IL DINIEGO DELLA GR IN EXECUTIVIS TRA “MALINTESA” LETTERA DELLA LEGGE E “BENINTESI” SECURITARISMI – DI PAOLA MAGGIO
MAGGIO -IL DINIEGO DELLA GR IN EXECUTIVIS TRA “MALINTESA” LETTERA DELLA LEGGE E “BENINTESI” SECURITARISMI.PDF
IL DINIEGO DELLA GR IN EXECUTIVIS TRA “MALINTESA” LETTERA DELLA LEGGE E “BENINTESI” SECURITARISMI
THE DENIAL OF RESTORATIVE JUSTICE IN EXECUTIVIS BETWEEN A “MISUNDERSTANDING” OF THE LETTER OF THE LAW AND “WELL-UNDERSTOOD” SECURITY CONCERNS
di Paola Maggio*
La decisione di legittimità che ha negato a un detenuto al 41-bis Ord. penit. l’accesso ai programmi in sede esecutiva si muove in palese dispregio del significato letterale e sistematico della riforma organica, sacrificando anche i diritti delle vittime alla GR. Dietro alle risibili ragioni formali si cela un’impostazione di sostanza law and order che ritiene “disutili” i percorsi riparativi per i condannati sottoposti al regime detentivo speciale ex art. 41 bis e anticipa la preclusione introdotta dal d.l. 4 luglio 2024, n. 92, conv. in l. 8 agosto 2024, n. 112.
The legitimacy decision that denied access to programs during the execution phase blatantly disregards the literal and systematic meaning of the organic reform of restorative justice, also sacrificing the victims’ rights to restorative justice. Behind the laughable formal reasons, there is a substantive law-and-order approach that considers restorative paths “useless” for those convicted and subjected to the special detention regime under Article 41-bis and anticipates the exclusion introduced by Legislative Decree No. 92 of July 4, 2024, converted into Law No. 112 of August 8, 2024.
SOMMARIO: 1. La decisione di annullamento senza rinvio. – 2. Giustizia riparativa in executivis. – 3. Gli spazi e gli esiti.– 4. Regola di trattamento differenziale ? – 5 Dignità del detenuto e regimi penitenziari “del nemico”.
- La decisione di annullamento senza rinvio.
La vicenda nasce da un provvedimento della Casa circondariale di L’Aquila che ha negato la possibilità di far accedere in Istituto i componenti di un’associazione resasi disponibile a valutare l’attuazione di un percorso di giustizia riparativa, su richiesta di un detenuto all’art. 41-bis l. 26 luglio 1975, n. 354.
Il reclamo del ristretto avverso il diniego ai programmi è stato dapprima accolto dal Magistrato di sorveglianza e successivamente confermato, con decisione del 12 marzo 2024, dal Tribunale di Sorveglianza che ha rigettato le lagnanze del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP).
La Cassazione ribalta la decisione della magistratura di sorveglianza e ritiene fondato il ricorso del Ministero della Giustizia in base ad alcune sintetiche argomentazioni, che vale la pena ripercorrere. Si nega anzitutto la richiesta di rinvio, avanzata con riserva di articolare una questione di legittimità costituzionale in relazione alla novella di cui all’art. 7 d.l. 4 luglio 2024, n. 92, conv. in l. 8 agosto 2024, n. 112, in quanto ritenuta ininfluente rispetto al quadro normativo riferibile al ricorrente. Si tratta, per inciso, della previsione che oggi esclude dall’accesso ai programmi di giustizia riparativa proprio i soggetti sottoposti al regime del 41-bis Ord. penit.
Dopo avere respinta un’altra eccezione per l’inconferenza rispetto al contesto riparativo[1] appare più pertinente alla Corte il richiamo alla sentenza Baldo che ha sancito l’inammissibilità del ricorso per cassazione avverso il provvedimento reiettivo dell’accesso ai programmi di giustizia riparativa ai sensi dell’art. 129-bis c. p. p., stante l’asserita natura «non giurisdizionale» della decisione[2].
L’obiter è – contraddittoriamente – utilizzato per esprimere, da un canto, l’adesione stretta al principio di tassatività delle impugnazioni, posto che «nessuna disposizione prevede specificamente l’impugnabilità dei provvedimenti che negano al richiedente l’accesso ai programmi di giustizia riparativa, a causa del dovuto rispetto del principio (……) espresso dall’art. 568, comma 1, c.p.p. (…)» e per affermare, dall’altro canto, la ricorribilità in Cassazione delle decisioni di diniego dei programmi in executivis. Conclusione del resto ineluttabile, in quanto l’oggetto del ricorso nella specie rientra fra i casi disciplinati dall’art. 35-bis, comma 4 bis, Ord. penit., ove è espressamente prevista la ricorribilità in cassazione per violazione di legge della decisione del tribunale di sorveglianza[3].
Pure senza volere considerare gli importanti moniti della Raccomandazione CM/Rec(2018)8 (cui il d. lgs. n. 150 del 2022 si rifà), che garantisce alle parti dell’incontro riparativo procedure di reclamo chiare ed efficaci, la ritenuta differenza con gli “altri” provvedimenti di diniego per escluderne il controllo trascura, in punto di tassatività, l’esistenza e il significato dell’art. 586 c.p.p., ove è specificamente dettato il regime di impugnazione delle ordinanze, non cangiante a ragione del contenuto “riparativo” delle medesime[4].
L’argomento è tuttavia culturalmente sintomatico della tendenza alla svalorizzazione latente della GR[5] e al depotenziamento dei suoi esiti.
Nonostante le ricadute ampie previste dal d.lgs. n. 150 del 2022 sulla procedibilità, sulla punibilità e sugli aspetti sanzionatori, si continuano a manifestare misoneismi astratti inclini a ravvisare nelle pratiche mediative mode passeggere o pericolosi camuffamenti del diritto punitivo [6], unitamente a difficoltà di abbinamento delle logiche anticognitive e di composizione dei conflitti, tipiche della GR, con la dimensione dell’accertamento di verifica di fatti e responsabilità penali [7].
Atteggiamento culturale presente anche nella sentenza in commento, solo parzialmente temperato dalla segnalazione-pungolo di cui la Cassazione si fa interprete sull’effettivo (e atteso) avvio dei centri di giustizia riparativa[8].
- Giustizia riparativa in executivis.
La soluzione si fonda sulla lettura del disposto di cui all’art. 44, comma 2, d.lgs. n. 150 del 2022: ai programmi di giustizia riparativa, «si può accedere in ogni stato e grado del procedimento penale, nella fase esecutiva della pena e della misura di sicurezza, dopo l’esecuzione della stesse».
Il capovolgimento concettuale rispetto al lampante contenuto della legge induce la Corte di legittimità ad affermare invece che «il detenuto non può essere ammesso ad alcun programma di giustizia riparativa, sintanto che la pena sarà in esecuzione, indipendentemente dal regime detentivo cui è sottoposto»[9]. Da ciò consegue l’annullamento senza rinvio del provvedimento del Tribunale di sorveglianza.
Alla luce del favor reparationis che domina tutta la riforma del 2022 assai irragionevole si mostra l’affermazione che procrastina l’accesso ai programmi dialogici per i detenuti o gli internati alla conclusione della fase esecutiva, in quanto sia il dato letterale del richiamato art. 44, comma 2, d. lgs. n. 150 del 2022, sia la lettura sistematica di raccordo con gli artt. 13 e 15-bis l. n. 354 del 1975, inducono a conclusioni diametralmente opposte.
Non può revocarsi in dubbio la possibilità di intraprendere i percorsi restorative durante l’esecuzione, oltre che dopo l’esecuzione della pena o della misura di sicurezza[10], in quanto la giustizia riparativa trova posto prima, durante e dopo la cognizione, durante l’esecuzione e anche in esito a essa ( art. 44 comma 2).
La sede esecutiva ha rappresentato in effetti il tradizionale campo elettivo della GR [11], con percorsi che hanno visto la progressiva diffusione di prassi riparative in relazione ai «progressi compiuti nel trattamento» [12] e con una sempre maggiore attenzione per il binomio reo-vittima [13].
Né possono dimenticarsi le indicazioni provenienti dalla Raccomandazione del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa n. R (99) 22 del 30 settembre 1999[14], la spinta culturale offerta dal Tavolo XIII dell’esecuzione penale [15] e i tentativi pregressi di disciplina ad hoc [16], centrati proprio sulla fase esecutiva.
Altrettanto rilevanti le Linee di indirizzo del maggio del 2019 del Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità in materia di Giustizia riparativa e tutela delle vittime di reato[17] nonché le pur limitate modifiche sui percorsi di giustizia riparativa e mediazione con le vittime di reato introdotte nell’ordinamento penitenziario minorile con gli artt. 1 e 1-bis d.lgs. 2 ottobre 2018, n. 121 in ordine all’esecuzione della pena detentiva e delle misure penali di comunità. Sul versante esecutivo si è concentrato pure l’auspicio della Relazione della Commissione Ruotolo per un meccanismo riparativo dedicato ai conflitti nel procedimento disciplinare[18].
Fondamenti sui quali si è edificata la “riforma Cartabia” che ha previsto chiaramente il dispiegarsi di ampi esiti favorevoli “anche” in executivis e a ragione della mera partecipazione ai programmi di giustizia riparativa[19].
Valga ancora a fissare la rilevanza della giustizia riparativa durante tutta l’esecuzione il richiamo alla massima estensione del diritto informativo di cui all’art. 47 d.lgs. n. 150 del 2022, secondo il quale testualmente l’informazione è offerta «all’inizio dell’esecuzione della pena detentiva o della misura di sicurezza». Avvisi sulle possibilità di accesso ai programmi sono contemplati, ex art. 656 c.p.p., nel caso di ordine di carcerazione da eseguire e di ordine di esecuzione sospeso. Soprattutto per i condannati liberi al momento dell’emissione dell’ordine di esecuzione per la carcerazione con contestuale sospensione del medesimo, il lasso tra la notifica ex art. 656, comma 5, c.p.p. e la successiva eventuale udienza camerale potrebbe fungere da finestra utilizzabile per l’accesso e lo svolgimento di un percorso valutabile di giustizia riparativa.
A comprovare “testualmente” la rilevanza della GR durante l’esecuzione sono l’implementazione dei contenuti dell’art. 13 Ord. penit. e l’introduzione di una “norma speciale”: l’art. 15-bis Ord. penit., al posto di un mero richiamo alla disciplina generale della GR nella cognizione, con l’obiettivo dichiarato di attribuire un’autonoma valenza ai percorsi riparativi in questa fase, così da indurre a bollare come uno «svarione», per molti versi «stupefacente», la soluzione sposata dal provvedimento in commento[20].
Ponendosi in linea con le fonti internazionali che sottolineano l’importanza della restorative justice pure al fine di limitare il ricorso al carcere, così come nel contenere forme di recidivismo [21], la riforma Cartabia ha guardato con fiduciosa attenzione ai percorsi riparativi che devono anzitutto rivelarsi bidimensionalmente utili al reo e alla vittima (art. 1, comma 18, lett. a), l. 27 settembre 2021, n. 134; (art. 42 co. 1 lett. a d. lgs. n. 150/2022), stante l’equiprotagonismo dei soggetti centrali dell’incontro riparativo[22].
Nel tempo più disteso rispetto alla commissione del fatto[23] si possono meglio ricomporre a fini riabilitativi i tre livelli relazionali compromessi dal reato: 1) la relazione intrapsichica del soggetto, 2) la relazione fra il detenuto e la vittima; 3) la relazione fra il detenuto e la comunità[24]. A ragione di ciò il lavorio complesso nella “camera riparativa”, ove si svolgono i programmi utili sia alla vittima sia al condannato, è aperto anche alla comunità.
In continuità con questo obiettivo deve cogliersi l’aggiunta a opera del d.lgs. n. 150/2022, dopo il comma terzo dell’art. 13 Ord. penit., della prescrizione che individua un obbligo a raggiera per l’amministrazione penitenziaria, per gli operatori che “hanno in carico” la persona condannata, nonché per la magistratura di sorveglianza, di favorire, attraverso le opportune azioni, il ricorso alla GR, offrendo agli interessati opportunità di accesso ai programmi, anche durante l’esecuzione della pena.
Un inserimento che completa il precedente intervento sul comma 3 dello stesso art. 13, da parte del d.lgs. n. 123/2018, ove era contenuto l’esplicito richiamo alla «riflessione sul fatto criminoso commesso, sulle motivazioni e sulle conseguenze prodotte, in particolare per la vittima, nonché sulle possibili azioni di riparazione» [25].
Come opportunamente precisato nella Relazione di accompagnamento del d.lgs. n. 150 del 2022[26], il pieno operare durante la fase dell’esecuzione della GR[27], non può tuttavia dissolverla nel “trattamento” . La giustizia riparativa non può essere finalizzata a “rieducare” i soggetti e restituirli alla società “emendati” dal carattere di devianza . Essa non rappresenta infatti una variante dei programmi trattamentali, ma è un modello di giustizia complementare e non sostitutivo al cui interno le vittime assumono una posizione centrale, non riducibile a richieste di perdono o di pentimento[28], ma bisognevole della loro partecipazione attiva nella dinamica dell’esecuzione[29].
L’adesione ai programmi deve restare distante dal tratto disciplinare del carcere, onde evitare l’attrazione in un quadro di correzionalismo non volontario [30] della scelta, ontologicamente libera e consapevole degli incontranti[31].
La decisione in commento pare trascurare queste indicazioni, eludendo la lettera dell’art. 15-bis Ord. penit., intitolato giustizia riparativa, che prescrive che «in qualsiasi fase dell’esecuzione», l’autorità giudiziaria possa disporre l’invio dei condannati e degli internati, previa adeguata informazione e su base volontaria, ai programmi di giustizia riparativa. La partecipazione al programma di giustizia riparativa e l’eventuale esito riparativo sono valutati ai fini dell’assegnazione al lavoro all’esterno, della concessione dei permessi premio e delle misure alternative alla detenzione previste dal capo VI, nonché della liberazione condizionale.
L’accesso volontario è correlato alla concessione dei benefici penitenziari, alla declaratoria di estinzione della pena all’esito dell’affidamento in prova al servizio sociale (art. 47 Ord. penit.), ovvero ancora alla modifica in melius, alla revoca della misura di sicurezza eventualmente applicata, con la necessaria precisazione che la partecipazione ai programmi è garantita, indipendentemente dai requisiti di ammissibilità dei benefici penitenziari e delle misure alternative.
Il riferimento al momento concessivo delle misure trattamentali, premiali o alternative alla detenzione [32], non introduce automatismi né comprime le specificità dei compiti rimessi alla magistratura di sorveglianza che dovrà tenere conto anche della pericolosità residua, dell’adesione complessiva al trattamento, della revisione critica, ecc.[33]
Nelle ribadite differenze tra percorsi terapeutici volontari (ma dal sapore schiettamente trattamentale) e programmi di giustizia riparativa (non inerenti al trattamento), il giudice della pena, a differenza di quanto previsto per la fase di cognizione, potrà valutare l’esito positivo e la “mera” partecipazione al programma [34], ai fini del giudizio discrezionale finalizzato alla concessione dei benefici penitenziari latamente intesi.
In executivis la partecipazione al programma in base a una scelta, libera e volontaria del condannato di un percorso riparativo presenta una valenza risocializzante apprezzabile di per sé.
Il dato esalta la funzione del magistrato di sorveglianza [35], giudice di prossimità attento alla persona che dispone grazie al d.lgs. n. 150 del 2022 di un altro strumento utile alla flessibilizzazione e individualizzazione della pena, in un contesto valutativo discrezionale, che, quanto ai progressi trattamentali del reo, non può essere in alcun modo limitato, né può soggiacere ad automatismi.
Al vaglio attento dei mediatori competerà di accertare l’adeguatezza e la fattibilità dei programmi medesimi, superando nella dimensione dialogica dell’incontro eventuali scelte restorative strumentali, volte ad avvantaggiarsi dei benefici[36].
Il programma di giustizia riparativa potrà interfacciarsi anche con una misura alternativa chiesta dalla libertà e, se già effettuato o in corso, potrà essere valutato ai fini della sua concessione e/o far parte del programma di reinserimento. Esso potrà anche proseguire dopo la scarcerazione qualora i partecipanti vi consentano, permettendo di portare a compimento un progetto potenzialmente molto efficace poiché, da un lato, si colloca nel contesto di un percorso risocializzante, agendo su fattori criminogenetici e, dall’altro lato, incide sui bisogni di riconoscimento e di riparazione da parte delle vittime[37], di chi ha realizzato l’offesa, della comunità.
L’intervento novativo sul comma 12 dell’art. 47 Ord. penit. (estinzione della pena per esito positivo dell’affidamento in prova), con l’aggiunta dopo le parole «pene accessorie perpetue», di una nuova prescrizione: «a tali fini è valutato anche lo svolgimento di un programma di giustizia riparativa e l’eventuale esito riparativo», si è realizzato nella piena consapevolezza nell’istituto di logiche obbligatorie non collimanti con la GR [38].
È stato il ruolo di sperimentazione riparativa che esso ha assunto nella prassi a giustificare tuttavia la modifica dell’affidamento. Anche in questa sede sono nondimeno da evitare logiche che sviliscano la volontarietà dell’accesso ai programmi o che neghino gli effetti estintivi per effetto della mancata realizzazione di condotte riparative[39].
Ferme restando le c.d. ‘prescrizioni di solidarietà’ verso la vittima del reato, che rientrano tra gli obblighi a contenuto positivo afferenti all’affidamento in prova ai sensi del settimo comma dell’art. 47 Ord. penit., da esse va distinta la partecipazione ai programmi di GR [40]: previsione che non può fungere da paradigma generale per il soddisfacimento della vittima, in quanto risponde a fini connessi alle obbligazioni civili, ex art. 185 c.p.
La scelta differente del d.lgs. n. 150 del 2022 per la liberazione condizionale, estranea alle finalità di probation (basandosi essa sul già avvenuto ravvedimento del condannato), nonostante le mutazioni di funzioni da misura premiale a mezzo per l’individualizzazione del trattamento del detenuto [41] è derivata dal fatto che l’art. 176 c.p. si riferisce a un condannato già ravveduto e i presupposti di accesso allo stesso istituto sono poco accostabili alla GR [42].
In maniera analoga sono state le preminenti caratteristiche di altre misure alternative previste dall’ordinamento (l’affidamento in prova in casi particolari ex art. 94, d.p.r. n. 309/1990; l’esecuzione pena al domicilio ex l. n. 199/2010), governate da necessità terapeutiche o da una ratio deflativa, a indurre il legislatore ad evitare collegamenti fra l’apprezzamento in ordine alla loro concessione e gli eventuali percorsi riparativi.
Resta ferma pure in executivis l’assoluta irrilevanza del fallimento, dell’interruzione o dell’impossibilità di effettuazione dei programmi, in un quadro che nessun dubbio può destare (sia per la ratio sia per la littera legis) sullo spalancarsi della porta di accesso ai programmi riparativi, nell’altrettanto ribadita necessità di evitare sovrapposizioni confusive fra giustizia riparativa e giudizio di meritevolezza, in rispondenza all’attuazione piena dei valori di dignità e umanità di tutti i partecipanti all’incontro riparativo posti alla base della riforma del 2022.
- Gli spazi e gli esiti.
L’inserto dell’art. 13 Ord. penit. è apparso non del tutto conforme all’ideale restorative e confusivo rispetto agli ambiti di demarcazione fra il «percorso riparativo e quello rieducativo che dovrebbero marciare paralleli senza pericolosi incroci» [43], a riprova delle difficoltà di connubio fra rieducazione e riparazione [44].
Perplessità che possono stemperarsi ove si guardi al concetto di rieducazione (complesso ed evolutivo) che emerge dalle riflessioni teoriche e dalla realtà applicativa [45].
La rieducazione identificata assai spesso come un’utopia, seppure irrinunciabile [46], nella sua accezione più neutra guarda «all’opera di agevolazione di un processo di autoresponsabilizzazione mediante il quale il condannato è sollecitato attraverso opportune offerte e occasioni dirette a consentire l’assunzione di una sua piena consapevolezza dei valori sociali condivisi e del senso di responsabilità della loro negazione» [47].
Nondimeno, la definizione, «strutturata in chiave socio-psico-pedagogica» sulle opportunità offerte al condannato, rimane caratterizzata da un alto tasso di indeterminatezza concettuale e operativa [48], con inevitabili precipitati sulla discrezionalità delle valutazioni rimesse alla magistratura di sorveglianza [49].
Può essere utile guardare a una concezione della giustizia riparativa come “sociale”, “orizzontale”, “personalistica”, “territoriale”, capace instituire contatti con la realtà esterna (art. 1 Ord. penit.), rimanendo centrata sulla personalità del condannato e sulla sua evoluzione[50], per garantirle spazio all’interno di una risocializzazione individualizzata [51], che valorizzi nella direzione dell’art. 27 Cost., il percorso evolutivo dell’individuo per il tramite del dialogo fra gli “incontranti” [52].
Una giustizia dell’essere e non dell’avere[53], manifestazione del «garantismo tripolare»[54] in cui oltre alla dinamica Stato-autore, si coglie il ruolo propositivo dell’autore e della vittima[55] aperto pure alla comunità[56], non confliggente con le esigenze garantistiche del diritto penale classico, né sostitutiva della medesima, capace di offrire un ulteriore «strumento di responsabilizzazione»[57] mediante il riconoscimento reciproco.
Nella riparazione «componente indefettibile della pena»[58], può meglio disvelarsi il «volto costituzionale» della sanzione capace di tutelare i beni giuridici, mettere al centro le persone per consentire loro comprendere e far comprendere ciò che è accaduto e il relativo disvalore, in modo che non si ripeta[59].
Guardando alla chanche riparativa in chiave di complementarietà non sostitutiva dei contenuti rieducativi “classici” e affidando alla stessa la possibilità di alimentare una «discrezionalità umanistica» diversa dal passato [60], ci si può sganciare anche nel corso dell’esecuzione da aritmetiche sanzionatorie strettamente «contabili» e «retrospettive», per guardare «prospetticamente»[61] al futuro dell’individuo. Costituisce del resto oramai dato comprovato da molte metanalisi che la deterrenza funziona quando svolge un ruolo secondario rispetto a una vasta gamma di strategie lato sensu sanzionatorie fra le quali deve sicuramente collocarsi oggi quella riparativa[62].
- Regola di trattamento differenziale?
Alla sperimentazione del descritto tratto evolutivo della pena tentata dai provvedimenti ammissivi della magistratura di sorveglianza di L’aquila, si sottrae la brusca decisione di annullamento, alimentando faziosi pro e contro all’interno di un’etica di mutua esclusività delle posizioni[63], tanto più nel momento in cui la giustizia riparativa muove i primi passi.
Al di là della erronea esclusione della GR dal “cuore” dell’esecuzione, serpeggiano nel ragionamento della Corte ragioni securitarie, già presenti nel ricorso dell’amministrazione penitenziaria avverso le decisioni “accoglienti” i programmi, ove si affermava «una incompatibilità ontologica tra il regime detentivo speciale e la normativa in materia di giustizia riparativa, poiché quest’ultima contrasta con le ragioni di ordine e sicurezza della prima»[64].
Il latente senso di disutilità dell’accesso ai programmi si accompagna alla loro “riduzione concettuale” a una sorta di premio per il percorso riparativo: essi sarebbero sostanzialmente preclusi ai soggetti sottoposti al regime detentivo speciale, a meno della collaborazione con la giustizia o della dimostrata assenza di collegamenti con la criminalità organizzata.
Si consuma così un vero e proprio abbandono dell’impronta massimamente olistica della GR nella riforma Cartabia, esposto a più di un profilo di incostituzionalità, quanto alla ragionevolezza e al rispetto dei limiti dettati dalla legge delega: incrinare la vocazione universalistica del paradigma riparativo (prima ancora di una sua attuazione) vuol dire in primis ignorare il sistema di pesi e contrappesi già presenti nel d.lgs. n. 150 del 2022 al fine di consentire alle parti di valutare adeguatamente se accedere al programma, differenziando, come noto, gli effetti estintivi a ragione della gravità del reato e del regime di procedibilità del medesimo.
Fare discendere inoltre dal regime speciale l’esclusione della partecipazione ai programmi vuol dire trascurare l’insegnamento della Consulta, secondo cui le limitazione contenute nel disposto dell’art. 41-bis Ord. penit. sono compatibili con i principi costituzionali solo in quanto finalizzate, in modo congruo e proporzionato, a prevenire rischi per la sicurezza, risolvendosi altrimenti in una mera vessazione[65].
L’imprescindibilità di un nucleo essenziale di diritti fondamentali che devono essere assicurati nei contesti di privazione della libertà personale, anche di fronte al bilanciamento con altri interessi (tutela della sicurezza interna, prevenzione del collegamento con la criminalità organizzata), impone di guardare in effetti anche all’istanza riparativa, come spazio residuo di libertà nel quale può espandersi la sua personalità individuale[66]. Il favor reparationis del resto non può subire irragionevoli restrizioni neppure in contesti dominati dalla prevenzione speciale se esse, non svolgendo alcuna effettiva funzione di difesa sociale, risultassero soltanto vessatorie[67].
La preclusione assoluta alla GR, ricacciata a forza tra le “regola di trattamento” da derogare, non tiene peraltro conto del fatto che il regime speciale è disposto da un provvedimento amministrativo (un decreto del Ministro della giustizia) dal quale si fa derivare la negazione dei molteplici effetti sostanziali, sanzionatori, penitenziari seguenti alla partecipazione ai programmi[68]. Più chiara si mostra allora la sbrigativa “asserzione” con cui la Cassazione ha liquidato l’esclusione dall’accesso ai programmi di giustizia riparativa, ritenendo l’inapplicabilità della preclusione contenuta all’art. 7 del d.l. 4 luglio 2024, n. 92 (nel frattempo) conv. dalla l. 8 agosto 2024, n. 112, ma sostanzialmente precorrendola negli effetti.
L’ermeneutica della “preclusione riparativa” per i detenuti al 41-bis anticipa medio tempore la volontà legislativa cristallizzata nel decreto legge convertito, con un azzardo contenutistico[69], quanto a necessità e urgenza, e tecnico rispetto alla naturale scelta del previsto decreto legislativo integrativo-correttivo della Riforma Cartabia[70].
Annoverare l’accesso alla GR fra i casi di sospensione del trattamento vuol dire tradire la filosofia generalista restorative espressa dalla l. 27 settembre 2021, n. 134, attuata dal d. lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che la rende riferibile a ogni tipologia di reato, ed anzi indicata nelle fattispecie delittuose particolarmente gravi[71]. Senza considerare poi che gli obiettivi del programma riparativo di «promuovere il riconoscimento della vittima del reato, la responsabilizzazione della persona indicata come autore dell’offesa e la ricostituzione dei legami con la comunità» (art. 43 comma 2) permangono identici per tutte le fattispecie di reato, a prescindere dalla gravità.
Semmai, per i reati di criminalità organizzata, così come per quelli connotati da violenza di genere – entrambi «caratterizzati in particolare da un’alterazione dei rapporti di forza tra vittima e autore del reato» – si pone l’esigenza di valutare con «maggiore rigore» e attenzione la «libertà del consenso»[72], senza per questo farsi condizionare esclusivamente dal “contesto criminale”.
L’intervento del legislatore con la l. n. 124 del 2024 pare invece affetto dal bias escludente la GR per “i reati di criminalità organizzata”, dominante pure le recenti decisioni che hanno richiesto in sede di cognizione per l’ammissione ai programmi una valutazione rafforzata “dell’utilità” per la risoluzione delle questioni derivanti dal fatto per cui si procede e l’emersione di elementi indicativi di una “effettiva resipiscenza” da parte dell’imputato[73] per accedere ai programmi restorative.
Paradigma, quello della resipiscenza, alieno all’accesso restorative del d.lgs. n.150 del 2022, che è improntato di contro all’utilità della risoluzione delle questioni derivanti dal fatto e all’assenza di un pericolo concreto per gli interessati e per l’accertamento dei fatti[74].
- Dignità del detenuto e regimi penitenziari “del nemico”.
Peraltro, la decisione che nega i programmi riparativi durante l’esecuzione per i soggetti in 41-bis si allontana dai contenuti del dialogo fecondo fra la Corte costituzionale e la Corte europea dei diritti dell’uomo da cui è conseguita la mitigazione di taluni aspetti dei regimi penitenziari speciali e l’adozione di correttivi degli schizofrenici automatismi ostativi[75], pure a fronte delle persistenti istanze di sicurezza nelle regolamentazioni nazionali[76].
Basti il riferimento alla nota sentenza Viola c. Italia[77], miccia dell’incostituzionalità di presunzioni assolute nei regimi ostativi, punto di affermazione della riesaminabilità della condizione di pericolosità e di superamento della condotta collaborativa quale condicio sine qua non della concessione dei benefici.
Taluni degli automatismi per «tipi di autore»[78], mostratisi poco compatibili con l’ideale rieducativo, hanno visto la “stigmatizzazione per sentenza d’incostituzionalità” del valore assoluto della presunzione sulla mancata rescissione dei legami con la criminalità organizzata a carico del condannato “ostativo” che non collabori utilmente con la giustizia[79].
Dell’apertura di queste importanti brecce lungo il muro della inflessibilità penitenziaria[80], si è resa promotrice l’azione incessante della magistratura di sorveglianza che è chiamata a vigilare in senso lato sulla legittimità e umanità della sanzione, al fine di contenerne i tratti più repressivi, soprattutto quando ispirati da ragioni di specialità e di neutralizzazione.
In piena rispondenza al principio di proporzione, non può infatti assegnarsi prevalenza in termini assoluti alle istanze di lotta dei fenomeni criminali[81]. Ciò ha consentito il ridimensionamento delle presunzioni legali entro confini di stretta marginalità[82] nonché l’affermazione procedimentale della libertà di non collaborare[83], espressione del percorso riabilitativo[84] in linea con il diritto di difesa, non soltanto nella sede della cognizione, ma anche durante l’esecuzione[85].
Senza avere segnato il definitivo superamento del doppio regime penitenziario[86], oramai stabilizzato e immanente al modello, la Consulta si è mostrata capace di sottrarsi al «ricatto collaborazionista» al crimine organizzato per l’ottenimento dei benefici penitenziari”[87] e ha negato ragioni costituzionali di tolleranza delle eccezioni in peius del trattamento in chiave meramente afflittiva orientata dalla gravità delle fattispecie, ribadendo piuttosto la necessaria congruenza rispetto al contenimento della speciale pericolosità sociale del condannato[88].
Su questo versante il legislatore è intervenuto in risposta alle sollecitazioni del giudice delle leggi, con il d.l. n. 162 del 2022, conv. in l. 30 dicembre 2022, n. 199, aggravando tuttavia il caos dell’ostatività e scomponendolo in «un mosaico, non facilmente decifrabile, di disposizioni non sempre in sintonia con i principi costituzionali»[89], inidonee ad affermare la presunzione solo “relativa” di mantenimento dei legami del detenuto con l’organizzazione di appartenenza.
La nuova formulazione prevede l’allegazione di «elementi specifici» che «consentano di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva, e con il «contesto» nel quale il reato è stato commesso, nonché il «pericolo di ripristino» di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, tenuto conto delle circostanze personali e ambientali, delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di ogni altra informazione disponibile» (comma 1-bis dell’art. 4-bis Ord. penit., testo vigente).
L’elenco disordinato e dilatato di fattispecie e presupposti, non brillando per chiarezza, ha finito per imporre una probatio diabolica dell’assenza di collegamenti con la criminalità organizzata[90] e prescrivere complesse dimostrazioni di cesure con il «contesto nel quale il reato è stato commesso»[91], con l’effetto ultimo di legittimare affermazioni apodittiche sulla permanenza del sodalizio[92]. Altrettanto fuzzy è apparsa la formula relativa alla dimostrazione (pure nella forma della mera allegazione, e non del vero e proprio onere probatorio) della mancanza di “pericolo di ripristino dei collegamenti”[93], cui si è sommata nella riformulazione dell’art. 4-bis il riferimento alla «revisione critica della condotta criminosa», parametro altrettanto complesso, mai esigibile per l’intero e anzi graduabile[94] nella progressione trattamentale[95].
In dispregio del principio di uguaglianza-ragionevolezza, sul soggetto continua così a gravare un onere di allegazione che rende arduo l’accesso ai benefici[96]. La presunzione di pericolosità sociale, seppur relativa, si rivela in concreto insuperabile, soprattutto nei casi in cui l’organizzazione criminale si mostri ancora attiva[97], così da indurre il soggetto a «collaborare anziché accollarsi allegazioni “diaboliche” e magari infruttuose, il cui oggetto poco o nulla ha a che fare con la dissociazione dal sodalizio criminale»[98].
Non meno problematica in questo quadro la previsione di condotte riparatorie o riparative a vantaggio delle vittime ex art. 4-bis comma 1-bis, come modificato dalla L. 30dicembre 2022, che sembra contrastare principi, regole e valori condensati nel d.lgs. n. 150 del 2022, ove è ribadita la assoluta “volontarietà” delle medesime, valevole anche per il momento concessivo delle misure trattamentali, premiali o alternative alla detenzione e ove è assegnata al giudice della pena la possibilità di valutare la mera partecipazione al percorso riparativo, così come – l’eventuale – esito raggiunto[99].
Previsione confusiva che ha originato una contrapposizione fra l’orientamento tendente a guardare alle condotte riparatorie[100] quale condicio sine qua non per accedere alle misure alternative, e il meno rigido approccio secondo cui le iniziative riparatorie nei confronti delle vittime, «pur non obbligatorie», «ben possono essere eventualmente valorizzate nel giudizio sul processo di cambiamento avviato nel corso dell’esecuzione penale»[101].
Le modifiche dell’ultimo biennio sui regimi speciali e sul campo delle ostatività sembrano attratte in prevalenza dalla prevenzione generale e dalla difesa sociale nonché alimentate da intramontabili populismi[102], dimenticando che il nostro Paese è sotto osservazione del Comitato dei Ministri europei al fine di verificare le possibilità di «un’autentica rivalutazione dei cambiamenti rilevanti dei detenuti e delle ragionevoli prospettive di soddisfare le rigorose condizioni richieste»[103].
Sancire per i soggetti ristretti al 41-bis la preclusione di accesso ex lege alla giustizia riparativa[104], considerandola come una sorta di “beneficio premiale” da negare ai “più “cattivi”, vuol dire inibire la svolta restorative in questa sede ed evitare il riconoscimento reciproco su base dialogica degli incontranti.
L’apertura ai programmi di giustizia riparativa richiede invece, come tutti i percorsi innovativi, attenzione per questi risvolti, specifiche «premure, la cui cura serve anche da antidoto per arginare le (non troppo) silenti nostalgie del diritto penale retributivo»[105].
* Professoressa Associata di Diritto processuale penale, Università di Palermo
[1] Si trattava di un’ordinanza in tema di inammissibilità (Cass., sez. VII, 12 ottobre 2022, n. 2377 del 12 ottobre 2022, ined., richiamata dal § 2 del considerato in diritto), non riferibile con la questione trattata.
[2] Critiche alla sentenza Baldo Cass., sez. VI, 12 dicembre 2023, n. 6595), in P. Maggio – V. Bonini, L’impugnazione dei provvedimenti a caratura riparativa: equilibri e squilibri tra sistemi, in Sist. pen., 2024, n. 5, 1 ss.
[3] Ha ammesso la reclamabilità di questo tipo di provvedimenti Trib. Sorveglianza Lecce, 30 novembre 2023, n. 4710, in Giur. pen. on line, 5 gennaio 2023.
[4] Decisioni recenti hanno consentito l’impugnabilità delle ordinanze dibattimentali reiettive dei programmi quando ci trovi di fronte a reati procedibili a querela Cass., sez. III, 7 giugno 2024, n. 33152, in corso di pubblicazione su Proc. pen. giust., con nota di V. Virga, L’«incidenza significativa» presupposto dell’impugnabilità delle ordinanze di diniego all’accesso dei programmi di GR per i reati procedibili a querela rimettibile.
[5] F. Fiorentin, Ammissione ai percorsi con filtro forzato, in IlSole24Ore, 26 febbraio 2024, 4, riconduce la sentenza Baldo alla “ crisi di rigetto” verso le pratiche riparative.
[6] Descriveva bene questi atteggiamenti R. Orlandi, La mediazione penale fra finalità riconciliative ed esigenze di giustizia, in Accertamento del fatto, alternative al processo, alternative nel processo, Giuffrè, 2007, 169.
[7] Così V. Patané, Il modello di giustizia riparativa introdotto dal d.lgs. n. 150/2022: prisma concettuale e paradigma operativo, in Forme, riforme e valori per la giustizia penale futura, a cura di D. Castronuovo – D. Negri, Jovene, 2023, 399. Critiche serrate al modello vengono da O. Mazza, sub art. 129-bis c.p.p., in Codice di procedura penale commentato, a cura di A. Giarda-G. Spangher (a cura di), Tomo I, VII ed., Wolters Kluwer, 2023, 1969 ss.
[8] In riferimento all’avvio di numerosi protocolli, la circolare del Ministero della Giustizia, DGMC, 6/2023 del 31 agosto 2023 ha precisato che i programmi riparativi possano essere condotti solo da mediatori incardinati nei Centri per la GR.
[9] § 3, Considerato in diritto.
[10] Lo afferma chiaramente anche l’Ufficio del Massimario, Corte di Cassazione, Relazione su novità normativa. La “riforma Cartabia”, n. 2/2023, Roma, 5 gennaio 2023, 285, nt. 577.
[11] D. Vicoli, La mediazione in fase esecutiva nel sistema italiano: il quadro normativo e le dinamiche applicative, in Rev. bras. dir. proc. pen., 7(3), 2021, 2285 ss.; M. Pisati, La giustizia riparativa nell’esecuzione penale: riforme inattuate, in Jus, 2022, 133 ss.
[12] Con riguardo alla semilibertà, Trib. Sorveglianza Venezia, ord. 7 gennaio 2012, n. 5, M.O., in Dir. pen. proc., 2012, 833 ss., commentata da G. Mannozzi, La reintegrazione sociale del condannato tra rieducazione, riparazione ed empatia, ivi, 838.
[13] Si veda il Secondo rapporto nazionale sulla giustizia riparativa in area penale, I numeri pensati, Gangemi, Roma, 2022, 143 ss.
[14]Al punto 15 si sottolineava l’opportunità di valorizzare la mediazione ed il risarcimento alla vittima nell’ambito delle misure alternative alla detenzione.
[15] Relazione finale del tavolo XIII (https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_19
_1_13.page#).
[16] L’art. 1, comma 85, lett. f), l. 23 giugno 2017, n. 103, valorizzava i programmi di giustizia riparativa «quali momenti qualificanti del percorso di recupero sociale sia in ambito intramurario sia nell’esecuzione delle misure alternative». Dai lavori della successiva Commissione di riforma era scaturito il “Progetto Cascini” ( Disposizioni in materia di giustizia riparativa e mediazione reo-vittima, a norma dell’art. 1, comma 85, lett. f), l. 23 giugno 2017, n. 103, in https://www.giustizia.it/
cmsresources/cms/documents/Cascini_relazione_19lug2017.pdf.)
[17] Leggibili in https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_12_1.page?facetNode_1=0_10_57&contentId=SPS322404&previsiousPage=mg_1_12#
[18] Si veda la proposta di un comma 10 da aggiungersi all’art. 81 Reg. ord. penit. nella Relazione finale della Commissione per l’innovazione del sistema penitenziario, istituita dalla Ministra della Giustizia con d.m. 13 settembre 2021, in Sist. pen., 11 gennaio 2022, 98.
[19] V. Alberta, Modifiche alla legislazione penale, in La riforma Cartabia, a cura di G. Spangher, Pacini, 2022, 794.
[20] Con ricchezza di argomenti sulla natura, sulla ratio decidendi, sulle basi normative M. Gialuz, La giustizia riparativa, questa sconosciuta. Uno svarione della Suprema Corte, in Sist. pen., 19 novembre 2024.
[21] Si veda la Dichiarazione di Venezia adottata dalla Conferenza dei Ministri della Giustizia del Consiglio d’Europa il 13 dicembre 2021, che si allinea alla raccomandazione CM/REC(2018)8) del Consiglio d’Europa. Gli effetti sulla recidiva sono positivamente messi in luce da G. Gatta, La giustizia riparativa: una sfida del nostro tempo, in Sist. pen., 28 Ottobre 2024.
[22] Cfr. A. Ceretti, I nuovi orizzonti della giustizia riparativa nella riforma Cartabia, in Riforma Cartabia. Le modifiche al sistema penale, Commentario diretto da G.L. Gatta-M. Gialuz, vol. IV, La disciplina organica della giustizia riparativa, a cura di A. Ceretti – G. Mannozzi- C. Mazzucato, Giappichelli, 2024, 38 ss.
[23] Cfr. F. Viganò, Verità e giustizia riparativa, in Sist. pen., 20 settembre 2024, 10.
[24] G. Mannozzi, Pena commisurata, pena patteggiata, pena da eseguire: il contributo reale e potenziale della giustizia riparativa, in La pena, ancora: fra attualità e tradizione. Studi in onore di E. Dolcini, Giuffrè, 2018, vol. II, 626.
[25] V. M. Bortolato, La disciplina organica della giustizia riparativa, in Riv. it. dir. proc. pen., 2022, 1267.
[26] Cfr. la Relazione illustrativa in Gazz. Uff., Supplemento straordinario n. 5, S.G., n. 245, 19 ottobre 2022, 591.
[27] Cfr. l’art. 18 lett. c) l. 27 settembre 2021, n. 134, in Gazz. Uff., 4 ottobre 2021.
[28] A. Pugiotto, Le ragioni delle vittime e quelle del diritto, in L’Unità, 20 maggio 2023.
[29] Auspicio di M. Bouchard-F. Fiorentin, La Giustizia riparativa, Giuffrè, 2024, 401, che ritengono la GR in executivis ancora troppo reocentrica.
[30] Preoccupazioni espresse da G. Torrente, Giustizia riparativa e processi di criminalizzazione. Note da una ricerca sul campo, in Ragion pratica, 1, 2022, 170 e da A. Menghini, Giustizia riparativa: i principi generali, in Sist. pen., 22 novembre 2023, 11 ss., 23.
[31] G. Fiandaca, Relazione di sintesi sulla rieducazione esecutiva: aspetti problematici vecchi e nuovi, in La rieducazione oggi, a cura di A. Menghini-E. Mattevi, Editoriale scientifica, 2022, 227, teme gli effetti di una reclinazione eccessiva del paradigma riparativo rispetto a quello rieducativo nonché possibili disparità sociali fra detenuti di diversa provenienza, estrazione, collocazione carceraria. Analoghe perplessità in L. Castellano, Giustizia riparativa e sanzioni di comunità, in La riforma Cartabia tra non punibilità e nuove risposte sanzionatorie, a cura di A. Menghini- E. Mattevi, Editoriale scientifica, 2023, 179.
[32] Sono indicate le misure alternative previste dal capo VI (affidamento in prova al servizio sociale, detenzione domiciliare, semilibertà e liberazione anticipata) nonché gli istituti del lavoro all’esterno e dei permessi premio, cui va aggiunta la liberazione condizionale prevista dagli artt. 176 e 177 c.p.
[33] Relazione di accompagnamento al d.lgs. n. 150/2022, cit., 593.
[34] M. Bortolato, La disciplina organica, cit., 1267.
[35] F. Della Casa, Prossimità/terzietà, persona/fatto: la giurisdizione rieducativa alla prova del giusto processo, in Cass. pen., 2017, 2928.
[36] Rischio segnalato da P. Bronzo, Restorative justice, processo ed esecuzione penale, in La giustizia riparativa. Radici, problemi, prospettive (Atti del Convegno Foggia, 21 novembre 2023), a cura di G. Colaiacovo-M. Miletti, Bari, 49 ss.
[37] Relazione di accompagnamento al d.lgs. n. 150/2022, cit., 593
[38] E. Mattevi, La sospensione del procedimento con messa alla prova dopo la riforma Cartabia: profili sostanziali, in Dir. pen. proc., 2023, 45 ss.
[39] Del tipo di quelle esaltanti l’indifferenza alle attività trattamentali: Cass., Sez. I, 8 novembre 2022, n. 6762, in CED Cass., n. 284065.
[40] Cass., Sez. I, 28 ottobre 2021, n. 42739, in https://osep.jus.unipi.it/2021/12/19.
[41] M. Bortolato, Art. 176 c.p., in Codice penale commentato, a cura di E. Dolcini-G.L. Gatta, V ed., Giuffrè, 2021, 459 ss., spec. 2461 ss.
[42] Tra questi la buona condotta, la gravità del reato, l’assistenza fornita alle vittime, il perdono della persona offesa. Cfr. L. Cesaris, Sulla valutazione del sicuro ravvedimento ai fini della liberazione condizionale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1979, 291. Nel senso che l’assenza di un interessamento riparativo del reo per la vittima non può rappresentare fattore unico impeditivo del riconoscimento dell’avvenuto ravvedimento, dovendosi privilegiare una valutazione unitaria e complessiva della personalità del condannato cfr. Cass., sez. I, 11 marzo 2022, n. 8410, in Foro it., 2022, II, c. 615, con osservazioni di F. Parisi.
[43] Rischio segnalato da F. Fiorentin-C. Fiorio, Diritto penitenziario e giustizia riparativa, 2023, La Tribuna, 512.
[44] G. Fiandaca, Punizione, Il Mulino, 2024, 90 ss., mette in luce la complessità polivalente del paradigma, le aderenze alla visione solidaristica di matrice cattolica, le carenze rispetto a un’educazione alla legalità non coercitiva, che la mostra ancora poco tarata sulla prospettiva laica di offerta rieducativa nel nostro Paese
[45] A. Menghini, La rieducazione nella fase esecutiva: percorsi giurisprudenziali e realtà carceraria, in La rieducazione oggi, cit., 165 ss.; A. Pugiotto, Il volto costituzionale della pena (e i suoi sfregi), in Dir. pen. cont., 10 giugno 2014.
[46] E. Dolcini, Il principio della rieducazione del condannato: ieri, oggi, domani, in Riv. it. dir. proc. pen., 2018, 1667
[47] F. Palazzo Relazione introduttiva. La rieducazione: un bilancio sommario, in La rieducazione oggi, cit., 7.
[48] Ancora F. Palazzo, op. ult. cit.
[49] Bene chiarisce gli ostacoli all’attuazione della rieducazione nel vaglio di sorveglianza F. Gianfilippi, La rieducazione nell’opera della magistratura di sorveglianza, in La rieducazione oggi, cit., 194.
[50] M. Pelissero, Guardando avanti, in La riforma Cartabia tra non punibilità e nuove risposte sanzionatorie, cit., 227.
[51] Sulla valutazione a più alta valenza risocializzante si è soffermata pure Corte cost. 26 febbraio 2020, n. 32, in Giur. cost., 2020, 229.
[52] I nessi fra personalismo, eguaglianza, rieducazione sono evidenziati da R. Bartoli, in Giustizia vendicatoria, giustizia riparativa, costituzionalismo, in Studi in onore di Carlo Enrico Paliero, Giuffrè, 2022, 543. Secondo E. Mattevi, La rieducazione nella prospettiva della giustizia riparativa: il ruolo della vittima, in La rieducazione, cit., 70, l’art. 27 Cost. svolge il significato di «referente fondamentale».
[53] A. Garapon, Justice caught between being and having, in Intern. Journal Rest. Just., 2022 vol. 5(2), 165 ss., sottolinea l’efficacia simbolica della giustizia dell’essere che ci riconduce ai valori comuni in una comprensione condivisa della vita.
[54] M. Donini, Pena agìta e pena subìta. Il modello del delitto riparato, in Quest. giust., 29 ottobre 2020, 16; M. Bortolato, La disciplina organica, cit., 1262.
[55] G. De francesco, Il silenzio e il dialogo. Dalla pena alla riparazione dell’illecito, in www.lalegislazionepenale.eu, 1° giugno 2021, 15.
[56] § 2, ritenuto in fatto.
[57] T. Greco, La giustizia che guarda. Sul diritto della fiducia nella mediazione e nella riparazione, in Il senso della mediazione dei conflitti, a cura di M. Martello, Giappichelli, 2024, 86; S. D’amato, La giustizia riparativa tra istanze di legittimazione ed esigenze di politica criminale, in Arch. pen., 1, 2018, 5.
[58] V. Manes, La vittima, eroe contemporaneo, in questa rivista, 7 agosto 2024, 5.
[59] G. Gatta, La giustizia riparativa: una sfida del nostro tempo, in Sist. pen., 28 Ottobre 2024, 1 ss.
[60] M. Donini, Diritto penale e processo come legal system, in Forme, riforme e valori, cit., 20; M. Venturoli, Verso un nuovo paradigma di individualizzazione della pena? osservazioni a margine del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, ivi, 596. Altresì, C. Iagnemma, Profili di una discrezionalità umanistica in materia di giustizia riparativa, in Dir. pen. proc., 2023, 110 ss.
[61] Nella originale categorizzazione di R. A. DUFF, Proportionality and the Bindingness of Fundamental Rights, in E. Billis-N. Knust-J. P. Rui (Ed.), Proportionality in Crime Control and Criminal Justice, Hart Publishing, 2021, 29 ss.
[62] Lo afferma autorevolmente, supportato da un recente studio condotto in Mariland, J. Braithwaite, Il crimine ferisce, la giustizia ripara, in Il sole 24 ore Domenica, 17 novembre 2024, II.
[63]E. Luna, Punishment Theory, Holism, and the Procedural Conception of Restorative Justice, in Utah Law Review, 2003, 205 –
[64] § 2 Ritenuto in fatto.
[65] Amplius, E. Cataldo, Il regime del 41 bis O.P. e la rieducazione penitenziaria, Aracne, 2023. 34, A. Della Bella, Il “carcere duro” tra esigenze di prevenzione e tutela dei diritti fondamentali. Presente e futuro del regime detentivo speciale ex art. 41 bis O.P., Giuffrè, 2016, 110.
[66]Corte cost. n. 349 del 1993; analogamente, nn. 20 e 122 del 2017.
[67] Sulla scia di principi affermati da Corte cost., n. 186 del 2018.
[68] F. Gianfilippi, Il decreto-legge 4 luglio 2024 n. 92 “Carcere sicuro” e le attese del mondo penitenziario, in Giust. insieme, 10 luglio 2024.
[69] M. Ruotolo, Riflessioni sui possibili margini di intervento parlamentare in sede di conversione del decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92 (decreto carcere). appunti a prima lettura, in Sist. pen., 11 luglio 2024.
[70] L’art. 1 comma 4 della l. 27 settembre 2021, n. 134, consente entro i due anni successivi dalla data di entrata in vigore di adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi.
[71] Segnalano la tendenza crescente ad avviare programmi per questo tipo di reati: B. Pali – I.D. Marder, Genesi ed evoluzione della giustizia riparativa in Europa, in La disciplina organica della giustizia riparativa, cit., 38 ss.; ribadisce il tratto olistico della GR M. V. Del Tufo, Giustizia riparativa ed effettività nella Proposta della Commissione Lattanzi (24 maggio 2021), in Arch. pen., 2021, 8.
[72] A. Menghini, Giustizia riparativa: i principi generali, in Sist. pen. online, 24 novembre 2023, 14 segnala la peculiare vulnerabilità delle “vittime” di mafia; preoccupazioni condivise da E. Ianniciello, Mafia e cultura della composizione, in La giustizia riparativa, cit., 69 ss.
[73] Conclusioni cui è pervenuto il G.i.p. Trib. Napoli, 11 gennaio 2024, X, in Cass. pen., 2024, 2354.
[74] Sul vaglio di utilità, volendo, Corte Ass. Busto Arstizio, 19 settembre 2023, Maltesi, in Foro on line, 29 settembre 2023, nota di P. Maggio– F. Parisi, Invio giudiziale a percorsi di giustizia riparativa con vittima “aspecifica”, contro la volontà dei familiari della vittima diretta, in una fattispecie di omicidio aggravato: un caso che continua a far discutere.
[75] M. Ruaro, Non è irragionevole un regime probatorio differenziato (e più favorevole) per l’accesso ai permessi premio da parte dei condannati per reati ostativi in caso di accertamento della collaborazione impossibile, in Riv. it. dir. proc. pen. 2022, 545;; A. Lorenzetti, Il sistema delle fonti nel settore penitenziario. Una prospettiva di diritto costituzionale, Edizioni scientifiche italiane, 2024, 70 ss.
[76] A.M. Maugeri, La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sui diritti dei detenuti tra istanze garantiste e compromessi politici, in Europa umana. Scritti in onore di Paolo Pinto de Albuquerque, a cura di D. Galliani-E. Santoro, Pacini, 2020, 508 ss.; M. Ruotolo, L’incidenza della Cedu sull’interpretazione costituzionale. il “caso” dell’art. 27, comma 3, Cost., in Rivista AIC, 2013, n. 2, 5. 135; V. Onida, Sulle pene perpetue: un confronto a tutto campo sui rapporti fra Corte dei diritti e giurisprudenza interna, in Paulo Pinto de Albuquerque. I diritti umani in prospettiva europea, a cura di A. Saccucci, Edizioni scientifiche, 2021, 697.
[77] Corte EDU, sez. I, 13 giugno 2019, Viola c. Italia (n. 2), ric. n. 77633/16.
[78] Per esempio, Corte cost. n. 135 del 2003 e Corte cost. n. 68 del 1995.
[79] Il riferimento è a Corte cost. n. 253 del 2019, in Giur. cost., 2019, 3103 ss. con nota di A. Pugiotto, Due decisioni radicali della corte costituzionale in tema di ostatività penitenziaria: le sentt. nn. 253 e 263 del 2019.
[80] Ancora A. Pugiotto, La sentenza n. 253/ 2019, della Corte costituzionale, una breccia nel muro dell’ostatività penitenziaria, in Forum Quad. cost. 4 febbraio 2020, 1 ss.
[81] Corte cost. 7 giugno 2013, n. 135, con nota di M. Ruotolo, “The domestic remedies must be effective”: sul principio di effettività della tutela giurisdizionale dei diritti dei detenuti, in Rivista AIC, 2013, 4, 7.
[82] F. Del Vecchio, Presunzioni legali e rieducazione del reo, Giappichelli, 2020, 63 ss.; M. Ruotolo, Corte costituzionale e legislatore, in Dir. soc., 2020, n. 1, 53 ss.; S. Lonati, Verso il tramonto dell’ostatività penitenziaria: un’attesa lunga trent’anni, in Arch. pen., 2022, 91. Tra le censure più recenti sulle presunzioni che impediscono al giudice di valutare la ragionevolezza delle situazioni (Corte cost. n. 162 del 2024).
[83] Sulle ricadute della mancata collaborazione Corte cost. n. 20 del 2022, a commento della quale A. Pugiotto, C’è silenzio e silenzio. La “non collaborazione” nel regime ostativo penitenziario in trasformazione, in Giur. cost., 2022, 282 ss.
[84] G. Giostra, Verso un’incostituzionalità prudentemente bilanciata? Spunti per una discussione, in Il fine e la fine della pena, a cura di G. Brunelli-A Pugiotto-P. Veronesi, Amicus Curiae, 2020, 37-39.
[85] Corte cost. 11 maggio 2021, n. 97, in Giur. cost., 2021, 1169, con nota di A. Pugiotto, Leggere altrimenti l’ord. n. 97 del 2021 in tema di ergastolo ostativo alla liberazione condizionale. La decisione sospensiva e la fissazione di un inascoltato termine a provvedere sono sfociati nella decretazione di urgenza (D.L. n. 162 del 2022 conv. dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199).
[86] Già V. Grevi, Premessa verso un regime penitenziario progressivamente differenziato: tra esigenza di difesa sociale ed incentivi alla collaborazione con la giustizia, in Id., L’ordinamento penitenziario, Cedam, 1994, 4.
[87] M. Donini, Mafia e terrorismo come “parte generale” del diritto penale. il problema della normalizzazione del diritto di eccezione, tra identità costituzionale e riserva di codice, in DisCrimen, 30 maggio 2019, 45.
[88] Corte cost. n. 149 del 2018.
[89] P. Corvi, Ergastolo ostativo: la risposta del legislatore alla Consulta, in Proc. pen. giust., 2023, n. 3, 729; F. Polacchini, Fine pena (forse): ergastolo ostativo e prospettive di riscatto, in Federalismi.it, 2023.
[90] Cass., sez. I, 20 novembre 2018, n. 53394, in CED, n. 274850.
[91] Cass., sez. I, 14 luglio 2021, n. 33743, con commento di F. Gianfilippi, Dopo la sentenza n. 253/2019 della Corte costituzionale: oneri di allegazione e istanze di permesso premio dell’ergastolano non collaborante, in Sist. pen., 20 settembre, 2021.
[92] Cass., sez. I, 26 gennaio 2024, n. 16329, ined.
[93] S. Mastropasqua, La riforma del regime ostativo ex art. 4-bis ord. penit.: prime applicazioni, implicazioni e prospettive, in Sist. pen., 25 giugno 2024.
[94] Cfr. Cass., sez. I, 15 giugno 2020, n. 18881, in Dir. giust., 23 giugno 2020.
[95] A. Menghini, Revisione critica, professione di innocenza e accesso ai benefici penitenziari, in Giur. it., 2023, n. 11, 2458 ss.; Cass., sez. I, 30 marzo 2023, n. 23556, in Dir. giust., 1° giugno 2023.
[96] D. Galliani, Il decreto legge 162/2022, il regime ostativo e l’ergastolo ostativo: i dubbi di costituzionalità non manifestamente infondati, in Sist. pen., 21 novembre 2022; R. De Vito, Finisce davvero il “fine pena mai”? Riflessioni e interrogativi sul decreto-legge che riscrive il 4-bis, in Quest. giust., 2 novembre 2022.
[97] Cass. sez. V, 9 gennaio 2024, n. 11103, in NJus, 15 marzo 2024.
[98] S. Metrangolo, “Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate”: l’ergastolo ostativo e la sua problematica compatibilità con i principi costituzionali, in Arch. pen., 2023, n. 1, 49.
[99] Più diffusamente M. Bortolato, Giustizia riparativa ed esecuzione penale, in La giustizia riparativa, a cura di V. Bonini, Giappichelli, 2024, 298.
[100] Cass., sez. I, 10 gennaio 2024, n. 16321, in CED, n. 286347.
[101] Cass., sez. V, 20 febbraio 2024, n. 19980, in NJus.it, 20 maggio 2024.
[102] D. Pulitanò, Problemi dell’ostatività sanzionatoria. Rilevanza del tempo e diritti della persona, in Per sempre dietro le sbarre?, L’ergastolo ostativo nel dialogo tra le Corti, a cura di G. Brunelli – A. Pugiotto – P. Veronesi, Amicus Curiae, 2019, 156.
[103] Il comunicato è leggibile in http://www.marinacastellaneta.it/ (27 marzo 2023).
[104] L’art. 7 del d.l. 4 luglio 2024, n. 92, conv. nella l. 8 agosto 2024, n. 112, ha introdotto il comma 4- bis lett. f) dell’art. 41- bis.
[105] L. Eusebi, Giustizia punitiva e giustizia riparativa: quali rapporti? in Sist. pen., 24 novembre 2023, 11.