SUL TEATRO IN CARCERE. DISPOSIZIONI PER LA PROMOZIONE E IL SOSTEGNO DELLE ATTIVITÀ TEATRALI NEGLI ISTITUTI PENITENZIARI, PROPOSTA DI LEGGE A.C. 2933 – DI VERONICA MANCA
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SUL TEATRO IN CARCERE. DISPOSIZIONI PER LA PROMOZIONE E IL SOSTEGNO DELLE ATTIVITÀ TEATRALI NEGLI ISTITUTI PENITENZIARI, PROPOSTA DI LEGGE A.C. 2933
di Veronica Manca*
Relazione svolta in occasione dell’audizione informale tenutasi in II Commissione Giustizia della Camera dei deputati, in sede referente, l’11.01.2022.
Il video, in forma integrale, al seguente link
- Premessa.
La proposta di legge A.C. 2933 contiene disposizioni in materia di promozione e sostegno delle attività teatrali in carcere.
Come emerge dalla ratio legis del testo normativo, la promozione ed il sostegno del teatro in carcere sono finalizzati a contribuire al reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti.
L’attività teatrale, quale forma di attività ricreativa-culturale, è già pienamente riconosciuta nella legge sull’ordinamento penitenziario, di cui alla legge del 26 luglio 1975, n. 354 (d’ora in poi, ord. penit.), e nel regolamento d’esecuzione, di cui al d.p.r. del 30 giugno 2000, n. 230 (d’ora in poi, reg. esec.).
Molteplici, infatti, sono i riferimenti normativi che rimandano alla valorizzazione delle attività culturali, sia come una delle finalità programmatiche del trattamento rieducativo, sia come opzione individuale di programma trattamentale:
- così, l’art. 1 ord. penit., per cui: “ 2. – Il trattamento tende, anche attraverso i contatti con l’ambiente esterno, al reinserimento sociale ed è attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni degli interessati”;
- così, specularmente, l’art. 1 reg. esec., per cui: “ 2. – Il trattamento rieducativo dei condannati e degli internati è diretto, inoltre, a promuovere un processo di modificazione delle condizioni e degli atteggiamenti personali, nonché delle relazioni familiari e sociali che sono di ostacolo a una costruttiva partecipazione sociale”.
Così, in relazione al programma di trattamento:
- l’art. 15 ord. penit., per cui: “ 1 – Il trattamento del condannato e dell’internato è svolto avvalendosi principalmente dell’istruzione, della formazione professionale, del lavoro, della partecipazione a progetti di pubblica utilità, della religione, delle attività culturali, ricreative e sportive e agevolando opportuni contatti con il mondo esterno e i rapporti con la famiglia”;
- l’art. 17 ord. penit., per cui: “ 1 – La finalità del reinserimento sociale dei condannati e degli internati deve essere perseguita anche sollecitando ed organizzando la partecipazione dei privati e di istituzioni o associazioni pubbliche o private all’azione rieducativa”;
- l’art. 27 ord. penit., per cui: “ 1 – Negli istituti devono essere favorite e organizzate attività culturali, sportive e ricreative e ogni altra attività volta alla realizzazione della personalità dei detenuti e degli internati, anche nel quadro del trattamento rieducativo. co. 2 – Una commissione composta dal direttore dell’istituto, dagli educatori, dagli assistenti sociali, dai mediatori culturali che operano nell’istituto ai sensi dell’articolo 80, quarto comma, e dai rappresentanti dei detenuti e degli internati cura la organizzazione delle attività di cui al precedente comma, anche mantenendo contatti con il mondo esterno utili al reinserimento sociale”;
- così, l’art. 51 reg. esec., sull’organizzazione e sulla partecipazione dei detenuti alle “attività artigianali, intellettuali o artistiche”;
- nonché, in termini più generali, agli artt. 19, 20, 21, 21-bis penit., rispettivamente in materia di formazione, lavoro intramurario, lavoro di pubblica utilità, lavoro all’esterno, nonché in materia di benefici penitenziari e misure alternative, agli artt. 30-ter, 47 ord. penit. e seguenti[1].
Allo stesso modo, si rinvengono appigli testuali espliciti anche nelle fonti internazionali: art. 27.6 delle Regole Penitenziarie europee, per cui: “6. Devono essere proposte ai detenuti attività ricreative – che comprendono in particolare sport, giochi, attività culturali, passatempi – e questi ultimi devono essere, per quanto possibile, autorizzati ad organizzarle”[2].
Come emerge dall’analisi delle disposizioni esistenti, l’ordinamento penitenziario riconosce già un ruolo preminente, nel percorso individualizzato di trattamento, alla cultura e alle attività ricreative, lasciando ampio margine di manovra alle singole realtà penitenziarie: il teatro rappresenta un elemento portante del reinserimento sociale, sia che esso si esplichi attraverso laboratori del c.d. “benessere”, sia che venga offerto come percorso formalizzante, a titolo di inserimento lavorativo, anche sull’esterno. Né il Legislatore dell’ordinamento penitenziario, né l’Amministrazione penitenziaria hanno mai inteso predeterminare le azioni di intervento della società e di terzi privati nella predeterminazione delle attività rieducative e ricreative, che, quindi, possono assumere le forme più diverse, a seconda della specifica realtà territoriale di riferimento.
Non c’è omogeneità di offerta delle attività teatrali[3], e la situazione varia molto da Regione a Regione. Secondo i dati elaborati dall’Istituto Superiore degli Studi Penitenziari, nel lavoro “Attività trattamentali”, a cura di Maria Manzella e Samantha Mauro, pubblicato in “Le dispense dell’ISSP”, del 2015, tuttavia, per l’86,4% degli istituti penitenziari, il teatro conserva un ruolo importante dal punto di vista trattamentale, per le caratteristiche di socializzazione, di confronto, di scambio e di uscita dagli stereotipi culturali.
Il teatro in carcere, dunque, se canalizzato da professionisti, operatori e registi, è lo strumento socializzante, per eccellenza, attraverso cui sconfiggere gli stili e i costumi propri dell’agire deviante. Si ritiene, perciò, che: «Il teatro abbia avuto, nella dimensione “reclusa”, un merito di indiscutibile valore, ha consentito infatti, più e meglio di altre opportunità di coinvolgimento collettivo, di superare steccati e appartenenze; ha permesso a detenuti, provenienti da forme organizzate di criminalità, di confrontarsi su un terreno in cui i ruoli non sono stati determinati dalle funzioni attivate nell’area di provenienza».
È proprio l’Amministrazione penitenziaria, nello studio citato, a concludere che: “Le attività culturali, artistiche ed espressive sono un elemento fondamentale del progetto trattamentale perché favoriscono il percorso di maturazione e crescita personale svolgendo un significativo ruolo di supporto nella prospettiva di un positivo reinserimento sociale e della conseguente riduzione della recidiva”.
1.1. L’impatto del teatro sul carcere, secondo la letteratura e ricerca scientifico-empirica.
Le attività culturali rappresentano un’importante risorsa per il trattamento rieducativo.
Ricerche internazionali hanno infatti dimostrato l’esistenza di un legame tra la partecipazione a iniziative artistiche e impatti positivi sulla giustizia penale.
Come riporta Jenny Hughes, nella sua opera, “Doing the Arts Justice: A Review of Research Literature, Practice and Theory”, pubblicata nel 2005[4], negli Stati Uniti, le attività teatrali hanno saputo rispondere innovativamente ad esigenze di trattamento, operando su tre livelli:
Livello di analisi | Dimensione di impatto |
I LIVELLO: cambiamento a livello individuale |
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II LIVELLO:
cambiamento a livello con gli operatori penitenziari |
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III LIVELLO: cambiamento a livello di relazioni sociali con l’esterno |
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Guardando nello specifico la tabella[5], la letterata scientifica in materia ha rappresentato come il teatro abbia un valore positivo, in primo luogo, a livello individuale, riducendo l’aggressività l’ansia, e la depressione, perché il teatro-terapia fornirebbe al detenuto gli strumenti per percepire diversamente la propria persona, ponendosi degli obiettivi futuri, e distanziandosi dalle logiche della criminalità[6].
Dalle ricerche empiriche, si è dimostrato altresì l’evolversi di nuove skills, sia di relazione e di informazione, sia di capacità di lavorare in gruppo. Secondo un livello di relazione, il teatro servirebbe poi a generare un “benessere organizzativo”, contribuendo a instaurare migliori relazioni con gli operatori penitenziari. Ragionando in tale direzione, risulta consequenziale che il teatro possa contribuire a creare un collegamento con l’esterno, attraverso la messa in scena di spettacoli che possono essere un momento di incontro con la comunità civile[7].
Il teatro consente, quindi, di fornire una valida e alternativa offerta culturale sui temi più ampi e complessi del rapporto tra società e carcere, abbattendo pregiudizi, da un lato, e stimolando la società, a conoscere la realtà del carcere, facendosi anche protagonista del reinserimento sociale, dall’altro[8].
Importanti ricerche scientifiche hanno altresì messo in luce che il teatro in carcere potrebbe costituire una risorsa economica per la società, trasformando i detenuti da costo, a fonte di produttività per l’esterno, e in un risparmio di spesa per l’Amministrazione penitenziaria[9].
In Italia, nel 2013, la Corte dei Conti, nella sua relazione “L’assistenza e la rieducazione dei detenuti”, ha rilevato la carenza di monitoraggi sia qualitativi che quantitativi e la mancanza di indicatori comuni e condivisi, con conseguente impossibilità di dare conto degli obiettivi raggiunti, “cosicché risulta difficile anche comprendere se l’attività di rieducazione carceraria, che pur rappresenta un costo per lo Stato, abbia effettivamente gli effetti sperati e diventa non agevole porre in essere con la dovuta immediatezza, i necessari interventi correttivi”.
Ad oggi, manca, quindi, una valutazione sistemica dell’efficacia dell’attività e degli interventi che vengono perseguiti.
Una ricerca sull’impatto delle attività rieducative in carcere, è stata svolta nel 2014, con la pubblicazione sul Sole24Ore dei risultati dello studio, intitolato “Rehabilitating Rehabilitation: Prison Conditions and Recidivism” e finanziato dall’EIEF (European Institute for Socioeconomic Research). Con tale indagine si è dimostrato come il ventaglio di opzioni trattamentali predisposte dall’istituto penitenziario di Milano-Bollate riesca a incidere, sul lungo periodo, sulla riduzione della recidiva. In termini relativi, si è stimato che un anno di reclusione in più a Bollate, piuttosto che in un altro istituto penitenziario, abbatta la recidiva di nove punti percentuali.
Altri lavori sono stati svolti in Italia, con “Teatro e carcere in Italia”, all’interno del Progetto Europeo Socrate Grudving, dal titolo “Teatro e carcere in Europa”, del 2006, e con la ricerca “Teatro e carcere in Emilia Romagna”, incaricata dall’Osservatorio dello spettacolo della Regione Emilia Romagna, del 2012. Sempre nel 2012, è stata realizzata la ricerca condotta dal Dipartimento di Psicologia applicata dell’Università degli Studi di Parma, e nel 2015, quella guidata da Fabio Cavalli, direttore del Centro Studi Enrico Maria Salerno, che promuove l’attività artistica presso il carcere di Rebibbia, Nuovo Complesso.
Una recente ricerca empirica ha evidenziato inoltre i dati positivi elaborati dall’esperienza, pluridecennale, di laboratori teatrali presenti nel carcere di Milano-Opera, con cui si sono confrontati gli esiti della partecipazione alle attività sia per il circuito di Alta sicurezza sia di Media Sicurezza, tra detenuti parteci e detenuti inattivi, e la relativa incidenza sia sul quadro clinico sanitario sia sull’incidenza dei rapporti disciplinari[10].
1.2. L’impegno dell’Amministrazione penitenziaria.
Con l’ordine di servizio n. 9, del 14 aprile 2004, anche il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ha riconosciuto espressamente al teatro un valore di metaobiettivo del trattamento.
Così, nel lavoro dell’ISSP del 2015, già citato, si riferisce che: “Il teatro produce autoconsapevolezza e autopercezione, determina maggiore capacità comunicativa, l’azione scenica è un elemento per consolidare percorsi socializzanti, la riflessione di gruppo può costituire opzione terapica individuale e collettiva”. E si conclude, per cui: “La pratica teatrale offre al recluso un duplice sostegno: 1) aiuta a ricordare percezioni e sentimenti offuscati dall’alienazione carceraria, facendone scoprire di nuovi; 2) spinge ad attivare forme essenziali d’interazione e di solidarietà, intendendo lo spettacolo come un’impresa collettiva”.
Secondo i dati elaborati dal Ministero della Giustizia, la diffusione delle esperienze teatrali è notevolmente aumentata, dal 2003, con n. 106 attività, al 2012, con n. 112, fino alla duplicazione con n. 209 (secondo i dati integrati dal Tavolo 9 – Istruzione, cultura e sport degli Stati Generali dell’Esecuzione Penale), del 2014, e a n. 321, secondo i dati forniti dal Ministero, nel 2019. Si è passati da un coinvolgimento di n. 3.638 detenuti, a ben 5.021 persone detenute partecipanti al teatro in carcere.
Una presenza nelle carceri sempre più diffusa e stabile, tanto che il DAP, nel 2016, nella circolare n. 0010429, ha espresso l’esigenza di centralizzare maggiori informazioni per una migliore mappatura dell’esistente: scarsità di informazioni, ambiguità di dati, e discontinuità di alcune esperienze territoriali, che non superano i tre anni di attività, anche per carenza di risorse e di finanziamenti locali, hanno reso quasi impossibile una ricostruzione completa e aggiornata.
Ad oggi, solo n. 83 realtà risultano registrate, come attive, o come attivate, anche se non più presenti, nelle carceri italiane, sul sito del Ministero della Giustizia (con ultimo aggiornamento, peraltro, risalente al 2018). Di queste, solo n. 56, ad oggi, risultano aderenti al Coordinamento Nazionale Teatro in Carcere, istituito nel 2011.
Così anche le collaborazioni, mediante protocolli d’intesa, ad oggi risultano parcellizzate e frammentarie, a seconda della realtà territoriale di riferimento: in Lombardia, vi sono numerose realtà territoriali, finanziate dal Comune di Milano e dalla Regione Lombardia; nella Regione Toscana, con il 1999, si è avuto il primo e più risalente protocollo d’intesa per la nascita del Coordinamento Teatro in Carcere della Regione Toscana, e così, nel 2011, per la Regione Emilia Romagna.
Nel 2013, il Coordinamento Nazionale del Teatro in Carcere ha sottoscritto un protocollo d’intesa con l’ISSP, ed esteso nel 2014, all’Università Roma Tre.
Al di là di queste importanti realtà di coordinamento, non vi sono ad oggi dati certi ed omogenei a livello centrale: tale tipologia di studio preventivo-preliminare rappresenterebbe sicuramente un supporto empirico-statistico funzionale sia alla mappatura dell’esistente, sia alla migliore riponderazione di risorse economiche e finanziarie, per il rafforzamento di realtà teatrali stabili, con importanti direzioni professionalizzanti già intraprese, e per l’incentivazione alla realizzazione di attività teatrali nuove e di nuova formazione, nelle realtà, dove le performances professionalizzanti non sono così avanzate.
La scarsità di informazioni e di dati a livello centralizzato è palesemente manifesta anche in relazione all’utenza interessata. Come è stato evidenziato, uno dei punti dolenti della stabilità delle attività teatrali riguarda la presenza dei detenuti (se in carcere) e degli utenti (se in misura alternativa), in ragione della peculiare posizione giuridica, che inevitabilmente necessita del vaglio della Magistratura di Sorveglianza, se l’attività si svolge all’esterno.
Attualmente, secondo i dati forniti dal DAP, nella rilevazione del 2015, il 45% dei detenuti partecipa alle attività teatrali all’esterno, tramite la concessione di permessi premio, oppure per il 19% dei casi, e per coloro che non hanno titolo per usufruire di permessi premio, con lo strumento del permesso di necessità, anche se con ciò, per assenza di altri strumenti giuridici, si rischia di snaturare e forzare eccessivamente la ratio dell’istituto; per il 34%, vengono invece riconosciuti permessi lavoro, in regime di lavoro all’esterno (peraltro, spesso, nelle forme del volontariato e non di lavoro retribuito).
Sul versante opposto, anche il tema del pubblico, e, quindi, dell’inevitabile contatto tra detenuti-pubblico, rappresenta un tema centrale, che viene trattato diversamente, a seconda della prassi vigente o che si intende adottare, dalla direzione del singolo istituto penitenziario.
Il protocollo d’intesa siglato tra la Direzione di Rebibbia Nuovo Complesso e il Tribunale di Sorveglianza di Roma, nel 2013, risulta innovativo sul punto, nella misura in cui cerca di contenere il contatto tra la popolazione detenuta ed il pubblico esterno, tramite la predisposizione della lista dei partecipanti dalla Direzione, con il supporto della Polizia Penitenziaria, e il passaggio diretto, per il visto alla Magistratura di Sorveglianza.
1.3. Gli Stati Generali dell’Esecuzione della Pena. Tavolo 9.
Con la Relazione finale, il Tavolo 9 – Istruzione, cultura e sport degli Stati Generali dell’Esecuzione Penale, presieduto dal Professore Mauro Palma, altresì Garante Nazionale dei detenuti o delle persone private della libertà personale, ha messo in luce tutte le criticità sopra rappresentate e ha fornito delle proposte di conclusione operative, a livello programmatico[11].
Innanzitutto, si rammenta che il teatro, così come tutte le attività rieducative, sono strettamente connesse alla progettualità di trattamento della singola struttura penitenziaria: moltissime sono le variabili, tra cui i finanziamenti, che sono, per la maggior parte pubblici, di enti locali; gli spazi a ciò adibiti, il personale addetto a tali attività e, soprattutto, la tipologia di popolazione detentiva. Con tutta evidenza, come ricorda anche l’ISSP, nello studio, più volte citato, l’offerta del progetto teatrale passa necessariamente per la tipologia di detenuti che si intende coinvolgere: per una casa di reclusione, sarà più semplice ipotizzare progetti di lunga durata, stabili e a ciclo continuativo nel tempo; così, per la lingua e il grado di alfabetizzazione.
Tenuto conto del contesto e del particolarismo, ciò non toglie che le attività teatrali possano essere comunque messe a sistema, attraverso una procedura di follow up dei progetti finanziati e realizzati, come ha sottolineato la Corte dei Conti, nella relazione del 2013.
Per questo si proponeva, di:
- mettere a sistema le attività e fornire loro un pieno riconoscimento da parte del Ministero della Giustizia, anche in concerto con il Ministero della Cultura;
- responsabilizzare gli operatori rispetto al rapporto di gestione dei fondi e risultati conseguiti, anche in relazione all’Amministrazione penitenziaria;
- istituire una nuova figura all’interno dell’Area educativa, che assicuri continuità alle attività teatrali, con funzioni di monitoraggio e relazione all’Amministrazione penitenziaria.
Per la realizzazione di questi obiettivi, un passaggio fondamentale è rivestito dalla formazione.
Formazione intesa sia dei detenuti che si preparano a cimentarsi nelle attività teatrali e che quindi possano contare su un percorso di formazione, anche accreditato presso istituti di formazione e scuole di teatro e cinema (tramite protocolli d’intesa con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, e con quello della Cultura), sia degli operatori penitenziari per predisporre al meglio i vari laboratori, gli spazi e la gestione della produzione teatrale, nonché degli operatori e dei professionisti esterni che entrano in carcere.
- La proposta di legge A.C. 2933.
In tale contesto, si colloca la proposta di legge in esame.
La proposta di legge si articola in soli 3 articoli.
Sull’art. 1 – Come si è detto in apertura, l’art. 1 si concentra sull’esposizione della finalità della proposta di legge, che è diretta alla promozione ed al sostegno delle attività teatrali in carcere (comma 1).
Per cui:
“1. La presente legge reca disposizioni per la promozione e il sostegno delle attività teatrali negli istituti penitenziari al fine di contribuire al recupero e al reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti attraverso lo sviluppo di attività laboratoriali e produttive, anche all’esterno degli istituti”.
È una finalità strettamente correlata al reinserimento sociale, per tutti i dati e le esperienze scientifico-empiriche, fornite dalla letteratura specialistica, che rappresentano il substrato per la giustificazione di un interesse legislativo alla trattazione del tema “teatro in carcere”.
Per il raggiungimento del fine promozione e sostegno-reinserimento sociale, la proposta di legge individua come modalità di azione, “la collaborazione” tra l’amministrazione penitenziaria, le imprese sociali e gli esperti e le associazioni presenti nel territorio (comma 2).
Tale modalità di azione, seguita, da sempre, con circolari e protocolli d’intesa nei rapporti con l’Amministrazione penitenziaria, è anche quella suggerita dalla Commissione Ministeriale, presieduta dal Professore Marco Ruotolo, nella Relazione finale, del 17 dicembre 2021, in materia di innovazione del sistema penitenziario, in cui, tra l’altro, si suggerisce all’Amministrazione penitenziaria di riprendere gli esiti dello studio del 2015, e riaggiornarlo, per verificare, i risultati delle esperienze teatrali sui tassi di recidiva[12].
Per cui:
“2. Ai fini di cui al comma 1, la presente legge promuove la collaborazione tra l’amministrazione penitenziaria, le imprese sociali e gli enti e le associazioni presenti nel territorio per l’attivazione di corsi di informazione, di formazione, di aggiornamento e di sensibilizzazione, propedeutici alla progettazione e all’esecuzione di interventi coordinati, di programmi e di iniziative per la realizzazione delle attività teatrali negli istituti penitenziari, con particolare riguardo ai minori imputati di reato, anche al fine di favorire lo sviluppo della personalità dei minori e di agevolare la loro partecipazione attiva al mondo del lavoro e alla convivenza sociale”.
Si permette di suggerire una modifica all’espressione, “con particolare riguardo ai minori imputati di reato”, per meglio precisare che si tratta di minori condannati, e in corso di espiazione pena detentiva nel circuito penitenziario minorile o in esecuzione di misura alternativa, e di sostituirla con la dicitura, a titolo di esempio, “con particolare riguardo ai minori in espiazione di pena detentiva”, oppure, “con particolare riguardo all’esecuzione penale minorile”, o, con indicazioni simili
Al comma 3, dell’art. 1, in una prospettiva forse eccessivamente analitica rispetto alla già enunciata macro-finalità, si elencano le possibili azioni di promozione e sostegno alle attività teatrali, in termini di:
- realizzazione e diffusione anche all’esterno di spettacoli teatrali;
- realizzazione di prodotti editoriali sulle attività teatrali realizzate negli istituti penitenziari;
- realizzazione di attività culturali, editoriali attraverso l’organizzazione di convegni, seminari, presentazioni e incontri pubblici;
- realizzazione di reportage fotografici, video-documentari sulle attività svolte.
Si ritiene che tale esplicitazione, per quanto programmatica ed esemplificativa, possa rischiare di vincolare eccessivamente le progettualità trattamentali locali, laddove quest’ultime, come già detto, dipendono fortemente dal contesto, dai finanziamenti esterni, dalla tipologia della popolazione detenuta oltre che dalla conformazione della stessa struttura penitenziaria.
Si suggerisce, quindi, di eliminare il comma 3, oppure, di procedere ad una modifica del comma, per meglio esplicitare che si tratta di una esemplificazione di tipologie più rappresentative di azione.
Ai sensi del comma 4, si prevede l’istituzione, presso il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, di un Osservatorio permanente sulle attività teatrali negli istituti penitenziari, all’interno del quale opererebbe un Tavolo tecnico per lo sviluppo e la realizzazione delle attività teatrali. La composizione e le modalità tecnico-operative dell’Osservatorio e del Tavolo tecnico verrebbero meglio dettagliate da un successivo provvedimento del Ministero della Giustizia.
Sul Tavolo tecnico, la proposta di legge si sofferma al comma 5:
- si riunisce due volte l’anno;
- presenta al Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria un programma di azione a cadenza annuale, in concerto con le imprese sociali, le associazioni e gli enti territoriali che operano nel settore.
Oltre alla funzione di programmazione annuale e di rendicontazione finale, il Tavolo tecnico avrebbe dei compiti soprattutto esecutivi ed operativi indirizzati a:
- consolidare la rete tra le diverse realtà del territorio interessate alla realizzazione di attività teatrali negli istituti penitenziari, comprese le attività rivolte a minori;
Si suggerisce, sul piano operativo, per il Tavolo tecnico, di:
- prevedere e di istituzionalizzare, su larga scala, la collaborazione, già esistente ma più settoriale, con il Coordinamento Nazionale Teatro in Carcere, il quale, al 29 agosto 2020, vanta l’adesione di n. 56 realtà teatrali;
- anche in concerto con il Coordinamento Nazionale Teatro in Carcere, prevedere degli standard qualitativi di adesione e di mantenimento dei requisiti per l’accesso nelle strutture penitenziarie delle realtà teatrali e degli operatori (con la creazione di una sorta di albo professionale specializzante e specialistico), specie in relazione ai percorsi di formazione per gli operatori penitenziari e per i professionisti e gli addetti volontari alle attività teatrali.
- mantenere i rapporti con le regioni, con gli enti locali, con le compagnie e le associazioni teatrali, con il sistema universitario e con il sistema economico-produttivo, anche formulando proposte in merito ad attività e a percorsi formativi finalizzati anche al reinserimento dei detenuti;
Si suggerisce, sul piano operativo, per il Tavolo tecnico, di:
- anche in concerto con il Coordinamento Nazionale Teatro in Carcere, prevedere modalità di intesa e di collaborazione con il circuito scolastico, i poli universitari, e le scuole di arte, cinema e teatro per la realizzazione di corsi di formazione altamente qualificanti delle professionalità del teatro e del mondo dello spettacolo;
- prevedere delle prassi standardizzate di accesso del pubblico all’interno delle strutture penitenziarie, per le procedure di autorizzazione e per le eventuali modalità di corresponsione del pagamento del biglietto di accesso, laddove spettacoli a pagamento, per favorire forme di autofinanziamento alle produzioni teatrali, sulla base dei principi di trasparenza della pubblica amministrazione;
- prevedere degli standard qualitativi di accesso ai finanziamenti pubblici, ivi compreso quello di cui al Fondo speciale, di cui all’art. 3 del testo in esame, e un canale privilegiato di informazione che consenta di monitorare l’accesso a bandi di finanziamenti pubblici e privati;
- incentivare forme di finanziamento da parte dei privati e degli enti pubblici territoriali, mediante attività di sensibilizzazione e informazione (anche con il c.d. strumento dell’open day in carcere) per il sostegno delle attività e produzioni teatrali;
- valutare l’attività svolta e l’attuazione delle disposizioni della legge.
Si suggerisce, sul piano operativo, per il Tavolo tecnico, di:
- individuare delle prassi applicative uniformi, anche tramite la compilazione di un apposito questionario, predisposto dal Tavolo tecnico, in concerto con le imprese e le realtà aderenti, per la valutazione periodica, delle attività programmate e dei risultati ottenuti, anche in relazione alle attività finanziate da enti pubblici o privati;
- suggerisce, a tal fine, di prevedere un’attività prodromica di mappatura dell’esistente, con richiesta specifica, tramite l’invio di un questionario, per valutare i successivi passaggi di coordinamento per l’individuazione di prassi uniformi;
- individuare, quale referenti, per l’attività l’Area educativa, anche nelle forme di cui all’art. 27 ord. penit., di inoltro dei dati della singola struttura penitenziaria, in coordinamento, a livello di PRAP, con gli istituti della Regione.
In risposta a quanto rilevato dalla Corte dei Conti, nel 2013, sull’assenza di procedure di follow up all’interno dell’Amministrazione penitenziaria, il Tavolo tecnico potrebbe rappresentare, seppur nell’ambito del solo teatro, una prima e valida sperimentazione di programmazione preventiva, e rendicontazione successiva degli obiettivi e dei risultati raggiunti, con il pregio di tentare una mappatura-censimento delle realtà esistenti, e di messa a sistema delle progettualità a livello centralizzato.
Si suggerisce, inoltre, di prevedere delle forme di incentivazione alla partecipazione anche per la popolazione detenuta femminile, cercando di mantenere, per quanto possibile, in ragione dei numeri più contenuti, un’offerta culturale, formativa, e di inserimento lavorativo, di egual tipo (con particolare attenzione, più in generale, alle fasce di popolazione detentiva, che, o per lingua, o per grado di alfabetizzazione, vengono notoriamente escluse da tali attività, con la possibilità di prevedere dei corsi di lingua e di scolarizzazione collaterali per l’accesso ai laboratori).
Si suggerisce altresì di tenere distinti gli elenchi, i dati, le informazioni e le attività teatrali che hanno ad oggetto l’utenza nei circuiti penitenziari minorili.
Sulla base dell’operazione preventiva e di rendiconto del Tavolo Tecnico al Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, di cui al comma 6, si giustificherebbe l’ulteriore fase di rendicontazione, prevista al comma 9, nella Relazione annuale del Ministero della Giustizia al Parlamento.
Al comma 8, il testo suggerisce di individuare, gli indirizzi a cui dovranno tendere le azioni delle esperienze teatrali in carcere, in concerto con il Tavolo tecnico, tra cui:
- promuovere la realizzazione di esperienze teatrali di qualità negli istituti penitenziari;
- organizzare percorsi formativi e di confronto per gli operatori penitenziari e per i soggetti esterni interessati alla realizzazione di attività teatrali negli istituti penitenziari;
- collaborare con altre esperienze teatrali negli istituti penitenziari a livello nazionale e internazionale, anche allo scopo di partecipare a progetti europei.
Di rilievo, lo spazio dedicato alla formazione, tema importante, già segnalato dal Tavolo 9, degli Stati Generali dell’Esecuzione Penale.
Si suggerisce, per non predeterminare eccessivamente gli indirizzi operativi delle imprese e categorie del settore, di modificare il testo, per esplicitare che si trattano di azioni meramente esemplificative, ma essenziali, e che il diverso ulteriore contenuto di azione verrà individuato in concerto con il Tavolo tecnico, anche alla luce di una prima necessaria fase di catalogazione, classificazione e mappatura dell’esistente e di confronto, tra i diversi operatori del settore.
Sull’Osservatorio, la proposta di legge si sofferma sul comma 7, al quale sarebbero riservati compiti, più ampi, di promozione della conoscenza delle attività teatrali realizzate negli istituti penitenziari, e di valorizzazione delle conoscenze e delle competenze acquisite nella formazione e nelle produzioni teatrali anche al fine di un più efficace reinserimento lavorativo dei detenuti.
Si ritiene, così come è stato formulato il comma 7, e alla luce degli importanti compiti e delle azioni individuati, in seno al Tavolo tecnico, che, anche se con un annunciato contenuto più operativo ed esecutivo, in sostanza, si estendono ad attività programmatiche, anche in materia di promozione e conoscenza del teatro in carcere e sull’esterno, il ruolo dell’Osservatorio finisca per risultare superfluo, con una perfetta sovrapposizione con il Tavolo tecnico, e confusione sulla distinzione della suddivisione dei compiti (che, ad una prima lettura appaiono i medesimi, in parte sovrapponibili, in parte duplicati).
Si suggerisce, quindi, di eliminare, in questa prima fase sperimentale, l’istituzione dell’Osservatorio, prevedendo la creazione del solo Tavolo tecnico, che meglio si sposa con l’idea di coordinamento tra Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, al quale riferire, e le articolazioni intermedie dei PRAP e degli istituti penitenziari locali, con gli enti territoriali, e le imprese operanti nel settore.
L’idea dell’Osservatorio risulta vincente, semmai, sul lungo periodo, nella misura in cui si auspica che, all’interno del DAP, sotto la Direzione generale dei detenuti e del trattamento, Ufficio Trattamento e Lavoro penitenziario, possa collocarsi l’Osservatorio permanente dedicato alla promozione ed al sostegno dell’istruzione, della cultura (con un raggio più ampio di visione, anche sulle arti affini, dal cinema, alla danza, e alle altre attività ricreative), e dello sport, con la funzione specifica di coordinamento di più tavoli tecnici monotematici, e di visione complessiva e programmatica, nonché di copertura finanziaria, sui principali settori, più significativi per la valorizzazione della attività trattamentali, e direttamente funzionali al reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti.
Si ritiene che uno spazio importante dovrebbe essere dedicato al volontariato e al c.d. terzo settore: perché se è vero che il volontariato non è fonte diretta di produzione di lavoro, è sicuramente il pilastro portante in fatto di formazione, e di accompagnamento all’acquisizione dei requisiti di accesso ai laboratori, alla scuola e al lavoro.
Rappresenta, poi, una decisiva voce di risparmio di spesa per l’Amministrazione penitenziaria, che, sulla base del numero di volontari autorizzati, sopperisce alle carenze di personale e all’insufficienza delle attività di formazione e di lavoro, contribuendo in misura massiccia e diretta a riempire significativamente di senso il termine di “reinserimento sociale”. Inoltre, si consideri che anche le stesse attività teatrali realizzate in carcere, partecipano al più ampio concetto di “volontariato penitenziario” e le modalità di accesso per i singoli operatori e per le associazioni del settore sono le medesime.
Si potrebbe ipotizzare, anche la creazione di una sezione all’interno portale del Ministero della Giustizia, con la diffusione, in termini qualitativi e quantitativi dei dati e delle informazioni, e degli obiettivi raggiunti, in materia di trattamento rieducativo.
Si tratterebbe, in parte, di dare forma istituzionale e permanente all’esperienza, già posta in essere, sempre dal Ministero della Giustizia, degli Stati Generali dell’Esecuzione Penale, che, già tra il 2015 ed il 2016, aveva svolto importanti funzioni di informazione, raccolta dati, e selezione di informazioni e di suggerimenti, rilevanti sia per l’azione dell’Amministrazione penitenziaria, sia dirimenti per un Legislatore attento alle tematiche del carcere, e dell’inclusione sociale.
Sulla base di una prima riflessione, maggiormente istituzionalizzata, e sulla base di una prima raccolta dati dell’incidenza delle attività rieducative, anche in termini di costi-benefici, dovrebbe essere previsto un necessario coordinamento con il tema del Lavoro penitenziario, con la previsione, anche in questo caso di un Tavolo tecnico, a ciò esclusivamente dedicato.
Infine, si fa presente, che il circuito penitenziario minorile è di competenza del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, e, non del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria: per meglio calibrare le attività del Tavolo tecnico, sul settore minorile, si auspicherebbe che tali funzioni vengano esercitate da un’articolazione interna a ciò adibita, o, addirittura, da un Tavolo tecnico separato, con la possibilità di prevedere una struttura più ampia di coordinamento presso il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, recuperando così la forma dell’Osservatorio.
Delle due opzioni, sicuramente la prima risulta preferibile. Ad ogni modo, si suggerisce una stretta collaborazione tra il Tavolo tecnico, in termini di programmazione e di successiva rendicontazione, non solo con il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, ma anche con il Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità sia per il circuito penitenziario minorile, sia per un raccordo con la prosecuzione delle esperienze all’esterno in fase di esecuzione penale esterna della pena (in condizioni, cioè, di misura alternativa al carcere), per dare continuità di servizio e di informazione.
Ragionando in tal senso, ecco che allora risulterebbe tanto più opportuno, sul lungo periodo, l’inserimento di un Osservatorio permanente sulle attività trattamentali, che rappresenti anche il ponte di congiunzione, confronto e scambio di dati e informazioni tra i due Dipartimenti, all’interno del Ministero della Giustizia, per avere una visione più ampia di sistema dell’esecuzione, dei risultati, dell’efficienza dei programmi, dei costi-benefici delle soluzioni adottate, ecc. sia per gli adulti, sia per i minori.
Ragionando in tal senso, inoltre, si ritiene che non sia necessario, né opportuno inserire delle modifiche dirette, né alla legge sull’ordinamento penitenziario, né sul regolamento d’esecuzione, per non creare status privilegiati per il solo teatro, rispetto alle altre attività trattamentali, e per meglio lasciare ampi margini di manovra, all’azione amministrativa per calibrare, ponderare e misurare gli interventi operativi.
Agli articoli 2 e 3 della proposta di legge vengono individuati i capitoli di spesa: se si coglie con favore la previsione di un Fondo speciale (art. 3), si guarda con perplessità la destinazione di risorse, destinate agli interventi straordinari per l’ampiamento e l’ammodernamento degli spazi destinati alle attività lavorative, dato che, ad oggi, i finanziamenti esistenti hanno dimostrato di non essere sufficienti per coprire tutte le spese né di manutenzione, di ammodernamento degli edifici penitenziari né a livello ordinario, né tanto meno straordinari: si suggerisce, quindi, di prevedere un ampliamento del Fondo speciale, anche per la copertura dei costi relativi agli spazi detentivi teatrali, oppure, di individuare, anche in concerto con il Ministero della Cultura, un ulteriore stanziamento a copertura delle iniziative culturali in carcere, compreso il teatro, aprendo anche a possibilità di bandi di gara pubblici, o privati, anche europei, per la copertura finanziaria.
* Avvocata del Foro di Trento, Coordinatrice dell’area Diritto Penitenziario di questa rivista.
[1] V., per tutti, F. Della Casa, G. Giostra, Ordinamento penitenziario, VI ed., Milano, 2019.
[2] V., per tutti, F. Fiorentin, F. Fiorio, Manuale di diritto penitenziario, Milano, 2020.
[3] Secondo i dati elaborati dall’ISSP, per il 44% l’attività teatrale viene portata avanti da un gruppo stabile, per il resto si tratta di attività condotte da educatori, volontari e insegnanti; per il 50% sono realtà attive da più di tre anni; per il 60,2%, inoltre, si tratta di realtà tendenzialmente stabili, ma con un forte ricambio dei partecipanti-detenuti.
[4] V. J. Hughes, Doing the Arts Justice: A Review of Research Literature, Practice and Theory, Regno Unito, 2005.
[5] V., anche L’impatto del teatro in carcere. Misurazione e cambiamento del sistema penitenziario, a cura di F. Giordano, F. Perrini, D. Langer, L. Pagano, G. Siciliano, Milano, 2017.
[6] V., per tutti, L. K. Cheliotis, A. Jordanoska, The Arts of Desistance: Assesing the Role of Arts-based Programmes in Reducing Reoffending, in Howard Journal of Criminal Justice, 2014.
[7] V. F. McNeill, B. Weaver, Changing Lives? Desistance Research and Offender Management, in Scottish Centre For Crime and Justice Research, 2010.
[8] V. L. Castellano, Il carcere come opportunità? Milano: Compagnia teatrale Opera Liquida, Milano, 2015.
[9] V., per tutti, L. Brewster, The Impact of Prison Arts Programs on Inmate Attitudes and Behavior: A Quantitative evaluation, in Justice Policy Journal, 11.
[10] I risultati sono esposti nell’opera, già citata, L’impatto del teatro in carcere. Misurazione e cambiamento del sistema penitenziario.
[11] Per la lettura della relazione, v. Tavolo 9 – Istruzione, cultura, sport.
[12] La Relazione finale della Commissione ministeriale, presieduta dal Professore Marco Ruotolo, 17.12.2021, è stata pubblicata in Sistema Penale, l’11.01.2022.