LA NATURA RIPRISTINATORIA DELLA CONFISCA DI PREVENZIONE L’ULTIMA FRODE DELLE ETICHETTE? – DI FRANCESCO DI PAOLA
(nota a Corte Costituzionale 24/19)
di Francesco Di Paola*
L’eterno duello sulla natura preventiva o sanzionatoria della confisca introdotta dalla legge Rognoni-la Torre – con soluzioni intermedie che hanno nel tempo riscosso più o meno fortuna – sembra oggi essere stato risolto dalla Corte Costituzionale con la presa d’atto che, a partire dalle riforme del 2008-2009, questo tipo di ablazione patrimoniale non ha più nulla di preventivo ma molto di ripristinatorio-compensativo, mutuando riflessioni nate in ordinamenti di common law. Eppure, le caratteristiche proprie di questa misura – che trovano origine in (e sono conseguenza di) reati non accertati – continuano ad essere prossime alla nozione internazionale di materia penale.
Sommario: 1 – Il dibattito sulla natura giuridica della confisca di prevenzione: cenni. 2 – L’approdo alla natura ripristinatoria della Corte costituzionale (sentenza n. 24/19). 3 – La natura penale: i criteri Engel.
- Il dibattito sulla natura giuridica della confisca di prevenzione: cenni
Le misure di prevenzione patrimoniali, definite come <<l’istituto più discutibile sul piano delle garanzie fra tutti quelli che appartengono alla galassia penalistica[1]>> , o come <<creature saprofitiche, cresciute all’ombra dei diritti, che si nutrono dei rifiuti del diritto penale liberale[2]>>, e ancora come <<becero aggiramento del modello di relazioni tra “autorità” ed “individuo” sublimato dallo Stato Costituzionale di diritto[3] >>, hanno costantemente accompagnato la storia recente del nostro diritto penale[4].
Nei loro confronti, negli ultimi lustri, si è registrata una impennata seduttiva del legislatore della cui capacità elaborativa, tra l’altro, in assenza di una riflessione tecnico giuridica adeguata, si è manifestamente dubitato[5].
Il sistema preventivo ha visto sviluppare vigorosamente gli strumenti di natura patrimoniale e, in particolare, la confisca, così incrementando anche una ulteriore funzione che potrebbe dirsi di prevenzione sistemico-economica[6], in uno sviluppo normativo caratterizzato quasi interamente da interventi legislativi <<emergenziali>> generati in una visione pragmatico-efficientistica di contrasto alle diverse forme di criminalità che si sono succedute nello scenario italiano nel corso dei decenni, con conseguenti gravi squilibri sul fronte del garantismo individuale[7].
È sempre più divenuto lo strumento favorito di lotta al guadagno illecito, specialmente nei settori della criminalità organizzata di stampo mafioso, della criminalità economica e di quella politico-amministrativa[8].
Che lo sia diventato, visto il sempre crescente uso che ne viene fatto, è sotto gli occhi di tutti ma può essere sintomatico dar conto, anche, della previsione legislativa circa la <<Trattazione prioritaria dei procedimenti di prevenzione patrimoniale>>.
La nuova norma, l’art. 34 ter del codice antimafia inserita con le modifiche apportate nell’ottobre del 2017, prevede che <<è assicurata la priorità assoluta>> ai procedimenti volti all’applicazione di misure di prevenzione patrimoniali.
A tal fine, la disposizione impone ai dirigenti degli uffici giudicanti e requirenti di adottare i provvedimenti organizzativi necessari a garantire la trattazione prioritaria dei procedimenti medesimi e prevede che tali provvedimenti siano comunicati al Consiglio giudiziario e al CSM.
È altresì previsto che il Ministro della giustizia, in occasione delle annuali comunicazioni sull’amministrazione della giustizia, riferisca al Parlamento anche in merito alla trattazione prioritaria di tali procedimenti.
Questo perché in un contesto in cui la percezione di in-sicurezza impone alla politica risposte adeguate, il legislatore penale anticipa la soglia di intervento dalla incriminazione dei fatti al pericolo del loro verificarsi, recuperando a piene mani la duttilità dello strumentario prevenzionale.
È fuor di dubbio che gli attuali obiettivi delle politiche criminali nazionali e internazionali prevedano, innanzitutto, l’individuazione e l’espunzione dei proventi di origine illecita dai circuiti economici ordinari, al fine di evitare alterazioni delle logiche di mercato e delle regole di concorrenza.
Il fondamento costituzionale della prevenzione, considerato, unitamente alla repressione dei reati, quale compito primario della pubblica autorità, è stato sin da subito affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 27 del 1959, e, da ultimo, ribadito con le sentenze n. 309 del 2003 e n. 282 del 2010.
Prendendo a prestito le parole di Bricola, <<una società che non ammettesse la prevenzione sarebbe una società “suicida”>>.[9]
Appare, però, irragionevole, da un punto di vista politico-criminale l’automatica pretermissione del diritto di proprietà – tutelato dalla Carta, art. 42, e dalla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, art. 1, protocollo addizionale – rispetto a comuni manifestazioni criminali o devianti e nei confronti di tutta la vasta ed eterogenea platea dei soggetti destinatari, di cui agli artt. 1, 4 e 16, d.lgs. 159/2011, al punto da ingenerare seri dubbi di legittimità costituzionale[10].
L’ulteriore riflessione inerente alla sufficienza del sospetto o dell’indizio per l’applicazione della misura rafforza la convinzione di un mero espediente per aggirare la garanzia del nulla poena sine probatione[11].
Non a caso, la materia delle misure di prevenzione ha sollecitato continuamente la discussione dottrinaria sulla compatibilità costituzionale del sistema sin dall’introduzione della Carta fondamentale[12].
Nondimeno la Consulta ne ha, più volte, confermato la legittimità costituzionale[13].
Con riferimento alle misure di prevenzione patrimoniali, il contrasto con il dettato costituzionale si incardina sulla loro compatibilità con la c.d. Costituzione economica, con i principi di garanzia della proprietà privata, nonché della tutela del risparmio e della concorrenza[14].
Al fine di delinearne inequivocabilmente lo statuto garantistico costituzionale e convenzionale, rispetto alla confisca di prevenzione sono state prospettate, in dottrina e giurisprudenza, tesi diverse quanto alla sua possibile natura giuridica[15].
In ambito dottrinale, gli autori più sensibili alle istanze di tipo garantistico la riconducono al genus sanzionatorio-punitivo, con le conseguenze che ne derivano in termini di affidamenti propri dalla materia penale, a cominciare dalla irretroattività della sua applicazione.
Analogo orientamento in giurisprudenza ha trovato riscontro nella nota sentenza Occhipinti della Suprema Corte[16] che ha affermato la natura <<oggettivamente sanzionatoria>> della confisca di prevenzione, applicando di conseguenza il principio di irretroattività, in base all’interpretazione sostanzialistica della nozione di materia penale della Corte EDU, che impone di accertare la natura della sanzione, al di là della qualifica formale[17].
Parte minoritaria della dottrina e la giurisprudenza di legittimità di gran lunga prevalente – avallata quest’ultima dalla stessa giurisprudenza costituzionale – propendono invece per la tesi della natura non punitiva.
Fiandaca, ancor più radicale, ritiene che spieghino una natura, non già punitiva, bensì preventiva perché evitano l’inserimento nell’economia legale di patrimoni quantomeno di sospetta legittimità e, così, fungendo da regolatori dell’economia costituirebbero misure amministrative e non penali, tanto che addirittura – in chiave, ovviamente, de iure condendo – potrebbero anche essere irrogate da un’autorità amministrativa indipendente, a ciò appositamente istituita[18].
Con la sentenza a SS.UU. Spinelli[19] i giudici della Cassazione per sostenere la finalità preventiva della misura ablativa cercano, non senza fatica argomentativa[20], di costruire la pericolosità della cosa sulla pericolosità sociale tout court del reo, per allontanare lo spettro della natura punitiva e della conseguente applicazione del principio di irretroattività; disattendendo lo stesso orientamento delle SS.UU. Simonelli[21] che negavano tale finalità preventiva in ragione della definitività della misura in esame, per ricondurla al c.d. tertium genus costituito da una sanzione amministrativa, equiparabile quanto a contenuto ed effetti alla misura di sicurezza prevista dall’art. 240, co. 2, c.p., e altresì rinvenendone la corrispondente ratio nell’eliminazione dal circuito economico dei beni di origine criminale.
- L’approdo alla natura ripristinatoria della Corte Costituzionale (sentenza 24/19 Cost.)
La Corte Costituzionale con la sentenza n. 24 del 2019, – nella parte di interesse del presente lavoro – arriva a spiegate conclusioni sulla natura giuridica della confisca di prevenzione e sui principi costituzionali e convenzionali che ne giustificano lo statuto di garanzia[22], aprendo uno scenario che guarda alle norme di diritto privato.
La Consulta esclude che la confisca di prevenzione abbia <<natura sostanzialmente sanzionatorio-punitiva>>, e di conseguenza non ritiene applicabile lo <<statuto costituzionale e convenzionale delle pene>>, sul presupposto che l’ablazione dei beni costituisce <<la naturale conseguenza della loro illecita acquisizione>>, e quindi del <<vizio genetico nella costituzione dello stesso diritto di proprietà[23] in capo a chi ne abbia acquisito la materiale disponibilità[24]>> richiamando in proposito la Sentenza SS.UU. Spinelli.
Da ciò la conclusione secondo cui <<il sequestro e la confisca del bene medesimo non hanno lo scopo di punire il soggetto per la propria condotta; bensì, più semplicemente, quello di far venir meno il rapporto di fatto del soggetto con il bene, dal momento che tale rapporto si è costituito in maniera non conforme all’ordinamento giuridico, o comunque di far sì (eventualmente attraverso la confisca per equivalente) che venga neutralizzato quell’arricchimento di cui il soggetto, se non fosse stata compiuta l’attività criminosa presupposta, non potrebbe godere[25]>>.
Pertanto, <<in assenza di connotati afflittivi ulteriori>> rispetto alla bonifica di quell’arricchimento illecito, la confisca possiede un <<carattere meramente ripristinatorio della situazione che si sarebbe data in assenza dell’illecita acquisizione del bene>>.
A sostegno del suo assunto, la Consulta richiama la giurisprudenza della Corte di Strasburgo che ne ha sempre esclusa la natura penale, riconoscendo[26] per converso che misure analoghe alla confisca in esame svolgono una funzione <<compensatoria e preventiva>>, volta a ripristinare la situazione che esisteva prima dell’acquisto illecito dei beni[27].
Sostiene, inoltre, che <<pur non avendo natura penale sequestro e confisca di prevenzione incidono pesantemente sui diritti di proprietà e di iniziativa economica, tutelati a livello costituzionale (artt. 41 e 42 Cost.) e convenzionale (art. 1 Prot. addiz. CEDU)>>, e pertanto devono soggiacere alle garanzie ivi previste, tra cui: a) la sua previsione attraverso una legge (artt. 41 e 42 Cost.) che possa consentire ai propri destinatari, in conformità alla costante giurisprudenza della Corte EDU sui requisiti di qualità della “base legale” della restrizione, di prevedere la futura possibile applicazione di tali misure (art. 1 Prot. addiz. CEDU); b) l’essere la restrizione “necessaria” rispetto ai legittimi obiettivi perseguiti (art. 1 Prot. addiz. CEDU), e pertanto proporzionata rispetto a tali obiettivi, ciò che rappresenta un requisito di sistema anche nell’ordinamento costituzionale italiano per ogni misura della pubblica autorità che incide sui diritti dell’individuo, alla luce dell’art. 3 Cost.; nonché c) la necessità che la sua applicazione sia disposta in esito a un procedimento che – pur non dovendo necessariamente conformarsi ai principi che la Costituzione e il diritto convenzionale dettano specificamente per il processo penale – deve tuttavia rispettare i canoni generali di ogni “giusto” processo garantito dalla legge (artt. 111, primo, secondo e sesto comma, Cost., e 6 CEDU, nel suo “volet civil”), assicurando in particolare la piena tutela al diritto di difesa (art. 24 Cost.) di colui nei cui confronti la misura sia richiesta[28].
In definitiva, la Corte nell’evidente intento di evitare che la confisca ex art. 24 d.lgs. 159/2011 fosse dichiarata costituzionalmente illegittima ed eliminata, con <<ignominia dal nostro sistema giuridico>> così come testualmente dottrina richiedeva[29], individua un vero e proprio statuto garantistico costituzionale e convenzionale in chiave civilistica.
Recepisce, sostanzialmente, la dottrina che prospettava una rilettura della misura di prevenzione patrimoniale come istituto di diritto privato[30] sul presupposto che l’ablazione riguarderebbe, esclusivamente, i beni illecitamente ottenuti, e come un sarto di alta moda le cuce su misura l’abito della natura sostanzialmente ripristinatoria.
Di conseguenza, non è richiesta la necessità del rispetto della presunzione d’innocenza che impone l’onere della prova a carico dell’accusa e il più elevato standard probatorio, dell’oltre ogni ragionevole dubbio, nell’accertamento dell’origine illecita dei profitti, ma si consente di mantenere immutato e di giustificare l’abbassamento delle garanzie in materia, per quanto la Corte ne auspichi un rafforzamento (sic!), compatibilmente con la natura riparatoria/civilistica[31].
Orbene, in quanto ripristinatoria, la misura ablativa che si va raffigurando non avrebbe alcun effetto stigmatizzante e per la dottrina fautrice di siffatta natura non varrebbe a conferirglielo neppure la sua accessorietà a un reato, cosi come avviene con l’azione risarcitoria della parte civile danneggiata dal reato, che mantiene struttura civilistica nonostante la specifica tipologia di illecito che la origina[32].
Anche a ritenersi razionalmente pensabile che la confisca possa spiegare un qualche intento ripristinatorio, è evidente la funzione sanzionatoria quale conseguenza della risposta statale alla violazione accertata o presunta di una legge penale, espressa con un giudizio di delinquenza qualificata o abituale attinente al soggetto che vive in tutto o in parte con il provento del crimine, che si fonda su fatti presumibilmente commessi, anche in un lontano passato, e che comporta l’interdizione del destinatario per il futuro da attività imprenditoriali, con <<giudizio di degradazione giuridica del proposto, con «menomazione o mortificazione della dignità e del prestigio della persona[33]>> .
Destano, poi, perplessità a favore della negazione della funzione sanzionatoria, le argomentazioni della Corte in riferimento alla neutralizzazione dell’illecito arricchimento, eventualmente, anche attraverso la confisca di prevenzione per equivalente rivolta ad aggredire beni di provenienza legittima, allorché proprio la Consulta nell’ordinanza n. 97/2000 e successivamente nella sentenza 67/2017 ha riconosciuto all’istituto generale della confisca per equivalente natura sanzionatoria, quantunque finalizzata a conseguire effetti di ripristino del pregiudizio patrimoniale[34].
Si pensi al caso della confisca di un immobile ricevuto in eredità dal corrotto di valore equivalente al prezzo della corruzione: in tale ipotesi non è facile considerare che lo spossessamento dell’immobile privo di pertinenzialità al delitto con l’ulteriore sfratto, e quindi carico di significati ulteriori per il detentore, sia una misura puramente ripristinatoria e non afflittiva. (Mi risulta un po’ oscura)
Altro argomento in favore della natura sanzionatoria è, inoltre, la valorizzazione del principio di proporzione tra quantum di profitto illecito e quantum di bene confiscabile che la Corte ha introdotto allorquando afferma che: <<l’ablazione patrimoniale si giustificherà se, e nei soli limiti in cui, le condotte criminose compiute in passato dal soggetto risultino essere state effettivamente fonte di profitti illeciti, in quantità ragionevolmente congruente rispetto al valore dei beni che s’intendono confiscare, e la cui origine lecita egli non sia in grado di giustificare[35]>>.
Ebbene, poiché è necessaria la ragionevole congruenza tra i beni da confiscare e i proventi dell’attività illecita svolta nel periodo di acquisizione di tali beni, il presupposto della sproporzione non ha più quel requisito alternativo ed autonomo rispetto alla dimostrazione dell’origine illecita stessa, che aveva assunto in seguito alla riforma del 1993, in quanto la proporzione ha senso solo rispetto al requisito degli indizi di provenienza illecita dei beni.[36]
Da ciò, il procedimento di prevenzione non può sfuggire ad un più elevato sistema di garanzie di quello prettamente civilistico proprio di una mera misura riparatoria, anche in ragione dei criteri Engel adottati dalla Corte E.d.u.[37]
3 – La natura penale: i criteri Engel.
La legittimità delle misure di prevenzione non può essere scrutinata solo in base a parametri costituzionali dovendo la verifica essere eseguita anche in rapporto al formante giurisprudenziale sovranazionale sul piano della perimetrazione della materia penale[38], per quanto la Corte si è costantemente espressa per la compatibilità Convenzionale della confisca antimafia argomentando, prevalentemente, sulla indispensabilità di simili misure, nel quadro delle politiche criminali volte a combattere il fenomeno della grande criminalità organizzata[39].
Per la Corte, la misura di prevenzione italiana ha una funzione e una natura ben distinte rispetto alla sanzione penale, in quanto quest’ultima tende a punire la violazione di una norma penale, ed è subordinata all’accertamento di un reato e della colpevolezza dell’imputato; mentre la misura di prevenzione non presuppone un reato e tende a prevenirne la commissione da parte di soggetti ritenuti pericolosi.
Orientamento questo ribadito altresì nella sentenza De Tommaso ove viene affermato che la misura della sorveglianza speciale non è equiparabile a una sanzione di tipo punitivo, dal momento che il procedimento che conduce alla sua applicazione non comporta la valutazione su un’accusa penale.[40]
Sul punto, diventa di interesse l’opinione parzialmente dissenziente del giudice Pinto de Albuquerque[41] che muove una durissima critica al nostro sistema delle misure di prevenzione personali – le misure di prevenzione patrimoniali sono fondate sulle medesime fattispecie di pericolosità -, così come disciplinate dalla legge del 1956 (trasfuse con pochissime modifiche nel codice antimafia oggi vigente), e alla loro stessa qualificazione come misure preventive.
Quanto alla natura sostanzialmente penale deve essere affermata – secondo Pinto de Albuquerque – per una molteplicità di ragioni, tra cui: le misure di prevenzione personali di cui alla Legge del 1956 erano basate su una “accusa penale” ai sensi della Convenzione (§ 33); la misura incide notevolmente sui diritti fondamentali dell’interessato (§ 35); la Corte costituzionale italiana ritiene che le misure di prevenzione previste dalla Legge del 1956 siano di natura penale, allo stesso modo delle misure di sicurezza, infatti nella sent. n. 177/1980, ha equiparato le misure di prevenzione personali di cui alla Legge del 1956 alle misure di sicurezza previste dal codice penale, come se fossero “due species di un unico genus” e della conseguente loro sottoposizione al medesimo quadro di garanzie costituzionali (§ 36); lo scopo generale e speciale preventivo perseguito da queste misure, parallelo a quello delle pene a tanto riferendosi gli studiosi del diritto italiani che hanno sempre sottolineato lo stretto nesso tra le misure di prevenzione personali e il diritto penale e i suoi fini (§ 37); il carattere altamente repressivo delle misure di prevenzione era inoltre peggiorato dal fatto che l’applicazione di tali misure era considerata un fattore aggravante nell’ambito della condanna per vari reati previsti dal codice penale (§ 38).
Fondamentale, però, diventa l’esame della nota sentenza Engel ed altri c. Paesi Bassi, con la quale la Corte ha elaborato tre distinti criteri utili ogniqualvolta si debba stabilire la natura penale di un procedimento distinguendolo da quelli civili, amministrativi o disciplinari, senza trascurare la sentenza Öztürk[42]con la quale è stata attribuita natura penale alle Ordungswidrigkeiten tedesche, ovverosia un caso di illecito amministrativo depenalizzato in materia di circolazione stradale.
È utile ricordare che secondo la Corte EDU, la scelta, dei singoli Stati, di qualificare come <<penale>> una determinata materia, e quindi di ricollegare al relativo procedimento le garanzie tipiche del processo penale previste dai parr. 2 e 3 dell’art. 6 CEDU e dell’art. 7 CEDU, non rientra nella sfera della propria cognizione, comportando una tale scelta, l’evidente riconoscimento del più ampio insieme di diritti difensivi previsti dalla Convenzione.
Lì dove il singolo Stato ritenga di escludere un determinato procedimento dall’applicazione delle stringenti guarentigie penalistiche, in qual caso la Corte potrà esercitare una valutazione di tipo sostanziale; se così non fosse, si finirebbe col subordinare l’operatività di alcuni dei diritti fondamentali stabiliti dalla Convenzione al mero arbitrio del legislatore nazionale.
I criteri Engel, da considerarsi alternativi e non cumulativi tra loro, essendo sufficiente, per l’applicabilità del capo penale dell’art. 6 e dell’art. 7 CEDU l’esistenza nel caso concreto di uno soltanto di loro, consistono, il primo nella qualificazione giuridica, data all’istituto oggetto della cognizione della Corte dal diritto interno, il secondo nella natura dell’illecito, il terzo nel grado di severità della sanzione, dovendosi però considerare – specie in caso di sanzioni meramente pecuniarie – non soltanto l’ammontare dell’intervento ablativo ma anche tutti gli effetti ulteriori e consequenziali che la legge prevede con la comminazione della stessa.
Nella prospettiva del secondo criterio (natura dell’infrazione) la confisca di prevenzione può essere ricondotta alla nozione di materia penale perché presume la commissione di reati e il coinvolgimento del proposto in attività penalmente rilevanti – o come pericoloso qualificato o come delinquente abituale; non rinvia a fatti qualificabili come illeciti civili o amministrativi[43].
Anche esaminando il terzo criterio Engel la confisca non può non essere attratta alle garanzie della materia penale.
L’ablazione di interi patrimoni unita agli effetti di cui all’art. 67, commi 1 e 2 del D.lgs. 19/2011[44], il dato che la confisca potrà essere applicata sine die perché non conosce prescrizione[45], profilo che accentua la l’impatto afflittivo della misura[46], insieme all’effetto travolgente per la reputazione e l’affidabilità economica e manageriale di un soggetto, evidenziano, palesemente, la severità della sanzione.
Sotto altro profilo, come acutamente analizzato, l’appartenenza delle misure di prevenzione patrimoniali, al pari di quelle personali, al novero delle pene discende da un argomento tratto da una importante sentenza della Corte Costituzionale italiana, la n. 177/80 che, per prima, ha adottato un dispositivo di accoglimento fondato sul parametro della legalità/determinatezza, giustiziando proprio una disposizione in materia di prevenzione personale – specificamente, l’art. 1, n. 3, l. 1423/56, relativo alla categoria soggettiva dei proclivi a delinquere>> –[47].
Si evidenzia che se la fattispecie <<condizionante>> (pericolosità) è aggregata al vocabolario garantistico scritto per il <<reato>>, anche la fattispecie <<condizionata>> (misura di prevenzione) deve poter partecipare della medesima natura della <<pena>>[48].
Così argomentando, ci si accorge come il criterio della qualificazione giuridica interna debba inglobare anche <<argomenti>> desunti dalla complessiva esperienza dei valori costituzionali dell’ordinamento nazionale[49].
In conclusione, la valutazione non della pericolosità attuale del soggetto, bensì dell’origine illecita del patrimonio, unita al dato della applicazione definitiva della misura – natura della sanzione – e della ampiezza della lesione, che può giungere a colpire l’intero patrimonio del proposto e che incide sulla persona posta la loro stretta correlazione[50] – severità della sanzione -, devono far propendere per la natura penale-sanzionatoria della confisca di prevenzione.
Particolarmente la correlazione tra il patrimonio e la persona, così come teorizzato[51] deve far rientrare la materia delle misure di prevenzione patrimoniali nel cerchio interno – in cui è rappresentato l’hard core del diritto penale – tra quelli concentrici teorizzati dalla dottrina[52].
* Avvocato del Foro di Lagonegro, componente dell’Osservatorio misure patrimoniali e di prevenzione UCPI
[1] Pulitanò, L’evoluzione delle politiche penali in Italia negli anni Settanta e ottanta, in Donini, Stortoni (a cura di), Il diritto penale tra scienza e politica, Bologna, 2015, p. 26
[2] Manes, Se la cultura del sospetto diventa legge, Il Mattino, 1.7.2017
[3] Maiello V., La Camera mortuaria della culla del diritto, Il Mattino, 27.6.2017
[4] Maiello V., La prevenzione ante delictum: lineamenti generali, in Maiello V. (a cura di), La legislazione penale in materia di criminalità organizzata, misure di prevenzione ed armi, in Trattato teorico-pratico di diritto penale, diretto da Palazzo, Paliero, vol. XII, Torino, 2015, 302 ss.
[5] Fiandaca, L’antimafia per tutti nel parlamento degli incompetenti, Il Mattino, 30.6.2017
[6] Palazzo, Per un ripensamento radicale del sistema di prevenzione ante delictum, in disCrimen, 12.9.2018, 7
[7] Fiandaca, Il sistema di prevenzione tra esigenze di politica criminale e principi fondamentali. Schema di relazione introduttiva, Parola dif., 2017
[8] Sin dalla Relazione per l’anno 2009 del Commissario Straordinario per i beni sequestrati e confiscati, a fronte di 105 provvedimenti definitivi nel 2008 e 75 nel 2009, si afferma che «l’istituto giuridico delle misure di prevenzione patrimoniale è il mezzo più impiegato per colpire le ricchezze illecitamente acquisite».
[9] Bricola, Dibattito, in. AA. VV., Le misure di prevenzione, 441
[10] Fiandaca, Il sistema di prevenzione tra esigenze di politica criminale e principi fondamentali. Schema di relazione introduttiva, Parola dif., 2017
[11] Maiello V., Profili sostanziali: le misure di prevenzione personali, in Basile (a cura di), Le misure di prevenzione dopo il c.d. codice antimafia. Aspetti sostanziali e procedurali, in Giur. it., 2015, 1523
[12] Per una ricostruzione storica del dibattito sul fondamento costituzionale delle misure di prevenzione, Mantovani, Diritto Penale, CEDAM
[13] Corte Cost. n. 2 del 1956; Corte Cost. n. 27 del 1959; Corte. Cost. n. 23 del 1964
[14] In senso critico, Filippi, Il Procedimento di prevenzione patrimoniale. Le misure <<antimafia>> tra sicurezza pubblica e garanzie individuali, CEDAM, 2002
[15] Per una ricostruzione degli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali emersi, cfr. per tutti, Finocchiaro, La confisca “civile” dei proventi da reato. Misura di prevenzione e civil forfeiture: verso un nuovo modello di non-conviction based confiscation, cit., p. 218 ss.
[16] Cass., Sez. V, 25 marzo 2013, Occhipinti, in Mass. Uff., n. 255043
[17] Maugeri, La confisca misura di prevenzione ha natura <<oggettiva-mente sanzionatoria>>e si applica il principio di irretroattività: una sentenza “storica”?, in DPC Riv. trim. 2013, n. 4.
[18] Fiandaca, Presentazione del libro “Prima lezione di diritto penale”, Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Foggia, 1 marzo 2018
[19] Sez. Un., 26 giugno 2014 (dep. 2 febbraio 2015), n. 4880, Pres. Santacroce, Rel. Bruno, ric. Spinelli e altro
[20] Cfr. Fiandaca, Il sistema di prevenzione tra esigenze di politica criminale e principi fondamentali. Schema di relazione introduttiva, Parola dif., 2017 il quale sostiene che: <<…il giudice estensore ha finito col rimanere impigliato in una artificiosa e difficoltosa trama argomentativa, nell’ambito della quale retorica e oscura metafisica concettuale interagiscono nel vano tentativo di dimostrare che la pericolosità sociale del prevenuto si proietta sulla pericolosità oggettiva dei beni confiscati…>>.
[21] Sez. Un., 17 luglio 1996, n. 18 Simonelli ed altri
[22] Aprile, La Corte costituzionale “riscrive” la disciplina delle misure di prevenzione “generiche” per garantire maggiore determinatezza nei loro presupposti applicativi e negli effetti penalistici della violazione delle relative prescrizioni, in Cassazione penale, 2019, num. 5-6, pag. 1886; Dolso, Le misure di prevenzione personali prima e dopo la sentenza n. 24/2019 della Corte costituzionale: passi avanti e problemi aperti, in Giurisprudenza costituzionale, 2019, num. 3, pag. 1867 Dolso, La Corte costituzionale fa i conti con la giurisprudenza Edu in materia di misure di prevenzione, in Quaderni costituzionali, 2019, num. 3, pag. 691; Finocchiaro, Due pronunce della Corte costituzionale in tema di principio di legalità e misure di prevenzione a seguito della sentenza De Tommaso della Corte EDU, in www.penalecontemporaneo.it, 2019; La Corte, La disciplina delle misure di prevenzione, tra passato e presente, al vaglio (nuovamente) della Corte Costituzionale, in www.giurisprudenzapenale.com, 2019, num. 6; Maiello V., La prevenzione ‘ante delictum’ da pericolosità generica al bivio tra legalità costituzionale e interpretazione tassativizzante, in. Giurisprudenza costituzionale, 2019, num. 1, pag. 332; Maiello V., Gli adeguamenti della prevenzione ‘ante delictum’ nelle sentenze costituzionali nn. 24 e 25, in Diritto penale e processo, 2020, num. 1, pag. 107; Malfatti, La Cedu come parametro tra Corte costituzionale e giudici comuni, in www.gruppodipisa.it, 2019, num. 3; Marandola, La Corte costituzionale definisce lo statuto di garanzia di (alcuni) presupposti delle misure di prevenzione, in Studium iuris, 2019, num. 11, pag. 1294; Mazzacuva, L’uno-due dalla Consulta alla disciplina delle misure di prevenzione: punto di arrivo o principio di un ricollocamento sui binari costituzionali?, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 2019, num. 2, pag. 987; Occhipinti, Sul diritto penale della prevenzione: nuovi orizzonti e limiti applicativi, in www.giurisprudenzapenale.com, 2019, num. 1
[23] In tal senso già Fiandaca, voce Misure di prevenzione (profili sostanziali) (voce) in Dig. disc. pen., Torino, 1994 p. 114
[24] Corte Cost., sent. 24 gennaio 2019, n. 24 § 10.4.1
[25] Corte Cost., sent. 24 gennaio 2019, n. 24 § 10.4.1
[26] Sentenza Gogitidze e altri contro Georgia del 2015
[27] Corte Cost., sent. 24 gennaio 2019 § 10.4.2
[28] Corte Cost., sent. 24 gennaio 2019 § 10.4.3; In tale direzione conforme Consulich, Le misure di prevenzione personali tra costituzione e convenzione, in Legislazionepenale.eu, p. 30 “il diritto della prevenzione è una disciplina in sé conchiusa, in cui le garanzie non possono essere asetticamente importate dal diritto penale, ma devono venire automaticamente forgiate a partire dai diritti che vengono incisi”.
[29] Viganò’, Riflessioni sullo statuto costituzionale e convenzionale della confisca ‘”di prevenzione” nell’ordinamento italiano, in RIDPP, indicare anno fasc. 2., 59
[30]Viganò, Riflessioni, cit.; Finocchiaro, La confisca “civile” dei proventi da reato. Misura di prevenzione e civil forfeiture: verso un nuovo modello di non-conviction based confiscation, in Criminal Justice Network, 2018
[31] Maugeri, De Albuquerque, La confisca di prevenzione nella tutela costituzionale multilivello (Corte Cost. n. 24/2019), in DPC rivista trimestrale, 3/2019, 130
[32] Finocchiaro, La confisca “civile” dei proventi da reato. Misura di prevenzione e civil forfeiture: verso un nuovo modello di non-conviction based confiscation, in Criminal Justice Network, 2018, pag. 426.
[33] Idem nota 31
[34] MAIELLO, La prevenzione ante delictum da pericolosità generica al bivio tra legalità costituzionale e interpretazione tassativizzante, in Giur. cost., 2019, p. 343 sostiene che; “la persuasività del ragionamento condiviso dalla sentenza commentata potrebbe subire gli attacchi da parte del suo cavallo di Troia, vale a dire dallo strumento della confisca di prevenzione per equivalente destinato ad aggredire beni di provenienza illecita”.
[35] Corte Cost., sent. 24 gennaio 2019 § 12.2.2
[36] PELISSERO, Gli effetti della sentenza De Tommaso sulla disciplina delle misure di prevenzione dopo le recenti posizioni della Corte costituzionale, in Studium iuris, 10/2019, 1154
[37] Corte e.d.u., 8 giugno 1976, Engel e Altri c. Paesi Bassi.
[38] Manna, Natura giuridica delle misure di prevenzione: legislazione, giurisprudenza, dottrina, in Archivio Penale 2018, 10
[39] Corte EDU, 25 agosto 2015, Cacucci- Sabatelli, n. 29797/09
[40] § 143 Corte EDU, 23 febbraio 2017 De Tommaso c. Italia
[41] Così come l’opinione dei giudici Sajò e Vučinić che sostengono le considerazioni espresse da Pinto de Albuquerque
[42]Corte EDU, 21 febbraio 1984, Öztürk c. Germania. L’orientamento viene ribadito in una successiva pronuncia in materia di sanzioni amministrative tributarie, Corte EDU, 23 novembre 2006, Jussila c. Finlandia.
[43] Idem nota 31
[44]Effetti delle misure di prevenzione – 1. Le persone alle quali sia stata applicata con provvedimento definitivo una delle misure di prevenzione previste dal libro I, titolo I, capo II non possono ottenere:
- a) licenze o autorizzazioni di polizia e di commercio;
- b) concessioni di acque pubbliche e diritti ad esse inerenti nonché concessioni di beni demaniali allorché siano richieste per l’esercizio di attività imprenditoriali;
- c) concessioni di costruzione e gestione di opere riguardanti la pubblica amministrazione e concessioni di servizi pubblici;
- d) iscrizioni negli elenchi di appaltatori o di fornitori di opere, beni e servizi riguardanti la pubblica amministrazione, nei registri della camera di commercio per l’esercizio del commercio all’ingrosso e nei registri di commissionari astatori presso i mercati annonari all’ingrosso;
- e) attestazioni di qualificazione per eseguire lavori pubblici;
- f) altre iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio, o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali, comunque denominati;
- g) contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali;
- h) licenze per detenzione e porto d’armi, fabbricazione, deposito, vendita e trasporto di materie esplodenti.
- 2. Il provvedimento definitivo di applicazione della misura di prevenzione determina la decadenza di diritto dalle licenze, autorizzazioni, concessioni, iscrizioni, attestazioni, abilitazioni ed erogazioni di cui al comma 1, nonché il divieto di concludere contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, di cottimo fiduciario e relativi subappalti e subcontratti, compresi i cottimi di qualsiasi tipo, i noli a caldo e le forniture con posa in opera. Le licenze, le autorizzazioni e le concessioni sono ritirate e le iscrizioni sono cancellate ed è disposta la decadenza delle attestazioni a cura degli organi competenti.
[45] Pannuzzi, Sequestro e confisca nell’ordinamento processuale penale (Milano, 20 febbraio 2018), in Ind. Pen., p. 507 – 512 dà conto dell’opinione del Dott. Fabio Roia, Presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano, sulla necessità di introdurre un criterio di decadenza dell’azione di prevenzione.
[46] Idem nota 31
[47] V. MAIELLO, Confisca, CEDU e Diritto dell’Unione tra questioni risolte ed altre ancora aperte, in DPC rivista trimestrale, 3-4/2012, 54
[48] Idem nota 44
[49] Idem nota 44
[50] Moccia, Tutela penale del patrimonio e principi costituzionali, Padova, 1988, 62 e ss.
[51] Idem nota 47
[52] Per la teoria dei cerchi concentrici si vedano Viganò, Il nullum crimen conteso: legalità ‘costituzionale’ vs. legalità ‘convenzionale’? DPC, 2017, Manes, Profili e confini dell’illecito para-penale, RIDPP, Fasc. 3, 2017