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MECCANISMO DI RINNOVAZIONE DELL’ISTRUZIONE DIBATTIMENTALE EX ART. 603, 3-BIS, C.P.P. E GIUDIZIO ABBREVIATO: DALLA RECENTE SENTENZA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO DI MARTINO E MOLINARI C. ITALIA  SPUNTI CRITICI PER UN’ANALISI INTERNA – DI ANTONIO RAGAZZO

MECCANISMO DI RINNOVAZIONE DELL’ISTRUZIONE DIBATTIMENTALE EX ART. 603, 3-BIS, C.P.P. E GIUDIZIO ABBREVIATO: DALLA RECENTE SENTENZA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO DI MARTINO E MOLINARI C. ITALIA SPUNTI CRITICI PER UN’ANALISI INTERNA – DI ANTONIO RAGAZZO

RAGAZZO – MECCANISMO DI RINNOVAZIONE ISTRUTTORIA DIBATTIMENTALE E ABBREVIATO.PDF

MECCANISMO DI RINNOVAZIONE DELL’ISTRUZIONE DIBATTIMENTALE EX ART. 603, 3-BIS, C.P.P. E GIUDIZIO ABBREVIATO: DALLA RECENTE SENTENZA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO DI MARTINO E MOLINARI C. ITALIA SPUNTI CRITICI PER UN’ANALISI INTERNA

MECHANISM OF RENEWAL OF THE TRIAL EX. ART. 603, 3-BIS, C.P.P. AND SHORTENED PROCEDURE: FROM THE RECENT RULING OF THE EUROPEAN COURT OF HUMAN RIGHTS DI MARTINO AND MOLINARI C. ITALY CRITICAL POINTS FOR INTERNAL ANALYSIS

di Antonio Ragazzo*

Corte E.D.U., Sez. I, 25 marzo 2021, Di Martino e Molinari c. Italia

Rinnovazione istruttoria in appello – rito abbreviato – ribaltamento sentenza di assoluzione

(Art. 603, 3-bis, c.p.p., art.6, § 1-3, C.E.D.U.)

Il contributo affronta in chiave critica la pronuncia con cui la Corte E.D.U. ha ritenuto non obbligatoria la rinnovazione delle prove dichiarative decisive nel caso di ribaltamento in peius della sentenza di assoluzione di primo grado, quando l’imputato abbia consapevolmente aderito alle forme del rito abbreviato.

L’autore, muovendo da una analisi complessiva dei principi giurisprudenziali – interni e convenzionali – elaborati negli ultimi anni sul punto, preso atto della modifica legislativa dell’art. 603 c.p.p. che ne è seguita, si sofferma criticamente sulle questioni più controverse inerenti all’introduzione del comma 3-bis nel dettato normativo.  

The contribution offered by this paper addresses critically the ruling of the European Court of Human Rights (ECHR), which considered not mandatory to renew the decisive declaratory proof in case of overturning in peius of aquittal at first instance, when the defendant has consciously adhered to the forms of the shortened proceedings.

The author, starting from an overall analysis of the jurisprudential principles – internal and conventional – developed in recent years on this point, having acknowledged the legislative modification of art. 603 of the Italian Code of Criminal Procedure that followed, he critically dwells on the most controversial issues about the introduction of paragraph 3-bis in the law.

Sommario: 1. Premessa. – 2. Una rapida panoramica: l’indirizzo giurisprudenziale fatto proprio dalla Corte europea dei diritti dell’uomo … – 2.1. (segue) … e quello espresso dalla Corte di cassazione. – 3. Il caso Di Martino e Molinari c. Italia. – 4. L’estensione dell’obbligo istruttorio al rito abbreviato, tra processo equo e ragionevole dubbio. – 5. La rinnovazione istruttoria ex art. 603, 3-bis, c.p.p.: tra dubbi di legittimità costituzionale… – 5.1. (segue) … e lesione al diritto di difesa.

  1. Premessa. ­

Come è noto, il complesso intervento di riforma operato con la l. 23 giugno 2017, n. 103, c.d. “Riforma Orlando”, ha coinvolto anche il sistema delle impugnazioni.

Tra le varie modifiche apportate al codice di rito si è distinta, per la sua valenza sistematica, la nuova introduzione del comma 3-bis all’art. 603 c.p.p. in materia di rinnovazione istruttoria[1].

L’inserimento del capoverso[2] nel dentellato normativo che disciplina i casi ed i modi della rinnovazione nel giudizio di secondo grado, infatti, nel sancire un obbligo generalizzato di ri-acquisizione della testimonianza ritenuta decisiva, nel caso in cui il pubblico ministero proponga appello contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, ha comportato una decisa inversione di tendenza rispetto al passato che, sulla scia dei più recenti ed attuali approdi di legittimità, solleva ancora oggi più di un interrogativo, continuando ad animare il dibattito giurisprudenziale e dottrinale.

  1. Una rapida panoramica: l’indirizzo giurisprudenziale fatto proprio dalla Corte europea dei diritti dell’uomo …

Come è stato correttamente sostenuto, con l’introduzione del comma 3-bis, «il legislatore ha in sostanza tentato di positivizzare quanto precedentemente statuito dalle Sezioni unite della corte di Cassazione al fine di adeguarsi ai dettami di alcune ben note decisioni della Corte europea dei diritti degli uomini»[3].

A ben vedere, infatti, l’intervento normativo rappresenta il punto di approdo di un preciso percorso giurisprudenziale che, passando anche per i principi espressi dagli ermellini di Palazzo Cavour[4], muove tuttavia da un serie di pronunce emesse, ancor prima, dalla Corte di Strasburgo.

Il giudice europeo, invero, in più di un’occasione[5] ha ribadito l’assunto secondo cui, ai fini del ribaltamento di una sentenza di assoluzione pronunciata in primo grado, laddove il giudice dell’appello fondi il proprio convincimento sulla rivalutazione delle prove dichiarative escusse, egli è tenuto ad assumere direttamente davanti a sé quelle stesse fonti di prova.

Ascoltare direttamente i testimoni e valutare la attendibilità del loro racconto in presenza, in uno con la possibilità di sondarne anche la credibilità, nella logica convenzionale risponde ad una istanza di garanzia e di equità nell’unico interesse dell’imputato, dacché la valutazione delle dichiarazioni del testimone «è un compito complesso che di solito non può essere soddisfatto da una semplice lettura delle sue dichiarazioni»[6]. Di contro, ogni qualvolta il giudice ritenga di condannare sulla scorta di una riconsiderazione eminentemente cartolare dei contributi orali intervenuti nel procedimento di prima istanza, si finisce infatti per consumare una «valutazione [in]completa [e per questo iniqua] della questione relativa alla colpevolezza o all’innocenza»[7] del reo.

Tali principi, condivisi dalla giurisprudenza convenzionale pressoché maggioritaria, ancorché non univoca[8], hanno imposto la doverosità di un serio confronto anche sul versante interno.

2.1. (segue) … e quello espresso dalla Corte di cassazione.

Come si accennava, muovendo dalle riflessioni maturate essenzialmente a livello convenzionale, anche la giurisprudenza nazionale, prima ancora dell’ intervento legislativo del 2017, non ha perso l’occasione di affinare la disciplina della rinnovazione istruttoria in appello col chiaro intento, da un lato, di uniformarsi ai principi espressi dalla Corte E.D.U.; dall’altro, di rintracciare nella stessa disciplina interna una autonoma giustificazione della doverosa riassunzione delle prove dichiarative poste a fondamento di una condanna peggiorativa in appello.

Il primo significativo passaggio, in quest’ottica, coincide con la nota pronuncia della Corte di Cassazione Dasgupta[9]. In quel caso le Sezioni Unite hanno chiarito che, nel nostro ordinamento, il carattere assolutamente necessario[10] della rinnovazione istruttoria, nelle ipotesi di condanna per la prima volta in appello, è collegato ad una precisa esigenza sistematica, rappresentata dal fatto che «il convincimento del giudice di appello, nei casi in cui sia in questione il principio del “ragionevole dubbio”, debba replicare l’andamento del giudizio di primo grado».

Alla base di tale riflessione si pongono, essenzialmente, due distinte ragioni. In prima battuta, il giudice dell’appello non è mai ontologicamente portatore di una intrinseca «autorevolezza maggiore» rispetto a quello del grado precedente. In secondo luogo, perché gli argomenti di condanna potranno godere di quella «“forza persuasiva superiore”, tale da far venire meno “ogni ragionevole dubbio”» soltanto se sorretti da una valutazione «logica, razionale e completa», quale sola può essere quella valutazione che sia a sua volta ancorata al rigoroso rispetto dei principi di oralità, immediatezza e contraddittorio.

Sia dal lato del giudice, che dal lato dell’imputato, infatti, soltanto l’accertamento condotto nel rispetto di tali assiomi, con la viva partecipazione di ogni soggetto al procedimento, consentirebbe di soddisfare senza alcun dubbio il superamento della prima statuizione di innocenza.

Alle Sezioni Unite Dasgupta, che hanno avuto l’indubbio pregio di indicare una direttrice per la giurisprudenza interna alla luce dei principi espressi in sede sovranazionale, sono seguite altre pronunce della Cassazione nella sua composizione più autorevole. Le stesse, da far loro, hanno avuto un ruolo centrale nel puntualizzare e chiarire la portata della novità giurisprudenziale, a fronte di interrogativi differenti.

Subito dopo il caso Dasgupta[11], nella altrettanto nota sentenza Patalano[12] il giudice della Legge, in linea con un obiter già contenuto nella sentenza precedente, ha chiarito che l’obbligo della rinnovazione istruttoria incombe sul giudice dell’appello pure nel rito abbreviato, anche se non condizionato. E, a distanza di poco più di un anno, gli ermellini hanno escluso che l’obbligatorietà della rinnovazione sia data anche nel diverso caso in cui ad una condanna in primo grado segua in appello una sentenza di assoluzione: la ragione di tale differenza rispetto ai casi di ribaltamento della condanna, si rintraccia, secondo il supremo consesso, nella scelta peculiare dell’ordinamento che, «delineando il processo penale come strumento di accertamento della colpevolezza e non dell’innocenza», ammette per il riconoscimento dell’innocenza che sia «sufficiente insinuare il dubbio circa l’esistenza di elementi negativi a discarico o impeditivi ai fini dell’accertamento della […] responsabilità»[13].

Più di recente, da un lato[14], è stata confermata la regola della obbligatoria riassunzione anche con riferimento ai contributi orali del perito e del consulente tecnico resi in primo grado, nei casi di reformatio in peius [15]; dall’altro, è stato affermato che «la riforma, in appello, della sentenza di assoluzione non è preclusa nel caso in cui la rinnovazione della prova dichiarativa, oggetto di discorde valutazione, sia divenuta impossibile per decesso, irreperibilità o infermità del dichiarante»[16].

  1. Il caso Di Martino e Molinari c. Italia.

            I principi esaminati, giacché espressi in un momento temporalmente successivo non hanno trovato applicazione nel caso che ci occupa.

Ciò nonostante, l’ultimo atto di questa vicenda rappresentato dalla recente sentenza della Corte E.D.U.[17], alla luce delle posizioni assunte dal giudice convenzionale, finisce per diventare il perfetto punto di osservazione dal quale saggiare la tenuta delle regole espresse, a livello nazionale, dal giudice di legittimità; avuto riguardo, in particolare, alla compatibilità della rinnovazione istruttoria obbligatoria nei casi di giudizio a prova contratta.

            Come in quella occasione, infatti, i ricorrenti, giudicati secondo le forme del rito abbreviato non condizionato, sono stati dapprima assolti dal giudice dell’udienza preliminare[18] e, a seguito del rituale appello proposto dal pubblico ministero, condannati per i reati loro ascritti, senza che si fosse provveduto affatto alla rinnovazione delle fonti di prova dichiarative, contenute nei verbali in atti, su cui fondava la decisione.

            Più in particolare, la Corte territoriale aveva ritenuto dirimente il contenuto di una nota informativa della polizia giudiziaria che, mal letta dal giudice di prima istanza, avrebbe invece comprovato la colpevolezza degli imputati. La portata conoscitiva dell’informativa, infatti, risultava corroborata dalle dichiarazioni – ritenute decisive – rese durante la fase delle indagini preliminari da alcuni collaboratori di giustizia, trovando ulteriore conferma nelle dichiarazioni incidentali rese dell’unico teste sentito in primo grado, chiamato a deporre sulla posizione di un altro imputato coinvolto nella medesima procedura.

            La decisione, così assunta, non veniva ritenuta illegittima dalla Corte di cassazione che, ben prima della presa di posizione Patalano, ritenne non dovuta l’acquisizione dei testimoni a carico, muovendo dall’assunto che la scelta del rito avesse inevitabilmente condizionato la modalità di acquisizione e di valutazione della prova, in deroga ai principi di oralità e di immediatezza.

Inoltre, la conclusione sarebbe stata avvalorata dalla circostanza che «entrambe le giurisdizioni avevano avuto soltanto un rapporto intermedio con le dichiarazioni di tali testimoni». E, dunque, senza che vi fosse alcuna valida ragione per imporre una nuova acquisizione di prova.

            Con riferimento alla sola dichiarazione resa dal teste escusso in primo grado, la Cassazione escludeva la doverosità di una rinnovazione, pur dando atto dei precedenti convenzionali, dal momento che la stessa non aveva assunto alcun carattere decisivo e non era in discussione la credibilità del soggetto.

            Proposto ricorso avanti il giudice di Strasburgo, la Corte E.D.U. non ha riscontrato alcuna violazione della Carta, ed in particolare nessuna illegittima applicazione dell’art.6, § 3, lettera d) della stessa. Pertanto, sono state disattese le censure promosse dal ricorrente che, al contrario, ribadiva la violazione del diritto ivi riconosciuto, proprio di «ogni accusato», di «esaminare o far esaminare i testimoni a carico ed ottenere la convocazione e l’esame dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico».

  1. L’estensione dell’obbligo istruttorio al rito abbreviato, tra processo equo e ragionevole dubbio.

La decisione parrebbe, ad una prima lettura, del tutto dissonante rispetto ai principi espressi da quel filone giurisprudenziale della Corte E.D.U.[19]che individua nella rinnovazione delle prove dichiarative in appello, allorché decisive per la condanna, un principio cardine dell’equo processo presidiato dall’art. 6 della Convenzione.

Tuttavia, come chiarisce la stessa Corte, la causa oggetto del giudizio si sarebbe distinta notevolmente da quelle altre, in quanto «la domanda dei ricorrenti di essere giudicati con rito abbreviato ha determinato la rinuncia alle prove orali ed ha avuto come conseguenza che il […] processo fosse basato sulle prove documentali acquisite al fascicolo»[20].

In altri termini, per i giudici di Strasburgo, la scelta di aderire alle forme del rito a prova contratta[21], e la possibilità di godere di taluni vantaggi[22] – essenzialmente, ma non solo, di carattere sanzionatorio – importerebbe anche la consapevolezza che in caso di assoluzione, «la corte d’appello [ha] la facoltà di giudicare nuovamente la causa sulla base di quegli stessi elementi di prova»[23], e senza che si renda mai necessario l’ esame orale delle fonti di prova testimoniali.

In definitiva, la Corte E.D.U., chiamata a stabilire se il procedimento complessivamente considerato «sia stato equo»[24], ritiene che risponda ai principi espressi dalla Convenzione ogni limitazione delle garanzie in termini di prova se solo il soggetto decida di rinunciarvi «spontaneamente». Mentre, profili di illegittimità si paleserebbero soltanto in altri casi particolari[25], comunque diversi dal nostro, in cui la rinuncia al rito ordinario si sia dimostrata inconsapevole e non informata.

La soluzione adottata dalla Corte di Strasburgo non persuade fino in fondo e, anzi, si comprende con difficoltà.

L’ approccio tanto rigoroso, che pretende di riconoscere come eque quelle pronunce di condanna in cui si prescinde da un approfondimento probatorio, anche quando lo stesso materiale istruttorio aveva portato un altro giudice ad assolvere, pare poco coerente con le finalità di tutela cui la Convenzione si fa portatrice. Per giunta, esasperarne le ragioni facendo leva esclusivamente sulla scelta consapevole di rito dell’individuo, e non interrogarsi fino in fondo sui limiti di operatività di quella scelta non sembra profilarsi come il miglior approccio praticabile.

A ben vedere, infatti, la scelta di essere giudicati con le forme del rito abbreviato, a fronte di tutte le rinunce che essa comporta, non si risolve mai anche nella (ben diversa) rinuncia al diritto di essere dichiarati colpevoli con estrema certezza A maggior ragione, se si considera che proprio la Convenzione E.D.U., all’art. 6, § 2, riconosce quel diritto assoluto alla presunzione di innocenza che impone accertamenti, in punto di responsabilità, sempre rigorosi; accertamenti, volendo utilizzare la dicitura adottata nell’ordinamento interno, che superino sempre la soglia di “ogni ragionevole dubbio”[26].

E questo è il punto.

Come è stato correttamente osservato nella sentenza Patalano, se la base probatoria eminentemente cartolare è bastevole per un’assoluzione, dacché gli stessi elementi istruttori inducono «quantomeno il dubbio sulla effettiva valenza delle prove dichiarative», allora, sarà l’assoluzione stessa (rectius: il dubbio che ad essa si accompagna e su cui essa fonda), a pretendere si faccia ricorso «al metodo di assunzione della prova epistemologicamente più affidabile» per il ribaltamento peggiorativo: solo in contraddittorio, oralmente, innanzi al giudice che assumerà la decisione, la presa d’atto che quel dubbio originario sia venuto meno consente di muovere un rimprovero[27].

Rispetto a questa esigenza di garanzia per l’imputato, la scelta di rito, pur se consapevole, risulta «recessiva».

Per le Sezioni Unite, «l’assoluzione pronunciata dal giudice di primo grado travalica ogni pretesa di simmetria [tra i due gradi di giudizio]» e, giacché l’emissione di una sentenza assolutoria in primae curae rafforzerebbe anche «significativamente la presunzione di innocenza», la asimmetrica modalità di acquisizione delle prove testimoniali – quando decisive – sarebbe del tutto giustificata.

La lettura, che sembra condivisibile, tutela da condanne quasi del tutto arbitrarie, frutto di riletture esclusivamente cartolari di dichiarazioni decisive, che in ipotesi si potrebbero prestare sempre ad altre, ulteriori e diverse interpretazioni.

Sebbene convincente, non è mancato chi, in dottrina, abbia criticato questa impostazione, riconoscendo nel «fondamento logico-sistematico»[28] fatto proprio dall’organo di legittimità in motivazione un assunto «malfermo» nella parte in cui si ammette l’idea di un rafforzamento della presunzione di innocenza.

L’ asserto, infatti, secondo questa dottrina, striderebbe con la funzione immanente del giudizio di appello[29] accolta dal sistema: l’accertamento della correttezza della decisione del primo grado[30].

Pertanto, se l’oggetto dell’indagine giudiziale è rappresentato dalla correttezza della statuizione già assunta, sarebbe «poco ragionevole» far discendere dalla stessa un rafforzamento della presunzione di innocenza laddove, piuttosto, la decisione della Corte d’appello è volta proprio ad accertare se, prima ancora del preteso rafforzamento, l’assoluzione sia stata correttamente intesa.

La tesi tuttavia non persuade.

Invero, senza voler aderire a quelle opinioni[31] che negano radicalmente la legittimità di impugnazione della Pubblica accusa nel caso di assoluzione in primo grado, e pur riconoscendo che la poco felice espressione adottata in sentenza si presti a dei rilievi critici, un dato appare incontestabile, ed è da questo che bisogna muovere: una sentenza di assoluzione esiste, e un dubbio sulla responsabilità dell’imputato è stato accertato.

Ciò posto, a tentare un’opera di chiarimento dell’espressione utilizzata delle Sezioni Unite, potrebbe essere più corretto affermare che è il dubbio, prima di tutto, che richiede un accertamento ulteriore e più rigoroso della colpevolezza dell’imputato. Mentre, soltanto indirettamente esso dispiega i suoi effetti sul piano – diverso – della presunzione di innocenza.

Come a dire, in altri termini, che la corte d’appello non viene mai privata del suo ruolo di controllore circa la correttezza della prima decisione. Anzi, al contrario, sarà proprio l’incombenza di confrontarsi compiutamente con la sentenza di assoluzione del tribunale ad imporre al giudice dell’impugnazione di considerare anche i dubbi emersi nel grado precedente; dubbi che, per essere superati, considerate le ragioni anzidette, necessiteranno per forza di cose di un accertamento più rigoroso ed epistemologicamente migliore[32].

             Ricondotto entro questi binari, il discorso delle Sezioni Unite, come si diceva, pare più che condivisibile.

  1. La rinnovazione istruttoria ex art. 603, 3-bis, c.p.p.: tra dubbi di legittimità costituzionale…

Le questioni controverse sin qui affrontate, di matrice essenzialmente giurisprudenziale, non sono state risolte dall’introduzione del già ricordato comma 3-bis, all’ art. 603 c.p.p. Del resto, non poteva certamente essere altrimenti se, come ricordato, la scelta del Legislatore è stata quella di recuperare sul versante legislativo i principi già espressi dal giudice di legittimità.

In quest’ottica non stupisce, quindi, che solo poco dopo l’entrata in vigore della disposizione, la Corte costituzionale[33] sia stata prontamente chiamata a vagliarne la legittimità[34].

In quella occasione, tutti gli argomenti rimessi all’attenzione del Giudice delle leggi sono stati superati[35], e la disposizione pacificamente ritenuta compatibile col dettato costituzionale.

Purtuttavia, non manca chi ancora oggi, in dottrina, auspica una nuova e pronta «verifica della tenuta costituzionale della disciplina del rito speciale alla luce del criterio [ancora non evocato da alcuno] della ragionevolezza (art. 3 Cost.)»[36].

Il tema, per chi sposa questa linea, sarebbe nella sostanza «esclusivamente di (ir)ragionevolezza sistematica»[37]. Difatti, preso atto che esiste «un originario sinallagma tra il risparmio di risorse processuali che deriva dalla rinuncia al più dispendioso metodo del contraddittorio e il trattamento premiale», si tratterebbe di chiarire – e a questo interrogativo essi danno una risposta affermativa – se «la contrazione del primo (a causa della reviviscenza del contradditorio) fa[ccia] venire meno la ragionevolezza della conservazione del secondo».

La conclusione, per quanto comprensibile, non convince fino in fondo.

 Invero, pur a voler riconoscere che la ratio dello sconto di pena potrebbe entrare in crisi ogniqualvolta si procedesse ad un novum iudicium in appello, poiché quel trattamento è inscindibilmente legato alla richiesta, a monte, di essere giudicati con le forme meno garantite del rito speciale resta il fatto che la diminuzione di pena potrebbe comunque ragionevolmente essere giustificata dalla altrettanto significativa riduzione – anche se solo con riferimento al primo grado – dei tempi processuali.

Così argomentando, pertanto, il trattamento sanzionatorio più favorevole, a differenza di quanto accade per il rito ordinario, resterebbe sempre ragionevole anche a fronte di una nuova acquisizione probatoria, dal momento che i) la rinnovazione sarebbe limitata alle prove decisive e ai soli casi in cui si avverta la necessità di ribaltare una sentenza di assoluzione (è bene non dimenticarlo); ii) quella attività istruttoria non si risolverebbe certo in una totale frustrazione della struttura propria del rito alternativo[38].

E, alla luce di tali osservazioni, non si fa neanche troppa fatica ad immaginare una eventuale presa di posizione della Consulta che, in linea con il suo precedente, superi future questioni di legittimità, ancorché parametrate sul generale criterio della ragionevolezza[39].

5.1. (segue) … e lesione al diritto di difesa.

Da più parti[40] è stato evidenziato come la soluzione adottata dal Legislatore con l’introduzione del nuovo comma all’art. 603 c.p.p. svilisca, poi, il diritto di difesa dell’imputato.

Secondo questi autori, giacché la scelta del rito speciale rappresenta «una modalità di espressione del diritto di difesa»[41], prevedere l’introduzione di una parentesi orale, ai sensi del comma 3-bis, anche quando l’imputato ha optato sulla base di un «calcolo strategico-processuale»[42] per il giudizio a prova contratta, si risolverebbe nella negazione, di fatto, di quella scelta.

Senza considerare che il reo verrebbe a trovarsi «in una posizione assai scomoda», dettata dal fatto che, oltre a mutare l’impianto probatorio su cui egli aveva fatto affidamento al momento della scelta del rito[43], la riassunzione delle deposizioni ritenute decisive consentirebbe all’ufficio di Procura di godere di una «seconda chance per mettere in difficoltà il teste a discarico rivelatosi attendibile ovvero per puntellare l’affidabilità del narrato del testimone d’accusa rivelatasi incerta»[44].

Ci troveremmo, insomma, di fronte ad una singolare eterogenesi dei fini; una situazione paradossale, in cui, per garantire l’imputato dal pericolo di ingiuste condanne in appello, si arriverebbe al risultato opposto di arrecare a quest’ultimo addirittura un danno.

Per quanto impegnata, la soluzione non persuade del tutto.

Preliminarmente, occorre evidenziare come la «seconda chance» riconosciuta all’ organo d’accusa, cui si fa riferimento, non costituisce alcuna patologica deformazione in un sistema, come il nostro, che ammette pacificamente la possibilità di impugnazione anche per il Pubblico ministero, nei casi consentiti[45].

Fatta questa precisazione, ad ogni modo, non paiono esservi margini per sostenere che le ricadute pratiche del gravame proposto si risolvano, paradossalmente, in una «garanzia contro le scelte dell’imputato innocente»[46].

Non vi è chi non veda, infatti, come l’imputato innocente, pur avendo deciso di essere giudicato con le formule del rito abbreviato, è (e resta) tanto più garantito, sin tanto che la sua innocenza venga tutelata nella forma più rigorosa possibile. E quindi, ammettendo la eventualità di una condanna soltanto quando essa sia accompagnata dalla certezza assoluta della colpevolezza.

In questa cornice, l’eventualità del contraddittorio in appello, sebbene non previsto ab origine e magari anche quando mal digerito, finisce per tradursi sempre in un vantaggio per il presunto reo, nonostante essa rappresenti un momento atipico del rito originariamente prescelto.

Basti pensare, al riguardo, che solo tramite la dialettica orale, così instaurata, egli sarà messo efficacemente nelle condizioni di sconfessare la prospettiva accusatoria, evitando in questo modo che il giudice ne possa essere fin troppo condizionato.

In quel caso, la parentesi di oralità consentirebbe di scongiurare il pericolo di una condanna ingiusta che, se fondata sulla mera rivalutazione cartolare del materiale istruttorio, si atteggerebbe più come il risultato della persuasiva narrativa dei motivi d’appello che come il frutto di una decisione latu sensu equa.

Anche in ottica difensiva, dunque, non si può che guardare con favore agli approdi giurisprudenziali degli ultimi anni e agli interventi normativi che ne sono seguiti, nella piena consapevolezza che nessuna Difesa sia davvero migliore di quella orale, e che, anche a voler effettuare una scelta di valore, è magari il caso che a recedere rispetto alle istanze difensive siano le scelte di rito, e non già il contrario.

*Praticante avvocato del Foro di Napoli

[1] Sul punto, per i primi commenti che hanno accompagnato le fasi iniziali della riforma, tra vari, M. Bargis, Primi rilievi sulle proposte di modifica in materia di impugnaizoni nel recente d.d.l. governativo, in Dir. pen. cont. Riv. Trim., 1, 2015, pp.10-11.; M. Pollera, L’appello, in A. Marandola – K. La regina – R. Aprati (a cura di), Verso un processo penale accelerato. Riflessioni intorno alla l.67/2014, al d.lgs. 28/2015 e al d.l. 2798/2014, Jovene, 2015, pp. 191-199. Per una panoramica della riforma approvata, invece V. Aiuti, Obbligo di rinnovazione e prova dichiarativa (comma 58 L. n. 103/2017), in A. Marandola – T. Bene (a cura di), La riforma della giustizia penale. Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario (L. 103/2017), Giuffré, 2017, pp. 254 ss.; P. Bronzo, La nuova ipotesi di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in appello, in G.M. Baccari – C. Bonzano – K. La R egina – E. M. Mancuso (a cura di), Le recenti riforme in materia penale, , CEDAM, 2017, pp. 413 ss.; A. Capone, Appello del pubblico ministero e rinnovazione istruttoria, in M. Bargis – H. Belluta (a cura di), La riforma delle impugnazioni tra carenze sistematiche e incertezze applicative (Commento alla legge 23 giugno 2017, n. 103 e al d.lgs. 6 febbraio 2018, n.11), Giappichelli, 2018, pp. 53 ss.; A. Marandola, Prime riflessioni sul “nuovo” giudizio d’appello, in Dir. pen. contemp., 2, 2018, pp. 169 ss.; G. Spangher, Il “nuovo” giudizio di appello, in Dir. pen. proc., 10, 2017, pp. 1327 ss.; M. Gialuz, A. Cabiale, J. Della torre, Riforma Orlando: le modifiche attinenti al processo penale, tra codificazione della giurisprudenza, riforme attese da tempo e confuse innovazioni, in Dir. pen. cont., 3, 2017, pp. 187 ss. Come lavoro monografico si segnala L. Pulito, La rinnovazione istruttoria ‘europea’. Overturning in appello e giusto processo, Cacucci, 2020.

[2] Lo stesso è stato toccato anche dalla recente riforma del processo penale operata con l. 23 settembre 2021, n.134, c.d. “Riforma Cartabia”, che all’art. 13, lett. l), prevede, nell’ambito della delega conferita al Governo di cui all’art. 1 del medesimo corpo normativo, si novelli «l’articolo 603, comma 3-bis, del codice di procedura penale, [di modo che] nel caso di appello contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale sia limitata ai soli casi di prove dichiarative assunte in udienza nel corso del giudizio di primo grado». La soluzione adottata, ancorché non oggetto di un approfondimento nel presente lavoro, nel caso di pedissequo accoglimento della indicazione prevista dalla legge-delega, non pare del tutto condivisibile, soprattutto se si considerano le ragioni che di seguito verranno meglio espresse in punto di tutela del diritto di difesa. Il testo del provvedimento approvato definitivamente dal Senato è consultabile su  www.sistemapenale.it, Riforma della giustizia penale: il testo del disegno di legge approvato dal Senato in via definitiva, 27 settembre 2021.

[3] M. Gialuz, A. Cabiale, J. Della Torre, Riforma Orlando: le modifiche attinenti al processo penale. cit., p. 188.

[4] Su cui infra.

[5] Con riferimento alle pronunce che per prime affrontano già la questione, Corte E.D.U., 24 novembre 1986, Unterpertinger c. Austra; Id., 26 maggio 1988, Ekbatani c. Svezia; Id., 7 luglio 1989, Bricmont c. Belgio. Quanto, invece, a quelle che più di recente si sono confrontate col tema, tra molte, Corte E.D.U. 18 maggio 2004, Destrehem c. Francia; Id., 27 novembre 2007, Popovic c. Moldavia; Id., 21 settembre 2010, Marcos Barrios c. Spagna; Id., 5 marzo 2013, Manolachi c. Romania; Id. 4 giugno 2013, Hanu c. Romania, Id., 15 settembre 2015, Moinescu c. Romania. Con riferimento a casi che hanno interessato direttamente l’Italia: Corte E.D.U., 29 giugno 2017, Lorefice c. Italia in Cass. pen., 2017, pp. 4556 ss., con nota di G. Biondi, Tanto tuonò che piovve! La prima condanna dell’Italia da parte della Corte EDU in tema di overturning sfavorevole in appello: una sentenza (quasi) annunciata; V. Aiuti, Corte europea e motivazione rafforzata nel caso Lorefice, Corte E.D.U., 22 ottobre 2020, Tondo c. Italia con nota di L. Nullo, Il caso Tondo c. Italia: una nuova condanna europea per il mancato rispetto del principio di oralità in appello, in Arch. pen. (Rivista web), 2021, 2, pp. 1 ss; Corte E.D.U., 22 ottobre 2020, Maestri e altri c. Italia, con brevi osservazioni in Giurisprudenza Corte EDU 4-2021, A. Onore – G. Sodano – A. Esposito (a cura di), in questa rivista, pp. 6-7, 21 ottobre 2021. Tutte le sentenze sono reperibili su www.echr.coe.int.

[6] Corte e.d.u., 5 luglio 2011, Dan c. Moldavia, con commento di A. CAPONE, Dopo Dan c. Moldavia. Per un processo di parti nell’appello penale, in Riv. dir. proc., 4-5, 2015, pp. 1007 ss. e A. GAITO, Verso una crisi evolutiva per il giudizio d’appello. L’Europa impone la riassunzione delle prove dichiarative quando il p.m. impugna l’assoluzione, in Arch. pen., I, 2012, pp. 349 ss.

[7] Corte E.D.U., 24 novembre 1986, Unterpertinger c. Austra, cit.

[8] Al riguardo, Corte E.D.U., 26 aprile 2016, Kashlev c. Estonia in www.echr.coe.int, ove la Corte europea ha ritenuto coerente con i principi dell’equo processo una condanna emessa per la prima volta in appello, e senza rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale: la legittimità di una tale soluzione non pare in discussione a patto che il provvedimento risulti adeguatamente motivato e, pertanto, non soggetto ad intollerabili arbitri ed irragionevolezze.

[9] Cass. pen., S.U. 28 aprile 2016, in www.penalecontemporaneo.it, con nota di E. Lorenzetto, Reformatio in peius in appello e processo equo (art. 6 CEDU): fisiologia e patologia secondo le Sezioni Unite, 5 ottobre 2016. In dottrina, tra molti, V. Aiuti, Poteri d’ufficio della Cassazione e diritto all’equo processo, in Cass. pen., 9, 2016, pp. 3214 ss.; R. Aprati, L’effettività della tutela dei diritti dell’uomo. Le Sezioni Unite aggiungono un tassello, in Arch. pen., 3, 2016, pp. 709 ss.; A. Capone, Prova in appello: un difficile bilanciamento, in Proc. pen. giust., 6, 2016, pp. 14 ss.; F. Giunchedi, Ulisse approda a Itaca. Le Sezioni Unite impongono la rilevabilità d’ufficio dell’omessa rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, in Arch. pen. (Rivista web), 2016, 2, pp. 2 ss.; G. De Marzo, Reformatio in peius della sentenza assolutoria di primo grado e doveri motivazionali del giudice d’appello, in Foro it., 2016, II, c. 571; A. Macchia, Linee evolutive del sistema d’appello alla luce della giurisprudenza nazionale e sovranazionale, in Cass. pen., 6, 2017, pp. 2136 ss.; S. Tesoriero, Luci e ombre della rinnovazione dell’istruttoria in appello per il presunto innocente, in Giust. pen., 2017 (2), III, pp. 79 ss.,

[10] Che trovava un suo imprescindibile addentellato normativo già all’art. 603, terzo comma, c.p.p.

[11] La questione è stata rimessa alle Sezioni Unite con ordinanza da Cass. pen., sez. II, 28 ottobre 2016, n. 47015, Patalano, n.m., per il cui commento si rimanda a L. Luparia – H. Belluta, Alla ricerca del vero volto della sentenza Dasgupta, in www.dirittopenaleeconomico.it, 9 gennaio 2017. In argomento, anche L. Pacifici, L’integrazione dell’istruttoria dibattimentale nel giudizio abbreviato d’appello, in Cass. pen., 11, 2016, pp. 4274 ss.

[12] Cass. pen., S.U. 28 aprile 2016, in Cass. pen., 2017, pp. 2672 ss., con nota di R. Aprati, Overturning sfavorevole in appello e mancanza del riesame. Tra i tanti commenti, V. Aiuti, Condanna in appello e rito abbreviato, in Dir pen. proc., 11, 2017, pp. 1438 ss; L. Luparia – H. Belluta, Ragionevole dubbio e prima condanna in appello: solo la rinnovazione ci salverà?, in www.dirittopenalecontemporaneo.it, 8 maggio 2017; Id., La parabola ascendente dell’istruttoria in appello nell’esegesi ‘formante’ delle Sezioni unite, in Dir. pen. contemp., Riv. trim., 2017, 3, pp.151 ss.; N. Mani, Resistenze giurisprudenziali al capolinea: la forza granitica della sentenza di assoluzione e la necessaria riassunzione della prova dichiarativa anche nel giudizio di appello da abbreviato, in Arch. pen. (rivista web), 2017, 2, pp. 1 ss.; N. Rombi, Le Sezioni Unite e le condanne cartolari nel giudizio abbreviato d’appello, in Proc. pen. giust., 2017, 5, pp. 806 ss.; S. Tesoriero, Una falsa garanzia: l’obbligatoria attuazione del contraddittorio nel giudizio d’appello, in Cass. pen., 2017, 10, pp. 3668 ss.

[13] Cass. pen., S.U. 21 dicembre 2017, in Proc. pen. giust., 2018, pp. 893 ss., con nota di E. Turco, Giudizio d’appello e overturning in melius: per le Sezioni Unite non scatta l’obbligo di rinnovare la prova dichiarativa. Hanno commentato la sentenza, tra gli altri, V. Aiuti, Appello della condanna e rinnovazione istruttoria, in Dir. pen. contemp., 2018, 5, pp. 35 ss.; G. De Marzo, Riforma della sentenza di condanna e rinnovazione istruttoria, in Foro it., 2018, II, 9, cc. 530 ss.; N. Galantini, La riassunzione della prova dichiarativa in appello: note a margine di Sezioni Unite Troise, in www.dirittopenalecontemporaneo.it, 17 aprile 2018.

[14] Cass. pen., S.U., 28 gennaio 2019, in Foro. it, 2019, II, 2, cc. 360 ss. con nota di G.M. Baccari.

[15] Con l’unica avvertenza che se nel giudizio di primo grado sia stata data solo lettura della relazione peritale, il giudice di appello non ha l’obbligo di rinnovare l’istruzione dibattimentale attraverso l’esame dello stesso. L’ apparente contraddizione con i principi espressi dalla sentenza Patalano, è risolta dalla stessa sentenza: «la soluzione proposta non si pone in contrasto con il principio di diritto affermato con la sentenza Patalano, secondo cui “è affetta da vizio di motivazione, per mancato rispetto del canone di giudizio “al di là di ogni ragionevole dubbio”, la sentenza di appello che, su impugnazione del pubblico ministero, affermi la responsabilità dell’imputato, in riforma di una sentenza assolutoria emessa all’esito di un giudizio abbreviato non condizionato, operando una diversa valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, senza che nel giudizio di appello si sia proceduto all’esame delle persone che abbiano reso tali dichiarazioni”. Infatti, nella suddetta fattispecie, la rinnovazione ha ad oggetto la verbalizzazione di dichiarazioni rese da persone informate sui fatti nel corso delle indagini preliminari e, quindi, sostanzialmente, di informazioni veicolate nel processo pur sempre a mezzo del linguaggio verbale e che, al momento della decisione, vengono valutate dal giudice di primo grado in senso assolutorio e, dal giudice di appello, in senso accusatorio. Diversa è, invece, la situazione in esame in cui […] non vi è alcuna “dichiarazione” del perito, ma solo una relazione da questi scritta sui quesiti assegnatigli e, sulla quale il contradditorio, si attiva solo cartolarmente attraverso il deposito di eventuali memorie tecniche di parte.»

[16] Cass. pen., S.U., 30 settembre 2021, informazione provvisoria in www.sistemapenale.it, Le Sezioni unite ammettono la possibilità di riforma in appello della sentenza assolutoria in caso di impossibilitò di rinnovazione della prova dichiarativa decisiva.

[17] Corte E.D.U., Sez. I, 25 marzo 2021, Di Martino e Molinari c. Italia, in www.echr.coe.int. Tra i primi commenti alla sentenza, L. Agostino, Overturning della sentenza di proscioglimento nel giudizio abbreviato: per la Corte europea non è necessaria la rinnovazione istruttoria, in Arch. pen., (rivista web), 2021, 2, pp. 1 ss; C. Belcastro, Attenuazione delle garanzie processuali nel rito penale abbreviato e rispetto dell’articolo 6 Cedu: brevi osservazioni sul caso Di Martino e Molinari c. Italia, in www.rivistaoidu.net, 2021, 2, pp. 471 ss.; C. Buffon, Riforma in peius di sentenza resa in giudizio abbreviato e audizione dei testimoni. La Corte di Strasburgo precisa gli obblighi convenzionali ex art. 6. Brevi note a Corte EDU, Sez. I, 25 marzo 2021 ric. Nn. 15931/15, 16549/10, Di Martino e Molinari c. Italia, in www.questionegiustzia.it, 7 aprile 2021; L. Pulito, Overturning the acquittal e rinnovazione istruttoria: tra “vecchie” asimmetrie e “nuove” prospettive di riforma”, in Arch. pen., (rivista web), 2021, 2, pp. 1 ss.; V. Vasta, Overturning in appello dell’assoluzione nel giudizio abbreviato: la decisione della Corte di Strasburgo sulla rinnovazione delle prove dichiarative, in www.sistemapenale.it, 18 maggio 2021; Id., La rinnovazione dell’istruzione dibattimentale nel giudizio abbreviato d’appello, in www.processopenaleegiustizia.it, e volendo, anche nella versione cartacea, in Proc. pen. giust., 2021, 4, 1025 ss.

[18] In particolare, mentre ad entrambi gli imputati – marito e moglie – erano stati contestati i reati associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e coltivazione di canapa indiana; soltanto al marito veniva imputato anche di far parte di un’associazione di stampo criminale. Il G.U.P. del Tribunale di Napoli provvedeva ad assolverli da tutti i capi d’incolpazione, eccetto che per quello afferente alla coltivazione di sostanze stupefacenti limitatamente alla posizione dell’uomo.

[19] Per cui si rimanda a nota n. 4.

[20] Corte E.D.U., Sez. I, 25 marzo 2021, Di Martino e Molinari c. Italia, cit., § 37.

[21] Per una panoramica generale sul rito, si segnala F. Zacché, Il giudizio abbreviato, Giuffrè, 2004. Con riferimento specifico, invece, al profilo dell’impugnazione nel giudizio de quo, C. Pansini, L’appello nel giudizio abbreviato, CEDAM, 2013.

[22] Corte E.D.U., Sez. I, 25 marzo 2021, Di Martino e Molinari c. Italia, cit., § 33.

[23] Corte E.D.U., Sez. I, 25 marzo 2021, Di Martino e Molinari c. Italia, cit., § 36.

[24] Corte E.D.U., Sez. I, 25 marzo 2021, Di Martino e Molinari c. Italia, cit., § 30.

[25] Corte E.D.U., Sez. I, 25 marzo 2021, Di Martino e Molinari c. Italia, cit., § 30.

[26] Hanno riflettuto sul principio F. Caprioli, L’accertamento della responsabilità penale “oltre ogni ragionevole dubbio”, in Riv. it. dir. proc. pen., 2009, 1, pp. 51 ss.; J. Della torre, Il lungo cammino della giurisprudenza italiana sull’ “oltre ogni ragionevole dubbio”, in www.dirittopenalecontemporaneo.it, 20 giugno 2014.

[27] Infatti, l’eventuale ribaltamento della assoluzione e la decisione sulla condanna implica sempre una certa attività costruttiva, in cui il rapporto diretto con le fonti di prova è dunque vieppiù degno di rilievo, P. Ferrua, Carenze ed eccessi di garanzia nel diritto di difesa dell’imputato, in Riv. dir. proc., 2013, 3, p. 549.

[28] S. Tesoriero, Una falsa garanzia: l’obbligatoria attuazione del contraddittorio nel giudizio d’appello, cit., p. 3675.

[29] In questo senso, tra molti, M. Menna, Il giudizio d’appello, ESI, 1992, p. 112; e F. Peroni, L’istruzione dibattimentale nel giudizio di appello, CEDAM, 1995, p. 182.

[30] In questi termini anche G. Caneschi, Rinnovazione istruttoria anche in caso di reformatio in peius parziale: l’inarrestabile metamorfosi del giudizio di appello, in Arch. pen. (Rivista web), 2017, 3, p. 6 , che precisa : «Nella logica legislativa del 1988 l’appello non è stato configurato come un gravame vero e proprio, poco conveniente in termini di economia processuale e non confacente allo scopo, bensì come un controllo sulla prima decisione»; più diffusamente, Id., La rinnovazione istruttoria in appello dopo la riforma Orlando: una non soluzione ad un problema apparente, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2018, 2, pp. 822 ss.

[31] Sul punto, F. Coppi, No all’appello del P.M. dopo la sentenza di assoluzione, in Il giusto processo, 2003, 5, p. 32; F. Stella, Sul divieto per il pubblico ministero di proporre appello contro le sentenze di assoluzione, in Cass. pen., 2004, 3, p. 759.

[32] Per osservazioni che pure condividono le conclusioni della sentenza Patalano, N. Rombi, Le Sezioni Unite e le condanne cartolari nel giudizio abbreviato d’appello, cit, pp. 813-814; L. Luparia – H. Belluta, Alla ricerca del vero volto della sentenza Dasgupta, cit.

[33] Cort. cost. 20 marzo 2019, n. 124, in Dir. pen. cont., 2019, con nota di H. Belluta, Tra legge e giudice: la Corte Costituzionale “approva” la nuova fisionomia della rinnovazione probatoria in appello, come interpretata dalle Sezioni Unite.

[34] La questione, sollevata da Cort. App. Trento, ord. 20 dicembre 2017, rinvenibile in Cass. pen., 2018, pp. 3374 ss. con nota di S. Tesoriero, Il sindacato costituzionale sulla (ir)ragionevole estensione dell art. 603, comma 3-bis, c.p.p. al giudizio abbreviato, in Cass. pen., 2018, 10, pp. 3389 ss.. Corre l’obbligo di evidenziare come i dubbi di costituzionalità sono stati risolti, senza sollevare alcuna questione di legittimità costituzionale, anche da Cort. App. Palermo, con ord. 8 febbraio 2018, reperibile in www.penalecontemporaneo.it con nota di G. Leo, Nuove risposte della giurisprudenza di merito sulla rinnovazione “obbligatoria” dell’istruzione in appello.

[35] Per ragioni di brevità, si rimanda al contenuto della sentenza e alla perfetta sintesi operata da L. Pulito, Overturning the acquittal e rinnovazione istruttoria: tra “vecchie” asimmetrie e “nuove” prospettive di riforma”, cit., pp. 11-13.

[36] V. Vasta, La rinnovazione dell’istruzione dibattimentale nel giudizio abbreviato d’appello, cit.

[37] S. Tesoriero, Il sindacato costituzionale, cit., p. 3404.

[38] N. Rombi, op. cit., p. 813, secondo cui l’obbligo di rinnovazione istruttoria delle prove dichiarative ritenute decisive per l’overturning di condanna si presenta soltanto apparentemente distonico rispetto alla struttura del giudizio abbreviato, poiché quell’obbligo «non interviene a stravolgere la natura del procedimento speciale, quale giudizio a prova contratta». Piuttosto, sostiene correttamente l’Autore, si tratta «di una indicazione di metodo: per cambiare l’epilogo decisorio in peius occorre che la prova sia assunta nel rispetto dell’oralità dal giudice chiamato a decidere, pena un vizio di motivazione censurabile tramite il ricorso di legittimità».

[39] Per una efficace sintesi dei vari archetipi di giudizi di ragionevolezza, N. Recchia, Le declinazioni della ragionevolezza penale, cit., p. 61; e G. Zagrebelsky Su tre aspetti della ragionevolezza, in AA.VV., Il principio di ragionevolezza nella giurisprudenza della corte costituzionale: riferimenti comparatistici: atti del Seminario svoltosi in Roma, Palazzo della Consulta nei giorni 13 e 14 ottobre 1992, Giuffrè, 1994, pp. 180 ss. e ancora M. Fierro, La ragionevolezza nella giurisprudenza costituzionale italiana, in AA.VV., I principi di proporzionalità e ragionevolezza nella giurisprudenza costituzionale, anche in rapporto alla giurisprudenza delle Corti europee, 2013, in www.cortecostituzionale.it.

[40] S. Tesoriero, Il sindacato costituzionale, cit., pp. 3406 ss.; Id., Una falsa garanzia, cit., pp. 3682-3684; V. Vasta, La rinnovazione, cit., G. Galluccio Mezio, La rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in appello alla lue delle più recenti evoluzioni: un rimedio peggiore del male?, in Cass. pen., 2019, 4, pp. 1429-1431.

[41] S. Tesoriero, Una falsa garanzia, cit., p. 3683.

[42] G. Galluccio Mezio, La rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in appello alla lue delle più recenti evoluzioni: un rimedio peggiore del male?, cit., p. 1430.

[43] Difatti, «e’ innegabile che la scelta del rito sia motivata anche dall’opzione difensiva di sottoporsi a giudizio sulla base di un materiale probatorio definito e tendenzialmente insuscettibile di ampliamento», in M. Landolfi, Il nuovo art. 603 comma 3 bis c.p.p. al vaglio delle prime esperienze applicative. La Corte d’Appello di Milano propone una lettura costituzionalmente orientata dell’obbligo di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in appello a seguito di giudizio abbreviato non condizionato, in Giur. pen. web, 2018, 11, p. 10.

[44] G. Galluccio Mezio, op cit., p. 1430, ove anche se il discorso viene riportato con riferimento al giudizio ordinario, esso vale a maggior ragione per il giudizio abbreviato, in cui le dichiarazioni non vengono mai – di regola – assunte in primo grado. Nello stesso senso, sostanzialmente, M. Ceresa-Gastaldo, La riforma dell’appello, tra malinteso garantismo e spinte deflattive, in Dir. pen. cont., 2017, 3, p.168; A. Capone, La riassunzione delle prove dichiarative e la riforma della decisione in appello, in www.dirittopenalecontemporaneo, 9 ottobre 2018, pp. 9-10. In senso difforme, invece, P. Bronzo, La nuova ipotesi di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in appello, cit., p. 417, secondo cui non saremmo innanzi ad «una sperequazione irragionevole: [dacché] la nuova norma non tanto agevola il pubblico ministero, quanto piuttosto condiziona l’accoglimento delle sue critiche […] all’espletamento di una nuova escussione della fonte di prova (il cui esito potrebbe, peraltro, sconfessare le censure); essa può quindi appesantire, in qualche modo, la situazione processuale dell’appellante».

[45] Come è noto, infatti, alle modifiche apportate dall’art. 1 della l. 20 febbraio 2006, n. 46 (c.d. Legge Pecorella), in tema di appello del Pubblico ministero, all’art. 593 c.p.p. che ne limitavano l’operatività, la Corte costituzionale ha replicato riconoscendo più di un profilo di illegittimità. Per un commento alla sentenza vd. Cort. cost., 6 febbraio 2007, n. 26, in Cass. pen., 2007, pp. 1883 ss., con nota di M. Ceresa-Gastaldo, Non è costituzionalmente tollerabile la menomazione del potere di appello del pubblico ministero.

[46] S. Tesoriero, Una falsa garanzia, cit., p. 3683.