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NOTERELLE IN TEMA DI ATTIVITÀ E FUNZIONAMENTO DEL CSM – DI ALESSIO LANZI

NOTERELLE IN TEMA DI ATTIVITÀ E FUNZIONAMENTO DEL CSM – DI ALESSIO LANZI

LANZI – NOTERELLE IN TEMA DI ATTIVITÀ E FUNZIONAMENTO DEL CSM.PDF

NOTERELLE IN TEMA DI ATTIVITÀ E FUNZIONAMENTO DEL CSM

di Alessio Lanzi*

Il testo (rivisto dall’autore) dell’intervento svolto dal Prof. Alessio Lanzi, componente laico del CSM, presso la Corte d’Appello di Brescia in data 22 gennaio 2022, in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario.

1. Giunto al quarto (e ultimo) anno della mia presenza al Consiglio Superiore della Magistratura, quale componente eletto dal Parlamento, penso di poter iniziare a fornire un qualche bilancio consuntivo di tale esperienza e a rappresentarne i dati.

Certo, in questo periodo, a far tempo dalla primavera del 2019, il Consiglio si è trovato al centro di forti tensioni, a causa della terribile deflagrazione del “caso Palamara”.

Un caso che ha indubbiamente colpito l’intera Magistratura, e che, come nefasto risultato, le ha fatto perdere cospicua parte della sua credibilità.

2. Ma pur con tutte le critiche che si possono muovere alla Istituzione consiliare, non posso far a meno di sottolineare il gran lavoro e le molteplici attività che in questi anni, e anche in tempi recenti, hanno svolto le strutture del Consiglio, chiamate spesso ad un superlavoro derivante proprio da taluni effetti collaterali del caso Palamara.

Infatti, a parte la gestione di numerosi e gravosi procedimenti disciplinari (sui quali non posso dir nulla, anche perché non ho mai fatto parte della Sezione disciplinare), le numerose intercettazioni telefoniche e della messaggistica hanno determinato un gran numero di procedimenti per incompatibilità ambientale, ex articolo 2 Legge sulle guarentigie (Regio Decreto 511/1946), presso la Prima Commissione; e hanno altresì coinvolto i lavori di altre Commissioni, specie la Quarta, sulle valutazioni di professionalità, e la Quinta, sui conferimenti degli incarichi direttivi e semidirettivi, e sulle conferme.

A tal proposito, soprattutto per quanto riguarda i procedimenti di trasferimento per incompatibilità ambientale, si sono formulate, in seno al Consiglio (particolarmente durante le sedute dell’Assemblea Plenaria), diversi orientamenti interpretativi e applicativi.

Per quanto mi riguarda ho sempre sostenuto, e continuo a sostenere, la tesi che l’articolo 2 non configuri una sorta di fattispecie residuale applicabile qualora quanto emerso nei confronti di un magistrato non configuri un illecito tipico o una ipotesi disciplinare; quindi, che l’articolo 2 non individui una sorta di fattispecie di “pericolo astratto” rispetto alla perdita di indipendenza e imparzialità di quel magistrato; ma che si debba realizzare effettivamente un simile risultato di immagine.

Ciò, a mio parere, deve limitare grandemente l’impiego dell’articolo 2 (che del resto rappresenta l’eccezione alla previsione costituzionale – art. 107 – dell’inamovibilità del magistrato) che non può utilizzarsi per punire ogni forma di “correntismo”, specie laddove si è detto e stabilito che l’autopromozione non costituisca ipotesi disciplinare.

3. Di grande difficoltà è anche il lavoro della Quinta commissione (di cui faccio parte) in quanto troppo spesso ci si trova a dover decidere su profili professionali similari, con la regola che la scelta sulla base della anzianità deve costituire – secondo la circolare cosiddetta (con qualche megalomania) “Testo Unico sulla dirigenza giudiziaria” – solo criterio del tutto residuale.

In un tale quadro si realizzano spesso competizioni fra candidati di difficile soluzione, risolte con motivazioni non sempre lineari ed esaustive; il che determina la possibilità di frequenti annullamenti da parte della Giustizia amministrativa.

A mio parere il problema troppo spesso si pone perché la valutazione comparativa fra candidati si svolge quasi unicamente sulla base dei curricula e dei profili professionali; considerati in relazione a “indicatori” generali e specifici che in realtà prescindono dal vero e proprio “merito”, basandosi solo sugli incarichi e i ruoli ricoperti.

Nulla è dato sapere, né quindi viene considerato, con riferimento al “come” e “con quali risultati e conseguenze” quel dato ufficio è stato ricoperto.

Né a ciò può supplire la valutazione di professionalità svolta dalla Quarta commissione o il parere dei Consigli giudiziari territoriali.

Questi ultimi infatti forniscono al CSM pareri pressoché sempre elogiativi; mentre le valutazioni di professionalità – che si fondano non sul “merito” ma sulla “assenza di demerito” – per oltre il 90% dei casi sono sempre favorevoli.

4. Grande lavoro è stato poi anche svolto dalla Sesta Commissione, specie con riferimento ai Pareri sulle riforme richiesti al CSM dal Ministero della Giustizia.

Ci siamo così dovuti impegnare praticamente su tutte le recenti riforme processuali e sui progetti ancora in cantiere; fra questi, di particolare rilievo, quello sulla riforma dell’ordinamento e del CSM.

Ne è scaturito un gran lavoro svolto dall’Ufficio Studi, che in sede di approvazione ha spesso visto lo scontro fra diverse tesi; per lo più si è trattato di confronti fra atteggiamenti culturali di fondo divergenti; improntati, ritengo di poter dire, sulla concezione che ognuno ha del primato della legge e della soggezione del giudice a quest’ultima (così come del resto previsto dalla Costituzione); così come del rapporto fra Legislatore e Procure territoriali nel contesto dell’obbligatorietà dell’azione penale, a proposito dei criteri di priorità (è singolare che la maggioranza del Consiglio fosse contraria alla previsione che sia il Legislatore a fissare i criteri generali per l’individuazione, poi da parte delle Procure, della priorità dei procedimenti per taluni reati).

5. Da ultimo, con riferimento alle prospettive di riforma per uscire dal fenomeno del “correntismo”, segnalo l’iniziativa intrapresa dal sottoscritto e da qualche altro collega laico, di modifica del Regolamento interno, nel senso di prevedere, nel corso dell’Assemblea Plenaria, il ricorso al voto segreto per l’attribuzione degli incarichi direttivi e semidirettivi; ritenendosi che solo in tal modo si possa superare quella sorta di “obbligo di mandato” che di fatto-salvo rare e lodevoli eccezioni- lega i consiglieri togati ai loro elettori specie con riferimento alle scelte e alle designazioni da operare.

Tale iniziativa non ha sortito effetti, ma ritengo che potrebbe costituire – almeno temporaneamente – una qualche soluzione per superare, o quanto meno temperare, quella ingerenza delle correnti che da tanti viene auspicata senza però formulare decisive e drastiche soluzioni.

*Componente del Consiglio Superiore della Magistratura eletto dal Parlamento