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LA MISURA DI PREVENZIONE SPECIALE DEL FOGLIO DI VIA OBBLIGATORIO  AL VAGLIO DELLA CONCEZIONE FORTE DI HABEAS CORPUS – DI STELLA ROMANO

LA MISURA DI PREVENZIONE SPECIALE DEL FOGLIO DI VIA OBBLIGATORIO AL VAGLIO DELLA CONCEZIONE FORTE DI HABEAS CORPUS – DI STELLA ROMANO

ROMANO-LA MISURA DI PREVENZIONE SPECIALE DEL FOGLIO DI VIA OBBLIGATORIO AL VAGLIO DELLA CONCEZIONE FORTE DI HABEAS CORPUS.pdf

LA MISURA DI PREVENZIONE SPECIALE DEL FOGLIO DI VIA OBBLIGATORIO AL VAGLIO DELLA CONCEZIONE FORTE DI HABEAS CORPUS

di Stella Romano* 

Tribunale di Taranto, Giudice Dott. Francesco Maccagnano,

Ordinanza del 6 giugno 2023 pubblicata nella GU n. 24 del 12 giugno 2024

Misura di prevenzione speciale personale – Titolarità del Questore del potere di adottare la misura del foglio di via obbligatorio – Questione di legittimità costituzionale

(Art. 2 d.lgs. n. 159/2011 – Artt. 3, 13 Cost.)

È rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2 del d.lgs. n. 159/2011 in relazione agli articoli 3 e 13 della Costituzione, per l’attribuzione al Questore della titolarità del potere di adottare la misura di prevenzione del foglio di via obbligatorio.

______________

La questione di legittimità costituzionale valorizza una concezione forte ed estesa di libertà personale, censurando la disposizione di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 159/2011 nella parte in cui non prevede che la misura di prevenzione del foglio di via obbligatorio sia sottoposto ad una convalida obbligatoria e cronologicamente ravvicinata, come invece avviene non soltanto per la generalità delle misure cautelari personali e per la sorveglianza speciale (art. 9, comma 2-bis, del d.lgs. n. 159/2011), ma anche per il cosiddetto “daspo urbano” (mediante rinvio alla procedura già prevista per il divieto di accedere a manifestazioni sportive dall’art. 6, commi 2-bis, 3 e 4, della legge 401/1989).

The question of constitutional legitimacy enhances a strong and extensive conception of habeas corpus, censoring the provision of the art. 2 of Legislative Decree no. 159/2011 in the part in which it does not provide that the prevention measure contemplated in it is subjected to a mandatory and chronologically close validation, as instead happens not only for the generality of personal precautionary measures and for special surveillance (art. 9, paragraph 2-bis, of Legislative Decree no. 159/2011), but also for the so-called “urban daspo” (by referring to the procedure already foreseen for the ban on access to sporting events by art. 6, paragraphs 2-bis, 3 and 4, of law 401/1989) . 

Sommario: 1. Rilievi introduttivi. – 2. La rilevanza della questione e l’idoneità del foglio di via obbligatorio ad incidere sulla libertà personale – 3. La concezione estesa e sostanziale di habeas corpus a fondamento della linea di demarcazione tra l’art. 13 e l’art. 16 Cost. – 4. I profili di illegittimità costituzionale della disposizione ed il tentativo di interpretazione adeguatrice. – 5. Conclusioni.

1. Rilievi introduttivi. – Con l’ordinanza in commento, il Tribunale di Taranto ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 del d.lgs. n. 159/2011 (c.d. codice antimafia), in relazione all’art. 13 della Costituzione, nella parte in cui la previsione della misura del foglio di via obbligatorio, in quanto comportante una rilevante degradazione giuridica e morale del suo destinatario, e, dunque, una limitazione della libertà personale e non soltanto una restrizione della libertà di circolazione – dovrebbe essere disposta dall’Autorità giudiziaria e non dall’Autorità di pubblica sicurezza.

Al medesimo tempo, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto rileva la contraddittorietà della disposizione in esame con l’articolo 3 della Costituzione, e ciò in quanto apparrebbe irragionevole, in una ricostruzione sistematica degli istituti  di riferimento, che una misura di prevenzione atipica, quale quella in questione, non preveda una convalida obbligatoria e cronologicamente ravvicinata, come invece avviene non soltanto per la generalità delle misure cautelari personali e per la sorveglianza speciale (art. 9, comma 2-bis, del d.lgs. n. 159/2011), ma anche per il cosiddetto “daspo urbano” (mediante rinvio alla procedura già prevista per il divieto di accedere a manifestazioni sportive dall’art. 6, commi 2-bis, 3 e 4, della legge 401/1989).

Come si osserverà, il provvedimento si iscrive in un percorso di progressivo superamento dell’inquadramento restrittivo delle garanzie sostanziali sottese all’habeas corpus, ivi compresa la riserva di giurisdizione, in ragione di una graduale valorizzazione sul fronte penalista del principio personalista, fondamento primario dello Stato di diritto.

2. La rilevanza della questione e l’idoneità del foglio di via obbligatorio ad incidere sulla libertà personale. – Il Giudice per le indagini preliminari di Taranto ha sollevato la questione nell’ambito di un procedimento penale a seguito dell’emissione di un decreto penale di condanna in relazione alle reiterate violazioni del c.d. “foglio di via obbligatorio”, adottato dal Questore che, conformemente a quanto statuito dall’art. 2 del decreto legislativo n. 159/2011, disponeva l’allontanamento dell’imputato dal Comune di Taranto con il correlato obbligo di fare rientro nel Comune di residenza.

Ai fini della sussistenza del requisito di rilevanza della questione, il giudice esamina come il provvedimento fosse stato emesso legittimamente dall’autorità competente, in presenza di una motivazione congrua ed idonea, dati i numerosi precedenti giudiziari e di polizia ascrivibili all’imputato, che ne avrebbero accertato la “pericolosità sociale”, ai sensi dell’articolo 1 del d.lgs. n. 159/2011.

Preclusa, dunque, la strada della disapplicazione del provvedimento amministrativo ai sensi dell’art. 5 della Legge n. 2248/1965, il giudice a quo, si ritrova a percorrere la via obbligata della questione di legittimità costituzionale, posto il focus d’orientamento sugli effetti pregiudizievoli della misura sulla libertà morale del singolo.

Squarciato il velo di Maya della veste meramente formale della misura riconnessa ai suoi presupposti di adozione, l’analisi della peculiare fisionomia della misura di prevenzione in esame ne disvela la portata sostanziale sulla sfera soggettiva del singolo. L’allontanamento coattivo dall’intero Comune di residenza dell’imputato colpito dal “foglio di via obbligatorio” produce una rilevante compromissione della sua libertà morale, una degradazione giuridica tale da ingenerare un’inevitabile mortificazione della dignità o del prestigio della persona, nonché una separazione dell’individuo dal resto della collettività per il tramite dell’irrogazione nei suoi confronti di un trattamento deteriore.

3. La concezione estesa e sostanziale di habeas corpus a fondamento della linea di demarcazione delle garanzie sottese all’art. 13 ed all’art. 16 Cost. – Delineata l’incidenza quantitativa della misura evocata sull’esercizio dei diritti fondamentali della persona, il focus dell’argomentazione dell’interprete costituzionale si sposta propriamente sugli effetti prodotti dalla misura di prevenzione atipica e l’ancoraggio ordinamentale al fine di illuminare propriamente il vulnus di costituzionalità è dato dalla pregnante assonanza ontologica con la misura cautelare del divieto di dimora di cui all’art. 283 c.p.p. e con la misura di sicurezza prevista dall’articolo 233 c.p., entrambe ricadenti sotto il fulcro della garanzia della riserva di giurisdizione. Di qui il dubbio del giudice non può che esplicitarsi nell’interrogativo alquanto stringente se il c.d. foglio di via obbligatorio sia idoneo esclusivamente a limitare la libertà di circolazione di un individuo oppure debba considerarsi una vera e propria misura limitativa della libertà personale, in quanto tale assoggettabile alla disciplina di cui all’articolo 13 della Costituzione.

La risposta, quindi, non può che essere ricercata nello statuto costituzionale della libertà personale che, grazie al fine operato del Giudice delle Leggi, ha assunto sempre più i contorni di un diritto pieno ed incondizionato. In particolare, già dalle prime due sentenze sull’art. 13, la n. 2 e la n. 11 del 1956, si è avviato “un dialogo tra Corte costituzionale e legislatore che si sarebbe protratto nel corso degli anni” e che è “alla base di alcune scelte di fondo anche del nuovo codice di procedura penale in tema di libertà personale dell’imputato[1].

 Nella sentenza n. 11 del 1956, richiamata dal giudice di Taranto, in occasione di una questione di legittimità costituzionale sollevata su alcune disposizioni del Testo Unico di Pubblica Sicurezza, approvato con decreto regio numero 773 del 1931, che demandavano ad una commissione presieduta dal Prefetto la competenza a pronunciare un’ordinanza di ammonizione che aveva come conseguenza la sottoposizione ad una speciale misura di sorveglianza di polizia, la Corte ha posto, per la prima volta, in stretta connessione logica, l’effetto che deriva dall’applicazione di una misura restrittiva che, pur non ricorrendo ad alcuna forma di coercizione fisica, è idonea a compromettere la libertà morale del singolo e le garanzie sottese alla tutela della libertà personale. In tale decisione, la Corte Costituzionale ha evidenziato come il problema “di assicurare il contemperamento tra le due fondamentali esigenze, di non frapporre ostacoli all’esercizio di attività di prevenzione dei reati e di garantire il rispetto degli inviolabili diritti della personalità umana, appare in tal modo risoluto attraverso il riconoscimento dei tradizionali diritti di habeas corpus nell’ambito del principio di stretta legalità”. In altri termini, la libertà personale si presenta come “diritto soggettivo perfetto nella misura in cui la Costituzione impedisce alle autorità pubbliche l’esercizio della potestà coercitiva personale” che può finanche risolversi in una sorta di “degradazione giuridica in cui taluni individui, appartenenti a categorie di persone che la legge presume socialmente pericolose, magari designati come tali dalla pubblica voce, vengono a trovarsi per effetto di una pronuncia della pubblica autorità”.

 In tale primigenia sentenza della Corte viene, dunque, in rilievo, seppur in nuce, la tesi secondo la quale le misure incidenti sulla dignità della persona possono essere adottate solo con le garanzie di cui all’art. 13 Cost.: tesi presa espressamente in considerazione dalla Corte nella successiva sentenza n. 30 del 1962. In tale arresto, viene, infatti, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4 della legge di pubblica sicurezza nella parte in cui esso prevedeva la possibilità di espletare rilievi segnaletici tali da risolversi in ispezioni personali senza la preventiva autorizzazione dell’Autorità giudiziaria. La garanzia dell’habeas corpus fuoriesce dalle strettoie tipiche del collegamento con il connotato della mera coercizione fisica per abbracciare estensivamente anche la menomazione della libertà morale allorquando tale effetto implichi un assoggettamento totale della persona all’altrui potere, disvelando come sia il carattere della “complementarietà” ciò che unifica “tutti gli elementi che contraddistinguono le singole peculiarità del diritto in esame” legati insieme “dal vincolo indissolubile della tutela della dignità della persona[2].  Nella stessa direzione, si era poi mossa la sentenza n. 105 del 2001 che si era espressa in merito alla misura del trattenimento dello straniero presso i centri di permanenza temporanea e assistenza, in cui si era statuito che la “mortificazione della dignità dell’uomo che si verifica in ogni evenienza di assoggettamento fisico all’altrui potere […] è indice sicuro dell’attinenza della misura alla sfera della libertà personale[3]. Più precisamente, secondo quanto più volte affermato dalla Corte, “per aversi restrizione della libertà personale di cui all’art. 13 Cost. […] deve verificarsi una degradazione giuridica dell’individuo nel senso dell’avverarsi di una menomazione o mortificazione della dignità o del prestigio della persona, tale da poter essere equiparata a quell’assoggettamento all’altrui potere in cui si concreta la violazione dell’habeas corpus[4]. Sulla base di tali argomenti, il giudice a quo, richiamata una concezione forte di libertà personale riconnessa al valore primario della dignità personale, non può che ritenere superati gli angusti confini interpretativi delle due  isolate pronunce (n. 2/1956 e n. 45/1960) con cui era stata dichiarata l’infondatezza delle questioni di costituzionalità sollevate in relazione al foglio di via obbligatorio, rimuovendo un ulteriore ostacolo verso la piena c.d. “giurisdizionalizzazione” delle misure speciali di prevenzione. In altri termini, un’interpretazione sistematica dell’art. 13 Cost., letto alla luce della sua portata evolutiva ed al significato sostanziale di libertà personale, rende ragione che una misura “restrittiva” idonea a porre apprezzabili limiti alla facoltà di locomozione di un individuo possa essere ritenuta “limitativa della libertà personale” anche laddove la sua modalità esecutiva non presupponga la “coercizione fisica”. E ciò sulla base di un’attenta “actio finium regundorum” dell’ambito applicativo delle disposizioni di cui agli articoli 13 e 16 della Costituzione, il cui barometro di densità costituzionale, in termini di garanzie, non può essere calibrato sulla mera variabile dell’effetto del costringimento fisico, ma altresì, sulla inevitabile compromissione del valore della libertà morale, che impone l’allargamento delle strettoie delle garanzie previste per la libertà di circolazione sino ad abbracciare l’affermazione forte della riserva di giurisdizione. E così riprendendo gli esiti della Corte Costituzionale nella sentenza n. 127 del 2022, il giudice a quo rimarca come l’accertamento della “positività” da Covid 19 alla base della misura restrittiva della quarantena obbligatoria, non possa essere considerato equiparabile all’accertamento della “nocività” per una determinata comunità che fonda l’emissione del foglio di via obbligatorio: tale ultimo accertamento non può non riverberarsi negativamente in capo alla personalità morale dell’individuo “allontanato”, tanto da annullare, in termini qualitativi, qualsivoglia differenza tra la misura prevista dall’articolo 2 del d.lgs. n. 159/2011 e la misura cautelare personale del divieto di dimora prevista dall’articolo 283, co. I c.p.p. In definitiva, l’aspetto qualitativo della misura di prevenzione in esame, che presuppone una valutazione della “socialità” del singolo innesta un riposizionamento della linea di confine tra le misure di prevenzione giurisdizionali e quelle amministrative, riportando il foglio di via obbligatorio tra le prime, in omaggio ad una progressiva affermazione del personalismo, che riconnette in senso sostanziale la considerazione della dignità dell’uomo non solo agli aspetti fisici ma altresì a quelli psicologici e morali[5].

4. Gli ulteriori profili di illegittimità costituzionale della disposizione ed il tentativo di interpretazione adeguatrice – Se, dunque, il formante giurisprudenziale costituzionale conferma l’applicabilità dell’apparato di garanzie previsto dall’articolo 13 della Costituzione a misure restrittive la cui esecuzione non sia mediata dall’impiego di forza fisica da parte dello Stato, al medesimo tempo, il giudice ritrova nella misura del d.a.s.p.o urbano un punto di equilibrio nel sistema ordinamentale, che possa salvare la disposizione dal vulnus di costituzionalità nell’esperimento di un tentativo di interpretazione conforme.

Il d.a.s.p.o. urbano previsto dall’articolo 10, co. III del D.L. n. 14/2017 – della durata di un anno, irrogabile nei confronti di soggetti la cui maggior pericolosità sociale è desumibile da specifiche tipologie di precedenti giudiziari– deve, infatti, essere convalidato dal Giudice per le indagini preliminari secondo la normativa prevista dall’articolo 6 della Legge n. 401/1989, e ciò sebbene il provvedimento in parola concerna solo specifiche aree ricadenti entro un territorio comunale, e non tutta l’area ricadente entro i confini di un Comune – come per il foglio di via obbligatorio. In tale senso, l’interprete propone di sanare la patente irragionevolezza della disciplina, ricorrendo propriamente al meccanismo di garanzia già contenuto in seno al nostro ordinamento.

5. Conclusioni – Annotazione rilevante conclusiva da parte del giudice a quo è, infine, quella relativa all’eventuale chilling effect della disposizione di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 159/2011 in relazione all’esercizio di ulteriori e diversi diritti fondamentali, come il diritto di sciopero.

Tenuto conto della natura incisiva della misura in questione e del fragile requisito della pericolosità sociale, si agita sullo sfondo della questione di costituzionalità in esame, il rischio che il diritto di prevenzione si possa tramutare in un surrettizio, indebito, strumento di repressione della libertà sindacale e del diritto di sciopero e, in ultima analisi, in una misura antidemocratica.

In definitiva, il monito conclusivo dell’interrogativo posto alla Consulta sembra, dunque, richiedere un’affermazione forte della riserva di giurisdizione, quale cautela costituzionalmente imposta al fine di evitare gli effetti potenzialmente ingombranti su altri ed ulteriori diritti fondamentali della misura del foglio di via obbligatorio, la cui fisionomia deve ex necesse essere letta sul piano qualitativo delle conseguenze sulla dignità umana.

D’altronde, lo statuto dell’inviolabilità della libertà personale vive soprattutto nella definizione delle sue imprescindibili garanzie sostanziali, non fornendo l’art. 13 della Costituzione una sua puntuale rappresentazione semantica ed affidando al canone sintetico dell’inviolabilità il suo primigenio ed originario significato. Riserva di legge e riserva di giurisdizione, dunque, “non sono che un logico svolgimento” del principio dell’inviolabilità della libertà personale che deve abbracciare ogni forma di coercizione della dignità dell’essere umano[6].

*Assegnista di ricerca in diritto Costituzionale dell’Università di Bologna

[1] G. Illuminati, Tutela della libertà personale ed esigenze processuali, in Costituzione, diritto e processo penale, I quarant’anni della Corte Costituzionale (Atti del convegno di Macerata, 28 e 29 gennaio 1997), a cura di G.Giostra – G. Insolera, Milano, 1998, 110.

[2] F. Perchinunno, La libertà personale in trasformazione. Genesi, itinerari e mutazioni, Bari, Cacucci, 2020, 11 nonché si veda S. Romano, Lo statuto costituzionale della libertà personale in trasformazione, in Habeas Corpus, La tutela multilivello della libertà personale, a cura di L. Mezzetti e S.Romano,  Pacini Giuridica, 2023.

[3] C. cost., sent. n. 105/2001.

[4] C. cost., sent. 210/1995; nonché già, nei medesimi termini, C. cost., sent. nn. 419/1994 e 68/1964.

[5] Si veda altresì l’opinione scritta dell’Associazione italiana dei Professori di Diritto penale presentata nell’ambito del presente giudizio di costituzionalità introdotto dalla questione in esame ai sensi dell’art. 6 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte Costituzionale.

[6] G. Amato, Individuo e autorità nella disciplina della libertà personale, Giuffrè, 1967, 359.