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LA “SOSPENSIONE” DELLA LIBERTÀ PER LA SOLIDARIETÀ – DI STELLA ROMANO

LA “SOSPENSIONE” DELLA LIBERTÀ PER LA SOLIDARIETÀ – DI STELLA ROMANO

di Stella Romano

Il nostro Paese sta vivendo un momento certamente straordinario, senza precedenti almeno in tempo di pace e in età repubblicana. Ma non è lo stato di eccezione. Se lo stato di eccezione, come aveva teorizzato Carl Schmitt, mette a nudo le radici di ogni ordinamento costituzionale, che poggia sempre su una decisione politica fondamentale, cioè quella di proteggere gli amici e combattere i nemici, ad oggi il nostro nemico non ha un volto, un confine fisico, un’identità nazionale, una connotazione politica. Il virus che si è capillarmente insinuato nelle nostre vite, costringendole ad un virulento ripiegamento su loro stesse, non fa distinzioni di sorta, non ammette confini e costringe la politica a venire a patti con la necessità, l’indifferibilità e l’urgenza. Se, infatti, come scrisse lo stesso Schmitt, sovrano è chi ha il potere di decidere sullo stato di eccezione, bisogna ammettere che questo è uno stato di eccezione senza sovrano e senza decisioni, ma che, al medesimo tempo, scopre le radici profonde della nostra Costituzione. A differenza di una catastrofe naturale, il virus non conosce scosse di assestamento e svela in maniera eclatante la vera ed unica condizione personale e collettiva: la fragilità dei corpi e delle Nazioni. Rimosse da un sempre identico presente virtuale immanente nella blog – sfera dei social e della rete, si condensano dinnanzi ai nostri occhi di singoli individui immagini cariche di sofferenza, di malattia e di morte. Allo stesso tempo, la fragilità collettiva si riverbera sull’Eurogoverno, che costretto a fronteggiare una crisi sanitaria (ed economica) senza precedenti, abbandona i tecnicismi dell’austerità per compiere una serie di passi prima assolutamente non contemplabili: la sospensione del Fiscal Compact, il congelamento del Patto di stabilità, aiuti alle imprese prostrate dalla pandemia. L’Europa, colpita nel suo cuore pulsante, ossia Schengen, si trova nella straordinaria necessità di assumere decisioni politiche per il bene comune. Quel bene comune che, su altri fronti, e per mezzo di complicati sofismi e tecnicismi, ha sempre egoisticamente rifiutato di assurgere a corpo e radice della sua legittimazione politica. Se questo è vero, la sospensione dell’esercizio di alcune nostre libertà fondamentali, quali la libertà di riunione o di circolazione, quale misura eccezionale assunta dall’organo governativo per contenere un’emergenza sanitaria dai contorni preventivamente indefinibili, ci impone di gettare il nostro sguardo alla vera accezione del significato di libertà, fondamento dello stato democratico e, che, oggi, ci appare come un mero e vuoto simulacro, in quanto spento in alcune delle sue dimensioni imprescindibili. La necessità ci costringe, cioè, a calare la dimensione della libertà nel suo primigenio contesto dello Stato – comunità, che altro non significa che “etica della responsabilità” nonché “assumere nei confronti delle proprie azioni le prospettive critiche che sono tipiche dell’esperto, dell’Altro generalizzato e del proprio Se” (C. Offe).  In altri termini, la libertà si riappropria del proprio versante umano e sociale, spogliandosi di quello meramente proprietario e individualista, per vivificarne i tessuti legati ai doveri inderogabili di solidarietà umana e sociale, che altro non sono che sviluppo e corollario indefettibile del principio personalista, linfa circolante di ogni ordinamento costituzionale. La Polis tutta, nelle sue varie componenti, è chiamata a stringersi, ad obliterare le divisioni, ad appoggiare la classe dirigente, proponendo soluzioni nell’interesse della Comunità: soluzioni capaci di superare non le distanze fisiche, ma quelle dettate dall’ideologie, dai populismi, e dai falsi idoli per recuperare un senso alto di Stato, un senso diverso di “integrazione” (Smend), di “agire comunicativo” (Habermas) e in, ultima istanza, di “essere per gli altri”(Heidegger).