgimento dell’indagine o dell’azione penale, o il coerente funzionamento dell’EPPO ✔ In casi eccezionali (Reg. UE, art. 28, par. 4) svolgono direttamente l’indagine ✔ Fungono da collegamento tra le Camere permanenti e i Procuratori europei delegati ✔ Monitorano l’esecuzione dei compiti dell’EPPO nei rispettivi Stati membri |
Camere permanenti
(composte da 2 Procuratori europei e presiedute dal PCE, o da uno dei suoi Sostituti o da altro Procuratore europeo; il loro numero e le competenze tengono conto delle esigenze funzionali dell’EPPO[14]) ✔ Monitorano e indirizzano le indagini e le azioni penali condotte dai Procuratori europei delegati ✔ Garantiscono il coordinamento delle indagini e azioni penali nei casi transfrontalieri ✔ Prendono decisioni operative: portare un caso in giudizio o archiviarlo; applicare una procedura semplificata; rinviare un caso alle autorità nazionali; incaricare il Procuratore europeo delegato di avviare un’indagine o esercitare il diritto di avocazione; deferire al Collegio le questioni strategiche o di ordine generale derivante da singoli casi; approvare la decisione di un Procuratore europeo di condurre egli stesso l’indagine ✔ possono fornire istruzioni, conformemente al diritto nazionale applicabile, al Procuratore europeo delegato incaricato del caso, ove necessario per l‘efficiente svolgimento dell’indagine o azione penale, o per assicurare il funzionamento coerente dell’EPPO |
LIVELLO DECENTRATO |
Procuratori europei delegati
(almeno due per Paese partecipante) ✔ Responsabili delle indagini, dell’azione penale e del rinvio a giudizio per i casi di competenza dell’EPPO ✔ Agiscono per conto dell’EPPO e dispongono degli stessi poteri dei procuratori nazionali, in aggiunta ai poteri specifici conferiti dal Reg. UE ✔ Seguono le istruzioni della Camera permanente incaricata del caso e del Procuratore europeo incaricato della supervisione ✔ Possono espletare anche le funzioni di p.m. nazionali, purché ciò non impedisca di assolvere agli obblighi del Reg. UE, e ne informano il Procuratore europeo incaricato della supervisione |
L’EPPO rappresenta un’assoluta novità nell’ordinamento italiano ed europeo e, proprio per tale ragione, pone diverse questioni interpretative. Tale organismo dovrà indagare su fattispecie criminose di rilievo europeo pur restando funzionalmente incardinato, quantomeno nelle sue articolazioni territoriali decentrate, nel sistema italiano. Il Reg. UE è infatti il frutto di un compromesso volto, da un lato, a preservare gli ordinamenti dei singoli Stati membri (salvo il loro necessario adeguamento, stante la diversità dei sistemi in vigore) e, dall’altro, a garantire “l’operatività, nel sistema processuale interno, di un ufficio (…) collocato al di fuori della struttura ordinamentale nazionale”[15]. È stata definita anche come un “organo ibrido”[16] e una “novità di sistema”[17], che contribuisce a rafforzare e consolidare lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia in campo penale, nell’ottica di un superamento della logica orizzontatale della cooperazione fra i Paesi membri a favore di una logica verticale di integrazione tra i diversi spazi giudiziari.
La peculiarità di EPPO è data dal fatto che essa non è integralmente “altro” rispetto ai Paesi che vi aderiscono e nella cui organizzazione è funzionalmente inserita. L’obiettivo che intende perseguire è quello di concentrare in capo a un organico di magistrati specializzati, che rispondono esclusivamente ad EPPO, la cura delle indagini e dei processi relativi ai reati PIF. D’altro canto, però, grazie alla struttura decentrata, l’EPPO opera sulla base di una profonda conoscenza del sistema giudiziario e della lingua nazionale, nonché del sistema di iniziativa penale e delle prassi locali di svolgimento del processo[18]. Non vi è infatti una procedura comune per le indagini dell’EPPO, dato che ogni Paese ricorrerà alle proprie regole nazionali. Infine, la competenza investigativa dell’EPPO si affianca e non si sostituisce a quella degli Stati aderenti: gli Stati non vengono spogliati del potere di indagare sui reati di competenza EPPO e tale potere si “riespande” ogni qual volta la Procura europea decide di non avviare indagini (Csm, parere del 30 dicembre 2020, p. 17 ss.). Nel caso dell’Italia, il Procuratore generale presso la Cassazione è stato indicato quale autorità nazionale competente per la risoluzione dei contrasti di competenza tra l’EPPO e le procure nazionali, nonché per le determinazioni relative all’assunzione di procedimenti che l’EPPO ritenga di dismettere. Le determinazioni assunte dal Procuratore generale vengono, in ogni caso, comunicate al Ministro della giustizia (d.lgs. n. 9 del 2021, art. 18 s.).
Il Reg. UE (considerando 12) richiama i principi fondamentali sui cui si basa la creazione della Procura europea. Da un lato, l’obiettivo di combattere i reati PIF si ritiene possa essere meglio perseguito a livello dell’UE (principio di sussidiarietà). Dall’altro, il Reg. UE si limita a disporre quanto strettamente necessario per raggiungere tale fine e garantisce di incidere sugli ordinamenti giuridici e sulle strutture istituzionali degli Stati membri nella misura più contenuta possibile (in conformità al principio di proporzionalità).
Sul piano ordinamentale interno, le disposizioni più importanti sono quelle che definiscono lo status dei Procuratori europei (PE) e dei Procuratori europei delegati (PED). Il d.lgs. n. 9 del 2021 ha disciplinato nel dettaglio la procedura nazionale di designazione dei candidati e ha cercato di coordinare le norme UE con quelle che regolano lo status dei magistrati italiani. Tali disposizioni, comunque, vanno sempre lette e inquadrate nel contesto generale del Reg. UE. Per quanto riguarda invece lo status e la nomina del Procuratore Capo europeo si ricorda, per completezza (ex art. 14, Reg. UE), che il Procuratore Capo è nominato di comune accordo dal Parlamento europeo e dal Consiglio per un mandato non rinnovabile di 7 anni, partendo da una rosa di candidati stabilita da un comitato di selezione altamente qualificato[19]. Il Procuratore Capo risponde delle attività generali dell’EPPO dinanzi al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione (considerando 18). Grazie al mandato non rinnovabile, si è voluto evitare che l’operato del Procuratore Capo sia condizionato da considerazioni legate a un’eventuale rielezione. I due Sostituti del Procuratore Capo sono invece nominati dal Collegio EPPO tra i Procuratori europei per un mandato rinnovabile di 3 anni di durata non superiore a quella dei loro mandati di Procuratori europei (art. 15 Reg. UE).
- La designazione dei Procuratori europei.
La nomina dei Procuratori europei (PE) spetta al Consiglio dell’UE, ai sensi dell’art. 16 Reg. UE, per un mandato di 6 anni non rinnovabile, salvo eventuale proroga per un massimo di ulteriori 3 anni decisa dal Consiglio stesso[20]. La nomina è l’atto conclusivo di una procedura nazionale che, in base al d.lgs. n. 9 del 2021, si compone di due fasi: in una prima fase il Csm è chiamato a proporre al Ministro della giustizia tre candidati che potranno concorrere all’incarico di Procuratore europeo; la procedura e i criteri di selezione saranno definiti dal Csm con una propria delibera, in modo da assicurare la massima trasparenza. Una volta ricevuta la proposta, il Ministro potrà presentare le proprie osservazioni (seconda fase), eventualmente anche proponendo nominativi diversi. Il Csm potrà disattendere le osservazioni del Ministro, esplicitandone le ragioni. I tre nominativi definitivi vengono infine designati dal Csm e comunicati al Ministro per il successivo inoltro al Consiglio dell’UE. Nella designazione dei tre candidati il potere decisionale è affidato dunque al Csm, in ossequio ai principi costituzionali di autonomia e indipendenza della magistratura.
Oltre ai requisiti previsti dall’art. 16, Reg. UE[21], e a quelli che saranno definiti dal Csm con propria delibera, i candidati devono essere magistrati appartenenti all’ordine giudiziario (anche collocati fuori ruolo o in aspettativa) di età inferiore a 59 anni e in possesso almeno della quarta valutazione di professionalità. Devono, inoltre, dimostrare di avere una adeguata conoscenza dell’inglese, lingua di lavoro adottata dal Collegio della Procura europea (art. 2, d. lgs. n. 9 del 2021).
Rispetto alla disciplina transitoria della l. delega, il d.lgs. n. 9 del 2021 ha semplificato l’interlocuzione tra il Csm e il Ministro della giustizia. Ferma restando la possibilità di un’autonoma istruttoria ministeriale, le osservazioni del Ministro sono meramente eventuali. È comunque garantito sia il potere del Ministro di formulare controproposte, sia l’obbligo per il Csm di motivare un eventuale orientamento difforme da quello ministeriale. La disciplina transitoria, invece, prevedeva l’iniziativa da parte del Ministro attraverso la formulazione di una graduatoria dei candidati che veniva poi sottoposta al Csm con la possibilità per quest’ultimo di formulare, in caso di disaccordo, una controproposta. La controproposta doveva poi essere rivalutata dal Ministro della giustizia, il quale poteva a sua volta invitare il Csm a rivedere la propria valutazione. La designazione finale spettava comunque al Csm[22].
Originariamente, lo schema di d.lgs. adottato dal Governo il 30 ottobre 2020 (atto n. 204) prevedeva che dovesse essere altresì accertata “la capacità scientifica e di analisi delle norme” (a meno che il magistrato non svolgesse già funzioni di legittimità)[23]. Ciò era ricollegato al fatto che il PE, seppur in via eccezionale, e previa approvazione della Camera permanente, può assumere la decisione di seguire il caso in prima persona, sostituendosi al PED anche dinanzi al giudice di legittimità (v. art. 28.4, Reg. UE). Tale capacità avrebbe dovuto essere valutata dalla commissione tecnica che si occupa della ordinaria procedura di conferimento ai magistrati delle funzioni di legittimità (ex art. 12, comma 13, d.lgs. n. 160 del 2006). Tale requisito, tuttavia, è stato espunto dalla versione definitiva del d.lgs. probabilmente perché, come sottolineato dal Csm, avrebbe causato un significativo allungamento della procedura di nomina. Analogamente a quanto si dirà per i PED (v. par. successivo), la questione però resta aperta, poiché nel nostro sistema solo il magistrato che ha ottenuto il conferimento delle funzioni di legittimità (previo giudizio della commissione tecnica) può svolgere le funzioni dinanzi alla Corte di cassazione. Probabilmente il Csm se ne occuperà nella delibera con cui definirà gli ulteriori requisiti di nomina dei PE.
Il magistrato nominato PE è collocato fuori dal ruolo organico della magistratura e quindi il suo posto nel ruolo organico della magistratura resta vacante e può essere assegnato ad altro magistrato, al fine di assicurare la funzionalità dell’ufficio di provenienza[24]. Il periodo di collocamento fuori ruolo non è computato ai fini del termine massimo decennale di permanenza fuori ruolo, di cui all’art. 50, comma 2, d.lgs. n. 160 del 2006. Durante questo periodo cessa il trattamento economico a carico del Ministero della giustizia. Il collocamento fuori ruolo è legato non solo al fatto che le funzioni dei PE sono prevalentemente di tipo amministrativo, di supervisione e coordinamento[25], ma anche alla circostanza che i PE sono assoggettati allo statuto dei funzionari dell’UE, anche per quanto riguarda il regime economico e contributivo, completamente autonomo rispetto a quello proprio dei magistrati ordinari. Il PE, infatti, è assunto dall’EPPO in qualità di “agente temporaneo” per l’intera durata dell’incarico e ciò “stabilisce un rapporto di dipendenza organica con l’agenzia europea e il suo inserimento nella struttura centrale dell’EPPO sia pure in funzione di raccordo con i PED che operano nei singoli Stati”[26]. Ne è riprova il fatto che il PE può essere rimosso dalla Corte di giustizia quando non è più in grado di esercitare le funzioni o è incorso in colpa grave (art. 16.5, Reg. UE).
- La designazione dei Procuratori europei delegati.
Ai sensi del d.lgs. n. 9 del 2021, la designazione dei candidati all’incarico di PED è affidata integralmente al Csm, che provvederà a definire con propria delibera la procedura e i criteri di selezione (tale delibera è stata adottata il 25 febbraio 2021[27]). Il Ministro della giustizia interviene unicamente ai fini dell’inoltro all’EPPO della delibera di designazione del Csm. La nomina finale spetta invece al Collegio della Procura europea, su proposta del Procuratore Capo. L’incarico ha durata quinquennale ed è rinnovabile (art. 17.1, Reg. UE)[28].
Oltre ai requisiti previsti dall’art. 17.2, Reg. UE[29], particolare rilievo è accordato “all’esperienza maturata dal magistrato nel condurre indagini relative a reati contro la p.a. e in materia di criminalità economica e finanziaria, nonché alle competenze nel settore della cooperazione giudiziaria internazionale” (art. 5, d.lgs. n. 9 del 2021). I candidati, inoltre, devono essere magistrati (anche collocati fuori ruolo o in aspettativa) di età inferiore a 59 anni (in considerazione della durata quinquennale dell’incarico e della sua rinnovabilità), in possesso almeno della terza valutazione di professionalità e di una adeguata conoscenza dell’inglese. Con la delibera del 25 febbraio 2021 il Csm ha, inoltre, stabilito: i criteri di valutazione e i punteggi attribuibili per merito e attitudini; i criteri di valutazione per i periodi trascorsi fuori ruolo; la valenza dell’anzianità (a parità di punteggio per attitudini e merito prevale il magistrato più anziano in ruolo); il periodo di permanenza massima decennale nelle funzioni di PED[30]. Diversamente dai PE, ai PED è richiesto di essere – per tutta la durata del loro mandato – “membri attivi” delle procure o della magistratura degli Stati membri, ragion per cui, come si dirà oltre, non è stato previsto per loro il collocamento fuori ruolo.
Anche per quanto riguarda i PED, originariamente lo schema di d.lgs. prevedeva che fosse accertata la “capacità scientifica e di analisi delle norme” (a meno che il magistrato non svolgesse già funzioni di legittimità). Tale requisito era dovuto al fatto che l’EPPO, secondo quanto previsto dal Reg. UE, deve poter seguire i singoli procedimenti sino alla loro definizione, e quindi anche dinanzi alla Corte di cassazione, ragion per cui ai PED deve essere richiesto lo stesso requisito che è previsto per i magistrati che aspirino alle funzioni di legittimità (art. 9, schema di d.lgs.)[31]. Tale requisito però è stato espunto dalla versione definitiva, analogamente a quanto avvenuto per i PE. Resta da valutare, tuttavia, la proposta del Csm di riservare uno o più posti di PED a magistrati a cui siano già state conferite le funzioni di legittimità; a tali magistrati sarebbe affidata in via esclusiva la partecipazione alle udienze dinanzi alla Cassazione (Csm, parere 30 dicembre 2020, p. 23 s.) (v. oltre in questo par.)[32].
Il numero dei candidati PED designati dal Csm non è definito dalla legge ma dipende, invece, dall’accordo che deve essere concluso tra il Ministero della giustizia e il Procuratore Capo europeo. Tale numero dovrà tenere conto del presumibile “volume di affari” che i PED si troveranno a gestire[33]. Più in dettaglio, il Ministro della giustizia è individuato quale autorità competente a concludere con il Procuratore Capo l’accordo previsto dall’art. 13, comma 2, Reg. UE, volto alla determinazione del numero dei PED e alla ripartizione funzionale e territoriale delle loro competenze[34]. Trattandosi di aspetti che coinvolgono anche le attribuzioni istituzionali del Csm, il Ministro potrà procedere alla negoziazione con il Procuratore Capo solo dopo aver raggiunto al riguardo un’intesa con il Csm (art. 4, d.lgs. n. 9 del 2021). Il Ministro, infatti, sottopone al Procuratore Capo una proposta motivata, formulata di concerto con il Csm, che costituirà la base della negoziazione. A tal fine, il Ministro acquisisce ogni elemento utile conoscitivo, anche di natura statistica, concernente i reati di competenza della Procura europea[35]. Il Csm è quindi chiamato a esprimere un parere sulla proposta ministeriale prima della sua trasmissione al Procuratore Capo. Il Ministro può anche discostarsi dal parere del Csm, posto che il d.lgs. specifica quanto segue: “quando non accoglie le osservazioni o la proposta alternativa formulata dal Csm, il Ministro della giustizia ne indica specificamente le ragioni nella proposta che sottopone al Procuratore Capo” (art. 4, comma 3). L’accordo finale è comunicato al Csm e pubblicato sulla G.U. della Repubblica italiana.
Da tale accordo dipende anche la collocazione territoriale dei PED. Il d.lgs. n. 9 del 2021 (art. 10) si limita a prevedere che, in conformità a tale accordo il Ministro della giustizia individuerà con un proprio decreto presso una o più procure della Repubblica dei capoluoghi di distretto le sedi di servizio dei PED, nell’ambito delle attuali dotazioni organiche, modificando, ove necessario, le piante organiche degli uffici giudiziari. Spetterà poi al Csm l’assegnazione dei PED a tali sedi (art. 6), disponendo il trasferimento e, se necessario, il mutamento di funzioni (all’incarico di PED possono fare domanda anche magistrati con funzioni giudicanti e, in tal caso, vi è dunque la necessità di procedere al mutamento di funzioni).
L’accordo è stato definito in data 26 marzo 2021 e ha individuato 9 uffici territoriali nelle sedi di Bari, Bologna, Catanzaro, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia (con ambito di operatività esteso a due o più distretti di corte di appello). Per ciascun ufficio sono stati previsti 2 PED, ad eccezione di Roma e Milano ove saranno in servizio 3 PED, per un totale quindi di 20 PED. Resta però in sospeso la questione dei PED con funzioni di legittimità, per la quale il Ministro ha proposto un accordo integrativo al Procuratore Capo ai fini della individuazione di 2 ulteriori PED incardinati presso la Procura generale della Cassazione[36]. L’individuazione del numero dei PED non incide comunque sulla dotazione complessiva del ruolo organico della magistratura ordinaria vigente. Infatti, ai fini dell’inquadramento nel ruolo organico della magistratura, i magistrati addetti alle funzioni di PED vengono conteggiati tra i magistrati con funzioni giudicanti e requirenti di merito di primo e secondo grado (v. lett. L, tab. B annessa alla l. n. 71 del 1991 e succ. mod.).
Alcune disposizioni del d.lgs. sono poi dedicate alle dotazioni di staff e di locali. Il Ministro della giustizia individua le unità di personale amministrativo da assegnare alle sedi di servizio dei PED e, sentiti i dirigenti delle procure interessate, assicura la disponibilità di locali e di beni strumentali idonei a consentire ai PED di svolgere le loro funzioni in condizioni di eguaglianza rispetto ai p.m. nazionali. Tali provvedimenti, tuttavia, sono assunti nei limiti delle risorse disponibili, “senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica” (art. 10, comma 2); ciò è decisamente preoccupante, proprio perché l’efficacia dell’azione di EPPO dipenderà in buona parte dalle strutture di supporto (amministrative, investigative, materiali), nonché dai costi delle misure di indagine adottate dalle autorità nazionali competenti, entrambi finanziariamente a carico degli Stati partecipanti[37].
Da ultimo, i dirigenti degli uffici interessati provvederanno ad adottare i provvedimenti organizzativi necessari a favorire la piena integrazione dei PED nell’ufficio, assicurando in ogni caso la parità di trattamento rispetto ai procuratori nazionali. Obblighi di leale cooperazione sussistono in capo sia ai dirigenti delle procure interessate sia al Csm e al Ministero della giustizia, nel rispetto delle relative competenze, al fine di agevolare l’attività dei PED e la loro integrazione negli uffici nazionali (d.lgs., art. 10, commi 3-5).
- Lo status dei Procuratori europei delegati.
Lo status dei PED è del tutto particolare poiché tali magistrati, pur essendo funzionalmente e organicamente al servizio della Procura europea, non perdono la loro collocazione presso la magistratura ordinaria, essendo incardinati presso una procura distrettuale e potendo, comunque, esercitare le loro funzioni sull’intero territorio nazionale (indipendentemente dalla sede di assegnazione, v. art. 9, comma 2, d. lgs. n. 9 del 2021). La disciplina ordinamentale dei PED cerca di contemperare due diverse esigenze: da un lato garantire al Ministero della giustizia e al Csm l’esercizio delle rispettive prerogative e, dall’altro, sottoporre l’attività dei PED al coordinamento e al controllo dell’organo sovranazionale di cui fanno parte. Questo “status speciale” riservato ai PED è il risultato sia del Regolamento EPPO, sia delle ulteriori fonti, in parte europee in parte nazionali, ivi richiamate. Tra di esse, vanno menzionate ad es. “le norme sulle condizioni di impiego, i criteri di rendimento, l’insufficienza professionale, i diritti e gli obblighi dei PED, comprese le norme per la prevenzione e la gestione dei conflitti di interesse”, adottate dal Collegio EPPO, su proposta del Procuratore Capo, ai sensi del Reg. UE (art. 114, lett. c)[38]. Da tutto ciò discende una serie di particolarità.
In primo luogo, in relazione ai procedimenti di competenza di EPPO, i PED esercitano, in via esclusiva e fino alla definizione del procedimento, le funzioni e i poteri spettanti ai p.m. nazionali “nell’interesse della Procura europea” e conformemente alle disposizioni del Reg. UE e del d.lgs. n. 9 del 2021[39]. Sono dunque parte integrante dell’EPPO e, al tempo stesso, “sono integrati a livello operativo nei loro sistemi giuridici e nelle loro strutture giudiziarie e di iniziativa penale nazionali”[40]. Diversamente però dai p.m. nazionali, al fine di garantire la piena autonomia e indipendenza dell’EPPO, sono dichiarate inapplicabili ai PED tutte le norme interne che prefigurano poteri di direzione e vigilanza da parte dei procuratori della Repubblica e dei Procuratori generali presso le corti di appello, o poteri di coordinamento del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo[41]. Parimenti inapplicabile è l’art. 53 c.p.p. che codifica il principio di autonomia del p.m. in udienza, anch’essa incompatibile con l’assetto organizzativo e funzionale dell’EPPO (art. 9, d.lgs. n. 9 del 2021).
In secondo luogo, e diversamente da quanto stabilito per i PE, il d.lgs. n. 9 del 2021 non prevede per i PED il collocamento fuori ruolo. Il Reg. UE stabilisce al riguardo che, oltre ad essere assimilati, quanto ai poteri, ai procuratori nazionali (art. 13.1), i PED sono membri attivi delle procure o della magistratura dei rispettivi Stati membri che li hanno designati (art. 17.2)[42]. All’atto della destinazione dei PED alle rispettive sedi, il Csm ne dispone l’esonero dal carico di lavoro ordinario in misura corrispondente a quella convenuta nell’accordo ministeriale sopra menzionato. Secondo la relazione illustrativa allo schema di d.lgs. n. 9 del 2021, per i primi anni di funzionamento dell’EPPO è prevedibile che l’esonero dal lavoro ordinario debba essere totale, in linea con l’orientamento espresso dal Procuratore Capo attualmente in carica; è escluso quindi il regime del c.d. “doppio cappello”, pur consentito dall’art. 17.2 Reg. UE. La preferenza espressa al momento è dunque quella di non avere PED in regime part-time[43].
Per quanto riguarda il trattamento retributivo del PED, il d.lgs. prevede (art. 7) che dalla sua assunzione cessi il trattamento economico erogato a suo favore dal Ministero della giustizia. In caso di esonero parziale, però, il Ministero è tenuto a rimborsare alla Procura europea la quota di trattamento economico dovuta in relazione allo svolgimento della ordinaria attività di procuratore nazionale. Il PED, dunque, sebbene in ruolo e incardinato nelle procure nazionali, viene retribuito da EPPO, in base a una tabella indicata nelle condizioni di impiego. Il periodo di servizio prestato in qualità di PED viene computato ai fini della progressione economica per anzianità di servizio e ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza. Il versamento dei contributi previdenziali è invece integralmente a carico del Ministero, salvo il diritto al rimborso della quota posta a carico del PED secondo le aliquote vigenti.
Le autorità italiane vengono informate di alcuni specifici provvedimenti concernenti l’attività del PED (art. 6, commi 4-5, d.lgs. n. 9 del 2021). Il Csm, in primo luogo, richiede annualmente alla Procura europea di comunicare se nei confronti dei PED sono stati avviati o definiti procedimenti disciplinari, ovvero se, nei casi loro assegnati, il PE incaricato della supervisione abbia deciso di svolgere l’indagine di persona, ai sensi dell’art. 28.4, lett. c), Reg. EU[44]. Il PED, inoltre, è tenuto a informare il Procuratore generale presso la Cassazione e il Ministro della giustizia: a) quando riceve formale notizia dell’avvio di un procedimento disciplinare per motivi connessi alle responsabilità che gli derivano dal reg. UE; b) quando la Camera permanente decide di riassegnare il caso affidatogli (ex art. 28.3, lett. b, Reg. UE) o il PE adotta la decisione di svolgere l’indagine di persona (ex art. 28.4, lett. c, Reg. UE).
Alcune disposizioni particolari riguardano, inoltre, le valutazioni di professionalità e i procedimenti disciplinari nei confronti dei PED, ambiti rispetto ai quali le competenze dell’EPPO si affiancano alle ordinarie competenze del Csm. Bisogna innanzitutto premettere che, oltre alle norme sulle “condizioni di impiego” sopra citate, il Reg. UE stabilisce che il PED può essere rimosso dal Collegio se non soddisfa più le condizioni previste per il suo incarico (status di membro attivo della procura o della magistratura nazionale, garanzie di indipendenza, qualifiche necessarie e rilevante esperienza pratica), oppure se non è in grado di esercitare le sue funzioni o è incorso colpa grave (art. 17.3). Il PED sarà dunque valutato dal Collegio quanto al rendimento e alla professionalità relativamente allo svolgimento delle funzioni previste dal regolamento e ai fini della prosecuzione dell’incarico.
Al fine di coordinare le disposizioni europee con l’ordinamento interno, e facendo salve le prerogative dell’EPPO, il d.lgs. n. 9 (art. 11) prevede inoltre quanto segue. I PED sono sottoposti, analogamente agli altri magistrati ordinari, alle valutazioni di professionalità del Csm, previo parere del consiglio giudiziario, individuato, nel caso di specie, nel consiglio giudiziario della Corte di appello di Roma. Posto che tali valutazioni dovranno tener conto anche dell’attività svolta in qualità di PED, il Csm richiede alla Procura europea di trasmettere la seguente documentazione: a) un rapporto informativo sull’attività svolta dal PED e i relativi dati statistici; b) copia di precedenti rapporti di valutazione; c) notizie relative alle eventuali decisioni di riassegnazione del caso assunte dalla Camera permanente; d) un aggiornamento delle informazioni relative a eventuali procedimenti disciplinari e a decisioni da parte del PE di assumere l’indagine personalmente.
Rispetto ai procedimenti disciplinari, il d.lgs. n. 9, riprendendo il Reg. UE (art. 17.4), distingue tra provvedimenti adottati per motivi non connessi alle responsabilità derivanti dal Reg. UE e procedimenti fondati su motivi connessi alle responsabilità derivanti dal Reg. UE. La genericità dell’espressione utilizzata (motivi connessi o non connessi alle responsabilità derivanti dal Reg. UE) sembra lasciare un ampio margine di discrezionalità sia nel distinguere le due ipotesi, sia nell’individuare in concreto gli illeciti perseguibili.
Nel primo caso (motivi non connessi al Reg. UE), il Reg. consente che trovi applicazione il sistema disciplinare interno. Tuttavia, i provvedimenti disciplinari (anche di natura cautelare, nonché quelli di cessazione dal servizio o di trasferimento d’ufficio) adottati dal Csm possono essere eseguiti solo dopo averne data comunicazione al Procuratore Capo europeo[45]. In caso di trasferimento d’ufficio, il Csm determina la nuova sede del PED solo dopo aver acquisito il parere del Procuratore Capo. Con riguardo dunque alla responsabilità extra-regolamentare, le competenze decisionali del Csm non sembrano subire particolari limitazioni, risultando imposto il solo vincolo procedurale dell’informativa al Procuratore Capo.
Nel secondo caso, invece (motivi connessi al Reg. UE), sono competenti sia l’EPPO, sia le autorità nazionali. Infatti, se il PED non è in grado di esercitare le sue funzioni o è incorso in colpa grave la competenza a rimuoverlo è del collegio EPPO (art. 17.3 e 4, Reg. UE). Nondimeno, un potere analogo è riconosciuto anche alle autorità nazionali, con la precisazione però che, in tali ipotesi, lo Stato membro non può rimuovere dall’incarico il PED o adottare provvedimenti disciplinari nei suoi confronti senza il consenso del Procuratore Capo (o del Collegio).
Il procedimento nazionale (per motivi connessi al Reg. UE) è regolato in dettaglio dal d.lgs. n. 9 del 2021 (art. 13), che si occupa anche dell’eventualità della contemporanea pendenza del procedimento disciplinare in sede europea e in sede nazionale.
Per poter iniziare il procedimento disciplinare nei confronti del PED è necessario, in primo luogo, che il Procuratore generale presso la Cassazione richieda il consenso del Procuratore Capo europeo. Se il consenso viene negato, il Procuratore generale (o il Ministro della giustizia, se l’azione è stata da lui promossa) può richiedere al Collegio della Procura europea di riesaminare la questione. L’azione disciplinare non può comunque essere iniziata o proseguita quando la sussistenza dei fatti oggetto di addebito è stata esclusa dal Collegio della Procura europea con decisione irrevocabile.
Quando i fatti oggetto di addebito disciplinare, ovvero altre circostanze rilevanti ai fini di tale procedimento, hanno formato oggetto di procedimento disciplinare da parte del Collegio della Procura europea, il Procuratore generale presso la Cassazione richiede alla Procura europea di trasmettere gli atti pertinenti. Tale documentazione è utilizzabile per le determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione disciplinare e nel giudizio stesso[46]. In caso di condanna, nella determinazione delle sanzioni di cui all’art. 5, comma 1, lett. c), d) ed e), d.lgs. n. 109 del 2006 (e cioè perdita di anzianità, incapacità temporanea a esercitare un incarico direttivo o semidirettivo e sospensione dalle funzioni) si tiene conto di quella eventualmente già irrogata dal collegio della Procura europea per il medesimo fatto.
Quindi, anche lo Stato nazionale può sanzionare disciplinarmente il PED per illeciti o altre condotte rilevanti commesse nell’ambito delle sue funzioni europee, secondo le modalità previste dall’ordinamento interno, ma non lo può fare autonomamente, necessitando sempre del consenso del Procuratore Capo. In questo caso, dunque, le competenze del Csm risultano più limitate. Ciò salvaguarda il principio di indipendenza della Procura europea sul piano verticale, e cioè rispetto alle autorità nazionali.
Il Regolamento UE disciplina anche il caso delle dimissioni del PED: lo Stato membro interessato ne informa immediatamente il Procuratore Capo e, se del caso, designa un nuovo candidato PED (art. 17, comma 5).
- Alcune valutazioni di massima sull’indipendenza dell’EPPO, del Procuratore europeo e dei Procuratori europei delegati.
L’EPPO costituisce un organo giudiziario nuovo, che si pone in una posizione di indipendenza non solo da ogni potere politico, amministrativo o esecutivo a livello eurounitario e nazionale, ma anche da altri organi giurisdizionali e di amministrazione della giustizia a livello nazionale. Il Reg. UE stabilisce infatti che: “L’EPPO è indipendente. Nell’esercizio delle loro funzioni nel quadro del presente regolamento, il Procuratore Capo europeo, i Sostituti del Procuratore Capo europeo, i Procuratori europei, i Procuratori europei delegati, il Direttore amministrativo nonché il personale dell’EPPO agiscono nell’interesse dell’Unione nel suo complesso, come definito per legge, e non sollecitano né accettano istruzioni da persone esterne all’EPPO, Stati membri dell’Unione europea, istituzioni, organi, uffici o agenzie dell’Unione. Gli Stati membri dell’Unione europea, le istituzioni, gli organi, gli uffici e le agenzie dell’Unione rispettano l’indipendenza dell’EPPO e non cercano di influenzarla nell’assolvimento dei suoi compiti” (art. 6.1). Questa disposizione mira a garantire l’indipendenza esterna di EPPO, sia sul piano orizzontale (da altri organi dell’UE) sia sul piano verticale (dagli Stati nazionali). Conformemente a ciò, spetta al solo Collegio EPPO definire e garantire la coerenza, l’efficienza e l’uniformità della politica in materia di azione penale dell’EPPO in tutti gli Stati membri (Reg. UE, art. 9.2 e considerando 24).
Riflessioni più approfondite merita invece il principio di indipendenza interna. Diversamente dal progetto iniziale che prevedeva una struttura centralizzata snella – composta dal Procuratore Capo e quattro vice-procuratori, a cui si aggiungevano Procuratori europei delegati in ogni Stato membro – l’assetto che è stato realizzato per EPPO è basato su un ufficio centrale con diversi collegi in cui operano pubblici ministeri che “rappresentano” gli Stati nazionali (il Collegio dei PE, ma anche le Camere permanenti, dei mini-collegi in cui si suddividono gli stessi PE). Il fatto che il PE non svolga, di regola, atti di indagine e che sia deputato a supervisionare i casi del proprio Paese rafforza ancor di più la sua identità di “membro nazionale” [47]. Tale assetto rende indubbiamente più problematico il coordinamento dell’attività dell’EPPO al fine di assicurare l’omogeneità della propria azione nei diversi Stati aderenti e richiede particolari meccanismi interni di “supervisione”.
L’indipendenza interna è quindi più limitata, avendo l’EPPO una struttura di stampo verticistico, in virtù dei poteri di indirizzo, decisori, di intervento e supervisione propri del Collegio, delle Camere permanenti e del PE, nei rispettivi ambiti di competenza.
I PED, in particolare, sul piano funzionale e operativo, dovranno costantemente raccordarsi con l’ufficio centrale dell’EPPO e, in particolare, con le Camere permanenti che rappresentano l’effettivo organo decisionale della Procura europea, a cui sono affidate alcune decisioni operative chiave per le indagini[48]. Il collegamento tra le Camere permanenti e i PED è costituito dai PE, che, sulla base delle istruzioni impartite dalle prime, supervisionano lo svolgimento delle indagini e delle azioni penali assegnate ai PED e impartiscono, a loro volta, istruzioni, monitorando l’esecuzione dei compiti della Procura europea nei rispettivi Stati membri[49]. L’assetto verticistico è confermato dal fatto che, in caso di mancato rispetto delle istruzioni ricevute (e a prescindere da eventuali conseguenze disciplinari), la Camera permanente, su proposta del PE, può riassegnare il caso ad altro PED (art. 28.3, lett. b, Reg. UE).
Ci sono, tuttavia, alcune disposizioni che in qualche modo possono fungere da contrappeso a tale impostazione verticistica.
In primo luogo, al fine di garantire maggiore trasparenza nell’esercizio dell’attività investigativa e dell’azione penale, l’EPPO dovrebbe approvare alcune linee guida che i PED saranno tenuti a implementare, adempiendo ad alcuni oneri aggiuntivi; tali linee guida saranno pubblicate sul sito ufficiale dell’EPPO[50].
In secondo luogo, i poteri di supervisione del PE sul PED sono giustificati al fine di assicurare “l’efficiente svolgimento dell’indagine e dell’azione penale, o nell’interesse della giustizia, o per assicurare il funzionamento coerente di EPPO”[51]. Tali poteri, dunque, sono ispirati dalla necessità di salvaguardare la natura sovranazionale dell’EPPO e della sua azione, nonché di assicurare l’ordinato svolgimento delle indagini negli Stati membri. Come precisato dal Csm, le istruzioni del PE dovrebbero intendersi non già come espressione di un vincolo di subordinazione gerarchica del PED rispetto al PE e alle Camere permanenti ma come espressione di un potere di direzione che tende a garantire l’osservanza della legge e l’uniformità dell’azione complessiva dell’ufficio (Csm, parere 30 dicembre 2020, p. 33)[52]. In ogni modo, conformemente al principio di sussidiarietà e considerate le specificità delle legislazioni nazionali, il Reg. UE prevede che il PE incaricato della supervisione di un caso delegato al PED dovrebbe verificare la conformità delle istruzioni date con la legislazione nazionale e informare la Camera permanente in caso di non conformità (considerando 28). Al considerando 34 viene ulteriormente ribadito che se le istruzioni fornite dalle Camere permanenti o dai PE comportano l’adozione di un provvedimento che non sarebbe conforme alla legge nazionale il PED dovrebbe chiederne il riesame da parte del Procuratore Capo. Esistono quindi diverse possibilità di riesame delle istruzioni impartite, anche da parte del Procuratore Capo.
Infine, va ricordato che esiste comunque in capo ad EPPO un dovere generale di accountability, in quanto il Procuratore Capo risponde dell’attività generale di EPPO dinanzi al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione, anche tramite la presentazione di relazioni annuali sull’attività svolta (artt. 6 e 7, Reg. UE). Come precisato nel Reg. UE (considerando 18): “il rigido obbligo di rendere conto fa da contrappeso all’indipendenza e ai poteri che il presente regolamento conferisce all’EPPO. Il Procuratore Capo europeo rende pienamente conto dell’esercizio delle sue funzioni di capo dell’EPPO e, in quanto tale, ha la responsabilità istituzionale globale e risponde delle attività generali dell’EPPO dinanzi al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione. Di conseguenza, una qualsiasi di queste istituzioni può adire la Corte di giustizia dell’Unione europea per ottenerne la revoca dall’incarico in determinate circostanze, incluso in caso di colpa grave. È opportuno che la stessa procedura si applichi per la rimozione dei Procuratori europei”. Si tratta quindi di un obbligo di rendiconto generale, che non riguarda le singole attività di indagine o di esercizio dell’azione penale, ma l’attività e il funzionamento complessivo dell’ufficio[53].
Da ultimo, un approfondimento meritano le figure dei PE e dei PED, posto che diverse questioni relative all’indipendenza dell’EPPO si ricollegano di fatto al peculiare status loro attribuito.
La procedura di nomina non pone particolari problemi poiché mentre la fase di designazione vede coinvolto il Csm quale organo di governo autonomo della magistratura, la nomina vera e propria è affidata al Consiglio dell’UE per quanto riguarda il PE, su proposta di un (altamente qualificato) comitato di selezione, e al Collegio dell’EPPO per quanto riguarda i PED. Alcune perplessità solleva però il fatto che i candidati possano essere anche magistrati fuori ruolo (che svolgono, quindi, funzioni diverse da quelle giudiziarie, magari anche di natura politica), soprattutto considerando che il Reg. UE richiede che sia i PE sia i PED siano “membri attivi delle procure o della magistratura dello Stato membro”[54]. Più complessa è invece, come si è visto, la regolamentazione dello status di queste figure. Mentre per i PE l’indipendenza è assicurata dall’essere collocati a tutti gli effetti fuori dallo Stato membro (e fuori dal ruolo organico della magistratura), più complessa è la questione relativa ai PED i quali, “pur restando parte dell’ordine di provenienza, vengono in tutto e per tutto sottoposti allo statuto definito dal Regolamento EPPO e dalle menzionate condizioni di impiego”[55]. Ciò arreca non poche incertezze, ricordando anche quanto dispone il considerando 32, Reg. UE, ai sensi del quale ai PED dovrebbe essere conferito: “(…) uno status funzionalmente e giuridicamente indipendente, diverso da qualunque status conferito a norma del diritto nazionale”.
Proprio perché i PED rappresentano una figura assolutamente nuova nel panorama ordinamentale italiano, il Csm aveva proposto di superare la tradizionale distinzione tra l’attività svolta in ruolo e fuori ruolo dai magistrati introducendo un tertium genus, data la difficoltà di ricondurre integralmente all’una o all’altra tipologia le attività esercitabili dai PED in ambito europeo. Questa soluzione, in realtà, era stata avanzata anche con riguardo ai PE perché anch’essi mantengono comunque un’ambiguità di fondo[56]. La proposta però non è stata accolta, come riferito nella relazione illustrativa allo schema di d.lgs. n. 9 del 2021[57].
Alla luce di tutto ciò, il punto critico sta proprio nel capire dove finisce la regolamentazione europea e dove inizia quella nazionale e come quest’ultima debba adeguarsi alla prima.
Il Reg. UE prevede che i PED saranno a tutti gli effetti “assunti dall’EPPO quali consiglieri speciali ai sensi degli articoli 5, 123 e 124 del regime applicabile agli altri agenti. Le autorità nazionali competenti agevolano l’esercizio delle funzioni dei procuratori europei delegati ai sensi del presente regolamento e si astengono da qualsiasi azione o politica che possa incidere negativamente sulla loro carriera o sul loro status nel sistema giudiziario nazionale (…) (art. 96.6). Tra le condizioni di impego dei PED è inoltre stabilito, tra l’altro, che il PED debba chiedere l’autorizzazione del Procuratore Capo per svolgere attività extragiudiziarie, nel rispetto di determinate condizioni; che debba preventivamente sottoscrivere una dichiarazione per prevenire conflitti di interesse; che sia soggetto a una “progressione in carriera” scandita in otto livelli e sia valutato da un’apposita commissione ogni due anni e alla fine del proprio mandato; che la sua retribuzione non sia inferiore a quella percepita come p.m. nazionale. Per quanto riguarda la responsabilità disciplinare dei PED, le fattispecie disciplinari e la procedura applicabile saranno determinate dal Collegio, su proposta del Procuratore Capo, con una specifica decisione. Vi sarà dunque un’ulteriore decisione che si andrà ad aggiungere alla regolamentazione sopra esaminata.
D’altro canto, la regolamentazione nazionale, come già detto, prevede che i PED siano sottoposti a valutazioni di professionalità al pari degli altri magistrati ordinari, nonché a procedimento disciplinare per motivi connessi o non-connessi alle funzioni di PED (previo consenso, nel primo caso, del Procuratore Capo europeo). Ciò significa che il Csm non perde i suoi poteri nei confronti dei PED, salvo alcune limitazioni espressamente indicate nel Reg. UE. Al di là di queste, tuttavia, restano una serie di incertezze che solo la pratica potrà risolvere. Non è chiaro ad es. quali conseguenze potrà avere sull’incarico del PED una valutazione di professionalità non positiva (o negativa) o una sanzione disciplinare per motivi non connessi al Reg. UE.
Quanto alle sue funzioni, si è già detto che nei confronti dei PED non sono applicabili le norme interne che prevedono meccanismi di direzione o controllo. Dato che il PED sarà verosimilmente esonerato dall’attività ordinaria in misura integrale e tratterà quindi solo procedimenti penali di competenza dell’EPPO, è giustificabile che lo stesso risponda solo ai competenti organi dell’EPPO e non anche al dirigente dell’ufficio in cui è incardinato (Csm, parere 30 dicembre 2020, p. 33). La situazione si complicherebbe ulteriormente qualora il PED godesse di un esonero solo parziale, dovendosi in tal caso distinguere tra le attività compiute nella veste di PED e quelle invece compiute nella veste di p.m. ordinario. In ogni modo, il Reg. UE richiede che i PED siano completamente indipendenti dalle procure nazionali.
* Prof.ssa associata dell’Università di Bologna
[1] D. lgs. 2 febbraio 2021, n. 9, Disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio, del 12 ottobre 2017, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea «EPPO», G.U. 5 febbraio 2021, n. 30.
[2] Regolamento (UE) 2017/1939 del 12 ottobre 2017, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della procura europea (“EPPO”).
[3] Direttiva UE 2017/1371 del 5 luglio 2017, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale.
[4] Secondo la Commissione europea, gli Stati membri non sempre prendono le misure necessarie per perseguire i reati a danno del bilancio dell’Unione e la loro azione è frammentata. Secondo le sue stime, si è concluso con un rinvio a giudizio solo il 50% circa delle raccomandazioni trasferite dall’Olaf alle autorità giudiziarie nazionali (Domande frequenti sulla Procura europea, Commissione europea – Scheda informativa, 7 agosto 2018).
[5] Secondo il Ministero della giustizia (v. Analisi dell’impatto della regolamentazione – A.I.R. -, p. 31), il canale più utilizzato di sottrazione illecita di risorse finanziarie dell’UE è costituito dalle c.d. frodi carosello in materia di IVA, che comportano anche un’alterazione del mercato della concorrenza.
[6] Reg. UE, artt. 99-105 e considerando 69.
[7] L. 4 ottobre 2019, n. 117, Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea. Legge di delegazione europea 2018 (G.U. 18 ottobre 2019, n. 245).
[8] Parere, ai sensi dell’art. 10, l. 24 marzo 1958, n. 195, sul d.d.l. AC 1201 concernente: “Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea. Legge di delegazione europea 2018, con particolare riguardo agli artt. 3 e 4”.
[9] Parere, ai sensi dell’art. 10, l. 24 marzo 1958, n. 195, sullo schema di d.lgs. AG 204 recante disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio del 12 ottobre 2017, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea (“EPPO”).
[10] Ai sensi dell’art. 120 Reg. UE, la concreta assunzione delle funzioni giurisdizionali da parte dell’EPPO è prevista in una data, non anteriore al 20 novembre 2020 (tre anni dalla entrata in vigore del Reg.), che verrà stabilita con decisione della Commissione su proposta del Procuratore Capo europeo. V. anche L. Salazar, La Procura europea alla vigilia dell’entrata in funzione, in https://www.questionegiustizia.it/articolo/la-procura-europea-alla-vigilia-dell-entrata-in-funzione.
[11] V. https://www.eppo.europa.eu/sites/default/files/2021-01/2020.003%20IRP%20translation-IT.pdf.
[12] Il Procuratore europeo per l’Italia è il dott. Danilo Ceccarelli, che ha anche il ruolo di Sostituto del Procuratore Capo europeo, www.eppo.europa.eu/italy.
[13] V., ad es., il caso della nomina del PE portoghese in https://www.politico.eu/.
[14] La decisione sul numero, la ripartizione delle competenze e l’assegnazione dei casi alle Camere permanenti è adottata dal Collegio su proposta del Procuratore Capo (art. 15, regolamento interno). V. al riguardo la decisione del 25 novembre 2020, in https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/2020.015_decision_on_the_permanent_chambers_-_final_0.pdf.
[15] V. Ministero della giustizia, Ufficio Legislativo, Analisi dell’impatto della regolamentazione (A.I.R.), p. 18 ss.
[16] L. De Matteis, Autonomia ed indipendenza della Procura europea come garanzia dello stato di diritto, in www.questionegiustizia.it.
[17] G. Ceci, Prime brevi note sul Regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea («EPPO»), in www.slsg.unisa.it, p. 2.
[18] V. Domande frequenti sulla Procura europea, Commissione europea – Scheda informativa, 7 agosto 2018.
[19] Il comitato di selezione è composto da 12 persone scelte tra ex membri della Corte di giustizia e della Corte dei conti, ex membri nazionali di Eurojust, membri dei massimi organi giurisdizionali nazionali, procuratori di alto livello e giuristi di notoria competenza. Una delle persone scelte è proposta dal Parlamento EU. Il comitato è nominato dal Consiglio su proposta della Commissione.
[20] La nomina avviene previo parere motivato del comitato di selezione di cui alla nota precedente. Se il comitato di selezione ritiene che un candidato non soddisfi le condizioni necessarie all’esercizio delle funzioni di PE il suo parere è vincolante per il Consiglio. Ogni 3 anni si procede al rinnovo di un terzo dei PE; attraverso un sorteggio sono stati individuati i PE (tra cui quello italiano) il cui mandato è limitato a soli tre anni non rinnovabili (con scadenza quindi a fine luglio 2023). In quella data sarà dunque testata la nuova procedura di designazione, L. Salazar, op. cit.
[21] Ai sensi di tale articolo, i candidati: a) sono membri attivi delle procure o della magistratura dello Stato membro interessato; b) offrono tutte le garanzie di indipendenza; e c) possiedono le qualifiche necessarie per essere nominati ad alte funzioni a livello di procura o giurisdizionali nei rispettivi Stati membri e vantano una rilevante esperienza pratica in materia di sistemi giuridici nazionali, di indagini finanziarie e di cooperazione giudiziaria internazionale in materia penale.
[22] L. delega n. 117 del 2019, art. 4, comma 4 ss.
[23] V. Schema di d.lgs. recante disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Reg. UE 2017/1939 del Consiglio relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea “EPPO”, atto del governo n. 204, art. 2.
[24] Art. 58, comma 2, d.p.r. n. 3 del 1957 (Statuto degli impiegati civili dello Stato), ai sensi del quale: “l’impiegato collocato fuori ruolo non occupa posto nella qualifica del ruolo organico cui appartiene; nella qualifica iniziale del ruolo stesso è lasciato scoperto un posto per ogni impiegato collocato fuori ruolo”.
[25] Solo in casi eccezionali il PE può occuparsi di un caso in prima persona, sostituendosi al PED.
[26] Schema di d.lgs., cit., relazione illustrativa, par. 4.3.1.
[27] V. www.csm.it e, in particolare, la sezione dedicata ad EPPO.
[28] Il Collegio dell’EPPO ha approvato in data 16 novembre 2020 una decisione sulla procedura da seguire per la nomina dei PED designati dalle autorità dei diversi Stati membri, v. https://www.eppo.europa.eu/sites/default/files/2020-12/2020.013%20Decision%20on%20procedure%20for%20appointment%20of%20EDPs%20-%20final.pdf. Come riferito da L. Salazar (op. cit.), le designazioni proposte dalle autorità nazionali sono state finora sempre rispettate dal Collegio, tranne nel caso della Bulgaria, i cui 4 candidati sono stati rifiutati, in quanto ritenuti non in possesso dei requisiti previsti dall’art. 17 Reg. UE.
[29] In base al quale: “Dal momento della nomina a Procuratore europeo delegato e fino alla rimozione dall’incarico, i Procuratori europei delegati sono membri attivi delle procure o della magistratura dei rispettivi Stati membri che li hanno designati. Essi offrono tutte le garanzie di indipendenza, possiedono le qualifiche necessarie e vantano una rilevante esperienza pratica relativa al loro sistema giuridico nazionale”.
[30] Per ulteriori approfondimenti v. la sezione dedicata ad EPPO in www.csm.it. Il periodo di permanenza massima decennale è in contrasto con quanto prevede il Reg. UE (cioè rinnovi quinquennali senza limiti di tempo) e ciò potrebbe essere motivo di contenzioni amministrativi, L. Salazar, op. cit.
[31] Ne consegue che, oltre a dirigere le indagini e a partecipare alle udienze di primo grado, i PED assommino in sé anche i poteri di impugnazione e di partecipazione alle udienze nei gradi successivi che, invece, secondo le regole ordinarie, sono esercitati dalle procure generali presso le corti di appello e, limitatamente al giudizio di legittimità, dalla Procura generale presso la Cassazione (schema di d.lgs., cit., relazione illustrativa, par. 4.9.1).
[32] In realtà, nel corso dei lavori preparatori era stata valutata la possibilità di istituire una figura di PED con sole funzioni di legittimità; tale soluzione però è risultata incompatibile sia con il Reg. UE, che definisce il PED innanzitutto come organo investigativo, sia con la necessità di favorire la concentrazione sul medesimo magistrato di tutte le attività relative al medesimo caso (schema di d.lgs., cit., relazione illustrativa, par. 4.5).
[33] Un primo monitoraggio per stimare i possibili futuri flussi di lavoro della Procura europea è stato avviato nel 2019, su richiesta del Procuratore Capo europeo, dal Dipartimento per gli affari di giustizia del Ministero della giustizia. Nel quadriennio 2016-2019 sono stati censiti oltre 1500 procedimenti relativi ai reati contemplati dalla direttiva PIF, con una media di circa 400 procedimenti iscritti per anno; le procure della Repubblica più interessate dal fenomeno sono quelle dell’area meridionale e della regione Sicilia. Tali dati però non sono considerati del tutto attendibili. Per approfondimenti v. Analisi dell’impatto della regolamentazione, Ministero della giustizia, Ufficio Legislativo, p. 6.
[34] Nel caso in cui l’accordo preveda che i PED esercitino anche le funzioni di p.m. nazionale viene altresì stabilita la misura in cui i PED sono esonerati dal carico di lavoro ordinario (art. 6, comma 2, d.lgs. cit.).
[35] Ivi inclusi il numero degli indagati iscritti per i reati EPPO, i tempi medi di definizione dei procedimenti, la dislocazione territoriale delle procure interessate da detti procedimenti, l’eventuale sussistenza di profili di connessione con fenomeni di criminalità organizzata (art. 4, d.lgs. cit.).
[36] Per approfondimenti v. www.csm.it e la seduta straordinaria del Csm in data 23 marzo 2021 (www.radioradicale.it), in cui il plenum ha espresso parere favorevole sulla proposta di accordo del Ministro, fatte salve le riserve sui PED con funzioni requirenti di legittimità.
[37] L. De Matteis, op. cit., par. 3. Bisogna ricordare, tuttavia, che per l’attuazione dell’art. 4 della l. delega n. 117 del 2019 è stata autorizzata la spesa di euro 88.975 per il 2020 e di euro 533.848 annui a decorrere dal 2021 (v. l. delega, art. 4, comma 10).
[38] V. Decision of the College of the European Public Prosecutor’s Office of 29 September 2020 laying down rules on conditions of employment of the European Delegated Prosecutors | European Commission (europa.eu).
[39] Art. 9, d.lgs. n. 9 del 2021.
[40] Reg. UE, considerando 43.
[41] Il d.lgs. cit. (art. 9) precisa, infatti, che: i PED “non sono soggetti ai poteri di direzione attribuiti ai procuratori della Repubblica dall’art. 70, r.d. n. 12 del 1941, e dagli artt. 1, 2, 3, 4, comma 1, d.lgs. n. 106 del 2006, né all’attività di vigilanza del Procuratore generale presso la corte di appello prevista dall’art. 6, d.lgs. n. 106 del 2006. Non si applicano gli artt. 53, 371-bis, 372, 412, 413 e 421-bis, commi 1, secondo periodo, e 2, c.p.p.”.
[42] Oltre a ciò, ai sensi del medesimo articolo, i PED “offrono tutte le garanzie di indipendenza, possiedono le qualifiche necessarie e vantano una rilevante esperienza pratica relativa al loro sistema giuridico nazionale”. Il posto del PED, dunque, non si rende vacante, diversamente da quanto avviene per il PE.
[43] Schema di d.lgs., cit., relazione illustrativa, par. 4.6.2. Un’eccezione, però, sarà probabilmente costituita dai PED incardinati presso la Procura generale della Cassazione, che opereranno in regime part-time, L. Salazar, op. cit.
[44] Secondo la relazione illustrativa (par. 4.6.3), è parso invece esorbitante rispetto alle competenze del Csm, se non addirittura lesivo delle competenze dell’EPPO, una richiesta di informazione riguardante le ulteriori ipotesi di avocazione previste dalle lett. a) e b) dell’art. 28.4 Reg. UE, in ragione, rispettivamente, della gravità del reato (e delle sue possibili ripercussioni a livello UE) e del coinvolgimento nell’indagine di funzionari o altri agenti dell’UE o di membri delle istituzioni dell’UE.
[45] Il d.lgs. n. 9 del 2021 (art. 12) estende l’obbligo di informativa anche ai trasferimenti d’ufficio, non menzionati invece nel Reg. UE.
[46] Viene inoltre specificato che: “La rinnovazione dei testimoni è ammessa solo su fatti o circostanze diversi da quelli oggetto delle precedenti dichiarazioni o se ritenuta necessaria sulla base di specifiche esigenze”.
[47] A. Venegoni, M. Minì, I nodi irrisolti della nuova Procura europea, p. 10, in www.giurisprudenzapenale.com. Nella proposta iniziale non era stata ravvisata la necessità di prevedere a livello centrale un magistrato per ogni Stato membro perché, nello spirito della stessa, i magistrati dell’ufficio centrale non sarebbero stati rappresentanti degli Stati membri ma magistrati “europei” operanti esclusivamente nell’interesse europeo. Peraltro, sottolineano gli a., a livello europeo un collegio di un rappresentante per ogni Stato, che non esercita direttamente poteri investigativi, esiste già ed è il collegio di Eurojust, che continua a sopravvivere, ed è regolato dall’art 85 TFUE.
[48] V. anche la Decisione sulle Camere Permanenti assunta dal Collegio dell’EPPO il 25 novembre 2020, in https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/2020.015_decision_on_the_permanent_chambers_-_final_0.pdf.
[49] G. Ceci, op. cit.
[50] V. la missiva del 4 gennaio 2021 del Procuratore europeo italiano, p. 8, in www.csm.it;
[51] Reg. UE, art. 12.3. Simile giustificazione è prevista anche per i poteri delle Camere permanenti (Reg. UE, art. 10.5).
[52] La natura dei poteri di supervisione del PE è, in realtà, oggetto di discussione. Secondo L. De Matteis (op. cit., par. 4), il Regolamento interno di procedura, nell’integrare il Reg. UE, ha rafforzato il ruolo di coordinamento del PE di ogni Stato membro sui PED di quello Stato membro, quasi fosse un ruolo di vera e propria sovrapposizione gerarchica.
[53] L. De Matteis, op. cit.
[54] Artt. 16 e 17 Reg. UE, con la sola differenza che i PED devono restare “membri attivi” per tutta la durata dell’incarico.
[55] L. De Matteis, op. cit., par. 4. V. anche A. Venegoni, La Corte di cassazione e la Procura europea: ipotesi di futura convivenza, in www.magistraturaindipendente.it.
[56] Il PE svolge, infatti, sia attività di supervisione e coordinamento investigativo, sia (seppure in via eccezionale) attività giurisdizionale in sostituzione del PED. Si tratta dunque di un magistrato che, sebbene collocato fuori ruolo, può eventualmente svolgere in sostituzione del PED attività giurisdizionale dinanzi agli organi di giurisdizione interna (Csm, parere 30 dicembre 2020, p. 18).
[57] V. al riguardo anche la risoluzione del Csm 18 novembre 2020, “Imminente applicazione negli Stati membri del regolamento UE 2018/1727 e la conseguente necessità di procedere all’individuazione di nuove regole per la nomina da parte del Csm del membro nazionale di Eurojust”, par. 4, che sottolinea come la normativa europea si sia da tempo indirizzata “verso la creazione di nuove figure di magistrati dei diversi Stati operanti in territorio europeo ed esercenti anche vere e proprie funzioni giurisdizionali” senza considerare le possibili implicazioni di tale scelta, anche perché la distinzione dell’attività dei magistrati “in ruolo” e “fuori ruolo” non trova applicazione nella maggioranza degli ordinamenti degli altri Stati membri.