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FAI BUON VIAGGIO, FEDERICO CARISSIMO – DI GIORGIO VARANO

FAI BUON VIAGGIO, FEDERICO CARISSIMO – DI GIORGIO VARANO

VARANO – FAI BUON VIAGGIO FEDERICO CARISSIMO.PDF

di Giorgio Varano

In ricordo di Federico Baffi.

«E improvvisamente abbandonai tutto questo. Lo abbandonai nel modo, per noi irragionevole, con cui un uccello vola via da un ramo dove sta comodo. Fu come se, senza averne chiara coscienza, avessi udito un sussurro o visto qualcosa. Già, forse è così! Il giorno prima tutto mi andava a genio, e il giorno dopo tutto era sparito – fascino, gusto, interesse, piacere – tutto. Era uno di quei momenti, capite. Il malessere acerbo della seconda gioventù si era impossessato di me, e mi trascinava via. Via da quella nave, voglio dire».

Joseph Conrad, La linea d’ombra

 

Federico carissimo,

ho impiegato un po’ di tempo nel mantenere la promessa di scriverti, ma la tempesta non mi ha consentito di tradurre subito in parole compiute i pensieri e le emozioni. Per riordinarle ho riletto in questi giorni quel libro che tanto ci appassiona, La linea d’ombra di Conrad.

Tu sarai ancora in viaggio, mi sembra di vederti al comando della tua nave con le vele al vento verso l’orizzonte.

Questo lungo periodo di caduta delle certezze ci pone tutti davanti alla solitudine del comando di una nave nel mare in tempesta. Siamo tutti posti innanzi ad una linea d’ombra da superare, per attraversare la regione dell’ignoto – e non solo, o almeno non tutti, quella della prima giovinezza – quel mare di inquietudine pronto in un attimo alla tempesta, con la difficoltà di non riuscire a intravedere la terra da raggiungere.

Il mare è un luogo magico e terribile nella sua maestosità e ti pone davanti alla solitudine delle responsabilità e delle scelte. Mentre lo navighi puoi ascoltare la voce del mondo portata dal vento, mentre ne sei immerso puoi ascoltare nelle tue orecchie il suo inesorabile respiro.

Essere posti al comando di una nave illumina all’improvviso quella «regione crepuscolare tra giovinezza e maturità», in cui si è particolarmente sensibili. Pochi lo capiscono, ma chi ne è a conoscenza lo riconosci subito dall’indulgenza dello sguardo e da quel suo silenzio che è un simbolo, e cioè quel modo di occultare e contemporaneamente manifestare il proprio significato.

Quel silenzio che amava tuo padre, e che tu chiedesti durante la sua commemorazione. Quel silenzio che contraddistingue i momenti più difficili, per i quali non si ha necessità di chiedere perdono.

Il comando di una nave in tempesta porta tanta esperienza, riconosciuta come un grande vantaggio da tanti. Lo è anche, ma spesso viene pagata con un prezzo amaro, perché ti pone in «contrasto con il fascino e l’innocenza delle illusioni» e con la solitudine dei pensieri che conservi nella tua mente.

Federico carissimo, la navigazione è cambiata tanto nel corso di questi anni, rispetto al primo comando della tua nave. Un tempo il mare non era così infestato. Un tempo c’erano i pirati, erano sì tanti ma come tali erano conosciuti da tutti. Ora il mare è invece pieno di corsari che esibiscono la “lettera di corsa” per entrare in porti riservati ai naviganti, che non gli sono vietati come ai pirati.

Ora, inoltre, mentre il mare ed il vento frustano il viso del comandante sul ponte di coperta, quasi tutti i vecchi comandanti sono sotto coperta a borbottare; non salgono mai sul ponte ma attendono di intravedere il giovane comandante da solo, per potergli dire riservatamente qualche parola di incoraggiamento che non possa essere portata in giro dal vento.

Ma di quale nave ci poniamo al comando?

A ciascun comandante ricorda quella di Teseo, e lo pone davanti a quel paradosso.  Ma il comandante sa che la propria nave è intrinsecamente sempre la stessa, perché anche se i ricambi sono diversi, lo spirito della nave, il senso del suo viaggio, la ragione della sua navigazione sono sempre quelli di un tempo. Così come al suo comandante le tante ore di navigazione della vita lasciano segni di cambiamento solo sul corpo esterno, mentre quello interno, composto da idee, speranze, illusioni, emozioni, resta sempre lo stesso.

Essere davanti alla linea d’ombra e poi superarla non è semplice. Il tempo, durante la navigazione perigliosa, viene vissuto in modo diverso. La sua natura non è più lineare, non più un inizio che resta nel passato, con un presente univoco e a seguire un futuro di difficile visibilità. Il tempo diventa un uroboro, un ciclo la cui fine rappresenta sempre un nuovo inizio, in quell’eterno finis initium che è la vita degli uomini con la pelle dura – bruciata dal Sole e arsa dal sale del mare – che nascondono e proteggono un antro pieno di orgogliose illusioni e di difficili percorsi di navigazione verso l’orizzonte.

Tu hai mostrato, perché hai sempre comandato con questo spirito la tua nave, come la navigazione non abbia come obiettivo la conquista a tutti i costi.

Cortés bruciò le proprie navi, una volta sbarcato nel nuovo mondo, per mettere l’equipaggio davanti al bivio di vincere o morire. O conquistava le navi altrui, per utilizzarle per tornare a casa, o moriva senza aver nemmeno conosciuto il nuovo mondo alla cui conquista era partito.

Tu non bruceresti mai la tua nave, perché sei un vero comandante e non un avventuriero, e questo tuo modo di navigare e di intendere il mare sarà sempre oggetto di riflessione.

Verranno tanti momenti per riflettere su di te, per parlare dell’avvocato, del giurista, del comandante.

Ti assicuro che nel nostro mare stanno nascendo tante riflessioni, per ora nella mente o a bassa voce, ma presto ci ritroveremo in tanti sul ponte di coperta per parlare tutti insieme di te.

Quando leggerai questa mia lettera avrai raggiunto la prima tappa di questo viaggio nel tuo nuovo ciclo, aprila con il sorriso che amavamo scambiarci dopo esserci abbracciati, leggila con l’indulgenza dei nostri sguardi mentre ci guardavamo dentro, e poi riponila nel tuo bagaglio con la certezza che chi ha navigato in un mare in tempesta rispetta e sempre rispetterà il tuo silenzio e la tua scelta di partire per questo nuovo viaggio.

Ciao, amico mio carissimo.

Giorgio