J’ADORE VENISE – DI LORENZO ZILLETTI
di Lorenzo Zilletti
Sentenze di appello già redatte prima dell’udienza a Venezia? Il metodo Rialto merita di essere emulato in ogni distretto giudiziario e, perché no, anche in Cassazione. J’adore Venise, Rome aussi.
Rughe, calli, campielli. Ma anche corti: per un prattico come chi scrive, quella sconta detta arcana. O quella d’appello, incompresa tessitrice di sentenze prêt-à-porter, orgoglio della fashion giudiziaria italiana.
Curate in ogni minimo dettaglio, eccetto che per la firma dei loro couturiers, hanno fatto imbufalire gli insensibili avvocati penalisti, così aggrappati a modelli procedurali ormai d’antan: perché pretendere che un collegio giudicante debba sorbirsi noiose discussioni, prima di decidere le sorti di un’impugnazione? Perché esporlo all’ ingannevole influenza del contraddittorio tra le parti, quando il valente collega relatore ha già distillato l’essenza del gravame?
Si obietta: <<ma allora, la collegialità?>>. Terribilmente démodé, in tempi di giustizia predittiva. Rallenta l’efficienza della macchina e oblitera che, da Durkheim in avanti, le attività specializzate sono considerate un bene per l’individuo.
Marxiana, quindi la posizione di UCPI, nella sua strombazzata ostilità alla divisione del lavoro.
Marxiana e ottusa, incapace di cogliere i tanti e indubitabili benefici che piovono sull’avvocatura da questa serenissima prassi.
Vediamone soltanto alcuni, iniziando dal più importante: le coronarie. Basta con le spasmodiche attese del dispositivo, generatrici d’ansia e foriere di nefaste ipertensioni. Sapendo da prima e con certezza come andrà a finire, l’avvocato potrà rilassarsi durante la camera di consiglio, senza scommettere sulla sua polisensa durata: riforma, conferma o cappuccino?
Secondo: il figurone col cliente. Tempestati di domande sull’incombente esito dell’appello, si potrà rispondere con sicumera da chiromante e senza tema di smentite: <<finirà così>>, facendo persino sfoggio di intuizione degli argomenti che saranno adoperati dai giudici.
Terzo: la notula. In caso di mala parata, si provvederà a onerare l’assistito dell’integrale suo pagamento anticipato, evitando di esporsi alle umoralità nascenti dalla soccombenza.
Quarto: il portarsi avanti. Senza attendere il formale deposito della motivazione, si lucreranno giorni per redigere l’eventuale ricorso per cassazione, infischiandosene del pagamento dei diritti di copia e dei ritardi endemici con cui le cancellerie assottigliano il termine per impugnare.
Quinto: il tempo libero. Anziché districarsi tra mille impegni per raggiungere la sede dell’udienza, vi si potrà spedire il più sfigato dei sostituti, senza codice e fascicolo di studio.
Nessun pregiudizio dall’invalso abuso del decamerone (dieci decisioni per camera di consiglio) e pennica assicurata anche in caso di slittamenti al pomeriggio.
Insomma, il metodo Rialto merita di essere emulato in ogni distretto giudiziario e, perché no, anche in Cassazione. J’adore Venise, Rome aussi.