UN CONTRASTO GIURISPRUDENZIALE NON ANCORA SOPITO: L’ESCLUSIONE DELLA PUNIBILITÀ PER PARTICOLARE TENUITÀ DEL FATTO NELLA GIURISDIZIONE ONORARIA – DI SARA ANGIOINI
ANGIOINI – UN CONTRASTO GIURISPRUDENZIALE NON ANCORA SOPITO L’ESCLUSIONE DELLA PUNIBILITÀ PER PARTICOLARE TENUITÀ DEL FATTO NELLA GIURISDIZIONE ONORARIA.PDF
UN CONTRASTO GIURISPRUDENZIALE NON ANCORA SOPITO: L’ESCLUSIONE DELLA PUNIBILITÀ PER PARTICOLARE TENUITÀ DEL FATTO NELLA GIURISDIZIONE ONORARIA
A NOT YET SOLVED JURISPRUDENTIAL CONTRAST: THE EXCLUSION OF PUNISHABILITY FOR PARTICULAR TENUITY OF THE FACT IN THE HONORARY JURISDICTION
di Sara Angioni*
_______
Ufficio del Giudice di Pace di Lecce, Dott. Cosimo Rochira, Ordinanza del 25 ottobre 2024 pubblicata nella GU n. 49 del 4 dicembre 2024
Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto – Esclusione della procedibilità per particolare tenuità del fatto – Competenza del Giudice di Pace– Proporzionalità della pena – Questione di legittimità costituzionale
(Art. 131-bis c.p. – Art. 34, d.lgs. n. 274/2000 – Artt. 2, 3, 24, 25, 27, 102, 111 Cost.)
È rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 131-bis c.p., in relazione agli artt. 2, 3, 24, 25, 27, 102, 111 della Costituzione, così come interpretato dal diritto vivente nella misura in cui esso non è applicabile nei processi dinnanzi al Giudice di Pace.
_______
Nonostante la prevalente e ferma posizione di segno negativo della giurisprudenza di legittimità e costituzionale, il Giudice di Pace di Lecce ripropone la questione relativa alla possibilità di applicare l’art. 131-bis del Codice penale anche ai procedimenti di competenza del giudice onorario, specialmente qualora non sia possibile ricorrere al meccanismo di cui all’art. 34 del d.lgs. n. 274 del 2000.
Although the prevailing and firm negative stance of the legitimacy and constitutional jurisprudence, the Judge of Peace of Lecce re-proposes the question regarding the possibility of applying Article 131-bis of the Italian Criminal Code also to proceedings within the jurisdiction of the honorary judge, especially if it is not feasible to use the mechanism referred to in Article 34 of legislative decree 274 of 2000.
Sommario: 1. Brevi cenni introduttivi. – 2. Un contrasto giurisprudenziale non ancora sopito. – 3. L’indirizzo prevalente nella giurisprudenza di legittimità… – 3.1. … e nella giurisprudenza costituzionale. – 4. La corrente minoritaria. – 4.1. L’ordinanza di rimessione: un déjà vu. – 4.2. Profili di illegittimità costituzionale. – 5. Un piccolo passo verso un significativo overruling?
1. Brevi cenni introduttivi. – Con l’ordinanza n. 221 del 25 ottobre 2024, ancora una volta[1], il Giudice di Pace del Tribunale di Lecce solleva una questione di legittimità costituzionale con riferimento all’art. 131-bis del Codice penale. Quest’ultimo, a suo avviso, risulterebbe in contrasto con gli artt. 2, 3, 24, 25, 27, 102, 111 Cost., limitatamente alla parte in cui, secondo l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità[2], non risulti applicabile nei procedimenti che si svolgono dinanzi alla magistratura onoraria.
Nel caso di specie, essendosi la parte civile opposta ad una eventuale assoluzione dell’imputato, in base a quanto previsto al comma terzo dell’art. 34 del d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, “se la norma non fosse sospetta di incostituzionalità, [essendone stata astrattamente provata la responsabilità, l’imputato C. R.] dovrebbe essere dichiarato responsabile dei capi di imputazione e punito ai sensi degli articoli 81, 582 e 612 del codice penale”[3]. In altri termini, se è vero che l’impossibilità di applicare l’art. 34 d.lgs. n. 274/2000 comporterebbe una sicura condanna del soggetto, è altrettanto vero che la mancata attuabilità del meccanismo di cui all’art. 131-bis c.p. precluderebbe la via dell’assoluzione[4].
2. Un contrasto giurisprudenziale non ancora sopito. – L’oggetto dell’ordinanza di rimessione in commento si iscrive nella ormai decennale quaestio iuris relativa all’ambito di applicazione dell’art. 131-bis c.p. e, nello specifico, se questo operi nei procedimenti di competenza del Giudice di Pace[5], nel caso in cui, come quello sottoposto, non possa operare la causa di improcedibilità. In questo modo, continua ad alimentarsi il contrasto giurisprudenziale in materia, che vede contrapporsi due correnti, le quali, pur partendo dagli stessi presupposti, giungono a conclusioni diametralmente opposte. Nei paragrafi che seguono si darà spazio a un’analisi di entrambe le prospettive ermeneutiche.
3. L’indirizzo prevalente della giurisprudenza di legittimità… – L’interpretazione maggioritaria è quella fornita dalla Corte di Cassazione nel 2017[6]. Chiamate dalla Terza Sezione penale a risolvere il vivo conflitto giurisprudenziale[7], le Sezioni Unite, prendendo in esame la questione di diritto loro sottoposta[8], hanno cristallizzato il principio di diritto che segue: “La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis cod. pen, non è applicabile nei procedimenti relativi a reati di competenza del giudice di pace”[9].
La Corte perviene a questa lettura, condividendo l’orientamento di quella parte della giurisprudenza che, nel delineare le oggettive e imprescindibili diversità sussistenti tra le due disposizioni, mette in particolare evidenza il diverso ruolo riservato alla persona offesa nei due giudizi, “uno [degli elementi] di differenziazione [più rilevanti] fra le discipline contenute negli artt. 131-bis cod. pen. e 34 d.lgs. n. 274 del 2000”[10]. In effetti, “soltanto la disciplina dell’art. 34 [d.lgs. n. 274 del 2000] attribuisce a[lla parte lesa] una facoltà inibitoria”[11], elemento perfettamente in sintonia con la direttrice cd. conciliativa della giurisdizione del magistrato onorario[12]. Questo “potere di veto” non è, invece, attribuito all’offeso dalla norma sostanziale. E, nell’identificare i caratteri essenziali della nuova disposizione del Codice[13], la Corte ricorda la “vocazione deflattiva dell’istituto, nato per operare “nella giustizia ordinaria” e senza che potessero prevedersi confronti e/o conflitti con istituti di mediazione e con la loro funzione conciliativa, essendo la nuova causa di non punibilità dichiaratamente estranea rispetto a tale ambito”[14]. Principi ispiratori dell’istituto di carattere deflattivo sono quello di extrema ratio, quello di proporzione e di meritevolezza della pena[15].
Per quanto attiene alla relazione che intercorre tra le due norme, le stesse Sezioni Unite affermano che “[sia] da escludere che tra l’art. 34 d.lgs. n. 274/2000 e l’art. 131-bis c.p. possa configurarsi un rapporto di genere a specie per la sostanziale diversità dei presupposti e degli effetti riconducibili ai due istituti”[16]. Tra le due, invece, sussisterebbe un rapporto di “interferenza” e, ex art. 16 c.p. (seconda parte), “si [deve] applicare il principio generale di espansività delle disposizioni codicistiche alle materie regolate da altre leggi penali (…) con l’espresso limite derivante dal fatto che queste ultime, sulle stesse materie, abbiano già stabilito altrimenti”[17].
Detto ciò, “le sentenze in questione escludono che tra le due discipline vi sia incompatibilità tale da giustificare la tesi di un’abrogazione tacita per opera del sopravvenuto art. 131-bis cod. pen.”[18], ex art. 15 Prel. Conseguentemente, “gli argomenti (…) correlati alla natura sostanziale del nuovo istituto e ai suoi peculiari connotati di “legge sostanziale sopravvenuta più favorevole”, non [possono] dispiegare effetti nello specifico ambito che qui interessa”[19], e dunque la novella del 2015 non può intendersi come “lex mitior soggetta alla disciplina intertemporale di cui all’art. 2 cod. pen”[20].
La pronuncia esaminata ha suscitato non poche perplessità da parte della dottrina, poiché, chiaramente, gli effetti pratici derivanti da questa sono fortemente opinabili in una prospettiva di sistema[21]. Gli epiloghi prospettati non appaiono in linea con la logica della disciplina di non punibilità, votata al principio di ultima ratio, e risultano essere per molti versi incoerenti[22].
Nondimeno, è pur vero che le Sezioni Unite hanno rispettato il principio di legalità e proposto una soluzione inattaccabile da un punto di vista strettamente giuridico[23]. Così, il principio di diritto enunciato è stato più di una volta confermato dai Giudici di legittimità, come dimostrato dalle due sentenze di cui si dà conto di seguito.
Tre anni dopo, infatti, la Sezione Sesta penale della Corte ha seguito lo stesso ragionamento giuridico, dichiarando l’impossibilità di applicare la norma sostanziale[24]. La vicenda riguardava un procedimento a carico di minori di anni diciotto[25], la cui normativa – l’art. 27 d. P. R. 22 settembre 1988, n. 448 – insieme al decreto sulla competenza penale del GOP, rappresenta uno degli antecedenti storici del più recente art. 131-bis c.p.[26].
A conferma di questa posizione ormai granitica della giurisprudenza di legittimità, non si può non citare una recentissima pronuncia[27], che espressamente richiama il suddetto dictum delle Sezioni Unite del 2017[28]. In questo caso, la Cassazione, accogliendo il ricorso del Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Milano, mette in luce che “con l’atto di impugnazione si è evidenziata non solo l’erronea applicazione dell’istituto previsto dall’art. 131-bis cod. pen. per i reati di competenza del giudice di pace per cui si procede, ma si è anche rimarcato il difetto dei presupposti per provvedere a mente dell’art. 34 d.lgs. n. 274 del 2000, in particolare ragione dell’opposizione della persona offesa”[29].
3.1. …e nella giurisprudenza costituzionale. – Come evidenziato supra, la dottrina, viste le criticità della soluzione adottata, confidava in una presa di posizione in senso contrario da parte della Corte costituzionale, di modo che il giudice onorario evadesse dallo “splendido isolamento” cui era stato confinato[30]. Tuttavia, le aspettative sono state profondamente infrante. Infatti, l’elaborazione presentata dalle Sezioni Unite è stata ulteriormente confermata e del tutto avvalorata dalla recente giurisprudenza costituzionale[31].
Tale pronuncia si esprime in relazione ad un caso del tutto assimilabile a quello prospettato nell’ordinanza in commento. Questa sentenza, riprendendo il principio di diritto elaborato due anni prima dalla Corte di legittimità, stabilisce che l’eccezione di legittimità costituzionale proposta dal Tribunale ordinario di Catania sia infondata, proprio perché in antitesi con quello che la Corte considera come “diritto vivente” consolidato[32]. Il giudice rimettente rilevava un contrasto tra l’art. 131-bis c.p. e il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost., in quanto “[s]arebbe, infatti, del tutto irrazionale che una norma di diritto sostanziale, quale è l’art. 131-bis cod. pen. – introdotta per evitare all’imputato le possibili ricadute negative scaturenti dalla condanna per fatti di minima offensività, i quali, per il comune sentire sociale, sono connotati da minimo disvalore – sia inapplicabile proprio ai reati che, per essere di competenza del giudice di pace, sono per definizione di minore gravità”[33]. Nel dare risposta negativa al quesito postole, e ripercorrendo pedissequamente il percorso argomentativo già evidenziato nel paragrafo che precede, la Corte afferma che non vi sia alcuna violazione dell’articolo citato, essendo i due regimi alternativi in virtù dell’eterogeneità delle fattispecie di reato di competenza del GOP e di competenza del giudice ordinario[34]. Tale alternatività si rileva nel fatto che l’art. 34 d.lgs. n. 274 del 2000 ha “uno spettro più ampio dell’offesa di particolare tenuità ex art. 131-bis cod. pen.”[35]. Inoltre, questa emerge anche, come già statuito dalle SU, poiché “quando all’imputazione di un reato di competenza del giudice di pace si aggiunge, a carico dello stesso indagato o imputato, un reato di competenza del tribunale legato da nesso di connessione (…) si radica la competenza nel tribunale per entrambi i reati, ma (…) vengono meno le ragioni del maggior favore per l’imputato della regola processuale della improcedibilità dell’azione penale per la particolare tenuità del fatto e si riespande la regola comune codicistica della non punibilità per la particolare tenuità dell’offesa, estesa anche al reato che, in mancanza della connessione, sarebbe stato di competenza del giudice di pace”[36]. Infine, si presta nuovamente attenzione al “potere di veto” attribuito dal solo art. 34 d.lgs. n. 274 del 2000 alla persona offesa[37].
La soluzione adottata dalla Corte non è stata esente da critiche da parte della dottrina, che ha comunque mosso considerazioni simili a quelle già esternate verso la decisione del 2017.
Si è osservato, infatti, che il riferimento agli artt. 2 e 60 del d.lgs. n. 274/2000 – le cui relative questioni di legittimità sollevate erano state dichiarate infondate – mal si presta come metro di paragone al caso di specie, in quanto né l’art. 34 d.lgs. n. 274/2000 né l’art. 131-bis c.p. – quest’ultimo neppure dopo il correttivo Cartabia – presentano una deroga all’estensione dell’applicabilità della disciplina codicistica[38]. Ancora e soprattutto, l’“eterogeneità delle fattispecie di reato” di competenza dei due giudizi – assurto dalla Corte come ragione prima, capace di escludere l’operatività dell’art. 131-bis c.p. nel procedimento davanti al GOP – non è facilmente riscontrabile nella realtà dei fatti. In verità, i reati in questione ledono lo stesso bene giuridico, spesse volte nella stessa misura: il che, conseguentemente, comporta un’irragionevole disparità di trattamento degli imputati a seconda della sede che li giudica[39].
In conclusione, ma solo per motivi cronologici, è indispensabile segnalare che, come accennato in apertura, la Corte costituzionale, con ordinanza ancora più recente[40], ha nuovamente ribadito l’orientamento appena illustrato, in una questione del tutto analoga, se non quasi perfettamente sovrapponibile – all’imputato erano anche qui contestati i reati ex artt. 81, 612 e 582 del Codice penale –, proposta proprio dallo stesso Giudice di Pace di Lecce. In questo caso, il GOP identificava gli stessi profili di illegittimità costituzionale che vengono presentati a supporto dell’ordinanza in commento e riceveva una ferma risposta negativa da parte della Corte.
4. La corrente minoritaria. – Dunque, nonostante l’autorevolezza degli organi giudiziari che si sono pronunciati sul punto in senso negativo, dando vita all’orientamento prevalente, la questione continua ad essere riproposta dalla giurisprudenza e dottrina minoritarie. E in questo modo procede il Giudice di Pace di Lecce. Di fatto, non essendoci stato un effettivo coordinamento legislativo tra le due norme in esame[41], un interprete sensibile ai principi costituzionali si sente, quasi, in dovere di chiedere un ampliamento dell’ambito di applicazione del sistema sostanziale. Come detto in precedenza, anche questo approccio estensivo prende le mosse dallo studio dei due articoli, addivenendo, però, ad un risultato speculare rispetto a quello pocanzi descritto. Di tale impostazione interpretativa si dirà nel prosieguo attraverso l’analisi della presente questione pendente e, nello specifico, dei profili di illegittimità rilevati dal giudice a quo.
4.1. L’ordinanza di rimessione: un déjà vu. – Nell’elaborare la questione di costituzionalità, il giudice onorario, come già fatto parimenti nel 2021, conduce diverse considerazioni tecniche e valoriali sull’argomento.
In diversi passaggi, delinea i tratti distintivi delle due norme oggetto di analisi, mettendo in evidenza i punti di contatto e di distacco che intercorrono tra queste[42]. Per completezza, si ricorda qui che, anche per questo orientamento, le due disposizioni non siano sovrapponibili, essendo l’art. 131-bis c.p. causa di esclusione della punibilità di natura sostanziale e l’art. 34 d.lgs. n. 274 del 2000 causa di esclusione della procedibilità di matrice procedurale. Proprio in ragione di questa diversa qualificazione, diversi sono gli effetti giuridici derivanti dalla loro applicazione[43].
Venendo agli aspetti più tecnici, anche il Giudice di Lecce sottolinea che tra le due norme esaminate intercorre non una relazione di specialità, bensì una “relazione di interferenza”, in quanto presentano un nucleo comune – la particolare tenuità del fatto – e degli “elementi reciprocamente eterogenei”[44]. Però, a differenza di quanto sostenuto da Cassazione e Consulta, ciò comporterebbe l’operatività della sola prima parte dell’art. 16 del Codice penale, il cosiddetto “principio di generale estendibilità”[45] della disciplina del Codice alle materie regolate dalle leggi speciali. Da cui, “non vi sono barriere normative che possono impedire alla causa di non punibilità codicistica di straripare gli argini del rito ordinario e raggiungere il microsistema del giudice di pace, ovviamente quando manchino le condizioni per applicare l’art. 34 decreto legislativo n. 274/2000, per legittimare il giudice di pace a dichiarare la tenuità per fatto ai sensi dell’art. 131-bis del codice penale, naturalmente in presenza dei presupposti e nel rispetto dei limiti fissati dalla norma”[46]. Difatti, perché possa operare l’art. 34 d.lgs. n. 274 del 2000, il legislatore richiede che sussistano dei requisiti più stringenti: mentre la norma sostanziale è essenzialmente applicabile a patto che l’offesa sia tenue ed essendo sufficiente che la persona offesa sia “sentita”, invece, l’operatività dell’art. 34 d.lgs. n. 274/2000 è possibile solamente qualora il “fatto” sia tenue e risulta subordinata al mancato “interesse della persona offesa” – in fase di indagini preliminari – o alla mancata opposizione delle parti – in sede di giudizio. Ancora, se il fatto appare “occasionale”, l’art. 34 d.lgs. n. 274 del 2000 può operare, mentre nell’art. 131-bis c.p. il riferimento è alla non abitualità del comportamento. A differenza dell’orientamento dominante, poi, il ragionamento giuridico proposto dal rimettente prevede che, in applicazione dell’art. 2, quarto comma, c.p., vi sarebbe stata un’abrogazione tacita dell’art. 34 d.lgs. n. 274 del 2000 ad opera dell’art. 131-bis c.p., il quale è norma di favore per il soggetto[47].
Da un punto di vista meramente valoriale, secondo l’orientamento minoritario, l’impossibilità di applicare l’art. 131-bis c.p. anche ai reati di competenza del Giudice di Pace pare in contrasto con la logica sottesa a tale particolare procedimento. Infatti, la ratio alla base dell’art. 34 d.lgs. n. 274/2000 così come il procedimento penale condotto dal GOP sono improntati al principio di “proporzione o di meritevolezza della pena” (di cui agli artt. 27, terzo comma, e 3 della Costituzione), per cui la pena è legittima solo qualora vi sia stata un’offesa sufficientemente grave ad un bene giuridico. Allo stesso modo, questi si ispirano al principio di sussidiarietà o necessità della pena, che è da intendersi come extrema ratio, ancor di più se pena detentiva – ex art. 13, comma primo, Cost[48]. A maggior ragione, l’esclusione dell’operatività dell’art. 131-bis c.p. per i reati più bagatellari – quali quelli di competenza del Giudice di Pace – risulta palesemente irragionevole e foriera di trattamenti di disparità.
Il giudice onorario percepisce l’interpretazione fornita dalle Sezioni Unite del 2017 come “ostacolo insormontabile ad un’interpretazione costituzionalmente orientata”[49] dell’art. 131-bis c.p. e si domanda “se la tutela di un obiettivo privo di carattere costituzionale, perseguito dal legislatore del 2000 che sarebbe affievolita dalla convivenza operativa della causa di non punibilità codicistica e della condizione di improcedibilità speciale, possa giustificare nella prospettiva dell’art. 3 della Costituzione, l’emarginazione dal procedimento dinanzi al giudice di pace del congegno previsto dall’art. 131-bis del codice penale, la cui ratio, ha invece un solido fondamento costituzionale”[50].
Per questi motivi, il giudice rimettente ritiene che vi debba essere – e sia possibile che vi sia – una “pacifica convivenza” tra i due istituti[51].
4.2. Profili di illegittimità costituzionale. – Come segnalato nel paragrafo introduttivo, il Giudice di Pace di Lecce rileva l’incompatibilità dell’art. 131-bis c.p. con una serie di disposizioni costituzionali.
In questo contributo si vuole prestare particolare attenzione al supposto contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost., in quanto si sostiene che almeno tale profilo potrebbe essere interessante ai fini di un possibile accoglimento parziale della questione da parte della Consulta, sulla base delle osservazioni esposte nel paragrafo successivo. Il rimettente ritiene, infatti, che sussista una violazione dei principi di ragionevolezza, proporzionalità e sussidiarietà, dal momento che l’impossibilità di applicare la norma introdotta dal legislatore nel 2015 comporterebbe un inevitabile “trattamento sanzionatorio irragionevole tenuto conto che, nonostante la linea di demarcazione «naturalistica» fra la fattispecie «ordinaria», di cui alla disposizione denunciata, e quella di «lieve entità», di cui all’art. 131-bis del codice penale, non sia sempre netta, il «confine sanzionatorio» dell’una e dell’altra incriminazione è invece eccessivamente e, quindi, irragionevolmente, distante”[52]. Da cui, la compromissione del comma terzo dell’art. 27 Cost. e del principio di colpevolezza risulta essere naturale conseguenza: nelle parole dell’ordinanza, “la previsione di una pena ingiustificatamente aspra e sproporzionata rispetto alla gravità del fatto ne pregiudicherebbe la funzione rieducativa”[53].
Sempre sulla stessa linea, si nota il conflitto con l’art. 111 Cost., visto “il difetto di ragionevolezza della dosimetria della pena prevista dal vigente art. 131-bis del codice penale, e l’art. 34 decreto legislativo n. 274/2000 (…), che emergerebbe nel raffronto con il trattamento sanzionatorio previsto per il fatto di lieve entità l’assoluzione il primo, e con la condanna il secondo”[54].
Si registra, inoltre, un connesso contrasto con l’art. 25 Cost.: nel ricordare il passaggio dalla tecnica decisoria c.d. a rime obbligate a quella a c.d. a rime adeguate[55], si sottolinea come il principio di riserva di legge rimette al legislatore le scelte di politica criminale in ambito sanzionatorio, ma al tempo stesso i giudici delle leggi abbiano il compito di rimuovere “disposizioni costituzionalmente illegittime”[56].
Ancora, si indica la contrapposizione con l’art. 102 Cost., poiché, non essendo il giudice onorario giudice speciale, a maggior ragione i due regimi potrebbero coesistere nel particolare procedimento.
Infine, il rimettente considera compromesso anche l’art. 2 Cost., dal momento che “riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo”.
Del presunto contrasto con l’art. 24 Cost., invece, non si dà spiegazione alcuna.
5. Un piccolo passo verso un significativo overruling? – In considerazione dell’esito di cui alla sentenza del 2019 e, ancor di più, di quello dell’ordinanza – per così dire “gemella” di quella in esame – del 2021, è facilmente intuibile quale sarà l’argomentazione che seguirà la Consulta nel rispondere alla richiesta del Giudice di Pace di Lecce.
Tuttavia, non si considera, comunque, inutile e superfluo proporre di nuovo tale questione.
Se è vero che, difatti, sia difficile immaginare un mutamento di indirizzo[57], è altrettanto possibile intravedere uno – seppur limitato – spiraglio verso un parziale accoglimento dell’eccezione, almeno, limitatamente agli artt. 3 e 27 Cost., in considerazione del principio di proporzionalità della pena, così come da ultimo valorizzato sia a livello interno che europeo.
Sul piano nazionale, nella recentissima sentenza di accoglimento ablativa[58], proprio in virtù del principio di proporzionalità sanzionatoria, il Giudice delle Leggi ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della fattispecie di appropriazione indebita di cui all’art. 646, primo comma, c.p. nella parte in cui prevede la pena della reclusione “da due a cinque anni” anziché “fino a cinque anni”, “[fulminando] una delle tante “impennate punitive” (…) del più retrivo “populismo punitivo”[59]. Emblematicamente, la Corte chiarisce che la “discrezionalità del legislatore nella definizione della propria politica criminale (…) non equivale ad arbitrio. Qualsiasi legge dalla quale discendano compressioni dei diritti fondamentali della persona deve potersi razionalmente giustificare in relazione ad una o più finalità legittime perseguite dal legislatore (…) Il controllo sul rispetto di tali limiti spetta a questa Corte, che è tenuta ad esercitarlo con tanta maggiore attenzione (…) [sulle] leggi penali, che sono sempre suscettibili di incidere, oltre che sui vari altri diritti fondamentali, sulla libertà personale dei loro destinatari”[60]. E ancora, per quanto qui interessa, “[l]’assenza di qualsiasi plausibile giustificazione – ricavabile dai lavori preparatori, o comunque ricostruibile dall’interprete sulla base delle rationes ascrivibili alla riforma – di un così rilevante inasprimento della pena (…) rende di per sé costituzionalmente illegittima la disciplina censurata, al duplice metro degli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost.”[61]. Lo stesso principio è riconosciuto altresì dalla Corte di cassazione in materia di confische dei proventi[62].
Inoltre, va ricordato il riconoscimento del principio anche a livello europeo dall’art. 49, terzo paragrafo, della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea che sancisce che “[l]e pene inflitte non devono essere sproporzionate rispetto al reato”. Sulla base dell’interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia, si è inoltre chiarito che tale norma ha effetto diretto negli ordinamenti nazionali degli Stati membri[63].
Ora, alla luce di queste così significative parole della Corte costituzionale, traslato il portato di questa pronuncia al caso di specie che vede l’alternatività dell’applicazione degli artt. 131-bis c.p. e 34 d.lgs. n. 274/2000 e, rispettivamente di una possibile assoluzione e una certa condanna, potrebbe anche qui scorgersi una violazione del principio di proporzionalità della pena. Qualora questo procedimento si concludesse con una condanna – tra l’altro, appunto, per fattispecie di scarso valore –, quest’ultima sarebbe percepita chiaramente come ingiusta e sproporzionata dal soggetto, a discapito della stessa finalità rieducativa della pena. Ancora, di conseguenza, la situazione che si verrebbe a creare sarebbe in contrasto sia con la finalità deflattiva e di extrema ratio dell’istituto codicistico che con la logica sottesa al procedimento dinnanzi al Giudice di Pace. Come messo in risalto, gli effetti derivanti dalla mancata sinergia delle due discipline risultano essere non solo estremamente gravosi per l’individuo, ma anche ugualmente paradossali, tanto che questi dovrebbe augurarsi di commettere un fatto considerato di maggior disvalore e, quindi, non di competenza del Giudice di Pace, per avere la possibilità di essere assolto ex art. 131-bis c.p.
Dunque, sebbene la risposta più probabile da attendersi sia quella che ancora una volta esclude l’applicabilità del art. 131-bis c.p., l’attuazione del principio di proporzionalità della pena potrebbe costituire la chiave di volta capace di segnare un significativo overruling anche in materia di “particolare tenuità del fatto” – tema trasversalmente ricollegabile al principio citato, come d’altronde evidenziato dal contrasto ravvisato dalla corrente minoritaria tra la norma sostanziale considerata e il principio rieducativo e i principi di proporzionalità e meritevolezza della pena.
Per queste ragioni, i tempi paiono maturi per un accoglimento parziale della questione, almeno limitatamente alle eccezioni relative agli artt. 27 e 3 Cost. A quel punto, il legislatore, finora silente, dovrà coordinare effettivamente le due discipline qui esaminate, nel rispetto dei principi costituzionali a cui si è fatto riferimento.
Un così coraggioso cambio di rotta della Consulta sarebbe fortemente auspicabile e rappresenterebbe un ulteriore progresso degno di nota nell’opera di bonifica dell’ordinamento dalle pene palesemente sproporzionate[64].
*Dottoranda di ricerca in Diritto penale presso l’Università di Bologna
[1] Si fa riferimento all’ord. 26 novembre 2020, n. 17, presentata dallo stesso Giudice di Pace di Lecce, il Dottor Rochira, pubblicata nella GU 24 febbraio 2021, n. 8, prima serie speciale, pp. 48-54, a cui la Corte costituzionale ha risposto con l’ord. 30 novembre 2021, n. 224. Visto il palese parallelismo, ci si soffermerà su questo precedente nel paragrafo 3.1.
[2] Cass., Sez. Un., 22 giugno 2017, n. 53683.
[3] Ord. 25 ottobre 2024, n. 221, in GU 4 dicembre 2024, n. 49, p. 141, sesto capoverso.
[4] Ord. 25 ottobre 2024, n. 221, in GU 4 dicembre 2024, n. 49, p. 149, parte conclusiva.
[5] Cass., Sez. IV, 21 luglio 2015, n. 31920 è il primo caso a proposito.
[6] Nello specifico il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Venezia aveva presentato ricorso contro una sentenza del GOP di Verona che assolveva gli imputati – convenuti in giudizio per inosservanza dell’obbligo di istruzione del figlio minore di cui all’art. 731 c.p. – proprio in base al sistema previsto dall’art. 131-bis. Si vedano le note di C. Mostardini, A proposito della inapplicabilità dell’art 131-bis c.p. ai reati di competenza del giudice di pace, in Dir. pen. cont., n. 4, 2018, pp. 168-175; M. Gambardella, Lo “splendido isolamento”. Ai reati di competenza del giudice di pace non si applica l’art. 131-bis c.p., in Cass. pen., n. 2, 2018, pp. 480-499.
[7] Cass., Sez. Un., 22 giugno 2017, n. 53683, Ritenuto in fatto, § 4.
[8] Cass., Sez. Un., 22 giugno 2017, n. 53683, Considerato in diritto, § 1: “Se la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis cod. pen., sia applicabile nei procedimenti relativi ai reati di competenza del giudice di pace”.
[9] Cass., Sez. Un., 22 giugno 2017, n. 53683, Considerato in diritto, § 5.
[10] Cass., Sez. Un., 22 giugno 2017, n. 53683, Considerato in diritto, § 3.3, primo capoverso.
[11] Cass., Sez. Un., 22 giugno 2017, n. 53683, Considerato in diritto, § 2.1, sesto capoverso.
[12] V. Bonini, Giustizia penale di pace e obiettivo conciliativo: una sperimentazione lunga vent’anni?, in Cass. pen., n. 5, 2021, p. 1844 ss.
[13] La norma è stata, dapprima, introdotta dal d. lgs. 16 marzo 2015, n. 28 e, in seguito, modificata dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. Novità di rilievo della riforma è stata la rimodulazione dell’ambito applicativo di questo meccanismo, che ora opera solo per quei reati per cui “è prevista la pena detentiva non superiore nel minimo a due anni”. A proposito si richiama G. Marinucci, E. Dolcini, G. L. Gatta, Manuale di diritto penale – Parte generale, Milano, 2024, p. 507: “La ratio della mutata scelta legislativa risiede nella spiccata attitudine del minimo edittale a individuare figure di reato alle quali possono ricondursi ipotesi caratterizzate da esiguità dell’offesa del bene giuridico. L’effetto della riforma del 2022 è quello di un significativo ampliamento dell’ambito di applicazione dell’istituto, che ora interessa anche reati puniti con pena detentiva superiore nel massimo a cinque anni, a condizione che il minimo non sia superiore a due anni”. Si rinvia, poi, per completezza a S. Titomanlio, Prime applicazioni dell’art. 131-bis post-riforma Cartabia, in Cass. pen., n. 10, 2023, p. 3199 ss. Poi, sul bagatelldelikt e considerazioni sull’art. 131-bis c.p. riformato si veda C. E. Paliero, “Principio di esiguità” e deflazione penale: la ricetta italiana del “tipo bagatellare”, in RIDPP, n. 2, 2023, p. 535 ss.
[14] Cass., Sez. Un., 22 giugno 2017, n. 53683, Considerato in diritto, § 3.2, terzo capoverso.
[15] Si veda ancora M. Gambardella, Lo “splendido isolamento”, cit., p. 497 s.
[16] Cass., Sez. Un., 22 giugno 2017, n. 53683, Considerato in diritto, § 4.2., quarto capoverso.
[17] Cass., Sez. Un., 22 giugno 2017, n. 53683, Considerato in diritto, § 4.1., terzo capoverso.
[18] Cass., Sez. Un., 22 giugno 2017, n. 53683, Considerato in diritto, § 2, settimo capoverso.
[19] Cass., Sez. Un., 22 giugno 2017, n. 53683, Considerato in diritto, § 4.2., sesto capoverso.
[20] Cass., Sez. Un., 22 giugno 2017, n. 53683, Considerato in diritto, § 4.
[21] P. Danelli, Riflessioni sulla clausola di particolare tenuità del fatto a partire dalla sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione penale 53683/2017, in Arch. Pen., 2018, n. 3, pp. 18-24.
[22] E. Sylos Labini, Particolare tenuità del fatto: le Sezioni Unite decretano l’inapplicabilità dell’art. 131-bis c.p. nel giudizio dinanzi al Giudice di Pace, in Arch. Pen., n. 2, 2018, p. 17 s.
[23] S. Larizza, Nel rispetto della legalità: le Sezioni Unite negano l’applicabilità dell’art. 131-bis nei procedimenti innanzi al giudice di pace, in Dir. pen. proc., 2018, pp. 1026-1032.
[24] Cass. Pen., Sez. VI, 6 febbraio 2020, n. 14791.
[25] S. Adamo, Irrilevanza e non particolare tenuità del fatto: la Corte di cassazione ribadisce l’inapplicabilità dell’art. 131-bis c.p. ai minorenni, in Cass. pen., n. 4, 2021, p. 1356 ss.
[26] Così Cass., Sez. Un., 22 giugno 2017, n. 53683, Considerato in diritto, § 3.2, primo capoverso.
[27] Il riferimento è a Cass., Sez. V, 10 ottobre 2024, n. 42357.
[28] Cass., Sez. V, 10 ottobre 2024, n. 42357, Considerato in diritto, § 2, secondo capoverso.
[29] Cass., Sez. V, 10 ottobre 2024, n. 42357, Considerato in diritto, § 2, quinto capoverso.
[30] M. Gambardella, Lo “splendido isolamento”, cit., p. 499.
[31] Corte cost., 16 maggio 2019, n. 120.
[32] Corte cost., 16 maggio 2019, n. 120, Considerato in diritto, § 5, terzo capoverso.
[33] Corte cost., 16 maggio 2019, n. 120, Ritenuto in fatto, § 1, decimo capoverso. Nel caso di specie, il rimettente, condannato dal GOP per lesioni colpose lievi, di cui all’ art. 590 c.p., derivanti da sinistro stradale, richiedeva sentenza di assoluzione – ex artt. 530 c.p.p. e 131-bis c.p. – vista la tenuità dell’offesa inferta all’offeso.
[34] Corte cost., 16 maggio 2019, n. 120, Considerato in diritto, § 6, secondo capoverso.
[35] Corte cost., 16 maggio 2019, n. 120, Considerato in diritto, § 6, nono capoverso.
[36] Corte cost., 16 maggio 2019, n. 120, Considerato in diritto, § 6, decimo capoverso.
[37] Corte cost., 16 maggio 2019, n. 120, Considerato in diritto, § 7.
[38] J. De Vivo, La mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p. nei procedimenti innanzi al giudice di pace: per la Corte non è incostituzionale, in RIDPP, n. 3, 2019, p.1654 ss.
[39] C. Minnella, Non è incostituzionale l’esclusione del 131-bis ai reati di competenza del giudice di pace, in Diritto e Giustizia, n. 90, p. 6.
[40] Corte cost., ord. 30 novembre 2021, n. 224.
[41] La Relazione allo schema di Decreto legislativo recante “Disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a norma dell’art. 1, comma 1, lett. m, della legge 28 aprile 2014, n. 67”, 23 dicembre 2014, al punto 11, recita: “Non sono state invece accolte le osservazioni formulate dalla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati (…) con riferimento all’eventuale coordinamento con l’analogo istituto di cui all’articolo 34 del decreto legislativo 28 ottobre 2000, n. 274, attività normativa da ritenersi estranea alla norma di delega che concerne esclusivamente l’attività di “adeguamento” della normativa processuale penale, senza alcun riferimento all’eventuale coordinamento con istituti analoghi”. Anche la Riforma Cartabia ha perso l’occasione di intervenire sul punto, lasciando ancora tutto nelle mani dell’interprete.
[42] Per un’attenta analisi su un piano di teoria generale del diritto si veda C. M. Celotto, Art. 131-bis e art 34 D.lgs. 274 a confronto: un rapporto di necessaria compatibilità, in Dir. pen. cont., n. 5, 2017, pp. 111-129. Si veda a proposito, nel dettaglio, G. Pavan, voce Particolare tenuità del fatto (dir. pen. sostanziale), in Dig. disc. pen., Agg., Torino, 2016, pp. 500-507 e A. Marandola, voce Particolare tenuità del fatto (dir. proc. pen.), in Dig. disc. pen., Agg., Torino, 2016, pp. 507-516.
[43] Ord. 25 ottobre 2024, n. 221, in GU 4 dicembre 2024, n. 49, p. 144, tredicesimo capoverso.
[44] Ord. 25 ottobre 2024, n. 221, in GU 4 dicembre 2024, n. 49, p. 145, decimo capoverso.
[45] Ord. 25 ottobre 2024, n. 221, in GU 4 dicembre 2024, n. 49, p. 146, settimo capoverso.
[46] Ord. 25 ottobre 2024, n. 221, in GU 4 dicembre 2024, n. 49, p. 146, primo capoverso.
[47] Ord. 25 ottobre 2024, n. 221, in GU 4 dicembre 2024, n. 49, p. 142, decimo capoverso.
[48] E. Dolcini, Il paradosso della giustizia penale del giudice di pace non punire come scelta razionale, non punire per ineffettività della pena, in RIDPP, n. 1, 2020, p. 1219 ss.
[49] Ord. 25 ottobre 2024, n. 221, in GU 4 dicembre 2024, n. 49, p. 147, dodicesimo capoverso.
[50] Ord. 25 ottobre 2024, n. 221, in GU 4 dicembre 2024, n. 49, p. 145, sesto capoverso.
[51] Ord. 25 ottobre 2024, n. 221, in GU 4 dicembre 2024, n. 49, p. 141, sesto capoverso.
[52] Ord. 25 ottobre 2024, n. 221, in GU 4 dicembre 2024, n. 49, p. 148, terzo capoverso.
[53] Ord. 25 ottobre 2024, n. 221, in GU 4 dicembre 2024, n. 49, p. 148, quarto capoverso.
[54] Ord. 25 ottobre 2024, n. 221, in GU 4 dicembre 2024, n. 49, p. 147, nono capoverso.
[55] V. Manes, Introduzione ai principi costituzionali in materia penale, Giappichelli, Torino, 2024, p. 237; N. Recchia, La proporzione sanzionatoria nella triangolazione tra giudici comuni, Corte costituzionale e Corte di Giustizia, in Quad. cost., n. 4, 2022, pp. 871- 898. L’ordinanza esaminata cita le due sentenze della Corte cost. 7 dicembre 2018, n. 233 e Corte cost. 5 dicembre 2018, n. 222, in GU 4 dicembre 2024, n. 49, p. 148, settimo capoverso.
[56] Ord. 25 ottobre 2024, n. 221, in GU 4 dicembre 2024, n. 49, p. 148, dodicesimo capoverso.
[57] Da ultimo, si veda anche la sent. 17 dicembre 2024, n. 203 – nel caso di specie non si rileva il contrasto prospettato dal giudice rimettente tra l’art. 2 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 e gli artt. 3 e 13 Cost. – dove la Corte ribadisce la necessità di coerenza con i suoi precedenti.
[58] Il riferimento è a Corte Cost., 22 marzo 2024, n. 46.
[59] V. Manes, Destinati a navigare contro corrente, 2 aprile 2024, in questa rivista. Si veda anche N. Canzian, Il giudizio di proporzionalità intrinseca ed estrinseca: il caso dell’appropriazione indebita, in RIDPP, n. 3, 2024, p. 1199 ss.
[60] Corte cost., 22 marzo 2024, n. 46, Considerato in diritto § 3 e 3.1.
[61] Corte cost., 22 marzo 2024, n. 46, Considerato in diritto § 3.2, nono capoverso.
[62] Cass., Sez V, ord. 14 dicembre 2023, n. 8612, con nota di M. Arbotti, La proporzionalità sanzionatoria al cospetto delle confische dei proventi: legalità della pena, vecchie geometrie, nuove vocazioni funzionali, 26 giugno 2024, in questa rivista.
[63] CGUE, 8 marzo 2022, C-205/20, NE, in cui la Corte attua un vero e proprio overruling rispetto alla CGUE, 4 ottobre 2018, C-384/17, Link Logistic N&N. Si rimanda a V. Manes, Introduzione ai principi costituzionali in materia penale, cit., p. 234 s.
[64] M. Arbotti, La proporzionalità sanzionatoria al cospetto delle confische dei proventi, cit., p. 1.