LA PROTEZIONE DELLA SALUTE PUBBLICA NELL’EMERGENZA EPIDEMIOLOGICA – DI STEFANIA FORLANI
di Stefania Forlani*
Sommario: 1. Le nuove fattispecie di prevenzione e controllo sociale nell’emergenza; 2. Le Ordinanze contingibili ed urgenti assunte dal Presidente della Regione Campania; 3. Lo stato dei diritti costituzionali al tempo dell’emergenza sanitaria 4. Inquadramento sistematico delle misure di distanziamento e di isolamento sociale; 5. La prevenzione generata dall’emergenza sanitaria; 6. Le misure urgenti di controllo della Regione Campania – La punizione del disobbediente.
“Al Governo rincresce di essere stato costretto a esercitare energicamente quello che considera un suo diritto e un suo dovere, proteggere con tutti i mezzi la popolazione nella crisi che stiamo attraversando, quando sembra si verifichi qualcosa di simile a una violenta epidemia di cecità , provvisoriamente designata come il mal bianco, e desidererebbe poter contare sul senso civico e la collaborazione di tutti i cittadini per bloccare il propagarsi del contagio, nell’ipotesi che di contagio si tratti, nell’ipotesi che non ci si trovi unicamente davanti a una serie di coincidenze per ora inspiegabili. La decisione di riunire in uno stesso luogo tutte le persone colpite e, in un luogo prossimo, ma separato, quelle che con esse abbiano avuto qualche tipo di contatto, non è stata presa senza seria ponderazione. Il Governo è perfettamente consapevole delle proprie responsabilità e si aspetta da coloro ai quali questo messaggio è rivolto che assumano anch’essi, da cittadini rispettosi quali devono essere, le loro responsabilità pensando che l’isolamento in cui ora si trovano rappresenterà, al di là di qualsiasi altra considerazione personale, un atto di solidarietà verso il resto della comunità nazionale.”[1]
1. Le nuove fattispecie di prevenzione e controllo sociale nell’emergenza
La diffusione del virus Sars-Cov-2 (Covid-19) ha riproposto il tema dei poteri straordinari da cui è dipesa l’adozione di atti e provvedimenti extra ordinem, immediati nell’efficacia, ritenuti strumento necessario per fronteggiare l’emergenza epidemiologica.
Al fine di contenimento della diffusione della malattia, con il Decreto Legge n. 6 del 23 febbraio 2020, all’art. 1, sono state introdotte, oltre alle misure di distanziamento sociale, quelle di isolamento individuale: la “quarantena con sorveglianza attiva” (art. 1, co. 2, lett. h) agli individui che hanno avuto contatti stretti con i casi confermati di malattia infettiva diffusiva e la “permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva” (art. 1 co. 2 lett. i) adottata dall’autorità sanitaria competente a seguito di adempimento all’obbligo di comunicazione da parte di individui che hanno fatto ingresso in Italia da zone a rischio epidemiologico, come identificate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, al Dipartimento di prevenzione dell’azienda sanitaria competente per territorio.
La risposta governativa all’emergenza è, dunque, avvenuta attraverso fattispecie giuridiche di nuova creazione entrate a pieno titolo nel sistema delle misure di controllo sociale.
Dopo la dichiarazione di emergenza internazionale di salute pubblica del 30 gennaio 2020 della Organizzazione Mondiale della Sanità, anche per l’Italia si è determinata la necessità di contenimento dell’alto rischio epidemiologico. La risposta delle istituzioni nazionali si è concretizzata, per l’appunto, nell’introduzione – attraverso una complessa decretazione d’urgenza – di misure di controllo del rischio finalizzate al distanziamento sociale e, per i casi estremi dei soggetti che avessero avuti contatti diretti con persone affette da Covid-19 e di quanti provenissero da “zone a rischio epidemiologico”, addirittura all’isolamento (quarantena con sorveglianza attiva e permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva), gestito e controllato dall’autorità sanitaria.
Nelle more dei decreti di attuazione, il Decreto n. 6/20 all’art. 2 prevedeva che le autorità competenti potessero adottare “Ulteriori misure di gestione dell’emergenza al di fuori dei casi di cui all’art. 1 comma 1” e, all’art. 3 comma 2, che “nei casi di estrema necessità ed urgenza”, dette misure (di cui all’art. 1 comma 1 ed all’art. 2) potessero essere adottate ai sensi dell’art. 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, dell’art. 117 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 e dell’articolo 50 del Testo Unico delle Legge sull’ordinamento degli Enti Locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 26, quindi dal Presidente della Giunta Regionale e dal Sindaco attraverso le “ordinanze contingibili ed urgenti” con efficacia estesa sui territori di competenza.
2. Le Ordinanze contingibili ed urgenti assunte dal Presidente della Regione Campania
Per effetto della delega dei suddetti poteri di ordinanza, in data 13 marzo 2020 il Presidente della Regione Campania emanava l’ordinanza n. 15 avente ad oggetto: “Ulteriori misure per la prevenzione e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19. Ordinanza ai sensi dell’art. 32, comma 3, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 e dell’art. 50 del TUEL”. Essa – nel prendere atto delle misure adottate dai DPCM dell’8 e del 9 marzo del 2020, finalizzate ad evitare spostamenti delle persone con salvezza di casi specifici – affermava la necessità di “prevedere ed applicare” a tutela della collettività “ogni più idonea forma di sanzione nei confronti dei trasgressori” imponendo “misure di deterrenza straordinarie” individuate nell’ “obbligo immediato per il trasgressore medesimo di osservare la permanenza domiciliare con isolamento fiduciario, mantenendo lo stato di isolamento per 14 giorni, con divieto di contatti sociali e di rimanere raggiungibile per ogni eventuale attività di sorveglianza”.
Con la successiva ordinanza n. 23 del 25.03.2020 della Regione Campania la medesima “misura di deterrenza straordinaria” – quale “sanzione nei confronti dei trasgressori” – veniva confermata anche se con le seguenti rimodulazioni: “la trasgressione degli obblighi di cui alla presente ordinanza comporta, altresì, per l’esposizione al rischio di contagio cui è sottoposto il trasgressore, l’obbligo di segnalazione al competente dipartimento di prevenzione dell’ASL ai fini della eventuale disposizione della misura della permanenza domiciliare con isolamento fiduciario, per 14 giorni e con obbligo di rimanere raggiungibile per ogni eventuale attività di sorveglianza”. L’applicazione di tale misura è subordinata alla verifica delle circostanze in cui si è verificata l’uscita in violazione dei divieti e del rischio di contagio nella specifica fattispecie[2].
Attraverso questi strumenti normativi, emanati per fronteggiare l’emergenza epidemiologica, si è determinata una compressione di massa di diritti fondamentali inedita nella storia repubblicana.
Necessitas non habet legem, sed ipsa sibi facit legem: così come nel diritto romano, l’emergenza giustificava l’adozione di decisioni immediate, nell’ordinamento vigente, la ricorrenza dei casi di necessità ed urgenza legittima le autorità locali ad adottare misure straordinarie per prevenire danni da calamità.
Hanno quindi legittimazione i poteri d’ordinanza “forti”, così definiti perché capaci di incidere concretamente sull’assetto normativo istituzionale, dunque ordinanze generali atipiche come quelle di cui all’art. 2 della Legge n. 833 del 23.12.1978, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (TULS), che attribuisce al Ministero della Sanità il potere “di emettere ordinanze contingibili ed urgenti in materia di igiene e sanità pubblica o di polizia veterinaria con efficacia estesa all’intero territorio nazionale o parte di esso comprendente più regioni” e che prevede, per le emergenze in ambito locale, che “nelle medesime materie sono emesse dal Presidente della Giunta regionale e dal Sindaco ordinanze contingibili ed urgenti con efficacia estesa rispettivamente alla Regione o parte del suo territorio comprendenti più comuni e al territorio comunale”.
Si è ammessa una doppia via, quella dei decreti nazionali e quella delle ordinanze regionali che, nell’emergenza sanitaria in atto, si sono sovrapposte ai primi, imponendo limiti ulteriori e più restrittivi sulle libertà costituzionali già fortemente incise: anomalia che ha generato sia mancanza di precetti normativi chiari e determinati che indirizzassero la comunità verso comportamenti ammessi e non rischiosi per la salute pubblica, sia confusione fra le competenze nella governance emergenziale con la conseguente perdita di riferimenti istituzionali per i cittadini. Una produzione normativa convulsa e priva di coerenza a livello centrale con la simultanea creazione di un sistema parallelo ed alternativo all’ordinamento costituzionale ed alla legge dello Stato che ha seriamente compromesso la legalità e la riserva di legge.
3. Lo stato dei diritti costituzionali al tempo dell’emergenza sanitaria
L’emergenza sanitaria ha, dunque, determinato la sospensione dell’ordine costituzionale; il congelamento dei diritti che ne è seguito ha, correlativamente, dato vita – come in tutti gli stati di eccezione – ad un nuovo diritto caratterizzato da un severo regime di disciplinamento sociale.
Sono i momenti che fanno apprezzare l’idillio delle libertà dello Stato costituzionale, la cui difesa ha bisogno degli anticorpi che la Carta possiede: come la cera che Ulisse usò per i suoi marinai affinché non si perdessero nel “canto delle sirene” e non lasciassero la nave in balia del solo timone.
I diritti sono per la democrazia gli anticorpi all’autoritarismo affinché le istituzioni non cedano, attraverso l’alibi dell’emergenza, al suo fascino ammaliatore.
Quando poi l’emergenza si alimenta nell’humus della paura generale per l’epidemia da virus mortale, la ragione cede all’anestetico e genera mostri.
I diritti sono lo specchio dello stato di salute della democrazia, che è interesse generale al pari della salute pubblica ed allora la via maestra è nella ricerca dell’equilibrio tra i due interessi collettivi, entrambi fondamentali, la via che non è stata percorsa.
Per l’art. 32 della Costituzione la salute è bene primario dell’individuo ma è anche “interesse della collettività”, considerato prevalente al punto che anche trattamenti sanitari non assistiti da consenso sono stati ritenuti legittimi al fine di evitare e contenere le malattie considerate diffusive[3] ed in questa fase emergenziale le scelte normative sono state orientate verso la prevalenza della salute pubblica sulle libertà personali (libera circolazione, art. 16 Cost.; libera riunione, art. 17 Cost.; libertà nell’esercizio del culto religioso, art. 19 Cost.; diritto all’insegnamento ed all’istruzione, artt. 33 e 34 Cost.; libera iniziativa economica, art. 41 Cost.)[4], ma anche sulla salute individuale.
In nome della tutela della salute, dunque, sono state adottate misure di contenimento attraverso la previsione di norme di comportamento finalizzate al distanziamento sociale ed all’isolamento delle persone considerate a rischio contagio.
4. Inquadramento sistematico delle misure di distanziamento e di isolamento sociale
Le istituzioni politiche hanno subito un condizionamento da parte della comunità scientifica tale che la salute pubblica ha assunto ruolo di interesse prevalente sulle libertà personali.
L’emergenza sanitaria ha, dunque, modificato il rapporto tra i beni giuridici costituzionali attribuendo centralità ad un interesse pubblico a discapito dei diritti della persona che costituiscono la garanzia per la tenuta del sistema costituzionale e le scelte normative in questa fase hanno riconosciuto nella prevenzione della salute pubblica l’interesse prevalente e prioritario.
Con il Decreto Legge n. 6 del 2020 sono stati introdotti i nuovi strumenti giuridici finalizzati alla prevenzione: le misure di distanziamento e isolamento fiduciario per effetto dei quali il controllo sull’epidemia è esercitato attraverso limitazioni della libertà delle persone, di cui l’intera comunità è destinataria.
Sono evidenti le analogie con le misure di prevenzione per cui è possibile inquadrarle nella categoria degli strumenti amministrativi di controllo sociale applicati dall’autorità pubblica, in modo particolare con le misure di prevenzione applicate dal questore[5], limitative delle libertà personali, ma “praeter delictum” o “ante delictum”, poiché prescindono dalla commissione di un reato, quindi eccezionali e subordinate comunque all’accertamento della pericolosità sociale dell’individuo.
A differenza di quanto è avvenuto per la confisca e la sorveglianza speciale, con le sentenze della Corte Costituzionale del 2019, nn. 24 e 25, le misure questorili non sono state oggetto di alcun tentativo di rilettura sul piano delle garanzie costituzionali e della legalità e quindi a tutt’oggi ancorate alla logica del “sospetto”, straordinari strumenti di polizia sottratti alla giurisdizione penale.
È vero il detto che “al peggio non vi è mai fine” perché con i nuovi strumenti introdotti con la normativa dettata dall’emergenza sanitaria si affaccia nell’ordinamento un ulteriore attentato alla legalità: un’altra devastazione giuridica.
5. La prevenzione generata dall’emergenza sanitaria
La risposta all’emergenza sanitaria è stata dunque “di polizia” e non “sociale”, come invece sarebbe stato necessario, attraverso nuovi strumenti amministrativi di controllo, con la differenza che il paradigma pericolosità sociale/misura di prevenzione che era posto sul piano soggettivo è stato spostato su quello oggettivo.
La conseguenza è stata che la pericolosità sociale è determinata dalla contingenza che diviene il presupposto di fatto e di diritto di ogni scelta repressiva nei confronti della generalità degli individui.
Fino all’emergenza, la pericolosità sociale quale condizione per l’applicazione delle misure di prevenzione andava accertata in concreto in relazione alla persona del destinatario.
Invece con l’emergenza la pericolosità appartiene al solo piano oggettivo, è presunta iuris et de iure, costituendo la premessa di diritto che orienta le scelte secondo una diretta proporzione tra gli svantaggi alle libertà costituzionali ed i vantaggi per la salute pubblica che rimane finalità prioritaria: la pericolosità si trova all’interno della comunità stessa, perché con essa nasce e in essa il rischio epidemiologico si consuma.
Sicché ogni condotta, espressione delle libertà individuali, diventa pericolosa perché potenzialmente idonea alla diffusione epidemiologica e pertanto subisce una “criminalizzazione”[6].
All’interesse verso l’individuo ed i suoi bisogni, tema centrale nel sistema dei valori costituzionali, subentra l’interesse al controllo quotidiano del contagio epidemiologico, sicché ogni persona si trasforma in un numero che è parte della statistica sulla diffusione del virus.
La straordinarietà dell’evento emergenziale ha inciso profondamente sull’ordine costituzionale alterando i valori della pacifica convivenza ed anche i rapporti tra le istituzioni democratiche, infatti nella dichiarazione dello stato di emergenza il Parlamento avrebbe dovuto mantenere un ruolo centrale[7].
Tale carenza è dipesa dalla mancanza nella Costituzione di una specifica indicazione su quale fosse il soggetto istituzionale legittimato a “dichiarare l’emergenza”, benché ciò sia stato frutto di una precisa scelta dei costituenti sull’idea che un’indicazione di tal genere potesse assumere la portata di una “clausola di poteri in bianco”, ritenuta rischiosa per la democrazia[8].
6. Le misure urgenti di controllo della Regione Campania – La punizione del disobbediente
La particolare concitazione che ha condotto il Presidente della Regione Campania ad emanare due ordinanze, la n. 15 del 13 marzo 2020 e la n. 23 del 25 marzo 2020, ha reso il territorio della Regione un caso di “estrema necessità ed urgenza” che, con la rappresentazione di un disastro epidemiologico sul territorio, “tipicamente campano”, ha finito con il sovrapporsi all’emergenza nazionale.
Ne è derivata una grave confusione sulle regole da seguire per un distanziamento sociale efficace e non rischioso, poiché le ordinanze regionali hanno posto il divieto assoluto su comportamenti invece consentiti dai decreti del Governo.
L’anomalia delle ordinanze campane è nelle modalità attraverso le quali si è blindato il distanziamento sociale: nella misura dell’isolamento fiduciario per 14 giorni si è trovata la “più idonea forma di sanzione nei confronti dei trasgressori”, quale misura “di deterrenza straordinaria”.
Se per il D.L. n. 6/2020 l’isolamento fiduciario è evidentemente finalizzato alla prevenzione del contagio da Sars-Cov-2 (Covid-19), come strumento straordinario da applicarsi solo alle categorie di persone indicate nell’art. 1, comma 2, per un controllo sociale di tipo amministrativo, nelle ordinanze della Regione Campania tale strumento viene invece utilizzato per scopo sanzionatorio: è quindi un vero strumento di deterrenza per dissuadere le persone a contravvenire al generico divieto di uscire da casa, appunto “minacciando” l’applicazione della “permanenza in casa per 14 giorni con isolamento fiduciario”, donde una moltitudine di provvedimenti mediante cui la “sanzione” viene applicata anche quando la motivazione resa in autocertificazione coincida con legittime esigenze di lavoro, studio o necessità particolari, in conformità delle indicazioni fornite dai provvedimenti del governo nazionale.
L’autorità regionale della Campania ha invaso un terreno giuridico dove esiste una riserva assoluta di legge dello Stato, utilizzando la misura straordinaria di prevenzione [9] prevista con il decreto legge per uno scopo diverso da quello originario, evitare la diffusione del virus, dunque come sanzione che, per la sua incidenza sulla libertà della persona, è penale in quanto è conseguenza alla “disobbedienza” di colui che la subisce rievocando così l’idea della pena come castigo da infliggersi per il male commesso proprio in termini di retribuzione[10].
Con lo strumento dei poteri extra ordinem riconosciuti agli enti territoriali (Regioni e Comuni) dall’art. 32 della L. n. 833 del 1978, la Regione si è appropriata di una prerogativa statale (emanare norme che prevedano la limitazione della libertà personale), così autorizzando le forze dell’ordine ad adottare provvedimenti limitativi della libertà delle persone pure in assenza di un atto motivato dell’autorità giudiziaria,in violazione dell’art. 13 della Costituzione che è garanzia indefettibile dell’ordine democratico: un incomprensibile ed ulteriore irrigidimento verso il cittadino che ancora attende una risposta sociale dalle istituzioni nella grave situazione emergenziale[11].
In nome di una emergenza regionale straordinaria (una straordinarietà nella già eccezionale emergenza), la Regione Campania, violando la riserva assoluta di legge statale in materia penale, ha utilizzato sanzioni limitative della libertà personale, l’obbligo di permanenza domiciliare con isolamento fiduciario, senza rispettare le regole fondamentali del diritto penale, perché nel provvedimento regionale la sanzione è comminata senza la previsione di un fatto tipico e determinato, offensivo in relazione al bene giuridico che si è inteso tutelare (l’isolamento fiduciario non è subordinato all’accertamento della positività al virus Covid-19), antigiuridico e, conseguentemente, colpevole[12].
Nel silenzio assoluto delle autorità statuali si è sferrato un duro colpo al sistema costituzionale e l’esperienza dell’emergenza sanitaria ne ha svelato la fragilità.
Così il canto ammaliatore delle sirene ha sciolto la cera dei marinai di Ulisse e la nave si è infranta sugli scogli, proprio quelli che fronteggiano il golfo della terra campana.
*Avvocato del Foro di Salerno, componente dell’Osservatorio misure patrimoniali e di prevenzione UCPI
[1] J. SARAMAGO, Cecità, Feltrinelli, pag.45
[2] Con l’Ordinanza n.32 del 12.04.20 la Regione Campania si allinea alle indicazioni nazionali e, con il richiamo all’art.4 Decreto Legge n.19/2020, per le violazioni delle misure di contenimento prevede la sanzione amministrativa pecuniaria da € 400 a € 3000, così eliminando la previsione della permanenza in casa con isolamento fiduciario.
[3] Corte Costituzionale sent.n. 5 del 2018 decisa il 22.11.2017 e n.268 del 22 novembre 2017 dep.il 14.12.2017.
[4] In proposito si veda il decreto del Presidente della III sezione giurisdizionale del Consiglio di Stato n.1553 del 30 marzo 2020 di rigetto di una richiesta di sospensione proposta su ricorso inoltrato per la riforma di del decreto cautelare del TAR Calabria che aveva confermato l’esecutorietà del provvedimento sindacale di violazione dell’ordine sindacale di quarantena con sorveglianza sanitaria ed isolamento presso la propria abitazione derivante dall’Ordinanza n.12/2020 della Regione Calabria; la richiesta era giustificata da motivi di lavoro da svolgersi in agricoltura che non era assoggettata al fermo delle disposizioni statali
[5] 1. il foglio di rimpatrio (art.2 T.U.Antimafia); 2.l’avviso orale con o senza divieto di possedere apparati che agevolano la condotta pericolosa (art.3 T.U.Antimafia e successive modifiche D.Lgs. n.159/2011 e succ.modifiche); 3. il DASPO (divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive ex art.6 L.13.12.1989 n.401 e succ.mod.); 4. l’ammonimento per atti persecutori (art.8 D.L.23.02.2009 n.11); 5. le misure ex art. 75 bis T.U.degli Stupefacenti (D.P.R.n.309/1990 e succ.modifiche)
[6] Nella prima fase dell’emergenza il D.L.n.6/2020, all’art.3 comma 4, prevedeva che l’inosservanza delle misure di distanziamento fosse punita ai sensi dell’art.650 c.p., quindi riportava la violazione al diritto penale, successivamente, il D.L. n.19/2020, con l’art.4 comma 1, vi è stata la depenalizzazione delle trasgressioni, con l’introduzione di un nuovo illecito amministrativo con sanzione pecuniaria da 400 a 3000 euro, cui può aggiungersi la sanzione accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni.
Sia con il D.L. n.6/2020 che con il D.L. n.19/2020, sono rimaste possibili le ulteriori misure da parte di Ordinanze regionali qualora le contingenze territoriali lo ritenessero per far fronte, nelle more e per il tempo necessario all’adozione dei DPCM, alle “specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatosi nel loro territorio”.
[7] Si veda in proposito l’editoriale di R. DICKMANN, Alcune questioni di costituzionalità in tema di voto parlamentare a distanza, in Federalismi.it-paper-1 aprile 2020: affronta il dibattito sulla costituzionalità dell’ipotesi che gli organi parlamentari possano esprimersi anche con voti deliberativi a distanza al fine di garantire, senza soluzione di continuità, l’esercizio delle proprie funzioni costituzionali a fianco ed in connessione politica e giuridica con l’Esecutivo cui compete la gestione della crisi e che, nella sua dimensione politica, rivela un tono ampiamente collaborativo tra le parti in campo. Nell’adozione dei numerosi e meritori provvedimenti urgenti, anche legislativi, recanti una pluralità di misure per il contenimento del virus anche incisivi delle libertà personali, l’Esecutivo ha praticato un confronto sostanziale e costante anche con i presidenti di regione e di enti locali particolarmente colpiti. Coerente a questa scelta di collaborazione è la necessità di garantire, per la tipicità stessa della forma di governo parlamentare, la continuità del rapporto fiduciario tra le Camere e l’Esecutivo soprattutto nei momenti straordinari della vita del Paese, osserva infatti l’Autore: “non esiste la possibilità di ravvisare nella fase di emergenza nel Paese un qualche giustificativo giuridico per argomentare l’affievolimento della predetta relazione costituzionale (e della relativa dimensione necessariamente pubblica), e tanto meno la necessità di confermarla con soluzioni ‘sceniche’ originali, quali una particolare ‘mobilitazione’ del Parlamento, che anzi è sempre ‘aperto’ come sede costituzionale propria, esclusiva ed indefettibile del dibattito politico in ragione della sua continuità costituzionale, né più né meno degli altri organi costituzionali e poteri dello Stato”. Sul dibattito scientifico relativo all’uso del voto a distanza segnala l’intervento di P. PISICCHIO, Il Dubbio, 18 marzo 2020, che ne esclude la legittimità costituzionale; in senso contrario tra gli altri si vedano anche gli interventi di G. GUZZETTA, Il Dubbio, 20 marzo 2020; A. PERTICI, Left, 27 marzo 2020; M.VILLONE, Il Manifesto, 31 marzo 2020. Ammettono invece il voto deliberativo a distanza F. CLEMENTI, Il sole24Ore, 16 marzo 2020 (precisando la posizione nel Corriere della Sera, 24 marzo 2020); S. CECCANTI, Il Dubbio, 17 marzo 2020; S. CASSESE, Il Foglio, 17 marzo 2020. Cita inoltre la posizione maggiormente strutturata di B. CARAVITA, L’Italia ai tempi del coronavirus: rileggendo la Costituzione italiana, editoriale di Federalismi.it, 6/2020 spec. § 5.
[8] S. CASSESE, nel corso dell’intervista rilasciata a Paolo Amaroli e pubblicata su, il Dubbio, 14 aprile 2020, risponde all’osservazione che i Costituenti ebbero orrore a parlare di stato di emergenza e all’interrogativo se invece non fosse stato, con il senno di poi, un errore questa omissione alla luce della guerra contro il virus: “Non la ritengo una lacuna. E chi abbia letto gli articoli 48 e seguenti della Costituzione ungherese sa quali pericoli si annidino in norme costituzionali di quel tipo. C’è poi l’esperienza negativa della Costituzione di Weimar. L’unica positiva mi pare quella dell’articolo 16 della Costituzione della V Repubblica francese. La Costituzione non ha peraltro ignorato la questione, solo che ha considerato la possibilità di disporre limiti dettati dall’urgenza e dal pericolo caso per caso, per singole libertà”.
[9] In proposito anche il contributo di C.RUGA RIVA, La violazione delle Ordinanze Regionali e Sindacali in materia di Coronavirus: profili penali, in Sistema Penale.it 3/2020.
[10] L’idea della retribuzione costituisce, da sempre, il leit motiv di ogni discorso sulla pena: già la celebre espressione latina, che definisce la pena malum passionis propter malum actionis, evidenzia bene l’idea che la sanzione penale deve servire a compensare la colpa per il male commesso (puniatur quia peccatum est ): G.FIANDACA – E.MUSCO, Diritto penale – Parte Generale, Zanichelli Bologna, ed.II, pag.518; il più autorevole e convinto sostenitore della teoria retributiva della pena è stato BETTIOL, Diritto penale, Cedam, 1986.
[11] Sul tema delle libertà fondamentali G.L. GATTA, I diritti fondamentali alla prova del coronavirus. Perché è necessaria una legge sulla quarantena, in Ristretti.it, Sistema penale, 2 aprile 2020, indica la necessaria lettura d’insieme delle disposizioni costituzionali e convenzionali relative alla libertà di circolazione (art.16 Cost. e art.2 Prot.4 Cedu) e alla libertà personale (art.13 Cost. e art.5 Cedu) che sono fortemente limitate nell’ emergenza da coronavirus per la individuazione di “un set di requisiti di compatibilità costituzionale/convenzionale delle misure adottate per contenere la diffusione del Covid-19: previsione per legge, disciplina di presupposti e modalità, ragionevolezza (idoneità rispetto allo scopo),necessità (assenza di alternative che non compromettono quelle libertà, ovvero inefficacia, rispetto allo scopo, di misure che comportino un minor grado di compromissione delle libertà stesse), proporzionalità, temporaneità, possibilità di ricorso giurisdizionale (art.24, co.1 Cost.e art.13 Cedu) e, quando sia coinvolta la libertà personale, previsione della convalida da parte dell’autorità giudiziaria delle misure adottate in via d’urgenza (art.13 Cost.)”.
[12] Con l’ultima ordinanza n.32 del 12.04.2020, la Regione Campania si è allineata alle previsioni del Decreto Legge n.19/2020, relativamente alla proroga temporale delle misure di contenimento ma soprattutto per le conseguenze in caso di violazione: con il richiamo all’art.4, la sanzione da comminare è pecuniaria, da € 400 a € 3000: è stata eliminata la permanenza in casa con isolamento fiduciario.