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DEI FICHI, DELLE MORE, DELL’UVA E DELLA LIBERTÀ NEL PERIODO FERIALE – DI LADISLAO MASSARI

DEI FICHI, DELLE MORE, DELL’UVA E DELLA LIBERTÀ NEL PERIODO FERIALE – DI LADISLAO MASSARI

MASSARI – DEI FICHI DELLE MORE DELL’UVA E DELLA LIBERTÀ NEL PERIODO FERIALE.PDF

di Ladislao Massari[1]

Nella arsura estiva e nei tribunali pressoché deserti riscontra sempre una forte tendenza a rigettare istanze di sostituzione o revoca della misura cautelare rifugiandosi nel consueto cliché del “nulla è cambiato”, non vi sono “elementi di novità nella sinottica cautelare”, trattasi di mera “reiterazione di istanze già precedentemente respinte”.

 

Chi ha la fortuna di vivere la campagna salentina nel periodo estivo, sa quanto prezioso sia il mese di agosto per la spontanea maturazione di frutti succulenti, spesso spontanei e di infinita dolcezza. È sorprendente constatare come la natura, anche nella arsura estiva e nella aridità di una terra pressoché priva di acqua, offra in questo periodo ricchezza di sapori, odori e bellezza.

Nessuno potrebbe mai sostenere che il trascorrere del tempo, anche in agosto, non abbia importanza vitale e non sia quindi fondamentale nel lento ma determinante percorso di maturazione di fichi, more ed uva.

Chi ha la fortuna di vivere la professione forense, anche nel periodo estivo, sa quanto purtroppo spesso inutile sia il mese di agosto per la proposizione di istanze di sostituzione o revoca della misura cautelare.

È sorprendente constatare come la magistratura, nella arsura estiva e nei tribunali pressoché deserti, tenda a rigettare istanze di sostituzione o revoca della misura cautelare rifugiandosi nel consueto cliché del “nulla è cambiato”, non vi sono “elementi di novità nella sinottica cautelare”, trattasi di mera “reiterazione di istanze già precedentemente respinte”.

Si richiama il c.d. giudicato cautelare e, soprattutto, si sottolinea la irrilevanza del trascorrere del tempo, utile solo ai fini del computo dei termini complessivi e massimi di custodia cautelare.

Il mese di agosto sembra dunque tempo sospeso, non solo per i consueti termini processuali e feriali, ma anche nella valutazione de libertate.

Natura e magistratura in agosto sembrano così prendere direzioni opposte: maturazione nel lungo percorso del ciclo vitale di frutti spontanei di infinita dolcezza a fronte della delibazione negativa di ipotesi di libertà attenuata o totale nella ininfluenza del tempo che passa in vinculis.

Nel vissuto rassegnato e realistico della popolazione detentiva si ha la convinzione che le composizioni feriali siano l’espressione di tale congelamento estivo delle valutazioni cautelari; consueta la vulgata per cui “non ci si prende la responsabilità” di decisioni favorevoli all’imputato allorquando il giudice titolare è in ferie e sostituito (quasi che analoga responsabilità non ci si assuma nel rigettare istanze di sostituzione o revoca della misura cautelare estrema).

Eppure la condizione detentiva ed il sovraffollamento si colgono con maggiore virulenza e sofferenza proprio in agosto, come ben sanno i radicali che da anni sono presenti con l’Unione delle Camere Penali nella iniziativa “Ferragosto in carcere”, attraverso sopralluoghi e verifiche (per vero quest’anno limitate nelle indicazioni ministeriali) della condizione detentiva.

L’idea che il tempo ex se non possa avere rilevanza decisiva nella valutazione cautelare è profondamente errata, per come nella esperienza del difensore che, magari dopo aver ottenuto un parere favorevole del P.M., proponga fruttuosamente una richiesta ex art. 299 c.p.p.: quando l’istanza viene accolta, incredibilmente il tempo riacquista il suo oggettivo peso specifico e “nell’accordo delle parti” (recte nella certezza che l’ordinanza non verrà impugnata) si giunge alla libertà attenuata o piena anche solo sulla base dello scorrere dei giorni, dei mesi, degli anni. La resipiscenza, la prognosi favorevole della condotta futura, la idoneità di misure attenuate si riscoprono proprio a seguito del passaggio del tempo, che non è più utile ai soli fini dei termini previsti dagli artt. 303 e 304 del codice di rito.

A mitigare il rigore ermeneutico della consolidata giurisprudenza del giudice di legittimità in subiecta materia si è detto che “il tempo trascorso in condizione di restrizione carceraria e domiciliare non può, in buona sostanza, essere un tempo del tutto muto per il giudice della cautela, dovendo questi interrogarsi su come quel tempo sia trascorso e sia stato vissuto dal soggetto in vinculis, seppure la detenzione cautelare non possa avere, ovviamente, alcuna vocazione di recupero sociale”[2].

Sempre secondo logica e – si consenta – secondo natura, la adeguatezza e la proporzionalità della misura cautelare e la attualità e la concretezza dei pericula libertatis trovano nel tempo la primaria e fondamentale unità di misura; se la custodia cautelare non ha funzione rieducativa (con tutti i dubbi che tale conclusione suscita per vero nella frequente anticipazione che la misura cautelare ha della espiazione della pena) e se quindi il percorso di maturazione e di revisione critica non sarebbe tecnicamente invocabile (per vero in tale occasione ci si ricorda della presunzione di non colpevolezza nel giudizio di cognizione), non v’è dubbio che abbia funzione afflittiva e consenta pertanto di incidere sulla personalità e sulla esperienza di vita dell’imputato sottopostovi.

È necessario allora riscoprire il tempo, anche in periodo feriale e nella preziosa funzione di grande scultore e di rimozione di condizioni solo apparentemente cristallizzate dal c.d. giudicato cautelare.

Perché ad agosto nelle roventi costruzioni di ferro e cemento ci sono imputati in attesa di giudizio che potrebbero diversamente attendere l’esito del procedimento cui sono sottoposti, nella extrema ratio di una condizione detentiva che non può essere travolta dalla logica del “nulla è cambiato”.

Cantava Mercedes Sosa: “Cambia lo superficial, cambia también lo profundo, cambia el modo de pensar, cambia todo en este mundo”.

 

[1] Avvocato del foro di Brindisi, componente dell’Osservatorio Corte Costituzionale UCPI

[2] Corte di Cassazione, Sezione Sesta Penale, 18 settembre 2015 – 5 ottobre 2015, n°. 39924, relatore Mogini.