SEZIONI UNITE PENALI VERSUS CEDU SUI FRATELLI MINORI DI CONTRADA: PROBLEMA DOGMATICO O SCELTA DI POLITICA CRIMINALE? – DI ADELMO MANNA E MARGHERITA PICCARDI
MANNA-PICCARDI – SEZIONI UNITE PENALI VERSUS CEDU SUI FRATELLI MINORI DI CONTRADA: PROBLEMA DOGMATICO O SCELTA DI POLITICA CRIMINALE?PDF
di Adelmo Manna* e Margherita Piccardi**
Sommario: 1. Introduzione: l’evoluzione storica del concorso esterno. 2. L’evoluzione giurisprudenziale del concorso esterno. 3. La sentenza della CEDU Contrada. 4. La diversa opinione e la sostanziale chiusura delle Sezioni unite penali, ricorrente Genco. 5. Gli argomenti addotti, come la mancanza di una sentenza pilota ed il loro superamento in base alla giurisprudenza della CEDU, che ritiene, comunque, applicabili le proprie sentenze negli Stati membri. 6. La vera ragione che sta al fondo della chiusura della giurisprudenza della Cassazione, ovverosia la negazione che il concorso esterno sia una création prétorienne, in quanto si basa sugli artt. 110 e 416-bis c.p. 7. L’ulteriore dimostrazione dell’addebito di création prétorienne, lo si ricava, ad esempio, anche dal leading case Andreotti e, comunque, dall’ancora insoddisfacente soluzione derivante dal plurimo intervento delle Sezioni unite penali. 8. Conclusione: risulta fondato il richiamo all’art. 7 CEDU – da interpretarsi con riferimento anche alla qualificazione giuridica del fatto – per cui da ciò si può chiaramente evincere come resti decisivo l’ostacolo di politica criminale, nel senso di far prevalere le esigenze general-preventive rispetto alle garanzie, quando si tratta del “diritto penale del nemico”, cioè a dire della criminalità organizzata.
- Introduzione: l’evoluzione storica del concorso esterno.
Il concorso esterno in associazione di tipo mafioso, come ricordava nel convegno[1] il Cons. Raffaello Magi nella sua relazione, risale nel tempo, in quanto già la Corte di appello di Palermo, nella seconda metà dell’800, aveva pronunciato delle sentenze in cui si faceva riferimento a detto “fenomeno giuridico”[2].
Tanto ciò è vero che nel codice penale del 1930 sono state previste due specifiche ipotesi di concorso esterno, come fattispecie criminose autonome e cioè l’art. 270-ter c.p. nei delitti contro la personalità dello Stato e, per quanto qui ci riguarda, l’art. 418 c.p., intitolato non a caso “Assistenza agli associati”. Tale ultima fattispecie appare chiaramente ripercorrere le tematiche attualmente dibattute sul concorso esterno, in quanto punisce chiunque, fuori dalle ipotesi di concorso nel reato o di favoreggiamento, “dà rifugio o fornisce vitto, ospitalità, mezzi di trasporto, strumenti di comunicazione”[3] a taluna delle persone che partecipano all’associazione.
Orbene, ciò sta a dimostrare come il concorso esterno non fosse affatto estraneo al codice penale del ‘30, tant’è vero che è stato codificato in due diverse disposizioni legislative. Il problema, tuttavia, consiste nel fatto che il concorso esterno, in tali due disposizioni, è costruito avendo presente organizzazioni criminali di tipo ancora rurale e ciò spiega perché queste fattispecie si incentrino sul dare rifugio o sul fornire vitto.
In altri termini, il c.d. concorso esterno non poteva che interfacciarsi allora con la mafia che aveva inutilmente tentato di debellare il Prefetto Mori e che era ancora una mafia i cui appartenenti servivano da guardie armate ai latifondisti[4].
- L’evoluzione giurisprudenziale del concorso esterno.
Proprio in base a quanto da ultimo osservato, la giurisprudenza non poteva che interfacciarsi, sia con l’evoluzione sociale, sia, soprattutto, con l’evoluzione dei rapporti intessuti dalla criminalità organizzata che, dopo la stagione stragista dei Corleonesi, si è progressivamente trasformata in mafia imprenditrice, inizialmente per merito di Bernardo Provenzano e, attualmente, per merito di Matteo Messina Denaro[5].
L’organizzazione criminale e, in particolare, la mafia, ma non solo, ha preferito adottare tale tipo di strategia, quando si è resa conto che evidentemente con le stragi non si riusciva a far cambiare allo Stato la legislazione in materia, che, anzi, si è inasprita ulteriormente. Da qui, però, l’emergere del fenomeno della “mafia silente” che ha anche contribuito a trasformare giurisprudenzialmente l’art. 416-bis c.p.[6], con la coesistenza di due diverse correnti giurisprudenziali, persino in Cassazione.
L’evoluzione giurisprudenziale del concorso esterno, consiste, però, più specificamente, nell’aver ricompreso, in detto fenomeno giuridico, anche soggetti che non erano affatto inseriti nella fattispecie criminosa dell’assistenza agli associati.
Ciò in quanto la giurisprudenza stessa si è resa conto che, attualmente, possono recare un contributo dall’esterno alle associazioni criminali anche i magistrati, laddove deviino la propria attività giudiziaria a favore di tali organizzazioni, i politici, se i loro orientamenti risultano condizionati da quelli delle organizzazioni stesse, gli avvocati, soprattutto se fungono da tramite tra coloro che sono in carcere e coloro che, invece, sono ancora in libertà, nonché, infine, i commercialisti, se tengono i bilanci delle società in odore di mafia in maniera contraria al vero ed i medici, laddove predispongano referti falsi per far uscire dal carcere i componenti della criminalità organizzata ivi ristretti.
Lo schema di fondo è sempre il medesimo, cioè a dire i concorrenti esterni lavorano a favore delle organizzazioni criminali che, a loro volta, proteggono i concorrenti esterni.
Ciò avviene anche da parte degli industriali, i quali, sovente, pagano il c.d. pizzo per ottenere protezione ed evitare che vengano incendiati i loro capannoni.
Di tutto quanto sopra la giurisprudenza non poteva evidentemente non tenerne conto e, quindi, una corrente della stessa ha ampliato interpretativamente l’art. 418 c.p., ma altro tipo di giurisprudenza ha optato, invece, per un’interpretazione stricta, per cui alla fine sono dovute intervenute le Sezioni unite, ma solo a partire dal 1995[7].
- La sentenza della CEDU Contrada.
In questa situazione di incertezza giurisprudenziale, pre-Sezioni unite della Cassazione, ci si è posto il problema, a livello CEDU, della sorte da riservare a quei casi in cui il soggetto era stato condannato, con sentenza passata in giudicato, per concorso esterno in associazione di tipo mafioso, ma anteriormente all’intervento almeno della prima pronuncia del supremo consesso a SS.UU.
Il problema, infatti, riguardava e riguarda l’art. 7 CEDU che attiene al principio di stretta legalità, ma considerato nel suo versante soggettivo, ovverosia nel senso della “prevedibilità” della decisione giudiziaria[8].
La Corte europea, in particolare, si pone il problema del concorso esterno in associazione di tipo mafioso e, ciò che più rileva, lo considera frutto di création prétorienne e, quindi, in quanto tale, ritiene violato l’art. 7 CEDU, proprio perché al momento in cui è stato giudicato Contrada e, prima ancora, allorquando è passato all’azione, ancora vigeva un’incertezza, a livello giurisprudenziale, sul contenuto ed i limiti del concorso esterno, che evidentemente non consentiva al Contrada stesso “libere scelte di azione”[9].
Tale sentenza ha trovato la giurisprudenza nostrana, all’inizio, molto scettica perché, come verificheremo meglio in seguito, non era d’accordo nel ritenere l’evoluzione del concorso esterno frutto di una sorta di giurisprudenza giuscreativa, giacché, comunque, faceva riferimento al fondamento normativo dovuto al combinato disposto tra l’art. 110 c.p. e l’art. 416-bis c.p.
Da ultimo, però, la suprema Corte, mutando orientamento ed aderendo alla sentenza della CEDU, ha ritenuto di dover dichiarare ineseguibile ed improduttivo ad ogni effetto il giudicato di condanna di Contrada[10].
Il problema che, quindi, ora si è posto è quello relativo ai c.d. fratelli minori di Contrada, ovverosia di coloro che sono stati condannati con sentenza passata in giudicato, prima della sentenza delle Sezioni unite penali del 1995, ricorrente Demitry, in relazione ai quali si pone la questione se possano o meno beneficiare di una pronuncia analoga, che annulli quella di condanna, per contrasto con l’art. 7 CEDU.
- La diversa opinione e la sostanziale chiusura delle Sezioni unite penale, ricorrente Genco.
La Corte di cassazione a sezioni unite penali, ricorrente Genco[11] ha, invece, ritenuto che i principi affermati nella sentenza Contrada della CEDU non si possano estendere nei confronti di coloro che, estranei a detto giudizio, si trovino nella medesima situazione, quanto alla prevedibilità della condanna per il reato di concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso “in quanto la pronuncia non è una sentenza pilota” e non può considerarsi espressione di una giurisprudenza europea consolidata”.
- Gli argomenti addotti come la mancanza di una sentenza pilota ed il loro superamento in base alla giurisprudenza della CEDU che ritiene comunque applicabili le proprie sentenze negli Stati Membri.
Risulta, a nostro avviso, evidente come l’obiezione di un “diritto non sufficientemente consolidato” divenga l’espediente argomentativo principale per sottrarsi al potenziale effetto erga omnes delle sentenze di Strasburgo[12].
Tale argomentazione, tuttavia, non regge, tenendo conto che notoriamente le sentenze della CEDU che della CGCE si applicano negli ordinamenti degli Stati membri, indipendentemente che si tratti o no di sentenze pilota.
Il discorso infatti, a nostro avviso, è diverso, perché le Corti dei singoli Stati nazionali, come dimostra la c.d. saga Taricco, hanno il potere di fare agire la teoria dei c.d. controlimiti, nel senso che se, ad esempio, una Corte europea contrasti con i principi supremi dell’ordinamento del singolo Stato, si può con successo, come dimostra nuovamente la saga Taricco, contrapporre detta teoria, onde far prevalere i principi supremi del diritto nazionale rispetto a quelli europei[13].
Oltre questa ipotesi non si può validamente sostenere che la sentenza della CEDU non sia applicabile, in quanto sentenza pilota, non solo perché ciò contrasta con quanto da ultimo affermato, ma anche perché si è rivolto alla Corte europea, con ricorso ritenuto ammissibile dalla Corte europea medesima, l’ex senatore democristiano Vincenzo Inzerillo, che si trova in analoga situazione rispetto a quella di Contrada.
Allo stato, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto ricevibile il ricorso presentato dal suo legale[14], che è lo stesso difensore di Contrada[15].
Ciò sta a significare che, comunque la si pensi, anche la tesi della sentenza pilota sta cominciando a scricchiolare, giacché la CEDU ha ritenuto, ad esempio, ammissibile il ricorso dall’ex senatore democristiano di Palermo, Vincenzo Inzerillo, a riprova che, come ci si è icasticamente interrogati, evidentemente parafrasando il saggio, Contrada sembra non potersi più qualificare “figlio unico”[16].
- La vera ragione che sta al fondo della chiusura della giurisprudenza della Cassazione, ovverosia la negazione che il concorso esterno sia una créationprétorienne, in quanto si basa sugli artt. 110 e 416-bis c.p.
In realtà siamo dell’avviso che abbia ragione il Cons. Raffaello Magi della prima Sezione penale della Cassazione che, nella relazione al Convegno da cui ha preso le mosse questo saggio, ha dimostrato, senza infingimenti, come l’argomento della sentenza pilota o altri argomenti consimili integrino degli escamotages giuridici, dietro i quali si nasconde la netta opposizione della Corte di cassazione nei confronti dell’idea, sostenuta dalla CEDU, per cui il concorso esterno sia una création prétorienne, in quanto per la Cassazione il concorso esterno, comunque, ha due basi normative, ossia gli artt. 110 e 416-bis c.p.
Anche alle argomentazioni sostenute dalla Corte di cassazione, però, almeno a nostro avviso, possono essere mossi rilievi critici analoghi a quelli che il Cons. Magi ha rivolto alla CEDU, nel senso che entrambe risultano troppo superficiali e, quindi, non vanno a fondo dei problemi.
Con particolare riguardo alla sentenza Genco e, comunque, più in generale, all’atteggiamento di chiusura della Cassazione rispetto alla CEDU, va rilevato che non basta fare riferimento a due articoli del codice penale, per sostenere eo ipso che il concorso esterno possiede una base normativa e, quindi, non risulta di création prétorienne.
Bisogna, infatti, verificare di che tipo di disposizioni normative si tratta e se le stesse consentano o meno un’integrazione da parte della c.d. giurisprudenza giuscreativa.
Iniziando con l’art. 110 c.p. va evidenziato che, ad esempio, una voce così autorevole in dottrina, come quella del nostro decano, Marcello Gallo, anche se di recente ha ribadito la sua adesione alla concezione unitaria del concorso, non ha potuto, tuttavia, non rilevare il sottostante afflato repressivo che contrassegnava il cambio di paradigma, nel 1930, dalla concezione diversificata adottata nel codice Zanardelli a quella unitaria del codice Rocco, nonché la vaghezza dei contorni dello stesso art. 110 c.p.[17].
I rilievi giustamente sviluppati da Marcello Gallo, hanno fatto poi sostenere ad un altro grande penalista, del calibro di Giuliano Vassalli, come l’art. 110 c.p. sia addirittura una delle norme più sospette di incostituzionalità dell’intero sistema penale[18].
Le ragioni di incostituzionalità risultano, a nostro avviso, evidenti, nel senso che la prima attiene alla conseguente parificazione quoad poenam di tutti i concorrenti, che non può essere “salvata” dalla previsione di aggravanti ed attenuanti nell’ambito del concorso di persone nel reato, che in realtà rispondono al diverso argomento della Natur der Sache, nel senso che, comunque, una diversificazione sotto questo profilo è necessaria.
Ciò non può, però, arrivare a giustificare costituzionalmente la parificazione di tutti i concorrenti di cui all’art. 110 c.p., perché contrasta con il principio di uguaglianza-ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., che notoriamente impone il trattamento uguale di situazioni uguali, ma anche il trattamento differenziato di situazioni che sono diverse tra loro.
Il vulnus, tuttavia, più preoccupante ai nostri fini è quello del contrasto con il principio di stretta legalità, sub specie precisione e, in particolare, tassatività, giacché la norma in oggetto risulta una sorta di “contenitore vuoto”, entro il quale la giurisprudenza può appunto inserire i contenuti più conformi alle strategie perseguite, come dimostra proprio l’evoluzione del concorso esterno e, quindi, sotto questo profilo, la création prétorienne.
Dopo l’art. 110 c.p. – che, come hanno mirabilmente affermato Gallo e Vassalli, è una tra le norme più sospette di incostituzionalità dell’intero sistema penale, perché affetta da inguaribile vaghezza dei suoi contorni – la situazione afferente l’art. 416-bis c.p. non è più tranquillizzante sotto il principio di tipicità, giacché, come abbiamo anche in precedenza ricordato, tuttora si contendono il campo due diverse concezioni della norma in esame, di cui l’una considera l’art. 416-bis c.p. una norma a struttura mista[19] e, quindi, orientata al danno, mentre l’altra lo qualifica a struttura pura e, quindi, orientata al pericolo.
Tanto ciò è vero che, per ben due volte, si è ricorsi al Primo Presidente della suprema Corte di cassazione perché inviasse gli atti alle Sezioni unite penali, una nel 2015, Presidente Canzio, e l’altra più di recente. In entrambi i casi, tuttavia, i Primi Presidenti della suprema Corte hanno ritenuto di non inviare la questione alle Sezioni unite penali, evidentemente, aggiungiamo noi, perché risultava funzionale alla tenuta del sistema che coesistessero due diverse applicazioni giurisprudenziali dell’art. 416-bis c.p., una adatta alle mafie violente e l’altra più consona alle mafie silenti.
Sotto questo profilo, risulta interessante il tentativo della Cassazione, sesta Sezione penale, che ha concluso il processo c.d. di Mafia Capitale, aderendo alla tesi dell’art. 416-bis c.p. come norma a struttura mista e, quindi, derubricando l’originale contestazione nell’art. 416 c.p., così evidentemente fornendo anche un’interpretazione particolarmente qualificata della norma in oggetto, ma, non trattandosi delle Sezioni unite, suscettibile di diversa interpretazione[20].
In conclusione, riteniamo che abbia ragione la Corte europea dei diritti dell’uomo, in quanto le due basi normative si sono dimostrate suscettibili di integrazione giurisprudenziale e, quindi, in realtà l’attuale dimensione giuridica del concorso esterno in associazione mafiosa va ben oltre i limiti fissati dall’art. 418 c.p., sino a lambire un’interpretazione sostanzialmente analogica.
- L’ulteriore dimostrazione dell’addebito di créationprétorienne, lo si ricava, ad esempio, anche dal leading case Andreotti e, comunque, dall’ancora insoddisfacente soluzione derivante dal plurimo intervento delle Sezioni unite penali.
L’ulteriore dimostrazione che il concorso esterno in associazione di tipo mafioso dipende soprattutto dall’atteggiamento mostrato dalla giurisprudenza, la ricaviamo, in primo luogo, dal processo all’Onorevole Andreotti che, originariamente, rispondeva di associazione per delinquere semplice per i fatti commessi sino al 1982 e, per quelli commessi successivamente, di concorso esterno in associazione di tipo mafioso.
Orbene, nell’udienza preliminare del lungo iter processuale al Tribunale di Palermo, che durò complessivamente dal 4 marzo 1993 al 28 dicembre 2004, un nodo fondamentale del processo stesso derivò dalla decisione della Procura di Palermo di modificare l’imputazione, da concorso esterno a partecipazione nel 416-bis c.p., proprio perché in quel torno di tempo prevaleva ancora l’orientamento negazionista del concorso esterno.
Ciò, però, ovviamente non fu senza conseguenze, perché va da sé che la prova di una condotta di partecipazione in un reato associativo è molto più pregnante rispetto a quella di un concorso esterno.
La riprova di quanto siamo venuti testé affermando la ricaviamo proprio dall’esito della sentenza di Cassazione[21], che, infatti, non solo dichiarò prescritta l’associazione per delinquere semplice, per condotte precedenti al 1982, ma per quelle successive confermò l’assoluzione per insufficienza di prove ex art. 530 cpv. c.p.p., per quanto riguarda la partecipazione nell’associazione per delinquere di stampo mafioso.
La bontà della tesi sostenuta dalla CEDU la ricaviamo addirittura da un esame cursorio delle quattro sentenze delle Sezioni unite che, come potremo constatare, non hanno affatto diradato le nebbie che avvolgono il concorso esterno in associazione di tipo mafioso, per cui a nostro avviso, se dalle sentenze delle Sezioni unite penali ancora non può dirsi raggiunto un soddisfacente grado di prevedibilità della decisione giudiziaria, ciò a maggior ragione vale nel periodo antecedente all’intervento delle stesse.
Se infatti iniziamo dalla prima sentenza delle Sezioni unite, cioè la Demitry[22], ci rendiamo conto che il concorso esterno è limitato ad uno stato di fibrillazione, cioè di crisi, dell’organizzazione criminale, ma se ciò è comprensibile sociologicamente, perché segna il passaggio dalla mafia stragista a quella imprenditrice, non può, tuttavia, essere accettata, perché i concorrenti esterni possono ben fornire l’ausilio richiesto dall’organizzazione criminale anche quando quest’ultima è in bonis.
Di minor rilievo, poi, la sentenza c.d. Mannino I[23], sempre del 1995, per cui concentriamo la nostra attenzione soprattutto su quella successiva, ovverosia la sentenza Carnevale[24].
In tale sentenza, il puntum dolens risiede nel dolo, giacché la suprema Corte ebbe a ritenere che il dolo del concorrente esterno comporta la coscienza e volontà di fornire un contributo duraturo all’organizzazione criminale.
Quest’ultima conclusione costituì uno dei più importanti strumenti giuridici per annullare la sentenza di condanna del Presidente Carnevale, ma a tale tesi si può giustamente obiettare come, in tal modo, il dolo del concorrente esterno si appiattisca inevitabilmente su quello del partecipe. Tant’è che tale tesi non venne seguita dalla giurisprudenza successiva.
L’ultima sentenza delle Sezioni unite penali intervenuta sul tema è la c.d. Mannino II[25].
Tale sentenza redatta dal Cons. Giovanni Canzio, che poi diventerà Primo Presidente della suprema Corte, è una classica sentenza-sistema, perché coltiva l’ambizioso progetto di fornire una configurazione quanto più possibile definita al concorso esterno.
Va, di contro, rilevato come l’impresa non sia riuscita a dovere, giacché la sentenza stessa qualifica il concorso esterno come un reato di danno e, quindi, richiede un rapporto di causalità materiale tra la condotta, non meglio definita, di concorso esterno e gli eventi che tuttavia sono costituiti dalla conservazione o dal rafforzamento dell’organizzazione criminale.
Come hanno giustamente rilevato i commentatori indicati nella sentenza stessa, a cui aderiamo, il nodo gordiano risiede nel voler applicare un rapporto di causalità materiale ad eventi, come quelli indicati, che invece hanno tutte le sembianze di eventi in senso giuridico.
Se anche dopo ben quattro sentenze delle Sezioni unite penali il concorso esterno non risulta pienamente conforme alle esigenze espresse dall’art. 7 CEDU, a maggior ragione l’incertezza regna prima dell’intervento delle stesse e, quindi, giuridicamente non c’è ragione per non applicare la sentenza Contrada ai cd. fratelli minori.
- Conclusione: risulta fondato il richiamo all’art. 7 CEDU – da interpretarsi con riferimento anche alla qualificazione giuridica del fatto – per cui da ciò si può chiaramente evincere come resti decisivo l’ostacolo di politica criminale, nel senso di far prevalere le esigenze general-preventive rispetto alle garanzie, quando si tratta del “diritto penale del nemico”, cioè a dire della criminalità organizzata.
In conclusione, risulta fondato il richiamo operato all’art. 7 CEDU, ovviamente da interpretarsi con riferimento essenzialmente alla qualificazione giuridica del fatto (nota), perché va da sé che i fratelli minori di Contrada non ritenevano affatto di comportarsi in maniera lecita, dando un contributo dall’esterno alle organizzazioni criminali, ma la prevedibilità della decisione giudiziaria riguarda ovviamente anche la previa conoscenza del se un determinato fatto costituisca concorso esterno, oppure partecipazione, oppure ancora favoreggiamento personale o reale[26].
Se così sta, dunque, la questione da un punto di vista di puro diritto, ne consegue che evidentemente il blocco effettuato dalle Sezioni unite penali ric. Genco derivi soprattutto da un ostacolo di politica criminale e, nella specie, di politica giudiziaria.
Si ha, in altri termini, la netta impressione che, con la sentenza in questione, si facciano prevalere le esigenze general-preventive rispetto al principio di uguaglianza-ragionevolezza, in quanto, laddove si sia di fronte al c.d. “diritto penale del nemico”[27], ovverosia, nel nostro Paese, in particolare alla criminalità organizzata, costituisce un dato di comune esperienza come le esigenze garantistiche cedano inevitabilmente il passo a quelle general-preventive e repressive.
Il timore, quindi, del cd. “Dammbruch”, cioè della rottura dell’argine è evidentemente ciò che ha guidato le Sezioni unite penali nella sentenza Genco, che tuttavia meriterebbe un serio ripensamento o, al limite, un intervento della Corte costituzionale.
Non va, infatti, dimenticato come tutto ciò avvenga nel silenzio “assordante” del legislatore, che invece avrebbe un modello a cui ispirarsi, che è quello elaborato a livello ministeriale dalla Commissione Fiandaca[28], alla fine dello scorso secolo, laddove si era prefigurato un reato avente ad oggetto il concorso esterno, ma modellato come reato di pericolo, e non già di danno, sul paradigma dell’accordo elettorale politico-mafioso, nel senso di costruire appunto il concorso esterno come un accordo tra l’organizzazione criminale ed il soggetto esterno ad essa, avente ad oggetto, da un lato una prestazione da parte del “privato” cui corrisponde, dall’altra, una “protezione” da parte dell’organizzazione criminale.
Se, quindi, si volessero evitare tutte queste complicazioni derivanti da una giurisprudenza, che pur tuttavia cerca lodevolmente di fornire un ubi consistam al fenomeno del concorso esterno, forse basterebbe che fosse tirato fuori dai cassetti del Ministero della giustizia il faldone contenente il progetto elaborato dalla Commissione Fiandaca, per far finalmente definire il concorso esterno dal vero organo a ciò legittimato, ovverosia il legislatore.
La proposta, infatti, formulata nel 1999 dalla Commissione Fiandaca definiva testualmente il concorso esterno nel seguente modo: “chiunque fuori dei casi previsti dall’art. 416-bis c.p. e salvo che il fatto non costituisca più grave reato, eccedendo i limiti del legittimo esercizio di un’attività politica, economica, professionale o di altra natura, ovvero abusando dei poteri o violando i doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio (o alla qualità di Ministro di culto), protegge o comunque agevola un’associazione di tipo mafioso, al fine di trarne in cambio vantaggi”.
*Ordinario di Diritto penale presso l’Università di Foggia
**Avvocato del Foro di Roma
[1] Testo, riveduto e corretto, con aggiunta delle note, della relazione tenuta dal Prof. Adelmo Manna al Convegno, organizzato dalla Commissione merito, legittimità e spazio giuridico europeo, della Camera Penale di Roma, di cui l’Avv. Margherita Piccardi, che collabora nella stesura, è componente. Il Convegno si è tenuto il 21 ottobre 2020 sul tema “Diritto penale interno – Diritto convenzionale e dell’UE – Rapporti tra Corti nazionali e comunitarie”.
[2] Cfr. VISCONTI, Contiguità alla mafia e responsabilità penale, Torino, 2003, 43 ss.
[3]Comma così modificato dall’art. 1, D.L. 18 ottobre 2001, n. 374, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 15 dicembre 2001, n. 438.
[4] Cfr. sia consentito sul punto il rinvio a MANNA, L’ammissibilità di un c.d. concorso esterno nei reati associativi: tra esigenze di politica criminale e principio di legalità, in RIDPP, 1994, 1187 ss., nota a Trib. Catania, sent. 8 marzo 1984, in ibidem loci op.cit.
[5] Per un’esaustiva ricostruzione storica di tale evoluzione cfr., di recente, ABBATE, U Siccu, Milano, 2020.
[6] Cfr. POMANTI, Le metamorfosi delle associazioni di tipo mafioso e la legalità penale, Pisa, 2018.
[7] Sia consentito sul punto, anche per i relativi approfondimenti, il rinvio a MANNA, Il principio di legalità, in Id. (coor. da) “Il lavoro sporco” del diritto penale – Atti del Convegno di Treviso, 24 marzo 2017, Milano, 2018, 17 ss., spec. 20 ss.
[8] In argomento, di recente, MANES – M. CAIANIELLO, Introduzione al diritto penale europeo. Fonti, metodi istituti, casi, Torino, 2020, spec. 266 ss.; nonché MASSARO, Appunti di diritto penale europeo, Torino, 2020, spec. 106 ss.; e POMANTI, La «riconoscibilità» della norma penale. Tra conformità al tipo e prevedibilità, Napoli, 2019, spec. 199 ss.
[9] Corte EDU, Affaire Contrada c. Italia (n.3), Requete n. 66655/13, arret del 14 aprile 2015. Il Governo italiano chiese che l’affaire fosse rinviato alla Grande Camera, a norma dell’art. 43 della Convenzione, ma la richiesta fu rigettata il 14 settembre 2015. In argomento, sia consentito il rinvio, di nuovo, a MANNA, Il difficile dialogo tra Corti Europee e Corti Nazionali nel diritto penale: analisi di due casi problematici (Taricco e Contrada), in Arch. Pen, (web) 2016, 3; nonché Id., La sentenza Contrada ed i suoi effetti sull’ordinamento italiano: doppio vulnus alla legalità penale?, in www.penalecontemporaneo.it, 4 ottobre 2016; nonché, soprattutto, FIANDACA, Brevi note sulla portata della sentenza della Corte EDU (caso Contrada) in tema di concorso esterno, in Foro it., 2016, II, 741 ss.; F. PALAZZO, La sentenza Contrada e i cortocircuiti della legalità, in DPC, 2015, 1061 ss.; G.A. DE FRANCESCO, Brevi spunti sul caso Contrada, in Cass. pen., 2016, 12 ss. Cfr. anche DONINI, Il concorso esterno “alla vita dell’associazione” ed il principio di tipicità penale, in www.penalecontemporaneo.it, 13 gennaio 2017; BARTOLI, Chiusa la saga Contrada: in caso di contrasto giurisprudenziale opera la colpevolezza, in DPP, 2020, 775 ss. E, più in generale, F. PALAZZO, Legalità penale, interpretazione ed etica del giudice, in RIDPP, 2020, 1249 ss. e quivi, 1256.
[10] Cass. pen., Sez. I, ud. 6 luglio 2017, ric. Contrada, in www.penalecontemporano.it, 7 luglio 2017.
[11] Cass. pen., Sez. I, 24 ottobre 2019 (dep. 3 marzo 2020), n. 8544, ric. Genco, in Foro it., 2020, II, 540 ss., con osservazioni di DI PAOLA, op. cit., 561 ss.
[12] Così, quasi testualmente, MASSARO, op. cit., 109.
[13] Cfr., in particolare, BERNARDI, (a cura di), I controlimiti. Primato delle norme europee e difesa dei principi costituzionali, Napoli, 2017.
[14] Avv. Stefano Giordano.
[15] Cfr. ALIPRANDI, Ok della CEDU al ricorso di un fratello minore di Bruno Contrada, in Il dubbio, 9 ottobre 2020, nonché MAIOLO, Schiaffo della corte europea dei diritti dell’uomo alla nostra cassazione, in Il Riformista, 13 ottobre 2020.
[16] Cfr. F.R. DINACCI, Obblighi europei, resistenze giurisprudenziali e negazione dei diritti: Contrada è figlio unico, in Arch. Pen., 2020, n. 2, (web), 1 ss.
[17] Marc. GALLO, Questioni in tema di concorso di più persone nel reato, in AA.VV. Giornata di studio in onore di Mauro Ronco, Padova, 12 settembre 2017; Id., Brevi note a margine degli artt. 110, 416, 416 bis, 378, 379 c.p., in Studi in onere di Mauro Ronco, a cura di Ambrosetti, Torino, 2017, 355 ss.; sulle differenze tra la concezione diversificata e quella unitaria del concorso di persone nel reato cfr., per tutti, l’ampia monografia di SEMINARA, Tecniche normative e concorso di persone nel reato, Milano, 1987.
[18] G. VASSALLI, Note in margine alla riforma del concorso di persone nel reato, in Studi in onore di Giorgio Marinucci, a cura di Dolcini-Paliero, Milano, 2006, II, 1939 ss.; nonché Id. Giurisprudenza costituzionale e diritto penale sostanziale. Una rassegna, in Pace (a cura di), Corte costituzionale e processo costituzionale, Milano, 2006, quivi, 170 ss.
[19] SPAGNOLO, L’associazione di tipo mafioso, 4°, Padova, 1993.
[20] Cfr. per un interessante commento, POMANTI, Alle origini della fattispecie. Brevi note sull’art. 416-bis c.p. in Diritto di difesa (web), 4 settembre 2020, nota a sent. Sez. VI pen., 22 ottobre 2019 (dep. 12 giugno 2020), n. 18125; sul processo di Mafia capitale cfr. anche VISCONTI, “La mafia è dappertutto”. Falso!, Bari-Roma, 2016; più in generale, sul contrasto ermeneutico emerso financo in Cassazione su come interpretare l’art. 416-bis c.p., cfr. da ultimo MAZZANTINI, Il punto su “mafie delocalizzate” e impiego del metodo mafioso, in DPP, 2020, 1270 ss.; nonché DELLA RAGIONE, “Mafia capitale” e “mafia corrotta”: la parola definitiva della suprema corte nel processo di stabilizzazione giurisprudenziale dell’associazione di tipo mafioso, in www.lalegislazionepenale.eu , 21.10.2020.
[21] Cass. pen., Sez. II, 15 ottobre 2004, n. 49691 in www.archivioantimafia.org.
[22] Cass. pen., SS.UU., 5 ottobre 1995, in Foro it., II, 1995, 422 ss.
[23] Cass. pen., SS.UU., 27 settembre 1995, in Cass. pen., 1996, 1087 con nota di AMODIO. Su tale sentenza cfr. anche VISCONTI, Intervento, in Cerami (a cura di), Concorso esterno in associazione di tipo mafioso, Milano, 2011, 85 ss. e quivi 86.
[24] Cass. pen., SS.UU., 30 ottobre 2002, Carnevale, in Foro it, 2003, II, 453 cc., su cui FIANDACA, Nota alla sentenza Carnevale, in ibidem, 455.
[25] Cass. pen., SS.UU., 12 luglio 2005, Mannino II, in Foro it., II, 2006, 80 ss., con nota di FIANDACA e VISCONTI, Il patto di scambio politico –mafioso al vaglio delle sezioni unite.
[26] In tal senso anche MAGI, op. loc. ult. cit.; dello stesso vd. anche, seppur con riferimento alle misure di prevenzione, Id., Sul recupero di tassativita’ nelle misure di prevenzione personali. Tecniche sostenibili di accertamento della pericolosità, in RIDPP, 2017, 490 ss.
[27] Cfr. G. JAKOBS, Kriminalisierung im Vorfeld einer Rechtsgutverletzung (Referat auf der Strafrechtslehrertagung in Frankfurt a.M. im Mai 1985), in Zeitschrift für die gesamte Strafrechtwissenschaft, 97, 1985, p. 753 ss.; in argomento, nella letteratura italiana, con grande efficacia, V. SCORDAMAGLIA, Il “diritto penale del nemico” e le misure di prevenzione in Italia: a sessant’anni dalla costituzione, in Giust. Pen., 2008, II, 193 ss., con ivi ulteriori riferimenti anche alla letteratura d’oltralpe, cui pure si rinvia.
[28] Sia consentito in argomento il rinvio a MANNA, Corso di diritto penale, parte generale, 5°, Milano, 2020, 478 ss. e spec. 483; cfr., altresì, sul tema FIANDACA, Il concorso esterno tra guerre di religione e laicità giuridica, in www.penalecontemporaeno.it.