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SULLA NECESSITÀ DI RICHIEDERE FIN DAI MOTIVI D’APPELLO LA CONDANNA A PENE SOSTITUTIVE – DI UBALDO MACRÌ

SULLA NECESSITÀ DI RICHIEDERE FIN DAI MOTIVI D’APPELLO LA CONDANNA A PENE SOSTITUTIVE – DI UBALDO MACRÌ

MACRÌ – SULLA NECESSITÀ DI RICHIEDERE FIN DAI MOTIVI DI APPELLO LA CONDANNA A PENE SOSTITUTIVE.PDF

SULLA NECESSITÀ DI RICHIEDERE FIN DAI MOTIVI D’APPELLO LA CONDANNA A PENE SOSTITUTIVE

di Ubaldo Macrì*

Un primo e breve commento ad una recente sentenza della sesta sezione della Cassazione che ha ritenuto necessario, per la fase transitoria di applicazione dell’art. 545 bis c.p.p. sulla “condanna a pena sostitutiva”, che la richiesta di applicazione di una pena sostitutiva debba essere richiesta dall’appellante nei motivi d’appello o nel termine previsto per il deposito di motivi nuovi, e cioè 15 giorni prima dell’udienza ex art. 585-comma 4°- c.p.p.

La Corte di Cassazione – Sesta Sezione – con sentenza n. 41313 del 27.09.2023 ha deciso che, per la fase transitoria di applicazione dell’art. 545 bis c.p.p. sulla “condanna a pena sostitutiva”, la richiesta di applicazione di una pena sostitutiva deve essere richiesta dall’appellante nei motivi d’appello o nel termine previsto per il deposito di motivi nuovi, e cioè 15 giorni prima dell’udienza ex art. 585-comma 4°- c.p.p.

Con detta decisione si è annullata senza rinvio, solo sul punto relativo alla sostituzione della pena della reclusione in lavoro di pubblica utilità, e su ricorso del Procuratore Generale, una sentenza della Corte d’Appello di Firenze del 7.3.23 che, dopo aver confermato la sentenza di primo grado sul punto relativo alla responsabilità, ed “ in ragione della richiesta formulata in sede di conclusioni del giudizio d’appello” dal difensore, aveva sostituito la pena detentiva di mesi nove di reclusione con la pena del lavoro di pubblica utilità per la corrispondente durata.

Nella motivazione di tale decisione è stata data rilevanza ad un intervento delle Sezioni Unite – n.12872 del 19.01.2017-, adottato anni prima della formulazione del nuovo art. 545 bis c.p.p., che aveva risolto un rilevante contrasto tra le Sezioni semplici della stessa Corte di Cassazione in favore di quella maggioritaria che aveva sostenuto che “il giudice di secondo grado non può applicare le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi nel caso in cui nell’atto di appello non risulti formulata alcuna specifica richiesta con riguardo a tale punto”.

La motivazione della suindicata recente sentenza merita una valutazione critica non essendo condivisibile l’utilizzo de plano del principio di diritto, affermato dalle S.U. sotto la vigenza del sistema delineato dalla L. 689/1981, rispetto a quanto innovato dall’art.545 bis c.p.p.

Con l’art.53 L.689/81 si prevedeva che “il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna, quando ritiene di dover determinare la durata della pena detentiva entro il limite di due anni, può sostituire tale pena con quella della semidetenzione; quando ritiene di doverla determinare entro il limite di un anno, può sostituirla anche con la libertà controllata; quando ritiene di doverla determinare entro il limite di sei mesi, può sostituirla altresì con la pena pecuniaria della specie corrispondente”.

Con la recente formulazione dell’art. 545 bis c.p.p. si prevede, invece, che “subito dopo la lettura del dispositivo, il giudice, se ricorrono le condizioni per sostituire la pena detentiva con una delle pene sostitutive di cui all’art.53 della l.24.11.1981 n.689, né da avviso alle parti” essendo necessario, pertanto, solo il consenso successivo dell’imputato.

Con quest’ultima norma viene meno il potere del Giudice sulla sostituzione d’ufficio della pena irrogata, richiedendo espressamente il consenso alla sostituzione da parte del condannato, ma solo dopo che lo stesso ha avuto contezza dell’entità della pena che gli è stata applicata e quindi con quale pena sostituibile tra le quattro previste; non è certamente un caso che si prevede che ciò avvenga “dopo la lettura del dispositivo” e che il Giudice “ne da avviso” e l’imputato “acconsente”.

Da quanto sopra emerge ictu oculi la differenza sostanziale e procedurale delle due norme che già da sola non può consentire l’equiparazione tra i due sistemi e quindi l’utilizzo del precedente indirizzo giurisprudenziale adottato dalle S.U.

Nella norma transitoria, prevista dall’art. 95 del D. Lgs.10.10.2022 n.150, in vigore dal 30.12.2022, non si è apportata alcuna modifica su detta impostazione ma solo previsto, tra l’altro, che la norma dell’art.545 bis c.p.p., se più favorevole, si applica anche ai procedimenti penali pendenti in primo grado o in grado d’appello al momento dell’entrata in vigore del presente decreto, non onerando la parte di alcuna “richiesta” come voluta dalla sentenza in commento.

Ed infatti la previsione della “istanza” della parte è stata limitata al giudizio di cassazione, se pendente al 30.12.2022, prevedendo che, solo in tal caso, la richiesta vada formulata al Giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 666 c.p.p. “entro 30 giorni dalla irrevocabilità della sentenza”; nel caso di annullamento con rinvio vi provvede, invece, il giudice del rinvio.

Ed allora se è questo il sistema in vigore non può validamente sostenersi che vada richiesta la sostituzione della pena già con i motivi d’appello o con i nuovi motivi; nel giudizio d’appello l’imputato-appellante solo dopo aver ascoltato la lettura del dispositivo (e quindi appreso della riduzione della pena irrogata in primo grado, e rientrante nei singoli limiti di pena nei quali è consentita la sostituzione), e se la Corte riterrà che vi sono le condizioni soggettive- ex art.59 L.689/1981, potrà dare il consenso alla sostituzione.

Si pensi ad un appello avverso sentenza di condanna in primo grado a pena della reclusione superiore a quattro anni; come può l’appellante richiedere già con l’atto di appello, la sostituzione? E con quale pena se non può conoscere l’entità della riduzione?

Deve ritenersi incomprensibile dal punto di vista normativo, pertanto, per il regime transitorio e per il futuro, voler anticipare tale richiesta già al momento del deposito dei motivi d’impugnazione e al deposito di nuovi motivi.

*Avvocato del Foro di Lecce, già componente della Giunta UCPI