XX CONGRESSO ORDINARIO DELL’UNIONE DELLE CAMERE PENALI ITALIANE. LA RELAZIONE DEL SEGRETARIO – DI RINALDO ROMANELLI
ROMANELLI – RELAZIONE CONGRESSO UCPI 2025.PDF
XX CONGRESSO ORDINARIO DELL’UNIONE DELLE CAMERE PENALI ITALIANE. LA RELAZIONE DEL SEGRETARIO
di Rinaldo Romanelli
La relazione tenuta dall’Avv. Rinaldo Romanelli, Segretario dell’Unione Camere Penali Italiane, nel corso del XX Congresso ordinario UCPI, svoltosi a Catania dal 26 al 28 settembre 2025.
- Il quadro generale
Non sono mutati ed anzi si sono accentuati i tratti connotativi dell’azione del decisore politico che avevamo sottolineato già nel programma presentato al Congresso Ordinario di Firenze e che ho ricordato in apertura della relazione che ho tenuto al Congresso Straordinario di Reggio Calabria.
Si avverte un’inconciliabile dicotomia tra necessità di dare spazio ed attuazione ad una prospettiva garantista del processo penale, per una tutela effettiva dei diritti del cittadino e un “populismo penale” sempre più protagonista della politica e soprattutto della scena mediatica.
Il tutto declinato comunque alla luce dell’ormai immancabile paradigma dell’efficienza divenuta, attraverso un condiviso e malizioso equivoco collettivo, non più un mezzo rispetto ad uno scopo, ma lo scopo stesso da perseguire.
Questa “coabitazione forzata” tra politiche securitarie e riforme di matrice liberale, tra le quali ultime campeggia la riforma costituzionale della magistratura, ci ha imposto di riaffermare sempre con forza, di fronte alle une e alle altre i valori e principi che sono scolpiti nel nostro Statuto e che rappresentano, con la difesa dei diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione, l’unica possibile linea direttrice della nostra azione.
- Il decreto sicurezza e l’emergenza carcere
E così, poco dopo la chiusura del Congresso di Reggio Calabria, nel segno di un continuo contrasto al populismo penale e di una ferma protesta nei confronti delle condizioni inumane in cui versano le nostre carceri, che hanno visto impegnata questa Giunta fin dal suo insediamento, abbiamo deliberato, il 17 ottobre 2024, una nuova astensione da tutte le attività nel settore penale, per esprimere la più netta contrarietà dell’avvocatura penale alla filosofia stessa ispiratrice del Disegno di Legge sicurezza sottolineando “come si assistesse ad una inaccettabile pan-penalizzazione a vasto spettro, che implica la creazione di nuove fattispecie di reato, la criminalizzazione di condotte che non erano state mai ritenute offensive, uno sproporzionato aumento delle sanzioni a tutela univoca dei tutori dell’ordine, l’introduzione di nuove ostatività alla concessione di benefici penitenziari”,e constatando “come tali riforme finissero con il modificare pericolosamente i rapporti stessi fra il cittadino e lo Stato, fra il principio di autorità e quello di libertà, impostando le stesse relazioni sociali sulla base di una asserita esigenza di sicurezza strumentalmente amplificata”.
Alla manifestazione che ne è seguita, tenutasi a Roma il 5 novembre 2024, sono intervenuti autorevoli giuristi ed in particolare studiosi di diritto costituzionale, che alternandosi sul palco hanno sottolineato la matrice securitaria, illiberale e autoritaria del “pacchetto sicurezza” e le ricadute negative che lo stesso avrebbe comportato sulle carceri, già ridotte in una situazione di inaccettabile marcescenza a seguito di una insostenibile condizione di sovraffollamento con un tasso, aggiornato al 23 settembre 2025, pari al 135,6% ed una macabra conta dei suicidi arrivata quest’anno al numero 63.
Al termine della manifestazione, è stato elaborato e sottoscritto dagli interventori il documento “No al pacchetto sicurezza. Con la costituzione, in difesa del diritto penale liberale”, nel quale sono state sintetizzate le ragioni della nostra protesta.
Una nuova delibera di astensione è stata assunta il 12 aprile 2025, a seguito alla decisione del Governo di trasfondere il testo del “pacchetto sicurezza” in un Decreto Legge, che è da subito apparsa del tutto ingiustificata incompatibile con il diritto penale, sia con riferimento alla conoscibilità delle norme che, soprattutto, in considerazione dei valori di libertà coinvolti in materia penale, tali da imporre una valutazione ponderata degli interessi in gioco da parte del Parlamento.
Anche in tale occasione si è sottolineata la gravissima condizione in cui versano le nostre carceri, la stretta correlazione tra essa e la visione carcerocentrica del legislatore, e le ulteriori ricadute negative che sarebbero state determinate da questo intervento di matrice autoritaria.
Al contempo si sono però anche sottolineate le responsabilità che “incombono su quella parte della Magistratura che continua ad abusare del ricorso alla custodia cautelare in carcere, che disapplica le pene sostitutive introdotte dalla riforma Cartabia anche quando queste possono rappresentare una valida e percorribile alternativa al carcere e che stenta a riconoscere benefici penitenziari, pur nella consapevolezza delle condizioni di degrado a cui sono sottoposti i detenuti”.
Il successivo 18 aprile, è stato inviato a tutti i Deputati il documento condiviso all’esito della manifestazione del 5 novembre 2024, accompagnato da una lettera a firma del nostro Presidente Francesco Petrelli, nella quale si sottolineava come l’approccio autoritario del testo normativo apparisse ulteriormente aggravato dalla scelta dello strumento del Decreto Legge in assenza di effettive ragioni di necessità e urgenza.
Pochi giorni dopo, il 22 aprile 2025, l’Unione è stata audita presso la Camera dei Deputati, davanti alle Commissioni riunite Affari Costituzionali e Giustizia, in relazione al Disegno di Legge di conversione del Decreto Legge Sicurezza e ha depositato un’ampia memoria di critica tecnica al testo in corso di approvazione.
Nuovamente, alla manifestazione tenutasi a Roma, in Piazza dei Santi Apostoli, il 7 maggio 2025 dal titolo “Solo il decreto sicurezza è peggio del pacchetto sicurezza”, si sono alternati sul palco giuristi, politici e rappresentanti di associazioni che operano nelle carceri per stigmatizzare i contenuti del decreto e sottolinearne l’inutilità rispetto agli scopi dichiarati di sicurezza sociale e la irrazionalità rispetto agli effetti sul sistema carcerario, già ridotto in condizione indegne di uno Stato democratico e liberale quale il nostro dovrebbe essere, nel rispetto dei dettami costituzionali.
Dobbiamo prendere atto che il nostro impegno non ha condotto se non a minimali modifiche e non ha impedito dapprima l’emanazione del Decreto e poi la promulgazione della legge di conversione; ma questo, lungi dall’indurci a sostenere con minor forza le nostre ragioni ci impone, anzi, di continuare con maggior convinzione la nostra azione politica per l’attuazione del diritto penale liberale, il rispetto delle garanzie e della dignità umana che è attributo proprio di ciascun individuo e rappresenta il principio cardine su cui si fondano tutti gli altri diritti naturali della persona.
Le condizioni di sovraffollamento delle nostre carceri non sono in quest’ultimo anno migliorate, né vi sono stati i più volte sollecitati interventi deflattivi che, in tempi brevi e in condizioni emergenziali, avrebbero dovuto essere assunti a prescindere dalle prospettive e dalle idee che ciascuno coltiva rispetto alla funzione del carcere.
Una cosa sono le scelte di politica carceraria, altra, ben distinta e non negoziabile, è rappresentata dal rispetto della legalità da parte dello Stato.
Nelle nostre carceri la legalità è dimenticata e tradita da condizioni di sovraffollamento che privano i detenuti della loro dignità, infliggendo loro una pena ulteriore e diversa da quella irrogata dal giudice e priva delle finalità rieducative che dovrebbero ispirarla.
Di fronte a tale spettacolo di inciviltà la nostra azione è stata assidua, anzi ininterrotta.
Siamo intervenuti, nel biennio, con ben ventisette documenti a firma della Giunta e talvolta a doppia firma con l’Osservatorio Carcere sui vari profili di criticità che si sono manifestati.
Aderendo alla proposta fatta al Congresso Straordinario di Reggio Calabria da Rita Bernardini, abbiamo, con l’Osservatorio Carcere, avviato un’attività di monitoraggio sulle incombenze che l’art. 11 O.P. pone a carico delle ASL/ASP attraverso le visite da effettuare all’interno delle carceri almeno due volte l’anno, con la trasmissione delle relative relazioni alle autorità ministeriali competenti.
Abbiamo proceduto a interpellare direttamente le numerose ASL/ASP competenti per gli oltre 189 istituti penitenziari italiani, attraverso un’istanza di accesso civico generalizzato per tutte le carceri.
Sono state raccolte numerose risposte e il relativo materiale sarà oggetto di una prossima pubblicazione e fornirà un quadro significativo quanto preoccupante sulla reale condizione in cui versano gli istituti penitenziari.
Abbiamo poi proseguito anche nel 2025 l’iniziativa “Ristretti in agosto”, sempre coordinata dall’Osservatorio Carcere, così da contrastare, per quanto possibile, l’ulteriore condizione di isolamento e sofferenza che i detenuti soffrono in estate, e testimoniare i patimenti cui sono sottoposti, completando nel biennio ben 151 accessi ad istituti di pena da parte dei Colleghi appartenenti alle Camere Penali di tutta Italia e i cui esiti sono consultabili sul nostro sito, nella sezione a ciò dedicata. E per questa partecipazione, così estesa e convinta, rivolgo a tutti Voi, che ne siete stati l’anima e il corpo, un sentito ringraziamento a nome del Presidente e di tutta la Giunta.
Pur con maggiori difficoltà, visite sono state eseguite anche ad opera della Commissione Centri di Permanenza per i Rimpatri nelle strutture amministrative a ciò destinate, all’interno delle quali sono state, altresì, raccolte molte informazioni attraverso la somministrazione di un questionario sul diritto difesa, che ha offerto uno spaccato delle molteplici criticità che vi si manifestano.
- La riforma costituzionale della magistratura
Va registrato, al contrario, con soddisfazione sul fronte delle riforme animate da una visione liberale, propria di una democrazia consolidata e moderna, il significativo tratto di strada coperto nell’ultimo anno dal Disegno di Legge Costituzionale di riforma della magistratura.
Sottolineo, ancora una volta con orgoglio, che proprio l’azione dell’Unione, attraverso l’intuizione di promuovere una raccolta di firme per la presentazione di un Disegno di Legge Costituzionale di iniziativa popolare, ha dato il via a questo percorso riformatore, spinto dalle sottoscrizioni di oltre 72 mila cittadini, tra le quali anche quella dell’attuale Ministro della Giustizia Carlo Nordio.
Sappiamo che il nostro testo è stato presentato alla Camera dei Deputati il 31 ottobre 2017, nel corso della XVII legislatura, poi mantenuto all’ordine del giorno nella successiva e nuovamente ripresentato, attraverso la riproduzione in tre diversi disegni di legge, nella attuale XIX legislatura.
È stato poi presentato il Disegno di Legge di iniziativa governativa che, pur con tratti differenti, ha recepito l’impostazione fondamentale da noi elaborata, relativa alla separazione delle organizzazioni della magistratura giudicante e di quella requirente, attraverso due distinti Consigli Superiori della Magistratura, che garantiscano in misura paritetica a Giudici e Pubblici Ministeri l’autonomia e l’indipendenza da ogni altro potere.
Lo scorso anno ci eravamo trovati al Congresso di Reggio Calabria quando da poco, il 12 settembre 2024 l’Unione era stata audita davanti alla Commissione Affari Costituzionali della Camera, che si accingeva all’esame del Disegno di Legge presentato pochi mesi prima, il 13 giugno 2024.
Nel tempo trascorso da allora si sono completati tre dei quattro passaggi parlamentari previsti per la revisione costituzionale, l’ultimo dei quali presso la Camera il 18 di questo mese, ed entro la fine di ottobre dovrebbe giungere la definitiva approvazione da parte del Senato.
Il 5 marzo 2025 l’Unione è stata ricevuta a Palazzo Chigi, dove si è svolto un incontro con il Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni, il vice premier Antonio Tajani, il Ministro della Giustizia Carlo Nordio e il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, nel corso del quale il nostro Presidente ha rappresentato al Governo il pieno sostegno alla riforma costituzionale dell’ordinamento giudiziario ed alla indispensabile separazione delle carriere dei magistrati giudicanti e requirenti, oggetto da sempre dell’impegno e dell’azione dell’Unione delle Camere Penali Italiane.
Nel frattempo l’Unione è stata nuovamente audita davanti alla Commissione Affari Costituzionali del Senato e, come già aveva fatto in occasione della precedente audizione, ha presentato una estesa e puntuale memoria, avvalendosi anche del contributo del nostro Centro Studi giuridici e sociali “Aldo Marongiu”, nella quale sono state formulate varie osservazioni tecniche ed elaborate diverse proposte di emendamento ed al contempo è stata però rappresentata la nostra ragionata e convinta condivisione anche rispetto a quella parte di riforma che non era stata da noi pensata, che riguarda le modalità di formazione del Consiglio Superiore della Magistratura, attraverso il sorteggio dei suoi componenti.
Non è questa la sede per approfondire il tema e Vi rimando, dunque, alla lettura della memoria, limitandomi ora a sottolineare che occorre ricordarsi quali siano le premesse storiche che hanno condotto a tale soluzione, che dalla magistratura associata sembra essere colta fuori dal suo contesto reale, come una umiliazione dell’ordine giudiziario.
La logica delle “responsabilità” personali di pochi, sposata dalla stessa magistratura associata ha consentito, infatti, di evitare qualsiasi seria autoanalisi collettiva ed ogni onesta messa in discussione di ciò che le correnti sono diventate.
Da laboratori culturali ed ideali a cartelli e coalizioni elettorali che restano all’interno del CSM paralizzate dai vincoli spartitori volti al controllo di ogni aspetto della vita del magistrato ed alla gestione di un Consiglio che da Organo di governo autonomo si è trasformato, attraverso un lungo percorso che ha preso avvio all’inizio degli anni ’70, in una sorta di terza Camera in materia di giustizia. Il fenomeno del correntismo certo non è iniziato con Palamara e non vi sono evidenze che sia finito con lui.
L’unica cosa della quale vi è evidenza è che, anche l’ultima riforma del sistema elettorale voluta dall’allora Ministro della Giustizia Cartabia non ha sortito, come peraltro era stato facilmente previsto dall’Unione, alcun effetto, lasciando il pieno controllo del CSM nelle mani del sistema correntizio.
Sappiamo ora ciò che un anno fa potevamo solo sperare e che abbiamo chiesto con forza che accadesse, ovvero che l’iter parlamentare, allora in fase embrionale, fosse condotto a termine in tempi brevi.
Così sarà entro ottobre e si aprono, dunque, nuovi entusiasmanti scenari, nella prospettiva di un referendum confermativo che si dovrebbe tenere nella primavera del prossimo anno.
Una partita nella quale l’Unione, tutte le sue Camere Penali e tutti noi dovremo e sapremo profondere il nostro massimo impegno, sotto la guida e seguendo le linee direttive che il nostro Presidente ci saprà impartire, recuperando quella stessa forza partecipativa e identitaria che si è generata nel 2017 con la raccolta delle firme per promuovere la legge di iniziativa popolare.
Siamo stati in grado allora di scendere in strada e parlare alla gente, spiegando le ragioni profonde di una riforma per la qualità della giustizia, nell’interesse dei cittadini e sapremo farlo di nuovo.
Nella prospettiva referendaria il 16 luglio di quest’anno l’Unione, insieme alla sua Fondazione, ha costituito il Comitato per il sostegno alla riforma costituzionale della separazione delle carriere denominato “Camere Penali per il sì”, che si attiverà nei termini illustrati nel nostro programma per il biennio 2025-2027, che abbiamo presentato all’odierno Congresso e che saranno trattati dal nostro Presidente nella sua relazione programmatica.
- Le riforme del processo penale.
Il rito penale è un “cantiere” permanente di interventi normativi alla ricerca di tormentati equilibri tra le spinte di matrice inquisitoria, sempre fortemente radicate, sia in una parte della cultura politica, che in una parte della Magistratura, e la natura accusatoria e garantista che ha ispirato il codice del 1988.
Com’è a tutti evidente, la riscrittura dell’Ordinamento giurisdizionale della Costituzione ha tra i suoi scopi quello di consentire, appunto, che il codice a tendenza accusatoria, entrato in vigore nel 1989, trovi finalmente la sua piena attuazione.
Tale considerazione, unitamente alla presa d’atto che il codice di rito “è ormai inemendabile”, ha dato luogo all’intuizione del nostro Presidente, annunciata allo scorso Congresso, di realizzarne una completa “rifondazione”.
Con delibera del 7 dicembre del 2024 è stata, quindi, istituita la Commissione di studio per l’elaborazione di una legge delega per un nuovo codice di procedura penale, denominata “Commissione San Giorgio” perché nel 1961 presso la Fondazione Cini, a Venezia sull’isola di San Giorgio, si è tenuto il primo convegno di studiosi del processo penale nel quale vennero gettate le basi del progetto di riforma per un nuovo codice accusatorio.
Il 14 e 15 di marzo di quest’anno, presso la Fondazione Cini abbiamo presentato la prima parte del lavoro della Commissione, in un convegno dal titolo “Tornare a San Giorgio – per un nuovo codice accusatorio”.
Per giungere a tale elaborazione, abbiamo richiesto la collaborazione di tutte le Camere Penali, affinché la rifondazione del codice di rito fosse in primo luogo il prodotto dell’esperienza maturata da tutti noi Avvocati, nella quotidiana frequentazione delle aule di giustizia, ove abbiamo assistito e partecipato per oltre venticinque anni all’applicazione pratica del Codice Vassalli.
Allo stesso modo abbiamo chiamato a dare il loro contributo i nostri Osservatori e Commissioni, ciascuno per i profili di propria competenza.
Queste elaborazioni si sono integrate con il lavoro della Commissione, che ha potuto godere del prezioso apporto dei componenti del Centro Studi giuridici e sociali “Aldo Marongiu” e in quelle due giornate di intenso lavoro è stato presentato un primo nucleo di idee e di principi ai quali dare attuazione, suddiviso in sei temi ritenuti centrali: “Indagini-Azione-Procedibilità; Invalidità; Riti Alternativi; Dibattimento; Prova Scientifica-Prova Atipica e Impugnazioni”.
Gli atti del convegno saranno a breve oggetto di pubblicazione, così come è stata pubblicata la ristampa degli atti del 1961, su richiesta dell’Unione ad opera della tipografia della Casa Circondariale di Sant’Angelo dei Lombardi.
Come indicato nel nostro programma, il lavoro di studio della “Commissione San Giorgio” non si è interrotto, ma prosegue al fine di poter elaborare gli ulteriori principi di delega, fino al completamento dell’intero progetto di riforma che questa Giunta vorrebbe consegnare entro lo scadere del prossimo biennio.
Al contempo, durante quest’anno, è proseguito un intenso lavoro all’interno della “Commissione di studio per la riforma del processo penale”, istituita con D.M. 5 maggio 2023 e presieduta dal Capo dell’Ufficio Legislativo Dott. Antonio Mura, della quale fanno parte, insieme al nostro Presidente e a chi Vi parla, autorevoli Avvocati e Professori dell’Unione: Beniamino Migliucci, Gian Domenico Caiazza, Eriberto Rosso, Paola Rubini, Oliviero Mazza, Luca Marafioti e Daniele Negri.
I lavori, il cui contenuto è ancora riservato, dovrebbero essere conclusi e consegnati al Ministro entro la fine di questo mese e possiamo per ora limitarci ad osservare che la Commissione ha visto un intenso e proficuo confronto di idee e proposte, elaborate dalle varie categorie professionali che la compongono, e che l’Unione ha saputo offrire un suo importante e qualificato contributo.
Quanto alle modifiche di natura processuale effettuate nel corso dell’ultimo anno, appare opportuno ricordare l’approvazione della L. n. 47 del 31 marzo 2025, che intervenendo sull’art. 267 del codice di rito, ha limitato la durata complessiva delle intercettazioni a 45 giorni “salvo che l’assoluta indispensabilità delle operazioni per una durata superiore sia giustificata dall’emergere di elementi specifici e concreti, che devono essere oggetto di espressa motivazione”.
Si tratta di un tema che era stato oggetto, tra l’altro, di trattazione in occasione di un incontro con il Ministro della Giustizia tenutosi lo scorso anno, nell’ambito del quale l’Unione aveva manifestato la necessità di porre un freno alle prassi di proroga dei provvedimenti autorizzativi delle intercettazioni, anche in assenza di concreti elementi che ne giustificassero l’impiego.
Dobbiamo invece purtroppo prendere atto che il DDL Zanettin relativo alle “modifiche al codice di procedura penale in materia di sequestro di dispositivi, sistemi informatici o telematici o memorie digitali”, che prevede l’introduzione, con l’art. 254-ter c.p.p., di un’articolata disciplina che attribuisce al Giudice e non più al P.M. la competenza a disporre il sequestro di dispositivi e sistemi informatici, dopo essere stato approvato al Senato, giace alla Camera dal 9 aprile 2025.
Non vi è traccia poi di una concreta proposta di modifica in senso restrittivo del ricorso alla custodia cautelare in carcere, alla quale il Ministro della Giustizia ha più volte fatto riferimento come in corso di elaborazione da parte dell’Ufficio Legislativo e che dovrebbe rispondere, oltre che al principio di civiltà di ricondurre effettivamente tale misura ai soli casi nei quali ogni altra sia inidonea, anche all’esigenza di ridurre il sovraffollamento carcerario, posto che più di un quarto dei detenuti che si trovano nelle nostre carceri non è ancora stato raggiunto da una sentenza definitiva di condanna.
Anche in riferimento a queste due importanti tematiche l’Unione continuerà a profondere il proprio impegno affinché i propositi del Legislatore si traducano in legge nel più breve tempo possibile.
È stato poi stabilito un tavolo di permanente confronto con la Direzione generale per i servizi telematici, nell’ambito del quale, a partire dal 22 giugno di quest’anno si sono tenuti quattro incontri, caratterizzati da un fattivo e cordiale clima di collaborazione reciproca, che hanno consentito di segnalare e risolvere numerose criticità evidenziate dall’attuazione del processo penale telematico.
Il prossimo incontro è già fissato poco dopo la chiusura del nostro Congresso, per il 1° di ottobre e la previsione è quella di mantenere questo costante rapporto per tutto il tempo che sarà necessario a dare concreta attuazione al processo penale telematico, nel rispetto dei principi del codice accusatorio e attraverso la piena e concreta attuazione del diritto di difesa.
- Gli osservatori, le Commissioni e il Centro Studi giuridici e sociali “Aldo Marongiu”
L’Unione ha assunto da tempo la struttura di un’organizzazione articolata e complessa ed è questa una grande fonte di ricchezza creativa, di idee, di capacità di approfondimento che l’ha resa sempre di più un interlocutore attrezzato e apprezzato nell’ambito della politica giudiziaria.
Ai ventiquattro tra Osservatori e Commissioni che compongono e animano questa vivace struttura, mossa dall’impegno e dalla passione di ciascuno di Voi, se ne sono aggiunti, nel corso dell’ultimo anno, altri due: l’Osservatorio per la Giustizia riparativa e la Commissione per la linguistica giudiziaria.
Il primo è stato istituito dalla Giunta anche a seguito delle sollecitazioni pervenute dall’avvocatura penalista, concretizzatesi nella mozione approvata nel precedente Congresso proposta dalla Camera Penale della Lombardia Orientale “Giuseppe Frigo”, e gli stato affidato il compito di studiare ed analizzare la disciplina organica della giustizia riparativa ed in particolare rilevare ed occuparsi delle criticità che emergono dall’innesto della medesima nel processo penale, nonché di contribuire, anche attraverso l’attività formativa, a migliorare le conoscenze e le competenze in una materia così particolare e – per taluni – nuova, che risponde a modelli di valutazione ed approccio diversi da quelli ai quali siamo abituati nell’esercizio della difesa penale.
La seconda era stata in realtà istituita già con decisione della precedente Giunta, del 24 novembre 2022, ma poi mai concretamente costituita, con lo scopo di occuparsi “del linguaggio giudiziario e di quanto, nelle diverse prassi, anche della difesa, esso corrisponda, nelle locuzioni e negli stilemi, ai principi del diritto penale liberale e del giusto processo”.
Con delibera del 28 marzo 2025 è stata sostituita poi la denominazione dell’“Osservatorio progetto scuola”, con “Progetto scuola” e licenziato il regolamento che ne disciplina l’attività e l’organizzazione, attraverso la previsione di un Direttore, un Comitato di Gestione, Responsabili Regionali, Referenti delle Camere Penali e Relatori.
Si tratta di un progetto che, con orgoglio, possiamo definire un fiore all’occhiello dell’Unione, perché rappresenta un investimento sulle generazioni future che mira a diffondere tra i più giovani una cultura della giustizia penale in senso liberale, nell’ambito di una visione non autoritaria, ma democratica e moderna del processo penale e soprattutto del rapporto tra autorità e libertà.
Non posso qui tentare di descrivere neppure in parte la mole di attività che è stata sviluppata nell’ultimo anno dai nostri Osservatori e dunque, mi vedo costretto a rimandarvi alla lettura delle relazioni che tutti hanno elaborato in vista del Congresso e che saranno pubblicate in un’apposita sezione del nostro sito a ciò dedicata.
Quanto al nostro Centro Marongiu, ho già ricordato il prezioso contributo offerto nell’ambito della Commissione San Giorgio per la rifondazione del codice di procedura penale e ricordo l’importante convegno nazionale organizzato a Bologna, presso la facoltà di Giurisprudenza dal titolo “la minorata difesa ai tempi della Cartabia”, nel corso del quale è stata sottolineata la progressiva emarginazione della difesa dal processo e con essa delle garanzie che il processo dovrebbe offrire, e la inesorabile deriva verso la burocratizzazione del giudizio di legittimità.
- La Scuola Nazionale di Formazione Specialistica
La Scuola Nazionale di formazione specialistica ha concluso a dicembre 2024 il VII Corso di Alta formazione dell’Avvocato penalista, l’ultimo svolto prima dell’approvazione delle linee guida ministeriali che hanno dato definitiva attuazione ai percorsi di specializzazione dell’avvocatura e ha dato avvio, nel maggio di quest’anno, al I Corso di specializzazione dell’Avvocato penalista, individuando quale di indirizzo di settore per la seconda annualità il “Diritto dell’informazione, di internet e delle nuove tecnologie”.
A tal fine sono state concluse apposite convenzioni con il CNF e con i Dipartimenti delle Università di Milano Bicocca, Bologna Alma Mater, Benevento, Palermo, Roma Tre e Unitelma.
Dal 28 al 30 ottobre del 2024 si è inoltre svolto a Napoli presso la sede della Scuola Superiore della Magistratura un prestigioso ed interessante corso, frutto della collaborazione tra la nostra Scuola Nazionale, l’Osservatorio Corte di Cassazione e la Scuola Superiore della Magistratura, dal titolo: “Massimario e giustizia penale ai tempi della trasparenza digitale”.
- La rivista “Diritto di Difesa”
La nostra rivista ha assunto e sempre più consolidato, nel corso di questo biennio, il proprio ruolo scientifico e culturale nel panorama della dottrina e nel dibattito pubblico, grazie ad un autorevole gruppo di studiosi ed avvocati che animano le sue attività e che continuerà ad arricchirsi di nuovi e preziosi innesti, offrendo il punto di vista dell’avvocatura sulle principali problematiche che attraversano, e spesso affliggono, la “questione criminale”.
Il primo fascicolo della nuova direzione ha ospitato un ampio focus sulla “questione carcere”, istituzione sempre più totale e marginalizzante.
Il secondo ha rivolto la propria attenzione ad un tema che, con sempre più insistenza, aleggia nel dibattito pubblico sulla giustizia penale: il “nuovo” e crescente spazio da riservare alla vittima.
Il terzo si è soffermato sulle prospettive – ormai non più soltanto futuribili – che vedono nei nuovi agenti dell’intelligenza artificiale una fonte oracolare e quasi una “soluzione finale” della mappatura del rischio criminale.
Il quarto si è concentrato sul decreto-sicurezza, segnalando criticamente l’ennesima overdose punitiva e l’ossessione securitaria che ne ha ispirato le scelte incriminatrici e sanzionatorie.
Il quinto ha sviluppato una riflessione sulla “resistibile ascesa” della prevenzione “mite” o “terapeutica”, mettendone in evidenza le tante zone d’ombra, spesso segnate da ambizioni di dirigismo economico e di moralizzazione del costume societario.
Il fascicolo attualmente in chiusura sarà invece incentrato sul tema de “la verità nel processo penale”: dall’analisi delle sue diverse declinazioni concettuali, al rapporto con la verità storica, passando per l’irrinunciabile “verità della difesa”, fino al controverso e tribolato rapporto con la “verità mediatica”.
Nella prospettiva dell’importanza che la Rivista ambisce ad assumere nella comunità accademica, nel mondo forense e nel dibattito pubblico e forti del lavoro di alto valore scientifico prodotto nel biennio, sarà presentata all’Anvur istanza di classificazione, volta ad ottenere il riconoscimento come “rivista scientifica”.
Nel concludere la mia relazione voglio ancora una volta richiamare la Vostra attenzione sul lavoro che ci attende nei prossimi mesi e sul grande impegno che ciascuno di noi sarà chiamato a profondere nel confronto referendario per l’approvazione della riforma costituzionale della magistratura.
Noi siamo le nostre idee, i nostri valori e la nostra passione e sono certo che, sotto la guida del nostro Presidente, saremo ancora una volta in grado di rendere l’Unione protagonista di questa battaglia di civiltà.