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LAVORI IN CORSO – DI GIORGIO SPANGHER

LAVORI IN CORSO – DI GIORGIO SPANGHER

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di Giorgio Spangher

Luci e ombre della riforma del processo penale, o meglio di quella che si può definire una ampia novellazione.

1.
Per comprendere – con una certa approssimazione, peraltro – cosa sia oggi la giustizia penale, citerò queste date: 2005 (riforma della prescrizione); 2015 (per l’art. 525 cpv c.p.p.: Sez. un. Iannasso, sentenze costituzionali); 2017 (Sez. un. Bajrami, C. cost. n. 132 del 2018); 2020 (modifica ipotizzata dell’art. 190, comma 1 bis, c.p.p., da Bonafede, direttiva comma 11 lett. d) della l. Cartabia e prima della proposta Lattanzi); 2021 (riforma della giustizia penale: Bonafede, Lattanzi, Cartabia 1, Cartabia 2, che sceglie, è costretta a scegliere, proprio l’ipotesi espressamente esclusa da Lattanzi). In altri termini: la riforma penale nel labirinto della politica (intesa in senso lato).

Ora, la politica ha esaurito il suo lavoro, ha filtrato nel prisma delle ideologie le posizioni degli attori, protagonisti e comprimari (accademia, avvocatura, magistratura) e delle forze politiche nelle formulazioni prospettate dai diversi responsabili giustizia dei partiti e movimenti.

Possiamo esprimere le nostre opinioni al riguardo, anche io, ne ho – sistema sanzionatorio e proposte Lattanzi – ottimisti, pessimisti; giudizi positivi, negativi; bandierine, piantate o tolte, limitazione dei danni, e quant’altro. Domani al riguardo, ciascuno racconterà la sua verità.

2.

Ora la politica ci consegna una legge. La politica ha esaurito il suo compito (es.: art. 380 c.p.p.) e cerca di guadagnare tempo (differimento di tempi per ridurre l’impatto, riforme che poi arrivano; regimi transitori).

La legge va alla verifica delle aule e delle Corti superiori: interpretazioni, decisioni e comportamenti dei giudici (c.d. triennalità) e di avvocati (tenere accesa la fiamma del processo). Con l’improcedibilità si parte da zero, con il decorso della prescrizione il processo ha già esaurito un tratto di strada.

I termini perentori per i magistrati sono ansiogeni.

Allora vediamola, in termini di stretto diritto (anche al di là della definizione: improcedibilità/improseguibilità, dell’azione penale o del processo) questa legge, soprattutto, nella parte di più prossima applicazione (l’improcedibilità).

Ci sono questioni che sarà necessario chiarire: operatività o meno per l’appello della sentenza di non luogo (art. 428 c.p.p.), e per l’appello della parte civile per i soli interessi civili. Cessazione della prescrizione per la sentenza predibattimentale ex art. 469 c.p.p. Questioni complesse per le sentenze predibattimentali del giudice monocratico. Quid iuris in caso di conversione del ricorso in appello? Operatività anche per gli appelli delle sentenze del giudice onorario.

Residuano incertezze in materia di annullamento con rinvio certamente in caso di annullamento parziale. Dubbi circondano anche i profili connessi all’annullamento delle decisioni di inammissibilità.

Non può essere applicato l’art. 129 c.p.p. (a differenza della prescrizione) con pregiudizio per l’imputato innocente.

Non è chiaro se operi o meno il ne bis in idem, considerato il silenzio dell’art. 649 c.p.p.

La problematica operatività della modifica dell’art. 578 comma 1 bis c.p.p. sarà superata dalla più ampia riforma del processo per gli interessi civili, prevista da una direttiva della legge delega.

Se nessun problema si prospetta nel caso in cui in primo grado la prescrizione sia correttamente concessa o correttamente negata, potendo il giudice d’appello decidere in termini confermando l’estinzione, oppure negandola decidere nel merito ovvero, sforando i tempi, dichiarare l’improcedibilità, questioni si prospettano nel caso di cui all’art. 604, comma 6 c.p.p., cioè, quando la prescrizione sia stata erroneamente applicata.

Non sono pochi i dubbi di costituzionalità:

            – per l’irragionevolezza del doppio regime dei 2 orologi (1 anno in primo grado e improcedibilità se non si decide, quando non si sarebbe prescritto); processo lungo in prima istanza e nessuna improcedibilità se deciso in termini, quando si sarebbe prescritto;

            – dell’art. 161 bis c.p. sui tempi del decorso della prescrizione dopo annullamento;

            – delle decisioni di proroga dei termini da parte dello stesso giudice procedente nella misura in cui mancano criteri tassativi di operatività; responsabilità in caso di mancata richiesta; mancata previsione di impugnabilità in caso di rigetto della richiesta di proroga formulata dalle parti;

            – per l’irragionevolezza dei termini delle varie ipotesi di reato e relativamente alle questioni in caso di diversa qualificazione del fatto;

            – per l’esclusione della funzione giurisdizionale; con la declaratoria di improcedibilità, non c’è né condanna né proscioglimento; sono assorbite le precedenti decisioni sia di condanna, sia di assoluzione; si caducano le misure cautelari personali (anche quelle a tutela della vittima) e quelle reali; l’imputato perde il diritto alla riparazione per l’ingiusta detenzione; vengono meno i provvedimenti civili provvisoriamente esecutivi nonché le decisioni di confisca; nessuna decisione sul querelante; la sentenza non ha autorità di giudicato in sede civile o disciplinare;  si prospettano questioni sul valore probatorio del materiale in un altro procedimento; in caso di annullamento con rinvio per la determinazione della pena viene meno il giudicato sulla responsabilità; forse l’imputato può avvalersi della legge Pinto.

            – per le questioni in tema di retroattività;

È vero: il problema del processo non è la prescrizione ma bisogna spiegarlo a chi ha per due anni incanalato il confronto su questi aspetti, “avvelenando i pozzi”.

3.

Con la legge è stata approvata una delega per una più ampia novellazione (non si parli di riforma del processo penale) e nuovamente bisognerà vedere come le direttive troveranno attuazione. In relazione ai tempi, bisognerà considerare l’evoluzione del quadro politico. Abbiamo visto le sorti della riforma penitenziaria e come il mutato quadro politico con l’accentuato ruolo dell’avvocatura e la perdita di credibilità della magistratura abbia inciso sui contenuti della riforma.

Bisognerà vedere come in relazione ai tempi dei gravami verranno innestate alcune previsioni della disciplina delle impugnazioni contenute nella legge delega.

Pur dovendo riscontrare positivamente “la sparizione” della direttiva sulla operatività della procedura generalizzata di inammissibilità ex art. 610 c.p.p., non possono non segnalarsi: la modifica degli artt. 582 e 583 c.p.p. (anche se va considerato lo sviluppo del processo telematico); gli oneri gravanti sull’atto di impugnazione; i limiti alla rinnovazione probatoria dell’abbreviato condizionato; la doppia specificità dei motivi di appello; l’oralità a domanda; la riduzione delle sentenze appellabili; la premialità per evitare impugnazioni; nonché come detto il comportamento dei giudici d’appello, non potendosi escludere sterilizzazioni dei tempi per effetto di declaratorie di inammissibilità.

Attenzione: collegialità e domanda in appello del rito monocratico; decorrenza dei termini dall’arrivo degli atti; nuovi filtri di ammissibilità alle impugnazioni e relative procedure; previsioni di nuovi reati che richiedono tempi di definizione più lunghi.

4.

Sul piano della delega, è difficile contestare alcune conclusioni: la Riforma Bonafede si caratterizzava per alcuni profili autoritari: recupero delle dichiarazioni fatte davanti ad un Collegio diversamente composto; nuova delega al difensore per l’appello, giudice monocratico del giudizio d’appello del rito monocratico, solo per citare gli aspetti maggiormente significativi.

Il discorso, pur nel conservato impianto – suscettibile però di qualche “apertura” – va quindi operato, anche per la parte relativa alla delega, tra la proposta Lattanzi e quella Cartabia.

Mossosi liberamente senza condizionamenti politici, nella prospettiva di un decongestionamento del processo penale della c.d. giustizia 25%, la Commissione elabora una proposta organica e soprattutto di livello sistematico e tecnico di significativo e alto profilo. Muovendosi nell’orizzonte della contestuale Riforma del sistema sanzionatorio, che resterà per larga parte non toccata da modifiche di sistema, ma dove si riscontreranno anche in questo comparto le limature alla premialità dei percorsi alternativi, la proposta Lattanzi si articola secondo due elementi strutturali collegati: l’incremento dei percorsi alternativi tesi a decongestionare il carico giudiziario con significativi risvolti premiali e contenimento consequenziale del giudizio di appello coordinati e integrati da una regola di giudizio (o presupposto) fattuale di responsabilità. In altri termini, l’esito di condanna prevedibile favorisce l’accesso ai riti speciali deflattivi e premiali, lasciando spazio ad un’attività di controllo mirata e selezionata nei contenuti (motivi d’appello predeterminati).

Condizionata dalle forze politiche che la sostengono e devono sostenerla nel passaggio più difficile, quello sulla prescrizione – durata dei giudizi di impugnazione – la proposta del Ministro perde quasi tutti gli elementi di novità dell’elaborato Lattanzi: viene riscritta la regola di giudizio in termini prognostici, soltanto un po’ più elevata rispetto all’attuale art. 125 disp. att. c.p.p.; viene reintrodotto l’appello per motivi specifici, ma non predeterminati; vengono ridotte le soglie di accesso e di definizione della premialità; vengono escluse alcune situazioni deflattive ed acceleratorie (archiviazione meritata; abbreviato condizionato celebrato al dibattimento); risulta complessivamente ridimensionato, come anticipato, anche il sistema sanzionatorio (tenuità del fatto e messa alla prova).

Alcuni elementi di tutela del diritto di difesa della proposta Lattanzi sono confermati: la disciplina della rinnovazione delle dichiarazioni davanti ad un diverso giudice; l’improcedibilità per assenza dell’imputato; l’esclusione, con qualche cautela, del giudice monocratico nell’appello del rito monocratico; alcune previsioni in tema di notificazione ed elezione di domicilio; l’esclusione di preclusioni nel concordato in appello.

Non valgono ad alterare queste considerazioni, anche perché di segno contraddittorio, gli emendamenti accolti in sede parlamentare destinati invero a “premiare” la fedeltà delle varie componenti per l’intervenuto ritiro dei propri emendamenti del testo del Governo.

Gli elementi di forza sono la riforma del sistema sanzionatorio sul quale si innestano, seppur ridimensionate, come detto, le ipotesi deflattive, nel generale riallineamento sistematico (procedibilità a querela; rigore delle contravvenzioni, patteggiamento, tenuità del fatto, messa alla prova, abbreviato, mediazione).

Vanno segnalate alcune messa a punto sui tempi processuali nell’intento di renderli più stringenti (iscrizione ex 335 c.p.p.; proroghe; passaggi di fasi; calendarizzazione delle udienze).

Sono presenti alcuni profili di funzionalità in tema di notificazioni, di documentazione degli atti processuali e di processo in assenza; si introduce una sentenza di improcedibilità in caso di assenza.

Restano le criticità: restano socchiuse le finestre di giurisdizione (tabulati); permangono carenti le garanzie sulle modalità di svolgimento dell’esame incrociato; si mantiene elevato il recupero dei precedenti.

5.

Va valutato positivamente, fatte salve successive verifiche, il conferimento di risorse umane e materiali, l’informatizzazione della macchina e la digitalizzazione delle attività processuali.

Tuttavia bisognerà prestare attenzione a non imboccare la strada di una visione accentuatamente economicistica della giustizia, soprattutto di quella penale.